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Un aforisma di Seneca
Diutius accusare fata possumus; mutare non possumus: stant dura et inexorabilia. “Possiamo accusare il destino; non possiamo cambiarlo: esso rimane tetragono ed inesorabile”.
Così scrive Seneca e, al cospetto di questa granitica sentenza, mi pare che si sfaldino come sfoglie fra le dita, tutte le fragili certezze, oggi tanto in voga, circa il potere della mente e la cosiddetta legge dell’attrazione. Possiamo lamentarci della sorte ed aggiungere a parole parole, ma le parole sono, in fin dei conti, inutili: quasi nessuno le ascolta. Quei pochi che le ascoltano non le capiscono.
Qualcuno è forse riuscito, almeno per ora, ad imprimere un diverso corso alle vicende umane, applicando le tecniche di un libro?
Possiamo nutrirci ancora di qualche illusione: una fede, una speranza, un ideale, ma la fede oggi è vacillante come la fiamma di una candela cui resta ancora solo un grumo di cera. Le speranze e gli ideali poi si sgretolano sul muro della “realtà”.
Grande lezione quella di Seneca: ci insegna ad essere sobri nelle reazioni, a non indulgere in geremiadi. Ci insegna ad accettare l’ineluttabile con forza d’animo, a non lasciarci incantare dai miraggi.
Possiamo dolerci del fato ed aggiungere a parole parole, tentare di comprendere la gymkana dell’esistenza, aggiungendo a parole parole.
Se è nella nostra indole, se è una forma di catarsi, ben venga, ma dobbiamo sapere che al destino, come al cuore, non si comanda.
Così scrive Seneca e, al cospetto di questa granitica sentenza, mi pare che si sfaldino come sfoglie fra le dita, tutte le fragili certezze, oggi tanto in voga, circa il potere della mente e la cosiddetta legge dell’attrazione. Possiamo lamentarci della sorte ed aggiungere a parole parole, ma le parole sono, in fin dei conti, inutili: quasi nessuno le ascolta. Quei pochi che le ascoltano non le capiscono.
Qualcuno è forse riuscito, almeno per ora, ad imprimere un diverso corso alle vicende umane, applicando le tecniche di un libro?
Possiamo nutrirci ancora di qualche illusione: una fede, una speranza, un ideale, ma la fede oggi è vacillante come la fiamma di una candela cui resta ancora solo un grumo di cera. Le speranze e gli ideali poi si sgretolano sul muro della “realtà”.
Grande lezione quella di Seneca: ci insegna ad essere sobri nelle reazioni, a non indulgere in geremiadi. Ci insegna ad accettare l’ineluttabile con forza d’animo, a non lasciarci incantare dai miraggi.
Possiamo dolerci del fato ed aggiungere a parole parole, tentare di comprendere la gymkana dell’esistenza, aggiungendo a parole parole.
Se è nella nostra indole, se è una forma di catarsi, ben venga, ma dobbiamo sapere che al destino, come al cuore, non si comanda.
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tetragono?? machecazzo, dixit... faresti girare le palle pure a Seneca.
ReplyDelete...faresti girare le palle pure a Seneca.
Delete... che si è suicidato immaginando in che mani sarebbero finite le sue parole.
Da buon stoico gli avrebbe detto: "A fra', ma vedi d'annà faculo va..." :D
Delete"Grande lezione quella di Seneca: ci insegna ad essere sobri nelle reazioni, a non indulgere in geremiadi."
ReplyDeletee i fratellonzi acconguagliati hanno approfittato dell'insegnamento, oh come hanno approfittato!
Non voglio fare una geremiade, ma quel epigono testicolare di Zret mi ha tetragonamente rotto i maroni.
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