L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

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Showing posts with label Federico De Massis negazionista e calunniatore. Marco Preve. Show all posts
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Wednesday, April 23, 2014

Dal Logos all'afasia

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Dal Logos all'afasia

Nota. Lo spunto della presente riflessione mi è stato fornito da una conversazione intercorsa con l'amico Wlady.

Forse una delle idee più aberranti, ma, al tempo stesso più fortunate è quella di evoluzione. Gli esseri viventi e soprattutto l’uomo progrediscono verso mete sempre più alte. L’umanità si incammina verso un mondo sempre più giusto e libero. La Scienza propizia l’avanzamento del pianeta. Lo stesso universo evolve.

Non è così, come ci insegna il Sapere tradizionale. La transizione dal Mito alla Storia è caduta. La coscienza degli antichi si è obnubilata nel torpore attuale. La lingua, che è la controparte del pensiero, si è atrofizzata. E’ una corrispondenza biunivoca: senza pensiero non si genera linguaggio e viceversa. Infatti il Logos è, al tempo stesso, idea e suono, concetto e parola. E’ l’Idea adamantina prima che essa si contamini nella materia.

Il declino linguistico è solo la superficie di una disgregazione profonda, ontologica. L’essere umano si è disallineato, dislocato rispetto a sé stesso: ha perso il baricentro. La sua mente è un groviglio di pregiudizi, il suo linguaggio è misero, stereotipato. La capacità di ragionare e di riflettere si è emulsionata. L’intuizione e la fantasia si sono estinte.

È sufficiente confrontare gli intellettuali di un secolo fa con l’”intellighenzia” di oggi per rilevare un abisso. Spia linguistica della decadenza verticale, piccolo ma significativo saggio di questo crollo, è l’invasione del verbo tappabuchi “fare”.

Viviamo nell’era della dislessia, della dislalia. Lo stesso silenzio non è più sinonimo di concentrazione interiore e di introspezione, ma afasia.

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Thursday, April 3, 2014

Superare il "darwinismo letterario"

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Superare il "darwinismo letterario"

Un disegno tipicamente scolastico vede in Dante l’autore rivolto alle cose celesti, considera Petrarca il poeta in bilico tra immanenza e trascendenza, Boccaccio lo scrittore che valorizza il mondo terreno. E’ uno schema a priori e, come tutti gli schemi, astratto. Si presuppone che la storia letteraria debba avere uno sviluppo, secondo una linea precisa. Tale “darwinismo letterario” inficia la comprensione delle testimonianze artistiche.

Tra i critici è stato soprattutto Vittore Branca ad avallare ed a diffondere l’idea del “Decameron” quale “epopea dei mercanti”, quindi celebrazione dei valori espressi dalla civiltà borghese tardo-medievale: l’intraprendenza, l’ingegno, l’alacrità, l’uso accorto del denaro per creare nuove ricchezze. A ben vedere, però, nel capolavoro del Boccaccio, sono pochissime le novelle incentrate sulle presunte virtù del mercante. Non solo, tale figura o consegue i suoi obiettivi grazie alla fortuna o incarna una mentalità angusta che il Nostro è incline a condannare. Si pensi almeno alla celebre novella “Lisabetta da Messina”: qui la “ragion di mercatura”, lo spirito classista, in contrasto con le ragioni del sentimento, conducono la protagonista alla costernazione ed alla morte.

Il “Decameron” è una Commedia laica che dall’abisso del vizio, incarnato dal mattatore della prima novella, il turpe Ser Ciappelletto, conduce, attraverso le erte dell’esperienza umana, alla vetta della virtù rappresentata da Griselda, esempio di abnegazione talmente sublime da sconfinare nell’inverosimile.

Boccaccio talora vagheggia gli ideali della società cortese e, se non vi aderisce del tutto, è specialmente per il suo lucido realismo: perché ha compreso che l’età cavalleresca è per sempre tramontata. Ciò non lo esime dal guardare con un certo disdegno la nuova realtà: ne riconosce le spinte propulsive, ma, come Dante, intravede la tara di una temperie socio-economica che trova nell’usura e nella spregiudicatezza i suoi perversi capisaldi. Cardini sostiene che il "Decameron" costituisce "un vero e proprio progetto di rifondazione cavalleresca d'un mondo sconvolto dall'avidità e dalla grettezza mercantili".

E’ naturale che una tale rilettura del “Decameron” sfilaccia la tradizionale filigrana esegetica, inducendo ad interpretare i fenomeni storico-letterari secondo criteri più duttili, in grado di rilevare convergenze diacroniche, resistenze, riprese, marce indietro di là dal solito itinerario “evolutivo”.

Siamo abituati a fidarci delle esposizioni preconfezionate, delle versioni accademiche: in questo modo si ottunde lo spirito critico, scopo precipuo, di là delle insincere dichiarazioni di intenti, dei programmi scolastici vergati dal Ministero della pubblica distruzione. E’ quanto persegue chi conosciamo bene.

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