Sunday, February 19, 2012

Eraclito versus Democrito

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Eraclito versus Democrito

Si racconta che Eraclito (Efeso, 550 a.C. circa, 480 a. C. circa) rispondesse allo spettacolo del mondo con il pianto, in netto contrasto con la solarità di Democrito (Abdera, Tracia, 460 circa, 370 a.C. circa).

“L’iconografia occidentale ha abbondantemente opposto il riso di Democrito, il poeta dalla scrittura chiara, alle lacrime di Eraclito, il bilioso, soprannominato l’Oscuro. E da Diogene di Sinope a Nietzsche, da Aristippo di Cirene a Michel Foucault, si ritrova, come tratto comune ai materialisti, edonisti ed altri grandi sovversivi della storia delle idee, questa capacità di ridere del mondo così com’è. Ridono solo quelli che prendono il mondo sul serio, proprio perché lo prendono sul serio.” (M. Onfray)

Sono stati scritti molti saggi sul riso come peculiarità dell’uomo (celebre lo studio di Henry Bergson) e, di là dalle differenti interpretazioni, talora forzate, si riconosce che sono proprio le contraddizioni del reale ad accendere la scintilla dell’ironia, della risata catartica, del ghigno amaro, del compiacimento, dell’umorismo pirandelliano.

Ci si chiede se la visione del mondo possa suscitare letizia o tormento. Quale mondo? Quello ancora tollerabile degli antichi o il nostro abominevole? La natura? Si afferma che la natura è perfetta: la considererei efficiente, non perfetta. Se l’universo fosse perfetto… L’umanità? L’umanità è talmente antinomica che non mi sorprende di constatare quali impulsi ambivalenti, irriducibili tra loro ci leghino ad essa e, nel contempo, ce ne separino. Prendere sul serio il mondo, come scrive Michel Onfray? Se veramente lo prendiamo sul serio, se lo consideriamo nella sua severità, abbiamo fondati motivi di dolerci: il riso rischia di essere la reazione istrionica di fronte all’incomprensibilità dell’essere. Mi pare che alcuni eventi siano refrattari al riso e non solo perché tragici ed assurdi (si entri in un nosocomio, in un carcere, in un ospizio, in un macello…), ma poiché denunciano l’insufficienza della condizione umana.

Così, paradossalmente, è più ironico Eraclito (ironia è proprio coscienza del divario tra reale ed ideale) di Democrito: le lacrime del filosofo efesio sono forse la consapevolezza del contrasto, dell’ineluttabile conflitto (pòlemos) universale. Nietzsche vide in Eraclito l’espressione dell’innocenza dionisiaca del mondo, di là dal bene e dal male, anteriore al declino moralistico socratico-platonico. Dioniso, però, è dio tragico per antonomasia: l’innocenza non è candore. Nel dio nato due volte non si distingue più tra la smorfia di dolore ed il ghigno sardonico.

Il pàthos sa essere grottesco; il ridicolo è patetico. Infine, di fronte a certi casi, che trascendono le opposizioni, resta solo la domanda che subito si congela nel silenzio.

2 comments:

  1. Quale mondo? Quello ancora tollerabile degli antichi o il nostro abominevole?

    E le parole nostro abominevole puntano a takerenemy in toto e non ad un articolo in particolare.
    Sì, fratellini. Il vostro sito, che insieme al terrazzino è il vostro mondo, è abominevole.
    Sono anni che ve lo si ripete.

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  2. Uso solo la firma.

    ilpeyote annatevene Hgare pagliacci straccioni

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