http://zret.blogspot.com/2011/06/sapienza.html
Sapienza
L'erudito parla, il sapiente preferisce tacere.
La sapienza non è conoscenza. L’etimologia è istruttiva: sapienza (latino sapientia) provenendo dal verbo “sapere”, che vale assaporare, è essere in grado di gustare la verità, di sentirla dentro di sé, di afferrare il senso. Non è una verità intellettuale, ma il sentimento profondo delle cose, la cui scoperta è affidata ad una balenante intuizione o ad un itinerario lungo e difficile. Si comprende quanto sia lontana dalla sapienza la nostra epoca che è tutta dominata dalle scienze profane, bandite come certezze, poiché radicate nei numeri, nelle analisi spinte sino alla cavillosità e nelle “leggi” di natura.
La sapienza è agli antipodi: che sia simboleggiata dal sale e dal pane, che il termine stesso, così vicino alla sfera spirituale, appartenga al mondo della concretezza sensoriale, il sapore, tutto ciò scava la trincea della distanza rispetto alle cognizioni razionali e quantitative tanto più astratte, cerebrali, quanto più avulse dalla vita.
La sapienza è ignoranza delle cause, poiché le cause si situano nella dimensione fenomenica e nell’illusorietà dei paradigmi scientifici. E’ poi tanto importante apprendere tutti i segreti della materia, quando si comprende il come, ma non il perché?
Sapienza è dunque gustare: ma possiamo spiegare agli altri le inafferrabili qualità di un sapore? Ecco: la sapienza è conquista personale, in gran parte incomunicabile, un patrimonio che non si può dividere né condividere.
La sapienza è imparentata con la saggezza: per questo motivo Orazio, rivolgendosi a Leuconoe, la esorta, in Carm. I, 11: Sapias, vina liques et spatio spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
"Sii saggia, mesci il vino e riconduci in un breve lasso di tempo la speranza che si protende nel futuro. Mentre parliamo, il tempo sarà fuggito invidioso: cogli il giorno, senza confidare troppo nell’avvenire".
La sapienza è consapevolezza dei limiti umani come dei suoi illimitati orizzonti.
La sapienza non è conoscenza. L’etimologia è istruttiva: sapienza (latino sapientia) provenendo dal verbo “sapere”, che vale assaporare, è essere in grado di gustare la verità, di sentirla dentro di sé, di afferrare il senso. Non è una verità intellettuale, ma il sentimento profondo delle cose, la cui scoperta è affidata ad una balenante intuizione o ad un itinerario lungo e difficile. Si comprende quanto sia lontana dalla sapienza la nostra epoca che è tutta dominata dalle scienze profane, bandite come certezze, poiché radicate nei numeri, nelle analisi spinte sino alla cavillosità e nelle “leggi” di natura.
La sapienza è agli antipodi: che sia simboleggiata dal sale e dal pane, che il termine stesso, così vicino alla sfera spirituale, appartenga al mondo della concretezza sensoriale, il sapore, tutto ciò scava la trincea della distanza rispetto alle cognizioni razionali e quantitative tanto più astratte, cerebrali, quanto più avulse dalla vita.
La sapienza è ignoranza delle cause, poiché le cause si situano nella dimensione fenomenica e nell’illusorietà dei paradigmi scientifici. E’ poi tanto importante apprendere tutti i segreti della materia, quando si comprende il come, ma non il perché?
Sapienza è dunque gustare: ma possiamo spiegare agli altri le inafferrabili qualità di un sapore? Ecco: la sapienza è conquista personale, in gran parte incomunicabile, un patrimonio che non si può dividere né condividere.
La sapienza è imparentata con la saggezza: per questo motivo Orazio, rivolgendosi a Leuconoe, la esorta, in Carm. I, 11: Sapias, vina liques et spatio spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.
"Sii saggia, mesci il vino e riconduci in un breve lasso di tempo la speranza che si protende nel futuro. Mentre parliamo, il tempo sarà fuggito invidioso: cogli il giorno, senza confidare troppo nell’avvenire".
La sapienza è consapevolezza dei limiti umani come dei suoi illimitati orizzonti.
professò cogliò, tutti questi paroloni sprecati (anche due sarebbero stati troppi) per dimostrare che sei un personaggio
ReplyDeleteignorante
presuntuoso
altezzoso
incolto
falso
ripugnante?
ilpeyote va' a nasconderti tra una pietra e l'altra spaccata con la tua testaccia tanto sei piccolo
Della serie: "noi della discarica per allucinati non ci occupiamo dei disinformatori"
ReplyDeleteminchiawlady dopo il solito cocktail di farmaci serale ha detto...
Grazie Zret, sempre gentile, a differenza di certi personaggi che prontamente ci stanno insultando e denigrando, non capisco il motivo di queste angherie, ma sembra proprio che si divertano un mondo, anche se si scrive di letteratura, per loro non fa differenza, non riescono a fare distinzione.
Copiano e incollano i nostri post sul loro blog, e poi ci ricamano sopra ricoprendoci di insulti.
Ho notato che hai scritto due bellissimi articoli nel tuo blog che ho letto volentieri, anche quelli sono stati messi alla mercé di critica distruttiva solo per il gusto farlo.
wlady
08 giugno, 2011 21:48
Senti wlady: avrò un linguaggio colorito, a volte, ma non insulto. Constato la pochezza di certi personaggi. Se poi tu ritieni che certe schifezze e falsità sono "letteratura", affari tuoi. Prova a rileggere le calunnie vomitate negli anni dal minchia team sanremese - che tu adori - verso le persone eppoi fa' (e magari fa' fare) un bell'esame di coscienza, se dalle vostre parti ne esiste una parvenza.
ilpeyote è arrivato il martire de noantri
il solito concentrato di aria fritta al profumo di violetta.poi la citazione di orazio....che lampo di genio!
ReplyDeleteL'erudito parla, il sapiente preferisce tacere.
ReplyDeleteNo comment...
Jabba
L'erudito parla, il sapiente preferisce tacere.
ReplyDeleteE il mona parla sempre. :D
Saluti
Michele
Classico discorso di chi ha la mente troppo ristretta per capire la grandiosità della scienza, e dalla propria chiusura mentale è capace solo di fare discorsi Tipo quelli del Prof. Aristogitone (ve lo ricordate, vero?).
ReplyDeleteDimenticavo, wlady, ma almeno lo sai che la citazione con cui il grande Prof. dei miei stivali ti ha intortata è in assoluto la citazione latina più usata, e che la conoscono anche i paracarri? E che oltretutto con il discorso (discorso?)del grande prof. non c'entra un accidente?
ReplyDelete"L'erudito parla, il sapiente preferisce tacere."
ReplyDeleteIl problema è che, nel formidabile duo, non c'è né un erudito, né un sapiente: quando parlano dicono scempiaggini e, ciò che è più grave, non sanno tacere.
L'erudito parla, il sapiente preferisce tacere
ReplyDeleteMi sembra ovvio che tu o'professo' coglio' faresti parte degli eruditi, non fosse che tu non sei per nulla erudito ma un fallito ...