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Ipotesi su Abramo (seconda ed ultima parte)
Leggi qui la prima parte.
Secondo R. A. Boulay, Abramo fu, invece, oriundo di Ur in Mesopotamia, donde emigrò per recarsi nella località di Harran. L’autore, che considera, come Barbiero, Gen. 14 una fonte storicamente attendibile, afferma che il patriarca non fu un semplice nomade, ma un valoroso condottiero, sacerdote e generale del dio Adad, da identificare con YHWH. Abramo fu legato a Shumer, alla maniera del padre Terah che, come si evince dell’apocrifo intitolato Apocalisse di Abramo, fu un fabbricante di idoli, ossia, per Boulay radio ricetrasmittenti (?).
L’ipotesi di Boulay si situa agli antipodi geografici ed etnici rispetto alla ricostruzione operata da Barbiero: Ur si contrappone ad Urartu (tra Curdistan ed Armenia); Abramo è un sumero per il primo, un indoeuropeo per il ricercatore italiano, il cui merito principale, a mio avviso, consiste nell’aver additato la centralità culturale di una regione, l’Urartu, che non era distante da uno dei siti archeologici più significativi, tra quelli recentemente scoperti, Gobleki Tepe. Con Boulay, pur nella diversità delle congetture, lo studioso condivide la considerazione della Bibbia come fonte storica. Ben diverso è l’approccio di altri biblisti che vi scorgono valori emblematici ed adombramenti esoterici.
Negli ultimi anni, l'orientalista Mario Liverani ha proposto di vedere nel nome Abramo l'eponimo mitico di una tribù palestinese del XIII secolo a.C., quella dei Raham, di cui si è trovata menzione nella stele del faraone Seti I, cippo reperito a Bet-She'an e risalente all'incirca al 1289 a.C.. La tribù abitava probabilmente nella plaga vicina a Bet-She'an, in Galilea (la stele, infatti, racconta di lotte avvenute nella zona). Le tribù semitiche seminomadi e pastorali dell'epoca usavano anteporre al proprio nome il termine banū ("figli di"), per cui si suppone che i Raham chiamassero loro stessi Banu Raham. Inoltre, molti di loro interpretavano i legami di sangue fra i componenti della tribù come una discendenza da un unico progenitore eponimo, anziché come risultato di legami intra-tribali. Il nome di questo mitico antenato eponimo veniva costruito con il prefisso Abū ("padre") seguito dal nome della tribù; nel caso dei Raham, sarebbe stato Abu Raham, poi divenuto Ab-raham, Abramo.
A pur provvisoria conclusione di questo articolo – gli studi sono in itinere in questo campo più che in altri – si potrebbe vedere nel nome Abramo una radice tipicamente sumera da cui deriva, ad esempio, l’etnonimo Habiru, morfema che dovrebbe valere “incrocio”, “intersezione”, “oltrepassamento”.
Pare che la verità su Abramo sia ancora lungi dall’essere conosciuta, ammesso che sia così importante appurarla.
Fonti:
F. Barbiero, La Bibbia senza segreti, Milano, 1988
R. Boulay, Flying serpents and dragon, 1990
A. Mercatante, Dizionario dei miti e delle leggende, Roma, 2001, s.v. Abramo
Secondo R. A. Boulay, Abramo fu, invece, oriundo di Ur in Mesopotamia, donde emigrò per recarsi nella località di Harran. L’autore, che considera, come Barbiero, Gen. 14 una fonte storicamente attendibile, afferma che il patriarca non fu un semplice nomade, ma un valoroso condottiero, sacerdote e generale del dio Adad, da identificare con YHWH. Abramo fu legato a Shumer, alla maniera del padre Terah che, come si evince dell’apocrifo intitolato Apocalisse di Abramo, fu un fabbricante di idoli, ossia, per Boulay radio ricetrasmittenti (?).
L’ipotesi di Boulay si situa agli antipodi geografici ed etnici rispetto alla ricostruzione operata da Barbiero: Ur si contrappone ad Urartu (tra Curdistan ed Armenia); Abramo è un sumero per il primo, un indoeuropeo per il ricercatore italiano, il cui merito principale, a mio avviso, consiste nell’aver additato la centralità culturale di una regione, l’Urartu, che non era distante da uno dei siti archeologici più significativi, tra quelli recentemente scoperti, Gobleki Tepe. Con Boulay, pur nella diversità delle congetture, lo studioso condivide la considerazione della Bibbia come fonte storica. Ben diverso è l’approccio di altri biblisti che vi scorgono valori emblematici ed adombramenti esoterici.
Negli ultimi anni, l'orientalista Mario Liverani ha proposto di vedere nel nome Abramo l'eponimo mitico di una tribù palestinese del XIII secolo a.C., quella dei Raham, di cui si è trovata menzione nella stele del faraone Seti I, cippo reperito a Bet-She'an e risalente all'incirca al 1289 a.C.. La tribù abitava probabilmente nella plaga vicina a Bet-She'an, in Galilea (la stele, infatti, racconta di lotte avvenute nella zona). Le tribù semitiche seminomadi e pastorali dell'epoca usavano anteporre al proprio nome il termine banū ("figli di"), per cui si suppone che i Raham chiamassero loro stessi Banu Raham. Inoltre, molti di loro interpretavano i legami di sangue fra i componenti della tribù come una discendenza da un unico progenitore eponimo, anziché come risultato di legami intra-tribali. Il nome di questo mitico antenato eponimo veniva costruito con il prefisso Abū ("padre") seguito dal nome della tribù; nel caso dei Raham, sarebbe stato Abu Raham, poi divenuto Ab-raham, Abramo.
A pur provvisoria conclusione di questo articolo – gli studi sono in itinere in questo campo più che in altri – si potrebbe vedere nel nome Abramo una radice tipicamente sumera da cui deriva, ad esempio, l’etnonimo Habiru, morfema che dovrebbe valere “incrocio”, “intersezione”, “oltrepassamento”.
Pare che la verità su Abramo sia ancora lungi dall’essere conosciuta, ammesso che sia così importante appurarla.
Fonti:
F. Barbiero, La Bibbia senza segreti, Milano, 1988
R. Boulay, Flying serpents and dragon, 1990
A. Mercatante, Dizionario dei miti e delle leggende, Roma, 2001, s.v. Abramo
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