di ENZO TRENTIN
Il principio su cui si basano le
“Fonti essenziali del potere politico”
è semplice. I dittatori (quindi anche la partitocrazia italiota che di
democratico ha poco o nulla) necessitano della collaborazione del popolo
su cui dominano. Senza questa collaborazione non possono conquistare e
mantenere il potere. Tali fonti includono:
- autorità: la convinzione popolare che il regime sia legittimo e che obbedire sia un dovere morale;
- risorse umane: la quantità e l’importanza degli individui e dei gruppi che obbediscono, collaborano o forniscono assistenza al regime;
- capacità e conoscenza: forniti dai collaborazionisti singoli e dai gruppi, sono necessari al regime per compiere azioni specifiche;
- fattori intangibili: fattori psicologici e ideologici che possono indurre gli individui a obbedire e aiutare le autorità;
- risorse materiali: il grado in cui le
autorità controllano o hanno accesso a proprietà, risorse naturali e
finanziarie, sistema economico e mezzi di comunicazione e trasporto;
- sanzioni: punizioni, minacciate o
praticate, contro i disobbedienti e coloro che non collaborano, per
assicurare la sottomissione e l’appoggio necessari alla sopravvivenza
del regime.

Tutte
queste fonti dipendono comunque dal consenso di cui gode il regime,
dalla sottomissione e dall’obbedienza della popolazione e dal sostegno
dei numerosi strati sociali e delle varie istituzioni. E non sono
garantite. La piena collaborazione, l’obbedienza e il sostegno
aumenteranno la disponibilità delle risorse e, di conseguenza,
espanderanno il potere di qualsiasi governo. D’altro canto,
l’assottigliarsi del consenso popolare e istituzionale verso gli
aggressori e i dittatori inficia (al punto da poterla ridurre
drasticamente) la disponibilità delle fonti di potere da cui questi
dipendono. Naturalmente, i dittatori – anche quelli partitocratici –
sono sensibili alle azioni e alle idee che minacciano la loro capacità
di fare ciò che vogliono, perciò sono inclini a minacciare e punire
quanti disobbediscono, scioperano o si rifiutano di collaborare. La
storia però non finisce qui. La repressione, persino quella più brutale,
non sempre riesce a ristabilire il grado di sottomissione e
collaborazione necessario perché il regime continui a funzionare.
Se, nonostante la repressione, le fonti del potere possono essere
limitate o recise per un tempo sufficiente, i risultati iniziali possono
tradursi in un momento di incertezza e confusione nella dittatura. Che
probabilmente porterà a un evidente indebolimento del suo potere. Nel
tempo, il blocco delle fonti di potere può comportare la paralisi del
regime, riducendolo all’impotenza; e, nei casi più estremi, provocandone
la disintegrazione. Prima o poi, il potere del dittatore morirà di fame
politica. Il livello di libertà o di tirannide in qualsiasi forma di
governo, quindi, è soprattutto un riflesso della relativa determinazione
degli individui a essere liberi, e della loro volontà e capacità di
resistere ai tentativi di schiavizzarli. Per non dilungarci troppo,
proveremo a dare una nostra risposta ad uno solo dei sei punti su
indicati. Quello che riteniamo fondamentale:
1 – autorità: la convinzione popolare che il regime sia legittimo e che obbedire sia un dovere morale; appare destituita da ogni fondamento.
Sebbene il 2 giugno 1946 si siano celebrate libere elezioni, le prime
dal 1924. Avevano diritto di voto tutti gli italiani maggiorenni
(allora a 21 anni di età), maschi e femmine. Il meccanismo elettorale
dell’Assemblea Costituente era proporzionale a liste concorrenti in 32
collegi elettorali plurinominali. La legge elettorale prevedeva
l’elezione di 573 deputati, tuttavia le elezioni non si poterono
svolgere nelle province di Bolzano, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e
Zara, ancora sotto l’occupazione militare degli alleati Anglo-Americani e
della Iugoslavia.
Non votarono quindi tutti gli aventi diritto. Vennero
consegnate contestualmente agli elettori la scheda per la scelta fra
Monarchia e Repubblica, il cosiddetto Referendum istituzionale, e quella
per l’elezione dei deputati dell’Assemblea Costituente, a cui sarebbe
stato affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale,
come stabilito con il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 98 del 16
marzo 1946.

La
Costituzione fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre
1947, promulgata (dopo non pochi tentennamenti) dal Capo provvisorio
dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27
dicembre 1947, n. 298, edizione straordinaria, ed entrò in vigore il 1°
gennaio 1948. Con l’entrata in vigore della Costituzione il Capo
provvisorio dello Stato esercita le attribuzioni di Presidente della
repubblica e ne assume il titolo. Vedi XVIII disposizione transitoria e
finale, Comma primo. Qui è necessario soffermare la nostra attenzione:
l’assemblea costituente era redigente e non deliberante. Chi sostiene
che gli elettori, votando la costituente hanno implicitamente approvato
anche il testo costituzionale di la’ da venire e dal contenuto ancora
ignoto, è sicuramente in malafede.
Sosteniamo quindi che la Costituzione italiana è legale, ma illegittima. Si tratta di un principio vecchio di secoli. A questo proposito già il 22 febbraio 1791, Thomas Paine [
http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Paine] in
«Rights of Man», sosteneva
la non superiorità dei nobili (oggi diremmo dei ‘rappresentanti’)
rispetto alla gente comune, perché ogni uomo ha dei diritti naturali che
non sono basati sulla ricchezza o sulla nascita. Ed aggiungeva
:
«Una Costituzione non è l’atto di un governo, ma l’atto di un popolo che
crea un governo: un governo senza Costituzione è un potere senza
diritto …Una Costituzione è antecedente a un governo: e il governo è
solo la creatura della Costituzione»
Che questo principio non sia il classico coniglio tirato fuori dal
cilindro di chi scrive, è dimostrato dal fatto che molti popoli hanno
esercitato il sacrosanto diritto di approvare la propria Costituzione.
Di seguito illustriamo alcuni esempi:
1992 – Estonia. La Costituzione presente (quarta) fu
promulgata dopo un referendum il 28 giugno ed incorpora elementi delle
costituzioni precedenti,
1997 – La Costituzione è stata adottata
dall’Assemblea Nazionale della Polonia il 2 aprile ed è stata approvata
da un referendum nazionale il 25 maggio 1997.
2006 – La Costituzione della Repubblica di Serbia è
stata approvata da un referendum costituzionale tenutosi dal 28 al 29 di
ottobre. Sostituendo la Costituzione del 1990.
2009 – Un referendum costituzionale si è tenuto in
Niger il 4 agosto. Lo scopo del referendum è stato quello di presentare
agli elettori lo scioglimento della Quinta Repubblica del Niger e la
creazione di una “Sesta Repubblica Niger” nell’ambito di un sistema di
governo presidenziale.
2010 – Il referendum moldavo tenutasi il 5 settembre
sulla necessità o meno di modificare la Costituzione della Moldova per
tornare all’elezione popolare del presidente, è fallito a causa di una
scarsa affluenza alle urne: 30,29% contro il necessario 33% perché il
referendum sia considerato valido.
2010 – I cittadini del Kenya hanno votato un
referendum il 4 agosto per la nuova Costituzione, che era stata scritta
da un comitato di esperti.
24 Febbraio 2012 – La Siria ha una nuova Costituzione per mezzo del voto referendario: il Sì vince con l’89% di voti favorevoli.
E qui ci sia consentito di soffermarci brevemente per osservare un
paese che gli organi d’informazione occidentale ci presentano come una
bieca e sanguinaria dittatura, nel bel mezzo di una guerra civile con
migliaia di morti, interi quartieri di alcune città ridotti in macerie,
con problemi sanitari immaginabili.
25.05.2012 - Aleppo (AsiaNews) – “Ci sono forze
straniere che non vogliono la pace in Siria. Il Paese è ormai preda di
guerriglieri provenienti da Tunisia, Libia, Turchia, Pakistan e altri
Stati islamici. Armi e denaro passano attraverso i confini e alimentano
questa spirale di violenza”. È quanto afferma ad
AsiaNews mons.
Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo. “I Paesi occidentali
non fanno nulla di concreto per fermare il conflitto – sottolinea – essi
non hanno a cuore il destino del popolo siriano, che oltre alla guerra
fra esercito e ribelli subisce anche l’embargo economico”. Mons. Nazzaro
racconta che in tutto il Paese iniziano a scarseggiare medicinali,
carburante, gas. Nelle province più colpite dagli scontri, manca tutto
ed è difficile per la popolazione sopravvivere, soprattutto se si
protrarrà ancora questa situazione di tensione.(…)
In questo clima si sente la necessità di stilare una nuova Costituzione,
ed anche il dovere di indire un referendum popolare per approvare
questo fondamentale documento. Da qualsiasi parte lo si voglia prendere,
questo evento dovrebbe indurre alla riflessione.

Il
presidente ungherese Pal Schmitt ha firmato, il 25 aprile scorso, il
testo costituzionale che è espressione di una sola forza politica,
quella del governo conservatore del Premier Viktor Orbán che ha ottenuto
in Parlamento i numeri necessari per approvare la revisione
costituzionale con la maggioranza necessaria dei due terzi. La nuova
Costituzione è entrata in vigore il 1° gennaio 2012. Per compensare la
mancanza di partecipazione di gran parte della opposizione al dibattito
parlamentare, e invece di un referendum (che la coalizione di governo si
rifiuta di indire per l’adozione della nuova Costituzione), è stata
avviata una cosiddetta “consultazione nazionale”. Questa è consistita
nell’invio (a mezzo posta) un questionario ad ogni elettore ungherese,
che ha potuto dare il suo parere su dodici temi costituzionali. Circa
920 mila persone hanno compilato il questionario, questo significa il
10% dell’elettorato. Il primo ministro Orbán (in un’intervista
rilasciata il 1° aprile). ha dichiarato che il governo rispetterà il
parere della maggioranza degli elettori.
Dunque, sia che si tratti di una spregevole dittatura, sia che si
tratti di un paese “in vacanza democratica” dopo una lunga dittatura
comunista, nessuno ha pensato di togliere il diritto ai cittadini di
approvare o di proporne modifiche alla propria Costituzione così com’è
stato fatto sino ad oggi dalla repubblica italiana nata dalla
resistenza.
Ed affinché qualcuno non sia indotto a credere che
si tratti di procedure da tempo previste, ma solo di recente praticate,
va osservato che la Costituzione del Massachusetts, fu ratificata dal
popolo di quello Stato nel 1780 per restarne la legge fondamentale fino
ai giorni nostri.
Da sottolineare, infine, che le stesse illegittimità sono
riscontrabili anche per gli Statuti di Comuni, Province e Regioni,
elaborati ed approvati dai singoli consiglieri (quasi sempre
appartenenti alla partitocrazia), e mai sottoposti all’approvazione dei
cittadini che formalmente, in democrazia, sono detentori della
sovranità. Infatti, in democrazia uno dei principi indiscutibili è
rappresentato dal fatto che la sovranità appartiene al popolo e che essa
non può essere alienata, limitata, violata o disattesa, e che il popolo
può delegare la sua volontà ma deve sempre restare libero di modificare
le regole della delega.