Friday, June 25, 2010

Masada

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Masada

"Masada" è un romanzo di Maria Grazia Siliato. Costruito come un dittico, alterna il passato, l'assedio alla roccaforte di Masada ed ancor prima l'espugnazione di Gerusalemme per opera di Tito, al presente con gli studi sui Rotoli di Qumran.

L'autrice rivela attitudine nella pittura dei caratteri, nell'evocazione di luoghi dominati da una luce accecante o immersi in tenebre stellate, soprattutto riesce a captare emozioni fuggevoli, memorie scolpite nel tempo eppure inafferrabili, sentori di caffé levantini.

Il montaggio sovrano con cui sono costruiti i capitoli taglia gli episodi, accostandoli per antitesi formali o di contenuto. Ne scaturisce una vigoria drammatica che compensa la lentezza di alcune sequenze introspettive.

"Masada" è romanzo storico e, in parte, a tesi: la scrittrice, attraverso una voce omodiegetica, quindi distaccata, mostra la grandezza degli eroi messianisti, comandati da Eleazar-Lazzaro: essi, pur di non cadere nelle mani dei Romani, si tolgono la vita ed uccidono i loro cari. Si avverte un po' di idealizzazione delle sette ebraiche, in primis gli Esseni, mentre i legionari romani, Tito e Vespasiano sono dipinti a tinte fosche. Infine Giuseppe Flavio è additato come “traditore”, benché geniale.

La ricostruzione è più che tendenziosa, spostata di baricentro. Sopra gli eventi, ora gloriosi ora sanguinari, si staglia l'ombra della storia come gigantesca schiacciasassi. E' in questa assurdità (apparente?) del percorso umano che, però, si insedia il senso, come nostalgia dell'Assoluto:"
Se nell'infinità si è programmato uno spazio anche per noi, forse esiste una causa ed anche uno scopo."

Se i combattenti messianisti costruiscono le loro certezze di riscatto sulla sabbia, è arena risucchiata in vortici di vento pure la vita umana? Bastano la dignità ed il coraggio con cui si affrontano il vuoto e la morte per essere salvati? A queste domande, la Siliato non risponde, preferendo addentrarsi nel territorio accidentato della narrazione e nelle grotte dove furono nascosti da una misteriosa confraternita le pergamene.

Il racconto si tende in spasimi di attesa, poiché l'ultima notte di Masada in un estenuante rallentatore, rievoca con lunghe analessi la conquista di Gerusalemme, come preludio di un'alba su cui splende il silenzio della fine: la rocca è desolata, disseminata di corpi esanimi. Le digressioni più interessanti, ben ritagliate nei nuclei narrativi, sono dedicate a questioni archeologico-linguistiche ed ai Padri della Chiesa, uomini sovente di notevole caratura intellettuale, ma infidi.

Il romanzo si apprezza, nonostante alcune cadute di stile (vocaboli fuori registro) e certi manierismi (il passato prossimo, in luogo del passato remoto, l'uso della forma latina per i nomi propri...) per la profondità con cui scava nelle contraddizioni umane e per la tenacia con cui svelle le radici del dolore, per portarle all'aria:"Ricordati dell'immensa quantità di inutile, anonimo dolore che si è diffusa nel mondo". Un'opera come "Masada" ci aiuta a dar ragione di una sofferenza che forse non è inutile né anonima, ma neppure comprensibile in termini solamente umani.




3 comments:

  1. Zret che parla di "manierismo" non ha prezzo...

    Cordialità

    Attila

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  2. Zret che non fa mai un cazzo dalla mattina alla sera, invece e purtroppo per noi, ha un prezzo, eccome se ce l'ha. Maria Stellaaaaa....!!!

    Saluti
    MarcoB

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  3. Eh si MarcoB, lo paghiamo noi con le nostre tasse !!!!

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