Tuesday, February 22, 2011

Timorìa

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Timorìa

Could be right, I could be wrong. (Public image Ltd)

Il tempo è scaduto: ne siamo consci. Gli eventi ci incalzano con i loro artigli di acciaio. Il grande gioco è alla sua ultima manche. Infatti si tratta di un gioco, benché feroce. Invano siamo stati avvisati ed ammoniti: se le profezie si adempiono in modo fatale (poco o punto importa se le predizioni si autorealizzino o se dipendano da un destino), dove finisce il libero arbitrio cui ci si appella affinché cambiamo?

Siamo alle solite: si cerca senza requie e con poco senno un responsabile. Di Dio, del Demiurgo, degli Arconti o degli uomini: di chi è la colpa? E’ vero: gli uomini (non tutti nella stessa misura) hanno le loro responsabilità che coincidono con l’egoismo, l’indifferenza, la cupidigia… Non eravamo, però, stati creati “ad immagine e somiglianza di Dio”?[1] Va bene: qualcuno o qualcosa ci traviò. Tutto andò storto da allora, nonostante alcuni patetici tentativi di cambiare rotta. Non so se l’essere umano sia fondamentalmente buono o malvagio. Credo sia egocentrico: allora si capisce se è più incline al male o al bene.

Dunque è inevitabile che l’umanità sia punita, come quando fu quasi del tutto sterminata dal diluvio. Forse quell’epocale inondazione fu un evento naturale (o tecnologico?) che poi antichi popoli attribuirono a divinità irate e colleriche. Quel castigo nondimeno non fu sufficiente, nonostante fossero sopravvissuti il pio Ziusudra-Utnapishtim-Noè ed i suoi discendenti. Eccoci quindi di nuovo con la spada di Damocle di un cataclisma storico. Il copione è molto simile e, come se non fossero bastate le brutture e le violenze del passato, si prospetta l’avvento di un “mondo nuovo” da far tremare le vene e i polsi. Come se non fosse bastato lo strazio dell’esistenza quotidiana, ora ci attende il patibolo per essere nati. Molto bene. Riceviamo la ricompensa del nostro agire e/o del nostro subire, indifferentemente, di azioni consapevoli o inconsapevoli, anteriori. Fatum. I giusti saranno salvati, ma esistono i giusti?

Siamo di fronte a questa giustizia punitiva, al cospetto di un Male assurdo, coronato da una sanzione che pare, se non discutibile, intempestiva: nessuno è del tutto innocente, ma non so che gusto si possa provare a vedere un epilogo che si conosce già, solo per poter esclamare: “Hai visto? Te l’avevo detto!”

E’ una concezione basata sulla vendetta e sul senso del peccato: la mentalità medievale, interpretata da alcuni antropologi come “cultura della colpa”, ha lasciato i suoi strascichi. Non si può affermare che è una visione affatto errata; certo stride con un’etica imperniata su altri princìpi. Credo che potrei accettare l’esistenza di un Dio alla Horkheimer. Non che i conti non debbano essere pareggiati, anzi, ma forse si potrebbe (o si sarebbe potuto) intervenire in un modo diverso, senza lasciare esplodere la granata le cui schegge di pazzia si conficcheranno nella carne viva. Non si può pensare che l’orrore tracimante sia cancellato con un colpo di spugna.

Sarà pure un’ottica sfocata: tutto questo potrebbe essere necessario e persino equo, ma a volte si viene rasentati dal pensiero che una fenditura di irrazionalità spacchi l’universo. Scrive Sebastiano Vassalli nel romanzo storico “La chimera”: “Arriva sempre nella vita di un uomo che abbia avuto in gioventù un forte stimolo ideale, il momento in cui si prende atto definitivamente, senza più speranze né illusioni né sogni, dell’inerzia delle cose e del mondo, il momento in cui si capisce che la fede non smuove le montagne, che le tenebre prevarranno sempre sulla luce, l’inerzia soffocherà il moto e così via”.

Non siamo a questo punto di sfiducia e di disincanto, ma moltissime questioni esigono una vera risposta che invano cercheremo con le nostre limitate, gracili conoscenze o nei libri, sacri e no.

[1] Forse non esiste traduzione più grossolana ed approssimativa di questa vulgata, ma tant’è…



1 comment:

  1. "...sono qui, e dentro me / sangue impazzito che / mi spinge fino a voi / correte di più / sognando un futuro così / vi guardo da qui / e penso che un tempo quel campo era mio / e mi chiedo perchè / un giorno ho detto addio..."

    Ecco qua. In una strofa e mezza di una canzone, molta più poesia di quanta Zret potrà mai sperare di mettere assieme in tutta la sua vita. 'nuff said.

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