La Terra desolata e la Terra promessa (prima parte)
Alcune
tradizioni ricordano che in principio i rapporti tra l’umano ed il
divino erano simmetrici. Nel cosmo regnava l’armonia. Le schiere
angeliche erano organizzate in legioni rigorose, intente a lodare
l’Essere Supremo. L’uomo e la donna, i figli prediletti di Dio, vivevano
in beatitudine, liberi dal dolore. La sofferenza e la morte erano
ignote, il tempo non esisteva. L’universo era statico e perfetto, ma
alcuni angeli erano incapaci di godere di quello stato ed erano
invidiosi degli uomini. Gli angeli tenebrosi avevano tentato l’umanità
per ragioni d’orgoglio, ma anche per causare dolore a Dio. Così essi
caddero insieme con i progenitori. Nel Corano, Iblis rifiuta di
prosternarsi al cospetto di Adam: per la sua hybris è allontanato dal
Cielo. [1]
La caduta, come insegna questo mito, coincide in primo luogo con la genesi del tempo. La ribellione degli angeli gelosi è forse adombramento di uno scarto ontologico e cosmico, più che il simbolo di una separazione creaturale. La separazione, invero, il taglio è nel tempo stesso (dal greco “témno”, tagliare, recidere): nella mitologia greca Crono è il dio imparentato col tempo. Egli è il nume che divora i suoi figli; pure Saturno, l’antichissimo dio italico, in parte identificabile con Crono, anche se incivilì gli abitanti del Lazio dove regnò durante l’età dell’oro, talvolta era ritenuto un dio infernale. [2]
L’origine del tempo è pure nascita della vita o, meglio, esistenza, (da ex-sisto, stare fuori, allusione ad un esilio da una condizione originaria di compiutezza). Nella lingua ellenica vita è “bìos” e ricorda fonicamente “bìa”, violenza; anche in latino la parola “vita”, richiama “vis”, violenza, forza. Sono, con ogni probabilità, mere coincidenze, eppure suscitatrici di qualche riflessione… E’ indubbio che l’esistenza non solo si situa nell’habitat della caducità, ma pure essa vede il suo cominciamento in uno strappo, in una frattura, in un’azione violenta: ogni (pro)creazione è una distruzione. L’equilibrio si rompe, quantunque l’opera sia mirabile. Così Michelangelo colpiva il blocco di marmo per liberare la figura imprigionata nella materia.
Il processo creativo insuffla la vita e, nel contempo, condanna alla disgregazione ed alla morte. Per questa ragione l’artista, in un continuo trascendimento di sé stesso, anela ad imprimere alle sue opere il sigillo dell’eternità che, alla fine, è nell’idea e nel silenzio.
Come poté essere quello stato di assoluta, ineffabile armonia da cui ci sentiamo espulsi? Anche le parole più evocative, le melodie più sublimi ed i ritmi più arcani possono soltanto restituirci un’ombra labile e nebulosa di quel che fu.
Quando ci si strugge per la nostalgia di un’età aurea, non custodiamo tanto offuscate memorie di perdute, lontanissime epoche, ma di un’era prima dell’era stessa, anzi di una condizione, di un luogo, un modo di essere e non di un tempo.
“In principio era il lògos”. E’ così! Era, non è: il lògos, la vibrazione, non è il principio, ma già una sua manifestazione. Il tempo imperfetto (era) è il tempo del divenire, del moto, del panta rei. Il moto è il cambiamento, misura e fenomeno del tempo.
[1] Si leggano le seguenti sure: “Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre creasti lui dalla creta". Disse [Allah]: "Vattene! Qui non puoi essere orgoglioso. Via! Sarai tra gli abietti". Disse [Shaytan]: "Concedimi una dilazione fino al Giorno in cui saranno resuscitati". Disse [Allah]: "Sia, ti è concessa la dilazione". Disse [Shaytan]: "Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro [agli uomini] agguati sulla Tua Retta Via e li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra e la maggior parte di loro non Ti sarà riconoscenti". Disse [Allah]: Vattene! Scacciato e coperto di abominio. Riempirò la Jahannam di tutti voi, tu e coloro che ti avranno seguito". (VII:12-18). Allah, allora, avvisa gli uomini di diffidare di Shaytan il quale corrompe e lo conduce alla devianza: Chi prende Shaytan come patrono al posto di Allah, si perde irrimediabilmente. (IV:119); In verità Shaytan è vostro nemico, trattatelo da nemico» (XXXV:6); «Certamente vi ordina il male e la turpitudine e di dire, a proposito di Allah, cose che non sapete” (II:169).
[2] E’ probabile che il Kronos greco trovi il suo archetipo nel dio sumero Ninurtu che, “come divinità planetaria, aveva ricevuto il nome di Sag-Usch, lo stazionario, astro di giustizia ed equità. Il suo moto lento e regolare lo rendeva simbolo di stabilità e di durata: incarnava la forza impertubabile del tempo. Del resto, il regolatore del tempo notturno, svolto dal pianeta, era sottolineato dalla somiglianza tra Kronos (con la kappa) e Chronos (con la chi), accostamento che risale a Ferecide (VI sec. a.C.)”. (Anzaldi-Bazzoli)
La caduta, come insegna questo mito, coincide in primo luogo con la genesi del tempo. La ribellione degli angeli gelosi è forse adombramento di uno scarto ontologico e cosmico, più che il simbolo di una separazione creaturale. La separazione, invero, il taglio è nel tempo stesso (dal greco “témno”, tagliare, recidere): nella mitologia greca Crono è il dio imparentato col tempo. Egli è il nume che divora i suoi figli; pure Saturno, l’antichissimo dio italico, in parte identificabile con Crono, anche se incivilì gli abitanti del Lazio dove regnò durante l’età dell’oro, talvolta era ritenuto un dio infernale. [2]
L’origine del tempo è pure nascita della vita o, meglio, esistenza, (da ex-sisto, stare fuori, allusione ad un esilio da una condizione originaria di compiutezza). Nella lingua ellenica vita è “bìos” e ricorda fonicamente “bìa”, violenza; anche in latino la parola “vita”, richiama “vis”, violenza, forza. Sono, con ogni probabilità, mere coincidenze, eppure suscitatrici di qualche riflessione… E’ indubbio che l’esistenza non solo si situa nell’habitat della caducità, ma pure essa vede il suo cominciamento in uno strappo, in una frattura, in un’azione violenta: ogni (pro)creazione è una distruzione. L’equilibrio si rompe, quantunque l’opera sia mirabile. Così Michelangelo colpiva il blocco di marmo per liberare la figura imprigionata nella materia.
Il processo creativo insuffla la vita e, nel contempo, condanna alla disgregazione ed alla morte. Per questa ragione l’artista, in un continuo trascendimento di sé stesso, anela ad imprimere alle sue opere il sigillo dell’eternità che, alla fine, è nell’idea e nel silenzio.
Come poté essere quello stato di assoluta, ineffabile armonia da cui ci sentiamo espulsi? Anche le parole più evocative, le melodie più sublimi ed i ritmi più arcani possono soltanto restituirci un’ombra labile e nebulosa di quel che fu.
Quando ci si strugge per la nostalgia di un’età aurea, non custodiamo tanto offuscate memorie di perdute, lontanissime epoche, ma di un’era prima dell’era stessa, anzi di una condizione, di un luogo, un modo di essere e non di un tempo.
“In principio era il lògos”. E’ così! Era, non è: il lògos, la vibrazione, non è il principio, ma già una sua manifestazione. Il tempo imperfetto (era) è il tempo del divenire, del moto, del panta rei. Il moto è il cambiamento, misura e fenomeno del tempo.
[1] Si leggano le seguenti sure: “Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre creasti lui dalla creta". Disse [Allah]: "Vattene! Qui non puoi essere orgoglioso. Via! Sarai tra gli abietti". Disse [Shaytan]: "Concedimi una dilazione fino al Giorno in cui saranno resuscitati". Disse [Allah]: "Sia, ti è concessa la dilazione". Disse [Shaytan]: "Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro [agli uomini] agguati sulla Tua Retta Via e li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra e la maggior parte di loro non Ti sarà riconoscenti". Disse [Allah]: Vattene! Scacciato e coperto di abominio. Riempirò la Jahannam di tutti voi, tu e coloro che ti avranno seguito". (VII:12-18). Allah, allora, avvisa gli uomini di diffidare di Shaytan il quale corrompe e lo conduce alla devianza: Chi prende Shaytan come patrono al posto di Allah, si perde irrimediabilmente. (IV:119); In verità Shaytan è vostro nemico, trattatelo da nemico» (XXXV:6); «Certamente vi ordina il male e la turpitudine e di dire, a proposito di Allah, cose che non sapete” (II:169).
[2] E’ probabile che il Kronos greco trovi il suo archetipo nel dio sumero Ninurtu che, “come divinità planetaria, aveva ricevuto il nome di Sag-Usch, lo stazionario, astro di giustizia ed equità. Il suo moto lento e regolare lo rendeva simbolo di stabilità e di durata: incarnava la forza impertubabile del tempo. Del resto, il regolatore del tempo notturno, svolto dal pianeta, era sottolineato dalla somiglianza tra Kronos (con la kappa) e Chronos (con la chi), accostamento che risale a Ferecide (VI sec. a.C.)”. (Anzaldi-Bazzoli)
ginger ha detto...
ReplyDeleteSe Qualcuno sta ad ascoltare lassù, questo è un umile richiamo
Non credo che ci sia Qualcuno lassù che perde tempo ad ascoltare i loro deliri...