http://zret.blogspot.com/2009/04/vizi-e-virtu-del-virtuale.html
Vizi e virtù del virtuale
Nell'ormai lontano 1966, Primo Levi scrisse un racconto intitolato Trattamento di quiescenza. L'autore riuscì a predire la tecnologia su cui si fonda la realtà virtuale: una macchina trasmette sensazioni a livello nervoso, generando scenari fittizi ma realistici. Fino a qualche anno addietro il virtuale era legato ad un casco ed un guanto ad hoc. Si penetrava in una dimensione parallela, astrattamente verosimile.
Oggi le tecnologie mettono a disposizione strumenti con cui la differenza tra la “realtà” empirica ed il mondo ricostruito per mezzo di matrici si è ridotta. In futuro entreremo in modo inavvertito in una gabbia dorata? Lì le sensazioni saranno portate ad un diapason parossistico, con la perdita della sensibilità. E' evidente che questa parabola implica una rivoluzione antropologica poiché non sappiamo che significato assuma l'io in una rielaborazione tecnologica del reale e come si configuri l'identità. La percezione assumerà inedite, distorte configurazioni. Sono questioni complesse e che presuppongono quesiti ancora più radicali: che cos'è la realtà? Non è forse anch'essa, almeno sotto certi rispetti, una matrice? Forse viviamo in una simulazione di cui non siamo consapevoli.
Il celebre film Matrix descrive un mondo reale che è un cupo, angosciante sotterraneo, mentre le macchine creano una simulazione scambiata per realtà. Uscire da Matrix è un'esperienza sconvolgente, perché si scopre il vero volto della vita: alla fine, però, si sfocia in una sorta di antiliberazione, giacché la conoscenza della verità, invece di elevare verso uno stato di affrancamento totale, costringe ad una lotta spesso impari contro il potere, imprigiona in un'esistenza travagliata. Manca una prospettiva superiore né le arti marziali o qualche conoscenza tecnica possono colmare il vuoto.
In verità, i fenomeni, pur nella loro caducità, paiono manifestazioni di una coscienza invisibile il cui potere creativo lascia meravigliati. E' una Mente che inscena spettacoli grandiosi, che intreccia le collane delle costellazioni alle ghirlande dei corimbi, lascia vibrare nel canto delle balene l'eco remota della genesi.
Proprio perché i demoni incrudeliscono in quest'angolo di cosmo, allestendo spettacoli rutilanti e finti come dozzinali scenografie di cartapesta, dimostrando un pazzo odio per la natura, siamo indotti ad allontanarci sempre più dalla seduzione silicea del virtuale per (ri)scoprire la bellezza delle rive sideree dove si infrangono onde di silenzio ineffabile. Senza ascoltare il canto delle sirene di plastica, potremo navigare verso isole incognite, fantastiche.
L'armonia è spontanea e naturale. E' agli antipodi di avvilenti simulazioni virtuali riconducibili, alla fine, a sequenze di gelide cifre.
Qualche orizzonte più arioso si disegna, se comprendiamo che la tecnologia non è il rimedio contro la tecnologia.
Oggi le tecnologie mettono a disposizione strumenti con cui la differenza tra la “realtà” empirica ed il mondo ricostruito per mezzo di matrici si è ridotta. In futuro entreremo in modo inavvertito in una gabbia dorata? Lì le sensazioni saranno portate ad un diapason parossistico, con la perdita della sensibilità. E' evidente che questa parabola implica una rivoluzione antropologica poiché non sappiamo che significato assuma l'io in una rielaborazione tecnologica del reale e come si configuri l'identità. La percezione assumerà inedite, distorte configurazioni. Sono questioni complesse e che presuppongono quesiti ancora più radicali: che cos'è la realtà? Non è forse anch'essa, almeno sotto certi rispetti, una matrice? Forse viviamo in una simulazione di cui non siamo consapevoli.
Il celebre film Matrix descrive un mondo reale che è un cupo, angosciante sotterraneo, mentre le macchine creano una simulazione scambiata per realtà. Uscire da Matrix è un'esperienza sconvolgente, perché si scopre il vero volto della vita: alla fine, però, si sfocia in una sorta di antiliberazione, giacché la conoscenza della verità, invece di elevare verso uno stato di affrancamento totale, costringe ad una lotta spesso impari contro il potere, imprigiona in un'esistenza travagliata. Manca una prospettiva superiore né le arti marziali o qualche conoscenza tecnica possono colmare il vuoto.
In verità, i fenomeni, pur nella loro caducità, paiono manifestazioni di una coscienza invisibile il cui potere creativo lascia meravigliati. E' una Mente che inscena spettacoli grandiosi, che intreccia le collane delle costellazioni alle ghirlande dei corimbi, lascia vibrare nel canto delle balene l'eco remota della genesi.
Proprio perché i demoni incrudeliscono in quest'angolo di cosmo, allestendo spettacoli rutilanti e finti come dozzinali scenografie di cartapesta, dimostrando un pazzo odio per la natura, siamo indotti ad allontanarci sempre più dalla seduzione silicea del virtuale per (ri)scoprire la bellezza delle rive sideree dove si infrangono onde di silenzio ineffabile. Senza ascoltare il canto delle sirene di plastica, potremo navigare verso isole incognite, fantastiche.
L'armonia è spontanea e naturale. E' agli antipodi di avvilenti simulazioni virtuali riconducibili, alla fine, a sequenze di gelide cifre.
Qualche orizzonte più arioso si disegna, se comprendiamo che la tecnologia non è il rimedio contro la tecnologia.
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