http://lanuovaenergia.blogspot.com/2009/05/la-voce-del-padrone-nuovi-fascisti-e.html
LA VOCE DEL PADRONE - Nuovi fascisti e nuovi crimini
Di Antonella Randazzo
Qual è la cosa più giusta da fare, salvare vite in pericolo oppure limitarsi a denunciare i crimini del passato senza sollevare un dito verso quelli che si possono evitare nel presente?
Sembrerebbe una domanda molto sciocca, dato che la risposta dovrebbe essere scontata.
Ma non lo è per le nostre autorità, che ritengono più grave non sollevare indignazione per i crimini passati che non agire per impedire quelli attuali. Non ci credete? Eppure il sindaco di Roma Gianni Alemanno, in occasione della presentazione del futuro museo della Shoah a Roma non ha fatto altro che denunciare i crimini del vecchio fascismo, sostenendo che “la Shoah degli ebrei d’Europa è stato senza dubbio uno degli eventi più tragici e aberranti che il genere umano abbia mai conosciuto”. Peraltro, Alemanno non è molto preparato in Storia, ignorando che molti altri genocidi erano già stati perpetrati in Africa, in Asia e in America.
Come mai le nostre autorità sono così attente all’Olocausto degli ebrei e ai possibili comportamenti antiebraici mentre ignorano con molta disinvoltura i massacri che avvengono oggi nel Terzo mondo o le tante vittime che perdono la vita nel tentativo di fuggire dall’inferno del loro paese?
Le nostre autorità, essendo corrotte, seguono pari pari quello che il gruppo di potere decide, perdendo non soltanto la dignità ma anche il minimo senso di umanità verso i loro simili. Il gruppo di potere ha deciso che il razzismo più grave è quello contro gli ebrei, specie quelli già morti, uccisi dai vecchi nazifascisti. Inoltre, nel sistema attuale viene generata miseria in molti parti del mondo, e i poveri diventano colpevoli, specie se decidono di espatriare sperando di trovare un lavoro che permetta loro la sopravvivenza. Il "reato" più grave nel sistema attuale non è il crimine ma la povertà.
Di conseguenza le nostre autorità si prodigano ad assecondare i loro padroni, trattando con disumanità inaudita gli immigrati, e mentre denunciano i crimini nazifascisti si macchiano di delitti assai simili a quelli.
Per Alemanno il “fascismo è disumano”, ma non risulta che egli, come altre autorità, abbia definito “disumano” il respingere centinaia di persone condannandole ad un destino atroce. Due pesi due misure: gli ebrei del passato avrebbero meritato un trattamento umano mentre gli immigrati di oggi meritano un trattamento disumano.
Qual è il reato degli immigrati? La povertà. Infatti se una persona extracomunitaria danarosa viene in Italia può rimanervi tutto il tempo che desidera, a meno che non venga identificata come dissidente, ovvero come colui che lotta per la libertà del suo popolo, in tal caso viene bollata come “terrorista” e perseguitata.
Il nostro ministro dell'interno Maroni è ben felice di rispedire indietro gli immigrati poveri, esponendoli al rischio di morte, e non viene definito “fascista” dai suoi colleghi politici, e nemmeno solleva la voce del nostro presidente della Repubblica, sempre tanto attento a ricordare i crimini del passato fascista, ma non quelli del presente. Tutte le maggiori autorità italiane sono ben allineate ai loro padroni, e talvolta assai zelanti, anche quando si tratta di mandare a morire o alle torture persone innocenti.
I media fanno in modo da suscitare poco interesse verso il destino di coloro che cercano di sfuggire alla povertà andando verso le zone ricche. Nei nostri telegiornali raramente vengono intervistati gli immigrati approdati in Italia. Le nostre autorità non vogliono mostrarceli come persone che stanno vivendo un incubo a causa dell’occupazione dei loro paesi da parte delle corporation e dei banchieri, attivi finanziatori di guerre, dittature e massacri. Se li intervistassero farebbero sapere a tutti la realtà che vivono queste persone.
Raccontano alcune donne nigeriane, etiopi e somale: “Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no… erano fuggiti dopo essere state violentati e torturati. Non solo le donne, ma anche gli uomini”.(1)
Spiega una ragazza somala: “Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato 4 mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell’incubo finisse”.(2)
L'insicurezza e la povertà producono disagio anche al mondo ricco, presentando come "normale" una situazione in cui i diritti umani vengono calpestati impunemente. Amnesty International a questo proposito osserva: "Viviamo in un mondo pericoloso e diviso dove il rilievo dato ai diritti umani è quotidianamente messo a dura prova, la legittimazione dei diritti umani messa in discussione, e la "responsabilità vacante" di governi, istituzioni internazionali, gruppi armati e attori imprenditoriali in continua crescita. È esattamente in un mondo come questo che abbiamo bisogno di una sempre più ampia fascia di umanità pronta a dichiarare: “Basta. Le cose devono cambiare".(3)
La povertà è diventata una questione di polizia, e viene “affrontata” con metodi militaristici. Si diffonde l’idea che alcune persone, in quanto “clandestine”, possano essere trattate da sub-umane. Eppure la povertà è creata da quelle stesse persone il cui potere viene protetto e rafforzato dalle autorità.
Proprio da quando le multinazionali hanno imposto la cosiddetta 'globalizzazione', la povertà e la morte per fame sono cresciute, mentre le ricchezze si sono ulteriormente concentrate nelle loro mani.
La cultura che ne deriva è una cultura della sopraffazione e della morte, in cui l'estrema povertà di molti è la risorsa di pochi altri.
In Africa il processo di decolonizzazione ha provocato una scia di guerre e di morte dovuta al mantenimento del dominio economico da parte delle vecchie potenze colonizzatrici che non volevano rinunciare a sfruttare le risorse dei paesi sottomessi. Durante il colonialismo i paesi colonizzatori producevano ed esportavano prodotti tecnologicamente più avanzati, che i paesi colonizzati erano costretti ad importare pagandoli a prezzi molto alti mentre le loro ricchezze venivano saccheggiate dal paese colonizzatore. Le loro economie sono quindi diventate dipendenti dalle economie ricche che controllavano anche i commerci. Veniva così impedita ai paesi colonizzati una loro formazione e strategia economica, e questo provocherà la persistenza del potere economico da parte dei gruppi di potere dei paesi più ricchi. Persistenza spesso aiutata fomentando e provocando guerre e disordini la cui causa vera è spesso diversa da quella indicata ufficialmente.
Ad esempio, si parla di guerre etniche e religiose, ma in realtà spesso non c'entra niente l'etnia o la religione, e si può capire veramente la situazione soltanto comprendendo la storia coloniale e gli interessi neocoloniali. I conflitti dei paesi del Sud del mondo, con l'apparenza di guerre religiose o etniche, sono in realtà provocati dai paesi industrializzati perché è più facile dominare in una situazione di caos e di guerra, e anche per vendere le armi (gli Usa e la Gran Bretagna sono i maggiori produttori mondiali di armi e spendono gran parte della loro ricchezza per la 'difesa').
Paradossalmente, le stesse autorità che hanno difeso gli interessi dei più forti, decretando l’impoverimento di molti, approvano leggi per penalizzare i poveri, impedendo loro di uscire dall’inferno creato nel loro paese. Ad esempio in Italia già il Decreto Legislativo del 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico di Pubblica Sicurezza) individua negli apolidi e nei cittadini non appartenenti all'Unione Europea l'ambito soggetto alle discriminazioni, come recita l'art. 1
"Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri".
Questo decreto legislativo individua ed indica le caratteristiche che mettono fuori legge un soggetto presente o aspirante ad entrare nel territorio nazionale. I soggetti, per entrare nel territorio devono avere i documenti in regola, provare di non essere poveri e di avere un motivo compatibile con la legge, cioè un motivo che non sia quello che i poveri hanno per valicare i confini. Nell'art. 3 si parla di quote massime, cioè lo stato può escludere l'immigrato perché non ne ha bisogno lavorativamente. Lo straniero per entrare non deve essere povero, non deve aver bisogno di espatriare, se si scopre che ne ha bisogno diventa un fuorilegge, un clandestino. Egli può ottenere il visto d'ingresso se possiede un documento e dimostra di non essere povero. L'art. 4 comma 3 pone il reddito come una condizione legale:
" L'Italia (...) consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno (...) Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti".
La Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio con la sentenza Cass. sez. I n. 420 del 9 gennaio 2004:
"Integra il delitto di cui all'art. 12 comma 1 D. L.vo 286/1998 anche la condotta del vettore dichiaratamente diretta a procurare il transito (...) di cittadini extracomunitari, qualora questi risultino privi di mezzi di sussistenza idonei ad un soggiorno turistico".(4)
Il reato è la povertà stessa in quanto lo Stato decide di non accogliere persone povere o in stato di bisogno. L'avere un reddito rappresenta una condizione necessaria proprio come il passaporto o il visto. Nascondere di essere poveri è reato, osserva Gennaro Varone:
"Dovrebbe essere chiaro, (...) che è illegale non soltanto l'ingresso occulto (...) ma anche quello che, pur avvenendo alla luce del sole, simula l'esistenza delle altre condizioni per l'immigrazione: perché nasconde l'impossidenza dello straniero; ovvero, perché dissimula la reale finalità del viaggio - che, se conosciuta, avrebbe determinato, senz'altro, il respingimento alla frontiera".(5)
Per questa legge è un reato essere poveri e per questo si viene respinti o espulsi, quindi anche colui che richiede asilo diventa un fuorilegge sia perché di solito è sprovvisto di documenti (occorre ricordare che non tutti i paesi forniscono documenti), sia perché spesso è in uno stato di indigenza per le medesime cause che lo inducono a fuggire. In altre parole i requisiti richiesti dalla legge permettono la libera circolazione soltanto delle persone che vivono nelle zone non povere.
In tutta Europa soffiano venti di guerra contro gli immigrati, che non possono difendersi adeguatamente, una guerra tanto più odiosa quanto più nascosta e mascherata dal concetto di "multiculturalismo".
La povertà, pur non essendo un crimine, espone queste persone ad un trattamento riservato ai criminali. Essere rispedite indietro significa in molti casi essere mandati nei lager libici o morire.
Per tentare di raggiungere l’Europa queste persone, che fuggono da paesi in guerra o in cui c’è una situazione infernale, dalla Somalia, dal Sudan, dall’Etiopia o dalla Nigeria, rischiano sofferenze atroci. Nei campi di prigionia allestiti in Libia succede di tutto, alcune persone impazziscono per le violenze subite e molte altre devono vivere in schiavitù.
Oggi le autorità occidentali esibiscono i loro sentimenti compassionevoli soltanto nel ricordo degli ebrei morti oltre 60 anni fa, ma non si fanno alcuno scrupolo a far rinchiudere persone nei nuovi lager o a mandarle a morire nel deserto. I loro padroni hanno potere persino sulle loro coscienze, e danno loro il compito di condizionare anche le nostre coscienze, facendoci credere che alcune persone, soltanto perché povere o con un colore di pelle diverso dal nostro, debbano ricevere un diverso trattamento rispetto a quello che vogliamo per noi stessi e per i nostri connazionali.
Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
Articolo correlato
"Schiavitù e immigrazione"
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/04/schiavit-e-immigrazione.html
NOTE
1) www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-6/reduci-pinar/reduci-pinar.html
2) www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-6/reduci-pinar/reduci-pinar.html
3) Amnesty International, Rapporto Annuale 2004, "Perché ci si occupi di diritti umani", Messaggio di Irene Khan, Segretaria Generale di Amnesty International,
http://www.amnesty.it
4) Varone Gennaro, La repressione dell'immigrazione illegale, Laurus Robuffo, Roma 2005, p. 27.
5) Varone Gennaro, op. cit. p. 38.
Qual è la cosa più giusta da fare, salvare vite in pericolo oppure limitarsi a denunciare i crimini del passato senza sollevare un dito verso quelli che si possono evitare nel presente?
Sembrerebbe una domanda molto sciocca, dato che la risposta dovrebbe essere scontata.
Ma non lo è per le nostre autorità, che ritengono più grave non sollevare indignazione per i crimini passati che non agire per impedire quelli attuali. Non ci credete? Eppure il sindaco di Roma Gianni Alemanno, in occasione della presentazione del futuro museo della Shoah a Roma non ha fatto altro che denunciare i crimini del vecchio fascismo, sostenendo che “la Shoah degli ebrei d’Europa è stato senza dubbio uno degli eventi più tragici e aberranti che il genere umano abbia mai conosciuto”. Peraltro, Alemanno non è molto preparato in Storia, ignorando che molti altri genocidi erano già stati perpetrati in Africa, in Asia e in America.
Come mai le nostre autorità sono così attente all’Olocausto degli ebrei e ai possibili comportamenti antiebraici mentre ignorano con molta disinvoltura i massacri che avvengono oggi nel Terzo mondo o le tante vittime che perdono la vita nel tentativo di fuggire dall’inferno del loro paese?
Le nostre autorità, essendo corrotte, seguono pari pari quello che il gruppo di potere decide, perdendo non soltanto la dignità ma anche il minimo senso di umanità verso i loro simili. Il gruppo di potere ha deciso che il razzismo più grave è quello contro gli ebrei, specie quelli già morti, uccisi dai vecchi nazifascisti. Inoltre, nel sistema attuale viene generata miseria in molti parti del mondo, e i poveri diventano colpevoli, specie se decidono di espatriare sperando di trovare un lavoro che permetta loro la sopravvivenza. Il "reato" più grave nel sistema attuale non è il crimine ma la povertà.
Di conseguenza le nostre autorità si prodigano ad assecondare i loro padroni, trattando con disumanità inaudita gli immigrati, e mentre denunciano i crimini nazifascisti si macchiano di delitti assai simili a quelli.
Per Alemanno il “fascismo è disumano”, ma non risulta che egli, come altre autorità, abbia definito “disumano” il respingere centinaia di persone condannandole ad un destino atroce. Due pesi due misure: gli ebrei del passato avrebbero meritato un trattamento umano mentre gli immigrati di oggi meritano un trattamento disumano.
Qual è il reato degli immigrati? La povertà. Infatti se una persona extracomunitaria danarosa viene in Italia può rimanervi tutto il tempo che desidera, a meno che non venga identificata come dissidente, ovvero come colui che lotta per la libertà del suo popolo, in tal caso viene bollata come “terrorista” e perseguitata.
Il nostro ministro dell'interno Maroni è ben felice di rispedire indietro gli immigrati poveri, esponendoli al rischio di morte, e non viene definito “fascista” dai suoi colleghi politici, e nemmeno solleva la voce del nostro presidente della Repubblica, sempre tanto attento a ricordare i crimini del passato fascista, ma non quelli del presente. Tutte le maggiori autorità italiane sono ben allineate ai loro padroni, e talvolta assai zelanti, anche quando si tratta di mandare a morire o alle torture persone innocenti.
I media fanno in modo da suscitare poco interesse verso il destino di coloro che cercano di sfuggire alla povertà andando verso le zone ricche. Nei nostri telegiornali raramente vengono intervistati gli immigrati approdati in Italia. Le nostre autorità non vogliono mostrarceli come persone che stanno vivendo un incubo a causa dell’occupazione dei loro paesi da parte delle corporation e dei banchieri, attivi finanziatori di guerre, dittature e massacri. Se li intervistassero farebbero sapere a tutti la realtà che vivono queste persone.
Raccontano alcune donne nigeriane, etiopi e somale: “Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no… erano fuggiti dopo essere state violentati e torturati. Non solo le donne, ma anche gli uomini”.(1)
Spiega una ragazza somala: “Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato 4 mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell’incubo finisse”.(2)
L'insicurezza e la povertà producono disagio anche al mondo ricco, presentando come "normale" una situazione in cui i diritti umani vengono calpestati impunemente. Amnesty International a questo proposito osserva: "Viviamo in un mondo pericoloso e diviso dove il rilievo dato ai diritti umani è quotidianamente messo a dura prova, la legittimazione dei diritti umani messa in discussione, e la "responsabilità vacante" di governi, istituzioni internazionali, gruppi armati e attori imprenditoriali in continua crescita. È esattamente in un mondo come questo che abbiamo bisogno di una sempre più ampia fascia di umanità pronta a dichiarare: “Basta. Le cose devono cambiare".(3)
La povertà è diventata una questione di polizia, e viene “affrontata” con metodi militaristici. Si diffonde l’idea che alcune persone, in quanto “clandestine”, possano essere trattate da sub-umane. Eppure la povertà è creata da quelle stesse persone il cui potere viene protetto e rafforzato dalle autorità.
Proprio da quando le multinazionali hanno imposto la cosiddetta 'globalizzazione', la povertà e la morte per fame sono cresciute, mentre le ricchezze si sono ulteriormente concentrate nelle loro mani.
La cultura che ne deriva è una cultura della sopraffazione e della morte, in cui l'estrema povertà di molti è la risorsa di pochi altri.
In Africa il processo di decolonizzazione ha provocato una scia di guerre e di morte dovuta al mantenimento del dominio economico da parte delle vecchie potenze colonizzatrici che non volevano rinunciare a sfruttare le risorse dei paesi sottomessi. Durante il colonialismo i paesi colonizzatori producevano ed esportavano prodotti tecnologicamente più avanzati, che i paesi colonizzati erano costretti ad importare pagandoli a prezzi molto alti mentre le loro ricchezze venivano saccheggiate dal paese colonizzatore. Le loro economie sono quindi diventate dipendenti dalle economie ricche che controllavano anche i commerci. Veniva così impedita ai paesi colonizzati una loro formazione e strategia economica, e questo provocherà la persistenza del potere economico da parte dei gruppi di potere dei paesi più ricchi. Persistenza spesso aiutata fomentando e provocando guerre e disordini la cui causa vera è spesso diversa da quella indicata ufficialmente.
Ad esempio, si parla di guerre etniche e religiose, ma in realtà spesso non c'entra niente l'etnia o la religione, e si può capire veramente la situazione soltanto comprendendo la storia coloniale e gli interessi neocoloniali. I conflitti dei paesi del Sud del mondo, con l'apparenza di guerre religiose o etniche, sono in realtà provocati dai paesi industrializzati perché è più facile dominare in una situazione di caos e di guerra, e anche per vendere le armi (gli Usa e la Gran Bretagna sono i maggiori produttori mondiali di armi e spendono gran parte della loro ricchezza per la 'difesa').
Paradossalmente, le stesse autorità che hanno difeso gli interessi dei più forti, decretando l’impoverimento di molti, approvano leggi per penalizzare i poveri, impedendo loro di uscire dall’inferno creato nel loro paese. Ad esempio in Italia già il Decreto Legislativo del 25 luglio 1998, n. 286 (Testo Unico di Pubblica Sicurezza) individua negli apolidi e nei cittadini non appartenenti all'Unione Europea l'ambito soggetto alle discriminazioni, come recita l'art. 1
"Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come stranieri".
Questo decreto legislativo individua ed indica le caratteristiche che mettono fuori legge un soggetto presente o aspirante ad entrare nel territorio nazionale. I soggetti, per entrare nel territorio devono avere i documenti in regola, provare di non essere poveri e di avere un motivo compatibile con la legge, cioè un motivo che non sia quello che i poveri hanno per valicare i confini. Nell'art. 3 si parla di quote massime, cioè lo stato può escludere l'immigrato perché non ne ha bisogno lavorativamente. Lo straniero per entrare non deve essere povero, non deve aver bisogno di espatriare, se si scopre che ne ha bisogno diventa un fuorilegge, un clandestino. Egli può ottenere il visto d'ingresso se possiede un documento e dimostra di non essere povero. L'art. 4 comma 3 pone il reddito come una condizione legale:
" L'Italia (...) consentirà l'ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno (...) Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti".
La Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio con la sentenza Cass. sez. I n. 420 del 9 gennaio 2004:
"Integra il delitto di cui all'art. 12 comma 1 D. L.vo 286/1998 anche la condotta del vettore dichiaratamente diretta a procurare il transito (...) di cittadini extracomunitari, qualora questi risultino privi di mezzi di sussistenza idonei ad un soggiorno turistico".(4)
Il reato è la povertà stessa in quanto lo Stato decide di non accogliere persone povere o in stato di bisogno. L'avere un reddito rappresenta una condizione necessaria proprio come il passaporto o il visto. Nascondere di essere poveri è reato, osserva Gennaro Varone:
"Dovrebbe essere chiaro, (...) che è illegale non soltanto l'ingresso occulto (...) ma anche quello che, pur avvenendo alla luce del sole, simula l'esistenza delle altre condizioni per l'immigrazione: perché nasconde l'impossidenza dello straniero; ovvero, perché dissimula la reale finalità del viaggio - che, se conosciuta, avrebbe determinato, senz'altro, il respingimento alla frontiera".(5)
Per questa legge è un reato essere poveri e per questo si viene respinti o espulsi, quindi anche colui che richiede asilo diventa un fuorilegge sia perché di solito è sprovvisto di documenti (occorre ricordare che non tutti i paesi forniscono documenti), sia perché spesso è in uno stato di indigenza per le medesime cause che lo inducono a fuggire. In altre parole i requisiti richiesti dalla legge permettono la libera circolazione soltanto delle persone che vivono nelle zone non povere.
In tutta Europa soffiano venti di guerra contro gli immigrati, che non possono difendersi adeguatamente, una guerra tanto più odiosa quanto più nascosta e mascherata dal concetto di "multiculturalismo".
La povertà, pur non essendo un crimine, espone queste persone ad un trattamento riservato ai criminali. Essere rispedite indietro significa in molti casi essere mandati nei lager libici o morire.
Per tentare di raggiungere l’Europa queste persone, che fuggono da paesi in guerra o in cui c’è una situazione infernale, dalla Somalia, dal Sudan, dall’Etiopia o dalla Nigeria, rischiano sofferenze atroci. Nei campi di prigionia allestiti in Libia succede di tutto, alcune persone impazziscono per le violenze subite e molte altre devono vivere in schiavitù.
Oggi le autorità occidentali esibiscono i loro sentimenti compassionevoli soltanto nel ricordo degli ebrei morti oltre 60 anni fa, ma non si fanno alcuno scrupolo a far rinchiudere persone nei nuovi lager o a mandarle a morire nel deserto. I loro padroni hanno potere persino sulle loro coscienze, e danno loro il compito di condizionare anche le nostre coscienze, facendoci credere che alcune persone, soltanto perché povere o con un colore di pelle diverso dal nostro, debbano ricevere un diverso trattamento rispetto a quello che vogliamo per noi stessi e per i nostri connazionali.
Copyright © 2009 - all rights reserved.
Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell'articolo scrivere all'indirizzo e-mail giadamd@libero.it
Articolo correlato
"Schiavitù e immigrazione"
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/04/schiavit-e-immigrazione.html
NOTE
1) www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-6/reduci-pinar/reduci-pinar.html
2) www.repubblica.it/2009/04/sezioni/cronaca/immigrati-6/reduci-pinar/reduci-pinar.html
3) Amnesty International, Rapporto Annuale 2004, "Perché ci si occupi di diritti umani", Messaggio di Irene Khan, Segretaria Generale di Amnesty International,
http://www.amnesty.it
4) Varone Gennaro, La repressione dell'immigrazione illegale, Laurus Robuffo, Roma 2005, p. 27.
5) Varone Gennaro, op. cit. p. 38.
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