Saturday, April 9, 2011

Il fattore cigno nero

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Il fattore cigno nero

“Il fattore cigno nero” è il primo episodio della serie “The secret”, aprile 2011. Molti storceranno il naso, leggendo una recensione lusinghiera di un albo a fumetti: i “comics” sono sdegnosamente considerati un’espressione della sub-cultura o visti dai critici generosi come un prodotto della cosiddetta “cultura popolare”. Meglio forse i brogliacci di Umberto Eco?

Giulio Carlo Argan, nella sua schifiltosa analisi della Pop art, a proposito delle note opere di Roy Liechtenstein, si chiede se leggere un fumetto per provare una fuggevole emozione non sia una perdita di tempo. In una società di uomini per lo più meccanizzati l’emozione vale così poco? Inoltre il fumetto statunitense, serigrafico e seriale, è lontano dalle produzioni italiane che preservano, almeno negli esempi migliori, dignità estetica. Si pensi a “Dylan Dog”. In questo alveo si colloca “The secret” con le sue tavole incise, la sceneggiatura intelligente ed un accorto dosaggio degli ingredienti narrativi tra realtà e fantasia. Qual è poi il confine tra fiction e verità? Cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia: qui l’inventiva ci conduce non solo a vivere avventure, ma a compiere il viaggio per eccellenza, l’itinerario in noi stessi.

Non si legga “The secret” per attingere la Verità, ma per aprire degli spiragli possibili sul volto oscuro del potere: in questi tempi sinistri ci può accompagnare lungo il declinante tracciato, tra desiderio di conoscere e smania di evasione. Evasione? “Il fattore cigno nero” spinge a riflettere, anche con le sue citazioni alte (in primis la frase della “Lettera agli Efesini”, “La nostra lotta…”), sulla necessità di evadere dalla condizione di uomini-prigionieri. Uomo-prigioniero è il protagonista Adam Mack (nella caratterizzazione anagrafica, il ricordo della creatura prima della caduta ed uno sprazzo di fidente Ufologia): un personaggio quanto mai pragmatico e, per così dire, pentasensoriale, costretto da eventi sbalorditivi a confrontarsi con la natura contraddittoria e multidimensionale del mondo. Anche se attraverso la forma dell’intrattenimento, i lettori più sensibili intuiranno che non esiste solo la materia e che, se si rinuncia all’immaginazione, si rinuncia ad una parte di noi, la migliore.

Qualcuno si è rammaricato, perché “The secret”, risultato di una lunga e – penso – travagliata gestazione, è uscito solo nel 2011, a distanza di tanti anni dal 9 11, dalle abductions, dall’operazione “scie chimiche” etc. Immagino non sia stato facile contemperare le esigenze diegetiche, che si muovono tra analessi, montaggio sovrano e ripetuti cambiamenti di inquadratura, con lo scopo di disseminare frammenti di attualità censurata, ma Giuseppe di Bernardo, insieme con i suoi collaboratori, ci è riuscito in pieno.

Che “The secret” contribuisca a diffondere quel briciolo di coscienza, soprattutto tra gli adolescenti ed i giovani, tradizionali fruitori di fumetti, pur in questa età frigidamente digitale, coscienza da cui può dipendere qualche percorso del futuro. Se non è troppo tardi.



1 comment:

  1. i “comics” sono sdegnosamente considerati un’espressione della sub-cultura

    "Sub-cultura" sarà quella che avresti tu, pagliaccio: i fumetti SONO un'espressione di cultura.

    ilpeyote 'o professò cogliò non sai nemmeno guardare le figure quando leggi

    ps: captcha = taiLITIO (prendine un po' ogni tanto, ti farà bene)

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