Pubblico un articolo di Francesco Lamendola, autore (tra i pochi) che continuo a seguire e di cui non ho più proposto gli studi, solo per ragioni contingenti. Il testo è una riflessione sullo scientismo prevaricatore e ben descrive uno dei peccati mortali della nostra "civiltà", la pulsione di morte a danno di tutto ciò che ha un'anima.
Non è solo insipienza e superficialità: si avverte un astio incoercibile verso la natura, aggredita e stuprata in ogni istante, in ogni angolo del pianeta. Dal pino tagliato perché la sua chioma toglie un po' di luce (si potrebbe potarlo, ma lo si svelle) all'operazione "scie chimiche" che è pure un oltraggio alla bellezza del cielo, alla fantasia delle nuvole, quest'odio sembra non conoscere confini.
Quanti fantasmi di sogni abitano nella città dei morti!
Hanno fatto un deserto e lo chiamano progresso. E' un deserto nelle cui oasi svettano antenne gigantesche e tralicci minacciosi, oasi in cui si affolla un'umanità inumana che si abbevera alle fonti dell'invidia, della superbia e della maldicenza.
Quante volte sentiamo questa lama gelida che taglia l'aria tra gli interlocutori! Dietro un velo di ipocrita cortesia, si agitano torbidi, oscuri, stagnanti sentimenti di livore. Che cosa invidiano costoro che hanno tutto? Successo, buona reputazione, denaro... non bastano loro: vorrebbero essere apprezzati per qualità che ostentano perché non le possiedono. Forse vorrebbero essere amati, ma anche chi non ha il terzo occhio, per istinto, non osa avvicinarsi a questi esseri dall'aura mefitica, morbosa, violacea. Sono manichini cadaverici, bambole slogate dallo sguardo vitreo. Sono i personaggi della fielevisione e noi ci aggiriamo tra larve avide di sangue, sperduti alla ricerca di angeli che sono volati via, altrove. Mentre tronfi trionfano nei tribunali ed urlano nelle università, intuiscono di essere degli sconfitti, giacché mai hanno amato veramente, carezzato con affetto sincero un cane, sorriso ad un bambino, ascoltato con gratitudine la melopea del vento. Alla fine si prova compassione per chi è prigioniero del suo Ego ipertrofico.
Da dove proviene tutto questo odio che pare immotivato, la smania di dominio, il desiderio di vendicarsi contro chi non è come te? Ancora una volta il male si constata: non si spiega.
Questi veleni schizzano talvolta da chi si riempie la bocca ed empie i blogs di parole come "consapevolezza", "spiritualità", "armonia", "amore"... Ciò non sorprende.
Come bende di lino bianchissimo che si staccano da mummie graveolenti, queste parole belle, ma false cadono, lasciando intravedere il putridume.
Nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone (1561-1626) vediamo la concezione meccanicistica ed utilitaristica della natura portata fino alle estreme conseguenze, con la celebrazione di una illimitata facoltà di manipolazione sulle cose e sugli esseri viventi.
Bacone è stato definito il profeta della tecnica, ma, in realtà, è stato molto di più: è stato il profeta di una casta di tecnoscienziati i quali organizzano a loro discrezione l'intera società; modificano geneticamente piante e animali; ottengono la maturazione di frutta fuori stagione; compiono esperimenti ripugnanti per vedere fino a che punto degli animali possono vivere, dopo essere stati mutilati delle loro parti vitali; costruiscono robot capaci di ogni genere di movimento; conducono mostruose operazioni per creare delle razze animali nane o gigantesche, influendo sullo sviluppo delle cavie; fabbricano armi sempre più potenti e micidiali; realizzano navi sommergibili e studiano la possibilità di realizzare il volo.
In breve, manipolano ogni cosa e ogni essere vivente, con la più completa libertà e con la più totale mancanza di scrupoli; anzi, senza neanche porsi minimamente un problema etico nei confronti delle loro scoperte e delle relative applicazioni.
Più che il paradiso degli scienziati e dei tecnici, la "Nuova Atlantide", deforme caricatura dell'Atlantide di Platone e stravolgimento di ogni legame di armonia e di rispetto fra uomo e natura, è il delirio di una mente assetata di dominio, di potenza, d successo: una proiezione dell'Inghilterra di Elisabetta che, dopo la vittoria sull'Invincibile Armada di Filippo II di Spagna, si avviava a diventare la prima potenza marittima d'Europa ed a gettare le basi del suo impero coloniale e della sua potenza mercantile e finanziaria.
L'articolo continua qui.
Non è solo insipienza e superficialità: si avverte un astio incoercibile verso la natura, aggredita e stuprata in ogni istante, in ogni angolo del pianeta. Dal pino tagliato perché la sua chioma toglie un po' di luce (si potrebbe potarlo, ma lo si svelle) all'operazione "scie chimiche" che è pure un oltraggio alla bellezza del cielo, alla fantasia delle nuvole, quest'odio sembra non conoscere confini.
Quanti fantasmi di sogni abitano nella città dei morti!
Hanno fatto un deserto e lo chiamano progresso. E' un deserto nelle cui oasi svettano antenne gigantesche e tralicci minacciosi, oasi in cui si affolla un'umanità inumana che si abbevera alle fonti dell'invidia, della superbia e della maldicenza.
Quante volte sentiamo questa lama gelida che taglia l'aria tra gli interlocutori! Dietro un velo di ipocrita cortesia, si agitano torbidi, oscuri, stagnanti sentimenti di livore. Che cosa invidiano costoro che hanno tutto? Successo, buona reputazione, denaro... non bastano loro: vorrebbero essere apprezzati per qualità che ostentano perché non le possiedono. Forse vorrebbero essere amati, ma anche chi non ha il terzo occhio, per istinto, non osa avvicinarsi a questi esseri dall'aura mefitica, morbosa, violacea. Sono manichini cadaverici, bambole slogate dallo sguardo vitreo. Sono i personaggi della fielevisione e noi ci aggiriamo tra larve avide di sangue, sperduti alla ricerca di angeli che sono volati via, altrove. Mentre tronfi trionfano nei tribunali ed urlano nelle università, intuiscono di essere degli sconfitti, giacché mai hanno amato veramente, carezzato con affetto sincero un cane, sorriso ad un bambino, ascoltato con gratitudine la melopea del vento. Alla fine si prova compassione per chi è prigioniero del suo Ego ipertrofico.
Da dove proviene tutto questo odio che pare immotivato, la smania di dominio, il desiderio di vendicarsi contro chi non è come te? Ancora una volta il male si constata: non si spiega.
Questi veleni schizzano talvolta da chi si riempie la bocca ed empie i blogs di parole come "consapevolezza", "spiritualità", "armonia", "amore"... Ciò non sorprende.
Come bende di lino bianchissimo che si staccano da mummie graveolenti, queste parole belle, ma false cadono, lasciando intravedere il putridume.
Nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone (1561-1626) vediamo la concezione meccanicistica ed utilitaristica della natura portata fino alle estreme conseguenze, con la celebrazione di una illimitata facoltà di manipolazione sulle cose e sugli esseri viventi.
Bacone è stato definito il profeta della tecnica, ma, in realtà, è stato molto di più: è stato il profeta di una casta di tecnoscienziati i quali organizzano a loro discrezione l'intera società; modificano geneticamente piante e animali; ottengono la maturazione di frutta fuori stagione; compiono esperimenti ripugnanti per vedere fino a che punto degli animali possono vivere, dopo essere stati mutilati delle loro parti vitali; costruiscono robot capaci di ogni genere di movimento; conducono mostruose operazioni per creare delle razze animali nane o gigantesche, influendo sullo sviluppo delle cavie; fabbricano armi sempre più potenti e micidiali; realizzano navi sommergibili e studiano la possibilità di realizzare il volo.
In breve, manipolano ogni cosa e ogni essere vivente, con la più completa libertà e con la più totale mancanza di scrupoli; anzi, senza neanche porsi minimamente un problema etico nei confronti delle loro scoperte e delle relative applicazioni.
Più che il paradiso degli scienziati e dei tecnici, la "Nuova Atlantide", deforme caricatura dell'Atlantide di Platone e stravolgimento di ogni legame di armonia e di rispetto fra uomo e natura, è il delirio di una mente assetata di dominio, di potenza, d successo: una proiezione dell'Inghilterra di Elisabetta che, dopo la vittoria sull'Invincibile Armada di Filippo II di Spagna, si avviava a diventare la prima potenza marittima d'Europa ed a gettare le basi del suo impero coloniale e della sua potenza mercantile e finanziaria.
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