Figura
E’
incredibile quante idee contraddittorie coesistano nella nostra visione
del mondo: forse tale situazione, più che incarnare l’incapacità di
elaborare una concezione organica, rispecchia l’intima incoerenza della
realtà.
Per razionalizzare il reale, uomini e, talora intere epoche, ricorrono a particolari accorgimenti. Il problema maggiore che dovettero affrontare i Padri della Chiesa fu l’esigenza di conciliare il Vecchio ed il Nuovo Testamento: nelle narrazioni vetero-testamentarie si individuarono (si credette di individuare) situazioni, personaggi ed eventi che prefiguravano quelli descritti e narrati nel Nuovo Testamento, consentendo di tracciare una visione unitaria della storia della salvezza. Codesta anticipazione è stata definita “figura”. Erich Auerbach, in “Mimesis” ha ritenuto sia uno dei procedimenti peculiari all’interno della “Commedia”: “L'interpretazione figurale dunque stabilisce fra due fatti o persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto sé stesso, ma significa anche l'altro, mentre l'altro comprende o adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo, come fatti reali”.
Tralasciamo il metodo figurale in Dante, per delimitare l’indagine alla presunta correlazione tra avvenimenti del Vecchio Testamento che sarebbero un preludio di accadimenti del Nuovo, intesi appunto come adempimenti di situazioni incompiute. Gran parte della cultura medievale cristiana basò la sua Weltanschaung su tale nesso. Sennonché sono palesi due aspetti: vicende e profezie del Vecchio Testamento sono circoscritte al mondo ebraico. Le profezie non sono predizioni, ma proclami ed ammonimenti in nome di YHWH: l’ebraico e l’aramaico ignoravano in origine il tempo futuro né è credibile che i profeti biblici intendessero gettare lo sguardo verso età tanto lontane, più solleciti semmai per le condizioni attuali o incombenti su Israele.
La descrizione del “servo sofferente” fu intesa come vaticinio dell’avvento del Messia. [1] Non è questa la sede per tentare di stabilire se Isaia si riferisse al popolo ebraico, vittima di persecuzioni ed angherie, o al Messia. E’, però, incontestabile che le letture di testi pagani, in primis la IV egloga di Virgilio, come prolessi di Cristo sono forzature destituite di ogni fondamento, sebbene molti intellettuali del Medioevo ritenessero che vari cenni negli autori classici preannunciassero, per quanto in forma incompleta e confusa, verità cristiane. Integrarle nella cultura medievale significò costruire un solido edificio di cui la tradizione vetero-testamentaria ed i contributi salienti del pensiero antico erano i pilastri sui quali era poggiata l’architrave del Cristianesimo. L’architrave era destinata a spezzarsi e l’edificio a rovinare: le attese millenaristiche, tra cui quelle di Gioacchino da Fiore, non si adempirono. Il Giubileo indetto nel 1300 da papa Bonifacio VIII sancì il tramonto delle residue speranze di rinnovamento spirituale. Le idee medievali cominciarono a disgregarsi sotto la spinta delle tendenze mercantili ed umanistiche. La visione della storia e della natura, come libri coerenti e comprensibili, si incrinò, anche se la fiducia nell’uomo sopperì all’eclissi parziale e comunque sofferta della dimensione trascendente.
Gli studi filologici, tra XV e XVI secolo, restituirono i classici greci e latini al loro tempo, mentre per un’esegesi critica della Bibbia si dovette attendere ancora qualche tempo.
Si può reputare che le concezioni figurali furono soggettive, degli errori o, al più, “verità” di tipo pragmatico. Furono “verità” che diventarono tali, poiché gli uomini di cultura erano persuasi della loro giustezza. Il convincimento può inverare delle opinioni. Un’intera epoca si basò in parte su un’illusione, ma le illusioni non hanno avvenire.
Oggi, in genere, si riconosce una globale discontinuità tra Vecchio e Nuovo Testamento; si comprende che la Torah appartiene ad un milieu culturale differente dal nostro. E’ vero che alcuni studiosi non si peritano di estrarre ancora oggi oracoli dalla Bibbia: emblematico il caso di Drosnin che ha creduto di cogliere nel Pentateuco persino i nomi di Bush junior ed il riferimento ai dirottatori arabi (sic!) del 9 11, ma i responsi da lui individuati sono da considerare del tutto arbitrari, almeno perché semplici ripetizioni delle mendaci versioni ufficiali. [2] Che gli autori biblici poi abbiano pensato di codificare il nome di una nullità come Bush nella Torah è idea più ridicola e blasfema che inverosimile. Con Drosnin si esplica la tendenza mai del tutto sopita a razionalizzare la storia, laddove il percorso umano è costellato di aberrazioni e discrasie. Anche il pur compatto cosmo medievale fu attraversato da fenditure esoteriche ed eterodosse e si animò attraverso sviluppi centrifughi e movimenti sotterranei. Questi sono i più significativi, sebbene di solito altrettanto misconosciuti.
[1] "Ecco, il mio servo prospererà e sarà innalzato, elevato e grandemente esaltato. Come molti erano stupiti di lui a causa del suo aspetto che era sfigurato più di quello di alcun uomo e la sua forma era diversa da quella degli esseri umani, così egli sconvolgerà molti popoli; i re chiuderanno la bocca davanti a lui, perché vedranno ciò che non era mai stato loro narrato e comprenderanno ciò che non avevano udito."(Isaia 52:13-15).
Numerosi esegeti negano che esista anche una solo versetto vetero-testamentario preannunciante una circostanza del Nuovo Testamento.
[2] E’ una posizione, mutatis mutandis, non molto dissimile da quella dei disinformatori che, per mezzo della “scienza” non solo spiegano e razionalizzano tutto, ma giustificano l’esistente, vedendovi il migliore dei sistemi possibili: lo stato è buono, il governo è buono, le istituzioni sono buone. Sui risvolti psichiatrici (sindrome di Stoccolma, regressione a stati infantili, complessi di inferiorità…) di tale interpretazione autoconsolatoria, banalmente compensatrice e puerile della realtà non mi soffermo.
Per razionalizzare il reale, uomini e, talora intere epoche, ricorrono a particolari accorgimenti. Il problema maggiore che dovettero affrontare i Padri della Chiesa fu l’esigenza di conciliare il Vecchio ed il Nuovo Testamento: nelle narrazioni vetero-testamentarie si individuarono (si credette di individuare) situazioni, personaggi ed eventi che prefiguravano quelli descritti e narrati nel Nuovo Testamento, consentendo di tracciare una visione unitaria della storia della salvezza. Codesta anticipazione è stata definita “figura”. Erich Auerbach, in “Mimesis” ha ritenuto sia uno dei procedimenti peculiari all’interno della “Commedia”: “L'interpretazione figurale dunque stabilisce fra due fatti o persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto sé stesso, ma significa anche l'altro, mentre l'altro comprende o adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo, come fatti reali”.
Tralasciamo il metodo figurale in Dante, per delimitare l’indagine alla presunta correlazione tra avvenimenti del Vecchio Testamento che sarebbero un preludio di accadimenti del Nuovo, intesi appunto come adempimenti di situazioni incompiute. Gran parte della cultura medievale cristiana basò la sua Weltanschaung su tale nesso. Sennonché sono palesi due aspetti: vicende e profezie del Vecchio Testamento sono circoscritte al mondo ebraico. Le profezie non sono predizioni, ma proclami ed ammonimenti in nome di YHWH: l’ebraico e l’aramaico ignoravano in origine il tempo futuro né è credibile che i profeti biblici intendessero gettare lo sguardo verso età tanto lontane, più solleciti semmai per le condizioni attuali o incombenti su Israele.
La descrizione del “servo sofferente” fu intesa come vaticinio dell’avvento del Messia. [1] Non è questa la sede per tentare di stabilire se Isaia si riferisse al popolo ebraico, vittima di persecuzioni ed angherie, o al Messia. E’, però, incontestabile che le letture di testi pagani, in primis la IV egloga di Virgilio, come prolessi di Cristo sono forzature destituite di ogni fondamento, sebbene molti intellettuali del Medioevo ritenessero che vari cenni negli autori classici preannunciassero, per quanto in forma incompleta e confusa, verità cristiane. Integrarle nella cultura medievale significò costruire un solido edificio di cui la tradizione vetero-testamentaria ed i contributi salienti del pensiero antico erano i pilastri sui quali era poggiata l’architrave del Cristianesimo. L’architrave era destinata a spezzarsi e l’edificio a rovinare: le attese millenaristiche, tra cui quelle di Gioacchino da Fiore, non si adempirono. Il Giubileo indetto nel 1300 da papa Bonifacio VIII sancì il tramonto delle residue speranze di rinnovamento spirituale. Le idee medievali cominciarono a disgregarsi sotto la spinta delle tendenze mercantili ed umanistiche. La visione della storia e della natura, come libri coerenti e comprensibili, si incrinò, anche se la fiducia nell’uomo sopperì all’eclissi parziale e comunque sofferta della dimensione trascendente.
Gli studi filologici, tra XV e XVI secolo, restituirono i classici greci e latini al loro tempo, mentre per un’esegesi critica della Bibbia si dovette attendere ancora qualche tempo.
Si può reputare che le concezioni figurali furono soggettive, degli errori o, al più, “verità” di tipo pragmatico. Furono “verità” che diventarono tali, poiché gli uomini di cultura erano persuasi della loro giustezza. Il convincimento può inverare delle opinioni. Un’intera epoca si basò in parte su un’illusione, ma le illusioni non hanno avvenire.
Oggi, in genere, si riconosce una globale discontinuità tra Vecchio e Nuovo Testamento; si comprende che la Torah appartiene ad un milieu culturale differente dal nostro. E’ vero che alcuni studiosi non si peritano di estrarre ancora oggi oracoli dalla Bibbia: emblematico il caso di Drosnin che ha creduto di cogliere nel Pentateuco persino i nomi di Bush junior ed il riferimento ai dirottatori arabi (sic!) del 9 11, ma i responsi da lui individuati sono da considerare del tutto arbitrari, almeno perché semplici ripetizioni delle mendaci versioni ufficiali. [2] Che gli autori biblici poi abbiano pensato di codificare il nome di una nullità come Bush nella Torah è idea più ridicola e blasfema che inverosimile. Con Drosnin si esplica la tendenza mai del tutto sopita a razionalizzare la storia, laddove il percorso umano è costellato di aberrazioni e discrasie. Anche il pur compatto cosmo medievale fu attraversato da fenditure esoteriche ed eterodosse e si animò attraverso sviluppi centrifughi e movimenti sotterranei. Questi sono i più significativi, sebbene di solito altrettanto misconosciuti.
[1] "Ecco, il mio servo prospererà e sarà innalzato, elevato e grandemente esaltato. Come molti erano stupiti di lui a causa del suo aspetto che era sfigurato più di quello di alcun uomo e la sua forma era diversa da quella degli esseri umani, così egli sconvolgerà molti popoli; i re chiuderanno la bocca davanti a lui, perché vedranno ciò che non era mai stato loro narrato e comprenderanno ciò che non avevano udito."(Isaia 52:13-15).
Numerosi esegeti negano che esista anche una solo versetto vetero-testamentario preannunciante una circostanza del Nuovo Testamento.
[2] E’ una posizione, mutatis mutandis, non molto dissimile da quella dei disinformatori che, per mezzo della “scienza” non solo spiegano e razionalizzano tutto, ma giustificano l’esistente, vedendovi il migliore dei sistemi possibili: lo stato è buono, il governo è buono, le istituzioni sono buone. Sui risvolti psichiatrici (sindrome di Stoccolma, regressione a stati infantili, complessi di inferiorità…) di tale interpretazione autoconsolatoria, banalmente compensatrice e puerile della realtà non mi soffermo.
Sui risvolti psichiatrici (sindrome di Stoccolma, regressione a stati infantili, complessi di inferiorità…) di tale interpretazione autoconsolatoria, banalmente compensatrice e puerile della realtà non mi soffermo.
ReplyDeleteEcco, meglio che non ti soffermi, sennò rischi un TSO immediato. E aggiornati col DSM e l'ICD, straccione.
ilpeyote ma guarda che gentaglia