http://zret.blogspot.com/2011/09/il-pensiero-di-maritain-luoghi-comuni.html
Il pensiero di Maritain: luoghi comuni ed adesione al sistema
Il francese Jacques Maritain (1882-1973), tra i maggiori propugnatori del neo-tomismo, incarna l’inconsistenza di un pensiero che scivola nei luoghi comuni. Così, se da un lato un autore come Emil Cioran, vigoroso e dirompente nel suo lucido “pessimismo”, è quasi ostracizzato (è difficile trovare un suo profilo o passi delle sue opere in enciclopedie ed antologie filosofiche), a Maritain è dedicato più spazio di quanto non meriti un filosofo così insulso.
Nel saggio “Introduzione alla filosofia”, Maritain definisce la filosofia come “la conoscenza scientifica che, mediante la luce naturale della ragione, considera le cause prime o le ragioni più alte di ogni cosa”. Nell’opera “Principi di una politica umanista” scrive: “Sappiamo che una delle caratteristiche essenziali di una civiltà degna di questo nome, è il senso ed il rispetto per la dignità della persona umana; sappiamo che per difendere i diritti della persona umana come per difendere la libertà, bisogna essere disposti a dare la propria vita… L’uomo è un individuo che si regge con l’intelligenza e la volontà; non esiste soltanto al(?) mondo fisico, ma sovraesiste spiritualmente in conoscenza ed in amore, in modo tale che in qualche modo è un universo a sé…”.
Potrei riportare altri passaggi desunti dai testi di Maritain, ma ci imbatteremmo in altrettali banalità: non è che alcune asserzioni non siano condivisibili, ma il pensiero del neo-tomista è di una superficialità disarmante, di deprimente piattezza. Come se non bastasse la trita ripetizione di concetti preistorici da temino svolto da uno studente di prima media, Maritain si sciacqua la bocca con espressioni retoriche e vacue, come “persona umana”. Ahinoi, tale sciatta, ambigua dicitura ha invaso i discorsi ed i libri di questi tempi degradati in cui il linguaggio rispecchia con il suo grigiore un modo di “ragionare” dozzinale. Sembra di ascoltare le omelie di un prete annoiato o le bolse, magniloquenti allocuzioni di Napo Orso Capo: così la fede ed il laicismo, coronando il sogno di Maritain, si danno la mano. Nell’indifferenziazione del linguaggio (un cattolico oggi parla come un comunista, un vescovo come un sindacalista) si manifesta l’omologazione.
Se la filosofia contemporanea si protende spesso verso concettualizzazioni astruse, verso compiacimenti intellettualistici, ha avuto comunque il coraggio di demistificare “verità” consolidate, di demolire idoli. Gli indirizzi ermeneutici, epistemologici, strutturalisti…, pur con molti limiti, hanno contribuito ad operare un trascendimento del common sense, a disintegrare i dogmi dell’idealismo, del realismo e dello scientismo. Con Maritain inciampiamo di nuovo in convincimenti ingenui che credevamo appartenenti ad un lontano passato. Non solo, tali convinzioni sono spiattellate senza un minimo di riflessione filosofica: oggettività del mondo, libertà, volontà, causa (!!!)… sono idee date per acquisite.
Che cosa caviamo dunque dai libracci di Maritain? Dei cliché e degli allettamenti: sono proprio le caratteristiche della comunicazione attuale. In “Scienza e saggezza” leggiamo: “Non dimentichiamolo, la scienza è buona in sé stessa; come tutto ciò che deriva dalle attività dello spirito in cerca della verità, essa è qualcosa di naturalmente sacro e guai a chi disconosce la sua dignità!” Non manca quindi quella soggezione per la scienza, peculiare dei nostri tempi, per cui chi osa discutere certi postulati scientisti, è messo alla gogna ed additato come eretico.
Il pensiero deve scuotere dal torpore, provocare, affermare per negare, assurgere a dialettica incessante: non può adagiarsi sugli allori della convenzionalità. Si intende: la filosofia di Maritain è rassicurante, mediatrice, concilia scienza e fede. Per questi motivi piace. E’ proprio quello che agogna la nostra società addormentata: un “pensiero” tranquillizzante, sedativo, acritico. Non sorprendiamoci poi, se, nonostante le rivoluzioni epistemologiche, ci tocca leggere le scempiaggini dei negazionisti che, nella loro saccente ignoranza, confondono “fatti” con teorie, tesi con protocolli, teoremi con assiomi… Naturalmente i disinformatori difettano della capacità di distinguere tra teorico ed empirico, non riescono a concepire problemi di natura epistemologica e credono, da ammuffiti positivisti quali sono, che la scienza fornisca tutte le risposte, purché non intacchino il loro sistema di credenze. Più fideisti di una beghina, ignorano tutte le questioni linguistiche attraverso cui si struttura l’analisi del mondo.
Responsabile dello scadimento culturale è in buona parte la scuola, dalle primarie all’università: essa inculca, presentandola come l’unica vera, una “logica” binaria, impone modelli matematici realisti, trasmette cognizioni utilitaristiche, disconosce il senso estetico, soprattutto veicola quell’umanismo d’accatto ed ipocrita, lo stesso di cui trasudano gli scartafacci di Maritain, fautore di un arrogante antropocentrismo senza centro, di una filosofia del tutto priva di amore per la conoscenza.
Quasi in modo paradossale, tutti gli autori che affermano di battersi per la libertà e la dignità dell’individuo (si pensi a Karl Popper) sono gli stessi che, con i loro modelli sclerotici e la loro denigrazione del dissenso, concorrono ad avallare l’establishment. Incapaci di operare una critica implacabile dell’esistente, bandiscono il riformismo, il gradualismo, il migliorismo. In Maritain non si va oltre le buone intenzioni, oltre il generico e dolciastro appello alla creazione di una società più giusta ed umana. Ci vuole ben altro che una precettistica di valori e di buoni sentimenti. Sarebbe necessario un pensiero divergente, anti-umanista, di radicale contestazione del sistema.
Se la celebrazione che il Nostro tesse degli alleati i quali, durante la Seconda guerra mondiale combatterono “per la giustizia e la libertà” (“L’uomo e lo Stato”), non è propaganda mondialista, ma dabbenaggine, è pur sempre da condannare: deficienti e disinformatori, pur tanto diversi, propalando le medesime versioni ufficiali, ratificano le menzogne del potere.
Consideriamo le dissertazioni di Maritain prediche, circolari ministeriali, ebeti tracce per gli esami di stato, al limite mediocri componimenti di alunni standardizzati, ma NON filosofia.
Maritain sembra l’incarnazione dell’insegnante-tipo: nozionista, allineato, razionale, dispensatore di un “sapere” predigerito, dal quale gli scrittori rivoluzionari sono esclusi o, peggio, dove sono normalizzati. Speriamo che, pur in una società tanto conformista e programmata, un allievo alzi la mano per chiedere il perché del perché.
Nel saggio “Introduzione alla filosofia”, Maritain definisce la filosofia come “la conoscenza scientifica che, mediante la luce naturale della ragione, considera le cause prime o le ragioni più alte di ogni cosa”. Nell’opera “Principi di una politica umanista” scrive: “Sappiamo che una delle caratteristiche essenziali di una civiltà degna di questo nome, è il senso ed il rispetto per la dignità della persona umana; sappiamo che per difendere i diritti della persona umana come per difendere la libertà, bisogna essere disposti a dare la propria vita… L’uomo è un individuo che si regge con l’intelligenza e la volontà; non esiste soltanto al(?) mondo fisico, ma sovraesiste spiritualmente in conoscenza ed in amore, in modo tale che in qualche modo è un universo a sé…”.
Potrei riportare altri passaggi desunti dai testi di Maritain, ma ci imbatteremmo in altrettali banalità: non è che alcune asserzioni non siano condivisibili, ma il pensiero del neo-tomista è di una superficialità disarmante, di deprimente piattezza. Come se non bastasse la trita ripetizione di concetti preistorici da temino svolto da uno studente di prima media, Maritain si sciacqua la bocca con espressioni retoriche e vacue, come “persona umana”. Ahinoi, tale sciatta, ambigua dicitura ha invaso i discorsi ed i libri di questi tempi degradati in cui il linguaggio rispecchia con il suo grigiore un modo di “ragionare” dozzinale. Sembra di ascoltare le omelie di un prete annoiato o le bolse, magniloquenti allocuzioni di Napo Orso Capo: così la fede ed il laicismo, coronando il sogno di Maritain, si danno la mano. Nell’indifferenziazione del linguaggio (un cattolico oggi parla come un comunista, un vescovo come un sindacalista) si manifesta l’omologazione.
Se la filosofia contemporanea si protende spesso verso concettualizzazioni astruse, verso compiacimenti intellettualistici, ha avuto comunque il coraggio di demistificare “verità” consolidate, di demolire idoli. Gli indirizzi ermeneutici, epistemologici, strutturalisti…, pur con molti limiti, hanno contribuito ad operare un trascendimento del common sense, a disintegrare i dogmi dell’idealismo, del realismo e dello scientismo. Con Maritain inciampiamo di nuovo in convincimenti ingenui che credevamo appartenenti ad un lontano passato. Non solo, tali convinzioni sono spiattellate senza un minimo di riflessione filosofica: oggettività del mondo, libertà, volontà, causa (!!!)… sono idee date per acquisite.
Che cosa caviamo dunque dai libracci di Maritain? Dei cliché e degli allettamenti: sono proprio le caratteristiche della comunicazione attuale. In “Scienza e saggezza” leggiamo: “Non dimentichiamolo, la scienza è buona in sé stessa; come tutto ciò che deriva dalle attività dello spirito in cerca della verità, essa è qualcosa di naturalmente sacro e guai a chi disconosce la sua dignità!” Non manca quindi quella soggezione per la scienza, peculiare dei nostri tempi, per cui chi osa discutere certi postulati scientisti, è messo alla gogna ed additato come eretico.
Il pensiero deve scuotere dal torpore, provocare, affermare per negare, assurgere a dialettica incessante: non può adagiarsi sugli allori della convenzionalità. Si intende: la filosofia di Maritain è rassicurante, mediatrice, concilia scienza e fede. Per questi motivi piace. E’ proprio quello che agogna la nostra società addormentata: un “pensiero” tranquillizzante, sedativo, acritico. Non sorprendiamoci poi, se, nonostante le rivoluzioni epistemologiche, ci tocca leggere le scempiaggini dei negazionisti che, nella loro saccente ignoranza, confondono “fatti” con teorie, tesi con protocolli, teoremi con assiomi… Naturalmente i disinformatori difettano della capacità di distinguere tra teorico ed empirico, non riescono a concepire problemi di natura epistemologica e credono, da ammuffiti positivisti quali sono, che la scienza fornisca tutte le risposte, purché non intacchino il loro sistema di credenze. Più fideisti di una beghina, ignorano tutte le questioni linguistiche attraverso cui si struttura l’analisi del mondo.
Responsabile dello scadimento culturale è in buona parte la scuola, dalle primarie all’università: essa inculca, presentandola come l’unica vera, una “logica” binaria, impone modelli matematici realisti, trasmette cognizioni utilitaristiche, disconosce il senso estetico, soprattutto veicola quell’umanismo d’accatto ed ipocrita, lo stesso di cui trasudano gli scartafacci di Maritain, fautore di un arrogante antropocentrismo senza centro, di una filosofia del tutto priva di amore per la conoscenza.
Quasi in modo paradossale, tutti gli autori che affermano di battersi per la libertà e la dignità dell’individuo (si pensi a Karl Popper) sono gli stessi che, con i loro modelli sclerotici e la loro denigrazione del dissenso, concorrono ad avallare l’establishment. Incapaci di operare una critica implacabile dell’esistente, bandiscono il riformismo, il gradualismo, il migliorismo. In Maritain non si va oltre le buone intenzioni, oltre il generico e dolciastro appello alla creazione di una società più giusta ed umana. Ci vuole ben altro che una precettistica di valori e di buoni sentimenti. Sarebbe necessario un pensiero divergente, anti-umanista, di radicale contestazione del sistema.
Se la celebrazione che il Nostro tesse degli alleati i quali, durante la Seconda guerra mondiale combatterono “per la giustizia e la libertà” (“L’uomo e lo Stato”), non è propaganda mondialista, ma dabbenaggine, è pur sempre da condannare: deficienti e disinformatori, pur tanto diversi, propalando le medesime versioni ufficiali, ratificano le menzogne del potere.
Consideriamo le dissertazioni di Maritain prediche, circolari ministeriali, ebeti tracce per gli esami di stato, al limite mediocri componimenti di alunni standardizzati, ma NON filosofia.
Maritain sembra l’incarnazione dell’insegnante-tipo: nozionista, allineato, razionale, dispensatore di un “sapere” predigerito, dal quale gli scrittori rivoluzionari sono esclusi o, peggio, dove sono normalizzati. Speriamo che, pur in una società tanto conformista e programmata, un allievo alzi la mano per chiedere il perché del perché.
Mi piacerebbe sapere come insegna il latino un insegnante-nontipo, non allineato, irrazionale come lui pensa di essere :P
ReplyDeleteAHAHAHAHAHAHAHAHA
Tra l'altro nuove scie persistenti in telefilm del 1973
http://nico-murdock.blogspot.com/2011/09/anche-colombo-nel-complotto.html
Solita rosicata gigantesca dell'homunculus nauseabundus...
ReplyDeleteGli rode che moltissimi sono famosi mentre lui... riesce solo a farsi venire il mal di fegato.
Poi confessa che dorme male, non digerisce, ha mal di testa, la gente lo pedina, le microonde lo tormentano e da la colpa alle scie chimiche!
Quando la smetterà di fare colazione con pane e fiele?
Però paragonare Maritain a Napo Orso Capo è impagabile!
ReplyDeleteSe continua così l'acconguaglione Antonio, il suo fegato diventerà completamente cirrotico ...
ReplyDeleteUhm...
ReplyDeleteMaritain ha avuto una certa influenza tra i teologi cattolici preparando il terreno alla svolta «democratica» conciliare che ha permesso alla Chiesa di aprirsi al mondo senza restare prigioniera delle proprie formule magiche.
Questo fa rosicare parecchio i fascistelli di ogni ordine e grado. E qualche professore fallito.