L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Saturday, March 5, 2016

Elogio dell'inadeguatezza


http://zret.blogspot.it/2016/03/elogio-dellinadeguatezza.html

Il professorucolo e la conoscenza, favola liberamente ispirata a "La volpe e l'uva".
Un professorucolo abisso di ignoranza, ma nondimeno pieno di sé e della sua boria fino all'inverosimile, vide dei grappoli di conoscenza che pendevano dagli alberi della sapienza.
Desiderò conoscere, ma di ogni argomento non era capace di capire un accidenti di niente.
Il professorucolo, fallito e bilioso, allontanandosi disse fra sé "La scienza è marcia, nozionistica ed in mano ai negazionisti. Io, solo io, sono il depositario della scienza e della verità".

Quello dello Zretino è un vero e proprio elogio dell'ignoranza; ai fratellini terrazzinati piacerebbe che il mondo fosse pieno di ignoranti, in questo modo potrebbero spacciare a piene mani la loro fuffa e vivere da nabbbi.
Ma, purtroppo per i fratelloni imbroglioni, il mondo è pieno di persone che si informano ed hanno voglia di conoscere e che ai due acconguagliati ridono, giustamente, in faccia.

E per concludere una citazione dell'autore preferito dello Zretino, citazione che descrive il nostro professorucolo con straordinaria precisione.

Quella volta Belbo aveva perso il controllo. Almeno, come poteva perdere il controllo lui. Aveva atteso che Agliè fosse uscito e aveva detto tra i denti: “Ma gavte la nata.”
Lorenza, che stava ancora facendo gesti complici di allegrezza, gli aveva chiesto che cosa volesse dire.
“È torinese. Significa levati il tappo, ovvero, se preferisci, voglia ella levarsi il tappo. In presenza di persona altezzosa e impettita, la si suppone enfiata dalla propria immodestia, e parimenti si suppone che tale smodata autoconsiderazione tenga in vita il corpo dilatato solo in virtù di un tappo che, infilato nello sfintere, impedisca che tutta quella aerostatica dignità si dissolva, talché, invitando il soggetto a togliersi esso turacciolo, lo si condanna a perseguire il proprio irreversibile afflosciamento, non di rado accompagnato da sibilo acutissimo e riduzione del superstite involucro esterno a povera cosa, scarna immagine ed esangue fantasma della prisca maestà.”
Umberto Eco, Il pendolo di Focault, 1988

https://archive.is/kVtCA

Friday, September 19, 2014

Insanabili contraddizioni di certa filosofia New age

http://zret.blogspot.ch/2014/09/insanabili-contraddizioni-di-certa.html

 Insanabili contraddizioni di certa filosofia New age


E' in gran voga certa "filosofia" New age, i cui capisaldi sono "Tutto è Uno" e "Tutto è perfetto". Stando a questi postulati, non si comprende per quale ragione sia d'uopo "lavorare su sé stessi", “evolvere”. Se si è già perfetti, evoluti, come si può desiderare la perfezione? E' vero che Umberto Eco scrive, in maniera del tutto errata, "più perfetto", ma Eco non è un esempio né di cultura né di intelligenza. [1]  [ah ah ah zretino, e tu di cosa pensi di essere esempio? di onanistica saccenteria?]

Stando a talune correnti di pensiero, le anime, prima di incarnarsi, stipulano un contratto con cui decidono quali esperienze maturare nel mondo corporeo. A che servono queste esperienze, se l'anima è già in sé compiuta? Anche il ruolo della materia non è punto chiaro. Si ripete che senza un corpo non è possibile acquisire consapevolezza. Sarà... Allora un aspirapolvere ha più occasioni di acquisire coscienza rispetto ad un Leonardo da Vinci che purtroppo si ritrova con l'intelletto e lo spirito.

Se tutto è Uno, non esiste alcuna differenza tra vittima e carnefice. La morale non ha alcun senso, proprio come il libero arbitrio. [2] Si insiste sulla necessità di rivestire un soma per provare le più disparate emozioni e sensazioni, per attingere una perfezione che, però, è già una prerogativa di cui l'anima usufruisce ab aeterno. Quest'anima, sadica o masochista, secondo i casi, dopo tanto tempo, non si è ancora stancata di sgozzare ed essere sgozzata, di seviziare ed essere seviziata, di ammalarsi delle più orrende patologie, di trapassare fra i più atroci, innominabili patimenti?

Con queste osservazioni non si intende affermare che i principi sopra esposti non abbiano una loro validità teoretica. Non si intende asserire che il reale è del tutto privo di una sua pur recondita logica. Bisognerebbe, però, presentare quei canoni all’interno di un sistema coerente, eppure problematico, come idee ed ipotesi suscettibili di ulteriori definizioni e non come dogmi. Bisognerebbe avere l'onestà intellettuale di trarne le logiche conseguenze, ossia ammettere che una concezione siffatta esclude la libera volizione, soprattutto perché, in fin dei conti, in un'armonia prestabilita, ogni evento è appunto prestabilito.

E' anche possibile che la realtà sia solo un gioco in cui qualcuno si diverte, una sorta di cosmica candid camera, dove all'ultimo momento, ci è rivelato che era tutto uno scherzo.

Non si possono, però, ignorare altre visioni secondo cui l'essere, originariamente perfetto, subì (o volle?) un cedimento o una dicotomia tra bene e male per ragioni che è molto arduo comprendere. In tali concezioni il male diventa un dato indiscusso, sebbene non imperituro, e non una semplice "mancanza di bene" o un'illusione. Essendo il mondo incrinato da difetti, assumono un loro valore sia l'anelito all'armonia sia una pur teorica opportunità di scelta.

In ogni caso, “tutto è perfetto”, anche le sonore legnate che meritano i new agers. Buona evoluzione a suon di botte!

[1] Non si distingue qui tra non manifesto e manifesto: in una realtà in cui comunque tutto è veramente Uno, anche il manifesto con le sue aberrazioni, appartiene all’Uno.

[2] La fragilità della fede nel libero arbitrio era già stata evidenziata nella serie "La legge dell'attrazione" di cui riporto alcune conclusioni. Esiste solo lo Spirito (alias Coscienza, Dio, Mente cosmica, Energia immateriale etc.): il libero arbitrio ed il potere dell’intenzione creativa sono prerogative di Dio. La libera volizione del singolo è un’adesione perfetta alla volontà assoluta, inscalfibile di Dio: “E’ n sua voluntade è nostra pace”, (Par. III). Dio può avere una sola testa ed una sola volontà, altrimenti diventa schizofrenico. Esistono sia lo Spirito sia la materia: il libero arbitrio si esplica nel momento in cui la coscienza individuale riesce ad agire sui fatti e sulle cose, ma questa azione è solo possibile mediante l’intervento della Coscienza universale (o comunque di un agente esterno) in cui tra l’altro sono stati decisi (sognati?) ab aeterno, fuori dal tempo, gli eventi che sembrano dipanarsi nel tempo. Ergo il libero arbitrio non esiste. Esiste solo la materia: la libertà umana non esiste, giacché tutto dipende da ineluttabili leggi fisiche.

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Wednesday, September 10, 2014

Il giusto ed il buongusto

http://zret.blogspot.ch/2014/09/il-giusto-ed-il-buongusto_9.html

Il giusto ed il buongusto


"Non è giusto!" Così esclama il bimbo cui è stato sottratto in modo immotivato un balocco. Si deve ritenere che un senso etico, per quanto confuso, sia innato o, per lo meno, precoce nell'essere umano. Che cosa significa "giusto"? Qual è la differenza tra "giusto" ed "ingiusto" di là da una concezione empirica e superficiale? Ancora una volta l'indagine etimologica non ci è di grande ausilio: "Giusto proviene dal latino ius, antichissima definizione di una formula di incitamento, portafortuna, sopravvissuta solo nelle aree che hanno conservata intatta la classe sacerdotale (indo-iranica e latina) e da cui si è svolta la nozione di diritto. Forma originaria è yeus alternante con yewes".(G. Devoto) Il lessema latino si connette al verbo iurare, giurare.

Dunque il diritto sembra radicato in forme solenni e sacre di giuramento. Tuttavia la sacralità del giuramento è venata di alcunché di sacrilego, se, ad esempio, in inglese, il verbo (to) swear significa sia "giurare" sia "bestemmiare". Anche i Vangeli condannano il giuramento. E' impossibile quindi definire il concetto di giustizia, laddove il quasi sinonimo "equità" riesce ad evocare un'ombra di significato, allorché pensiamo al latino aequor, mare, da aequus, inteso come superficie piana. Quindi l'equità è qualcosa di livellato, di uniforme.

Non erra alla fine Platone (attraverso il suo alter ego, Socrate) che, rifiutando l'idea secondo cui l'equità sarebbe "beneficare gli amici e nuocere ai nemici", o "l'utile del più forte", alla fine getta la spugna. Infatti, nella conclusione della “Politeia”, il filosofo ateniese riconosce che le sue argomentazioni non hanno fruttato i risultati sperati: non è stato chiarito che cosa sia veramente la giustizia, sebbene se ne sia riconosciuto il giovamento e si sia ammesso che essa deve essere una qualche virtù.

Che differenza rispetto a molti filosofastri, intellettualoidi, pseudo-scienziati contemporanei che pensano di poter distinguere tra giusto ed ingiusto, tra vero e falso, tra scientifico e non scientifico! Certi concetti e vocaboli dovrebbero essere maneggiati con cura, altrimenti si rischia di cristallizzarsi nel dogmatismo. Nonostante la tanto sbandierata tolleranza, la società attuale è dogmatica, intransigente. Il "sapere" è diventato apodittico. Ignoranti ed idioti, con la cassa di risonanza costituita dai media istituzionali, propagandano il pensiero unico. Lo spirito critico, l'abitudine alla ricerca e l'approccio epistemologico sono defunti. E’ necessario persino il buon gusto, quando ci si accosta a taluni lessemi e sensi. E’ una questione di savoir faire: si deve cominciare con il riconoscimento che la "giustizia" dei tribunali è quasi sempre una parodia per poi degustare i veri valori dell’equità, nel senso più nobile del termine. Proprio come un assaggiatore di vini, occorre saper apprezzare il bouquet delle parole.

Le persone sono regredite a livelli infantili, simili a quei pargoli che gridano: "Non è giusto!", quando ad un coetaneo sono date due caramelle ed a lui neanche una. Come i bambini, oggi gli adulti sono del tutto incapaci di suggerire un'idea di "giustizia", mentre si lasciano trascinare da parole emotive, da motivazioni deamicisiane. Ecco allora che i governi ed il clero facilmente persuadono la gente che una guerra è “giusta”, “umanitaria”, “intelligente”. Il popolino non si accorge dello stridente contrasto tra il nome “guerra” e gli opportunistici aggettivi che vi sono incollati. Ecco perché è sufficiente una campagna orchestrata dai parolai al "potere" per scatenare un sanguinoso conflitto. Si affila la lingua, prima di affilare le baionette.

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Wednesday, April 23, 2014

Dal Logos all'afasia

http://zret.blogspot.it/2014/04/dal-logos-allafasia.html

Dal Logos all'afasia

Nota. Lo spunto della presente riflessione mi è stato fornito da una conversazione intercorsa con l'amico Wlady.

Forse una delle idee più aberranti, ma, al tempo stesso più fortunate è quella di evoluzione. Gli esseri viventi e soprattutto l’uomo progrediscono verso mete sempre più alte. L’umanità si incammina verso un mondo sempre più giusto e libero. La Scienza propizia l’avanzamento del pianeta. Lo stesso universo evolve.

Non è così, come ci insegna il Sapere tradizionale. La transizione dal Mito alla Storia è caduta. La coscienza degli antichi si è obnubilata nel torpore attuale. La lingua, che è la controparte del pensiero, si è atrofizzata. E’ una corrispondenza biunivoca: senza pensiero non si genera linguaggio e viceversa. Infatti il Logos è, al tempo stesso, idea e suono, concetto e parola. E’ l’Idea adamantina prima che essa si contamini nella materia.

Il declino linguistico è solo la superficie di una disgregazione profonda, ontologica. L’essere umano si è disallineato, dislocato rispetto a sé stesso: ha perso il baricentro. La sua mente è un groviglio di pregiudizi, il suo linguaggio è misero, stereotipato. La capacità di ragionare e di riflettere si è emulsionata. L’intuizione e la fantasia si sono estinte.

È sufficiente confrontare gli intellettuali di un secolo fa con l’”intellighenzia” di oggi per rilevare un abisso. Spia linguistica della decadenza verticale, piccolo ma significativo saggio di questo crollo, è l’invasione del verbo tappabuchi “fare”.

Viviamo nell’era della dislessia, della dislalia. Lo stesso silenzio non è più sinonimo di concentrazione interiore e di introspezione, ma afasia.

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Friday, September 14, 2012

Black is back


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Black is back

Nel 2003 quel marpione di Umberto Eco pubblicò un testo in cui, raccontando un sogno fittizio, descriveva uno scenario futuro con un black out globale e tutte le conseguenze del caso. L’onirico pezzo, costellato di titanici strafalcioni e quindi sicuramente uscito dalla penna del semiologo dalla sintassi sciancata, era un avvertenza di chi la sa lunga o un divertissement letterario?

Si rincorrono in queste ultime settimane le voci e persino pullulano le notizie circa un prossimo evento-spartiacque che dovrebbe cambiare il mondo così come lo conosciamo. Tale avvenimento dovrebbe occorrere nell’ultimo scorcio del 2012 o al principio del 2013. E’ pacifico che i comuni cittadini non possono sapere che cosa i tagliagole stiano architettando: un collasso economico? Un‘interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica su scala continentale? Un conflitto in Medio Oriente? Una pandemia? Niente di tutto ciò? Il rischio di sottovalutare le insidie sussiste. “Al lupo! Al lupo!”, si grida per scherzare, fino a quando il lupo arriva davvero, ma nessuno più ti dà retta.

Qualcuno ha temuto che fosse compiuto un inside job in concomitanza delle empie Olimpiadi londinesi. Fortunatamente non è stata perpetrata alcuna strage: a volte certi ambienti diffondono notizie atte a seminare la paura e ad intorbidare le acque. Bisogna provare ad immedesimarsi nella psiche perversa dei globalizzatori che sono, in primo luogo, dei sadici: i sadici amano prolungare le sofferenze delle loro vittime. Dunque questo tenere sulla corda la popolazione con una crisi logorante, uno stillicidio di misure sempre più coercitive, una serqua di disastri innaturali rispecchia la mente depravata dei satrapi.

Lo stesso proposito di ridurre viepiù la soglia entro la quale è possibile servirsi del contante, lungi dall’essere dettato dalla volontà di combattere l’evasione fiscale, potrebbe sommarsi all’impossibilità, a causa di un black out, di impiegare gli strumenti elettronici. Le persone si troverebbero così sia senza liquidi sia senza denaro elettronico. Si comprende che è una situazione ghiotta per i banditi che prenderebbero due piccioni con una fava.

Se davvero dovremo affrontare un periodo più o meno lungo, privi di elettricità e perciò di acqua, derrate, benzina servizi essenziali etc., non sarà probabilmente per via di una tempesta solare, ma a cagione di un sabotaggio di origine miltare e governativa.[1] Uno strano messaggio televisivo sembra un obliquo avviso (non è l’unico) ad aspettarsi l’inaspettato. Il comunicato dell’Associazione “Medici senza frontiere” si apre con una strada buia rischiarata appena dalla luce che proviene da un finestrone di un edificio e si conclude con il monito: “L’unico modo per intervenire allo scoppio di una crisi entro 48 ore è farsi trovare già pronti”.

A questo punto molti penseranno quali siano le precauzioni da assumere in questo frangente: difficile sia essere pronti da un punto di vista pratico sia sotto il profilo psicologico, poiché le abitudini degli Occidentali sono troppo radicate per concepire di poterle modificarle ex abrupto. Una minoranza riuscirà ad adattarsi ed a sopravvivere; gli altri… Sarà opportuno evitare tanto l’allarmismo quanto l’inerzia ed agire, se possibile, come le vergini sagge del Vangelo.

Per il resto, vedremo... sempre se avremo una candela.

[1] Un attacco EMP potrebbe generare gli stessi effetti di una potente tempesta geomagnetica.

Tuesday, June 19, 2012

Senz'arte e senza palle


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Senz'arte

Nella nostra società sempre più martoriata molti cercano una via di fuga nella letteratura e nel cinema d’evasione. E’ un atteggiamento che testimonia la debolezza dei fruitori e, nel contempo, la forza di un mercato che, attraverso pallidi simulacri della vera arte, crea un’oasi di plastica per uomini ormai incapaci di apprezzare i valori estetici.

Già di per sé il romanzo (ed escludo qui i romanzi aperti e policentrici) è un genere, per così dire, autoritario, poiché il narratore guida il lettore attraverso i percorsi più o meno obbligati della storia. Figuriamoci la narrativa attuale che, priva di qualsiasi profondità e pregio, è concepita per un intrattenimento non meno becero di tante pellicole triviali e delle scadenti serie televisive in voga. Il carattere autoritario e gerarchico del romanzo è qui accentuato: siamo destinatari di prodotti che impongono la loro distorta visione del mondo, traducendosi non solo in una perdita di tempo, ma pure in un volgare indottrinamento.

Il gusto del pubblico medio-basso si muove tra due poli solo apparentemente opposti: tra l’edonismo più piatto che spinge a leggere il romanzetto con cui ci si gode una mezz’ora di svago, e l’attrazione masochistica per cose dove sono esibiti ed enfatizzati i mali del mondo. Ecco allora spiegata la popolarità di dibattiti televisivi che evidenziano l’oscena scena della “politica”, il successo di telefilm che indulgono al grandguignolesco, incorniciato nel solito sciropposo dualismo “buoni contro cattivi”, in cui i “buoni” sono gli intrepidi eroi della C.I.A. e dell’F.B.I., mentre i “cattivi” appartengono immancabilmente ad Al Qaeda o a cellule affini. Le due tendenze sono accomunate da un fine compensatorio e consolatorio: il libercolo mi permette di dimenticare le brutture della vita, la trasmissione ed il filmetto orrendi mi elargiscono la speranza (ingannevole) che, alla fine, trionferà il bene, sotto forma di happy end o di Di Pietro che “non sa parlare, ma dice le cose come stanno”. Oggi poi il volgo trova uno sfogo per le sue frustrazioni nella demagogia di Grillo e nel "Movimento cinque stalle"...

In verità la “letteratura” attuale non si discosta molto da questi cliché per soddisfare i gusti di un pubblico privo del tutto di buon gusto, ignorante e superficiale. L’arte vera non promette fughe in paradisi artificiali né è sinonimo di mera distrazione: l’arte vera è problematica, contraddittoria, critica. Sprona a porsi domande, incalza il fruitore, squaderna il mondo con la sua ineliminabile contradditorietà, le sue sfaccettature.

La lettura o la visione di un quadro, di una scultura etc. sono uno sprone ad interrogare la realtà, attraverso il pensiero e la poetica dell’artista. Così, non solo il saggio, in quanto testo euristico, offre più prospettive rispetto al romanzo (al romanzo medio), ma soprattutto il saggio che si destruttura, rifiutando le facili tentazioni dell’ordine compositivo e della tesi precostituita. Emblematici, a tale proposito, sono gli "Essais" di Michel de Montaigne, libri dove le considerazioni si dipanano senza obbedire ad un rigido criterio, ad un disegno unitario. Anzi, se proprio cerchiamo una parabola negli "Essais", è quella provocatoria ed eccentrica di un discorso che, tra innumerevoli excursus, aneddoti, ricordi, dalle vette delle questioni più alte scende verso la prosaica pianura delle necessità fisiologiche.

Non si intende affermare che l’arte prescinda dal piacere, ma è un piacere raffinato, intelligente, non disgiunto dalla riflessione. Omero scrisse i suoi poemi per un uditorio che cercava il diletto, ma per il quale soprattutto delineò un sistema di valori ed una Weltanschauung in cui i Greci si riconoscevano. Omero fu filosofo, maestro di vita, vate, oltre che egregio poeta.

Possibili verità non sono contenute in un solo testo, piuttosto in un’infinità di opere. E’ proprio ciò che ci sembra meno attuale ad essere di rovente attualità. Le lingue estinte sono più vive che mai, mentre la superfetazione tecnologica è una macchina di morte nata morta. Il programma televisivo incentrato su questioni sociali ed economiche è un’accozzaglia di sciocche menzogne. E’ del tutto inutile ed inopportuno commentare i discorsi dei politici, poiché le loro parole sono o insensate o ipocrite.

La scienza del C.I.C.A.P. è come la pubblicità, falsa e scintillante, volta solo al profitto… piena, però, di cariatidi, invece che di belle donne. [sarai bello tu]
 

Thursday, September 8, 2011

Angelology

http://zret.blogspot.com/2011/09/angelology.html

Angelology

Può l’orrore irradiare luce? In che cosa risiede la fascinazione del male? Sono le domande che, come proiettili, colpiscono il lettore di “Angelology”, opera prima dell’italo-statunitense Danielle Trussoni. L’autrice, con questo romanzo fastidioso e coinvolgente, irrigidito nei cliché, eppure in parte insofferente dei soliti steccati, ci conduce nel sulfureo regno degli angeli prigionieri.

E’ naturale: bisogna chiedersi che senso oggi abbia il genere, ormai scaduto nell’intrattenimento più volgare ed effimero o, di converso, (ma è un’antitesi apparente) nei prodotti cervellotici ed ottusi di Umberto Eco, il cui ultimo conato, “Il cimitero di Praga”, è il cimitero di ogni speranza in una resurrezione del romanzo.

La letteratura contemporanea, se veramente affonda in questi tempi martoriati e folli, aborre dalla narrativa, perché non è possibile raccontare l’iterazione del non-senso che semmai si può affidare ad una fotografia, eternatrice della morte.

Così ci accontentiamo di abbozzi, di quasi-testi che, nella loro incompiutezza, spalancano abissi di pensieri. Ci beiamo di saghe interrotte oppure di opere come “Angelology”, il cui valore è nei frammenti che scheggiano gli specchi di consolidate percezioni e concezioni. Dimentichiamo dunque gli angeli tradizionali, quelli che finiscono, con tanto di diafane ali e di tuniche elegantemente drappeggiate, nei libri della New age. Figuriamoci, invece, creature (i Nefilim, gli Anakim ed i Gibborim) in cui una bellezza sfolgorante si congiunge ad una malvagità assoluta, quasi il divino (sia pure un divino decaduto) ed il diabolico si compenetrassero. Dimentichiamo i celestiali cori angelici sovrastati dalla musica che incanta ed uccide.

A differenza di molti autori d’oggi, la Trussoni non massacra la lingua (ma il verbo “posizionare” è una scelta delittuosa dei traduttori), anzi manifesta una certa vena poetica, quando indugia nella descrizione di New York, raggelata nei rigori invernali, nella pittura di interni ora sontuosi ora disadorni. La sensibilità muliebre le consente di evocare emozioni, intensità di sguardi e chiaroscuri di sfondi naturali, anche se la citazione delle marche (di scarpe, abiti, accessori) è fatuo snobismo.

Dopo alcuni capitoli psicologici, il romanzo si immette nel solco del thriller storico. I cerchi concentrici delle analessi e la decorosa costruzione di alcuni personaggi si innestano talvolta (e sono le parti migliori) sulla riflessione che ha al centro la ferocia del male, giunto sulla terra con gli alati Nefilim.

Per affrontare il tema vertiginoso delle tenebre che incombono sul mondo, occorre una tempra che la Trussoni non possiede, ma in alcune pagine l’autrice riesce a far vibrare le corde dello Spannung, mentre la melodia terribile della lira appartenuta ad Orfeo echeggia nelle pagine che dipingono la metamorfosi di Evangeline, la protagonista.

L’avventura può ora assurgere ad un volo tanto imponente, quanto solitario e pericoloso.

Ringrazio l'amica Lavinia per avermi consentito di venire al corrente del romanzo, grazie alla sua recensione su "X Times".

Tuesday, January 25, 2011

Impero

http://zret.blogspot.com/2011/01/impero.html

Impero (il titolo giusto sarebbe "Invidia")

Absit iniuria verbis.

“Impero. Viaggio nell'Impero di Roma seguendo una moneta” è la nuova fatica di Alberto Angela. Nel libro il presentatore di veline televisive, spacciate con infinita improntitudine per programmi culturali, riciclatosi come divulgatore for dummies, ci catapulta, con un emozionante viaggio nel passato, addirittura nell’età imperiale, con la geniale trovata di seguire le avventure di un sesterzio che passa di mano in mano, dal postribolo al foro, dalle terme alla bottega… In questo modo il rampante rampollo di cotanto genitore (talis water talis filius) crede di catturare i lettori, forse con la patetica ambizione di scimmiottare l’indirizzo annalistico alla Braudel. La storia è dimensione quotidiana, colloquio con gli uomini e le donne comuni, i loro problemi ed aspirazioni, una tranche de vie.

Peccato che di saggi come questo siano già strapiene le biblioteche. A poco o a niente serve che Angela, improvvisatosi cicerone da sentenza classica pronunciata con inflessione trasteverina, ci ammanisca questo obeso “Bignami” (500 pagine) noioso fino alla morte e che non aggiunge un fico secco a quanto già ripete da tempo immemorabile l’incartapecorita storiografia ufficiale, anche quando crede di coprire le rughe con un po’ di trucco.

Scrive il dilettante di Storia romana: “Tutto è il frutto di un lavoro di ricerca su stele tombali, iscrizioni e testi antichi. Allo stesso modo, pressoché tutte le battute che sentirete pronunciare da tali personaggi sono 'originali': provengono infatti dalle opere di famosi autori latini come Marziale, Ovidio o Giovenale. E tappa dopo tappa, scoprendo il 'dietro le quinte' (sic) dell'Impero, ci accorgeremo di quanto il mondo dei romani, la prima grande globalizzazione della storia, fosse in fondo molto simile al nostro (sic)."

La spigolatura di fonti mal comprese ed ancora peggio introdotte è definita “ricerca”. Transeat. Che colui, però, riproduca in questo bleso guazzabuglio gli insopportabili solecismi e barbarismi con cui massacra impunemente la lingua italiana nel corso delle sue becere trasmissioni, è indegno. Già nella presentazione del testo, ci tocca subire “romani” usato come sostantivo con la minuscola, secondo un malvezzo tanto diffuso quanto errato, per poi ingollare i cacofonici francesismi “con dei, per dei, in dei…”

Sulle baggianate di cui straripa questo libraccio è meglio stendere un velo pietoso, anzi un bel velarium.

D’altronde se Alberto Angela non è ancora andato ad ingrossare la ciurma dei disinformatori, significa che è ancora più malmesso di loro e che, almeno fino a quando non sarà necessario, potrà continuare a scrivere scartafacci per un pubblico di deficienti e per alunni come "Trota".

Rassegniamoci. Il quadro attuale è questo: la banalità e l’ignoranza tirano. Il mercato editoriale sforna i romanzi d’appendicite di Umberto Eco, le lagne pseudo-ambientaliste di Luca Mercalli, i libri per bambini stupidi, tra cui, appunto, “Impero”. Ci mancano solo le figure dai contorni spessi, da colorare con le matite, ed il testo sarà perfetto.


Sunday, March 21, 2010

Dalla "Trilogia degli Illuminati" al "Pendolo di Foucault": come la ricerca sul Nuovo ordine mondiale viene segregata nel ghetto della sub-cultura

http://zret.blogspot.com/2010/03/dalla-trilogia-degli-illuminati-al.html

Dalla "Trilogia degli Illuminati" al "Pendolo di Foucault": come la ricerca sul Nuovo ordine mondiale viene segregata nel ghetto della sub-cultura

Robert Anton Wilson e Robert Shea sono gli autori del ciclo intitolato La trilogia degli Illuminati. La saga comprende L'occhio nella piramide, La mela d'oro ed Il Leviatano. Nel primo volume, Malik, editore di una rivista indipendente, scopre per caso i progetti e le aspirazioni di alcune logge segrete e di altre dementi organizzazioni che controllano le sorti dell'intera umanità. Si trova così coinvolto in rocambolesche disavventure. Tra sostanze psicotrope, sesso e violenza, confraternite magiche, manifestazioni politiche, birri spregiudicati e criminali idealisti, città sommerse, brandelli di filosofie orientali, i due scrittori dipanano una matassa di spaventose congiure e di enigmi sconcertanti.

Non ripercorro l'intricato intreccio del romanzo, poiché vorrei lasciare ai lettori il gusto di scoprire le "predizioni" sul nostro tempo che, nell'ormai lontano 1975, Wilson e Shea disseminarono nel loro èpos post-moderno. Si pongono alcuni problemi: come poterono i due scrittori statunitensi vaticinare il futuro con tanta accuratezza? Come reagisce il pubblico e soprattutto la critica a queste incomode rivelazioni pronunciate con lo stratagemma della finzione letteraria? Al primo quesito non è così arduo rispondere: alcuni autori sono abituati ad osservare, ma soprattutto, spinti da curiosità intellettuale, si addentrano negli oscuri cunicoli della storia occulta, pure talora affiliandosi a società segrete, per carpirne qualche arcano. Fu questo probabilmente il percorso di George Orwell cui, a differenza di molti suoi epigoni, non mancò il talento. Sia quel che sia, talora ci vengono squadernati intrighi che scambiamo per gli scarabocchi di uno schizofrenico.

Eppure, se ricordiamo la natura psicopatica delle élites, non ci sorprenderà quel bric à brac di insane cabale che i critici organici al sistema si affrettano a confinare nel kitsch e nella farneticazione. Giusto! Sennonché il cattivo gusto ed il delirio non provengono tanto dalla sub-cultura, bensì dal potere: la cultura popolare, infatti, sviscera il laidume della storia per esibirlo. Non manca il compiacimento morboso per una realtà putrida, ma l'operazione opposta di chi si ostina a coprire ed a negare è molto più sconcia. Eco, nel plumbeo e pessimo romanzetto Il pendolo di Foucault, si affanna ad infangare in modo indiscriminato tutta la tradizione ermetica, pur d'insabbiare scabrose verità, con l'argomento ormai consunto e bisunto del "sonno della ragione che genera mostri". Colui pare un imbianchino di sepolcri dalle lastre sgretolate.

Lo stesso Ezio Albrile, storico delle religioni, altrimenti noto per i suoi dotti studi sulle religioni iraniche e le loro diramazioni, sdrucciola sul lucido pavimento della normalizzazione e, in un implacabile pamphlet contro David Icke, si attorciglia in un discorso capziosamente persuasivo su spie, contro-spie, spie doppiogiochiste etc. Anche qui l'arma privilegiata è quella della generalizzazione: “Alice nel paese delle meraviglie ed il disastro delle Torri Gemelle” è un delirio. Ne arguiamo che tutto quanto scrive Icke è follia pura, sebbene provenga in parte da fonti dei servizi cui sembra il saggista britannico sia in qualche modo vicino. Si può concordare con la pars destruens, ma la pars construens qual è? Vale a dire, quali sono le mezze verità che intanto bisognerebbe cominciare a divulgare, mentre si preferisce ricorrere ad una tabula rasa?

Nel momento in cui si rinuncia al discernimento, alla cernita (tra il loglio di Icke e di altri, germogliano anche spighe di grano), si sprofonda nel dogmatismo e, quel che è peggio, nel negazionismo. E’ il passo compiuto da Eco (non so se sia stato compiuto anche da Albrile né mi interessa), un passo che potrebbe essere frutto di pur storte convinzioni o di calcoli pragmatici, verso la smentita apodittica e censoria: il giorno 11 settembre 2001, alcuni islamici dirottarono due aerei contro le Torri Gemelle; le scie tossiche sono scie di condensazione... Perfetto: i nostri governanti tutti sono saggi ed onesti.

E' troppo facile disintegrare una statua di creta e non osare neppure guardare negli occhi il bronzeo Moloch. Troppo facile, da esteti a senso unico, essere schizzinosi nei confronti della paccottiglia New age e, nel contempo, tacere sulle incontrovertibili (e pacchiane) trame dei governi, magari mordendo col dente eburneo anche intuizioni gnostiche coraggiosamente "eretiche".

Umberto Eco si rallegrava per il naufragio delle utopie letterarie “generatrici di violenza”, ma si è sempre ben guardato dall'auspicare il superamento di un sistema "generatore e moltiplicatore di violenza". In fondo, l'unica diversità tra la cloaca della cultura underground e quella di Eco è che sulla seconda è stato sparso un po' di profumo.


Sunday, September 13, 2009

Status quo

http://zret.blogspot.com/2009/09/status-quo.html

Status quo

Un'analisi essoterica

Come l'amico Corrado, anch'io mi chiedo spesso come sia possibile che molti siti considerati di informazione non allineata, tacciano sulle scie chimiche e su soggetti altrettanto scabrosi, benché pubblichino articoli su temi sgraditi al sistema (ad esempio, il pericolo costituito dalle vaccinazioni e dall'energia nucleare).

Si può ipotizzare che manchi una presa di coscienza o che si tenda a chiudere gli occhi di fronte a verità in grado di stravolgere la propria visione del mondo. E' possibile che, in realtà, questi portali siano specchietti per allodole: si pubblicano ricerche sui vaccini, sugli organismi geneticamente modificati..., con la certezza che, nel migliore dei casi, i lettori firmeranno un'inutile petizione. Intanto gli impianti per la produzione dell'energia atomica sorgono da per tutto e veleni di ogni tipo sono inoculati con le siringhe rigorosamente sterilizzate. No. Non credo si tratti neppure della paura nutrita nei confronti dei potenti, di timore per le loro minacce e ritorsioni. Il sistema prevede un margine di "dissidenza" che non solo non intacca lo status quo, ma lo consolida.

L'opposizione viene incanalata verso terreni istituzionali, un po' alla volta viene anestetizzata, fino a quando non le è sottratta la vigoria che la animava all'inizio. Vediamo un esempio. Possiamo pensare che Bario Tozzi sia davvero contrario al nucleare? E' solo una sceneggiata: con la sua finta opposizione acquisisce la stima ed il sostegno di chi comprende quali sono i rischi per l'ambiente e per gli esseri viventi. Creatosi una buona reputazione, può continuare a nascondere l'operazione scie chimiche, a pronunciare aspre invettive contro il biossido di carbonio e tutto rimane com'è, anzi peggiora di giorno in giorno. Non mi stupirei se gli "ambientalisti" che tuonano contro gli inceneritori ricevessero congrui compensi dalle società che costruiscono questi impianti. Tanto nessuna protesta, nessuno studio sul pericolo connesso alle nanoparticelle dissuaderà mai un governo dalle sue azioni criminali. Tuttavia una parvenza di libertà e di dialettica viene così preservata e l'opinione pubblica si convince di vivere in una democrazia, per quanto imperfetta. L'importante è proprio questo: evitare che il cittadino compia una rivoluzione copernicana, comprendendo che lo stato non è inefficiente e corrotto, (nondimeno perfettibile), ma il nemico giurato sempre e comunque della nazione. Questa consapevolezza potrebbe cominciare ad incrinare il potere che tanto più si rafforza, quanto più le differenti, eterogenee, disordinate, velleitarie e spesso manipolate forme di contestazione, già in conflitto tra loro, si affannano a mettere alla berlina screditati politici, ma venerando idoli di cartapesta, come grillo, di pietro, travaglio e guitti simili.

Il quadro "culturale" è poi di uno squallore incredibile: in Italia, tra i pochi "intellettuali" che sembrano critici si annoverano figuri come Eco ed Odifreddi, vere nullità, ma sopravvalutate. Recentemente il Professor Francesco Lamendola ha dedicato un articolo ad Umberto Eco: resterà amareggiato il nostro amico, l'ottimo Orsovolante, quando scoprirà che non sono l'unico detrattore del semifreddo semiologo. In verità, il Professor Lamendola è stato fin troppo generoso con codesto fautore di una pedagogia invertita ed esponente del famigerato C.I.C.A.P. Infatti gli ha elegantemente riconosciuto qualche piccolo merito che io piuttosto attribuirei al ghost writer di Eco, ma il giudizio complessivo è una stroncatura senza appello per chi incarna la più spocchiosa ignoranza, dispensata come sublime sapere.

In questa breve riflessione sulle strategie gattopardesche adottate dagli Oscurati e dai loro turpi emissari, concludo con un cenno agli scienziati di frontiera ed ai divulgatori di innovativi filoni di ricerca, nel campo della fisica, della biologia, della chimica etc. Se si esclude qualche eccezione, tra cui spicca l'egregio Professor Nacci, il cui operato meritorio è culminato nella pubblicazione di testi gratuitamente consultabili in Rete sulle terapie anti-tumorali, per il resto mi pare che ci si adoperi per organizzare conferenze e per vendere libri. E' un contributo non disprezzabile, ma poco significativo, poiché non incide sul nostro mondo che abbisognerebbe di una svolta non solo teorica, ma pure pratica.

Ormai stiamo per recitare il De profundis per la "scienza" accademica ancora arroccata su Lavoisier e Darwin, ma si sta formando la nuova accademia della scienza dell'etere. Nella loro torre eburnea, splendida ma lontana dalla realtà, i nuovi ricercatori speculano su campi di torsione, campi morfogenetici, monopoli magnetici, particelle di Dio (sic), geometria sacra…, ma paiono poco inclini a tradurre le acquisizioni teoriche in strumenti ed applicazioni per tentare di invertire il processo degenerativo.

Se la Scienza, intesa in senso lato e nel valore nobile della parola, è senza coscienza, come osservava Tesla e se, aggiungo, non promuove un tangibile cambiamento, permeando di sé gli intelletti, gli strati più sensibili della società e le sue dinamiche, che scienza è? Sarà una costruzione intellettuale bellissima ma astratta. Non intendo affermare che la scienza debba tradursi in tecnologia, intesa come dominio e sfruttamento della natura, perché anzi dovrebbe proprio concretarsi in forme equilibrate per evitare la distruzione della Terra e l'annichilimento delle coscienze, per contrastare i piani di distruzione attuati dalle élites.

In questo ambito, giocano un ruolo negativo i sabotaggi operati dal sistema, (si pensi a come vengono osteggiate le ricerche sulla fusione fredda), ma forse alcune frange della nuova scienza sono gestite e controllate dai potenti affinché ancora una volta ci si illuda che il rinnovamento sia dietro l'angolo, mentre si preparano stragi, guerre, carestie e ladrocini.





Sunday, August 9, 2009

Michelangelo esoterico

Non rientra nelle loro priorita' occuparsi dei disinformatori, ma oggi parliamo anche di Umberto Eco...
http://zret.blogspot.com/2009/08/michelangelo-esoterico.html

Michelangelo esoterico

Si intitola I segreti della Sistina un saggio scritto a quattro mani, da Roy Doliner, studioso di religioni comparate e di storia dell'arte, e dal rabbino Benjamin Blech. Secondo i due autori, gli affreschi dipinti da Michelangelo, nella Sistina occulterebbero un codice cabalistico e significati esoterici. Fu un chirurgo dell’Indiana, Frank Mershberger, a notare per primo che la celebre raffigurazione di Dio avvolto in un mantello rispecchia la forma della sezione cerebrale. Gli studiosi di cui sopra hanno scovato altri particolari eccentrici: nella pittura di Giuditta ed Oloferne sarebbe codificata la lettera ebraica Chet, nella rappresentazione di Davide che si accinge ad uccidere Golia, il grafema Ghimel. E' una lettura per molti versi rivoluzionaria: non indugerò sulla plausibilità di tale tesi interpretativa, ma è evidente che il capolavoro michelangiolesco è un testo iniziatico.[1] Quanto poi la simbologia ebraica e neo-platonica sia permeata nell'iconografia cristiana degli affreschi ed in quale misura valori esoterici contraddicano e minino l'"ortodossia" cattolica dei contenuti, non spetta a chi scrive né asserire né negare.


E' in ogni caso significativa la chiusura degli accademici al cospetto delle esegesi non allineate: Antonio Paolucci, insigne storico dell'arte e direttore dei Musei Vaticani dal 2007, ospite della scadente e pretenziosa trasmissione condotta dal fatuo Corrado Augias, Enigma, ha fermamente rigettato qualsiasi approccio non canonico alla figura ed all'opera di Leonardo. Egli ha affermato che il profilo del mantello che riproduce l'encefalo è casuale, mentre altri tratti eccentrici (ad esempio, la presenza di ebrei non convertiti, dal tipico copricapo, tra i beati) sono aspetti riconducibili ad una "normalissima tradizione giudaico-cristiana". Alcuni biblisti sostengono al contrario che la continuità tra giudaismo e cristianesimo non esiste, essendo per lo più il risultato di forzature posteriori e di arbitrarie correlazioni figurali. Tuttavia, ammettendo pure tale continuità come costruzione culturale, non ci sbaglieremo, se vedremo nelle più inclite testimonianze letterarie e figurative dei testi iniziatici.

Esemplare la Commedia che, volgarizzata come poema cattolico è, invece, un "trattato" alchemico, numerologico ed astrologico: in particolare il Purgatorio, come correttamente osservò l'acuto René Guénon, è cantica esoterica par excellence, con le sette cornici della montagna, adombranti i gradi dell'iniziazione. Non dimenticherei, a titolo di breve ma piccolo saggio di quanto si espone, la descrizione dei tre gradini che precedono la porta del secondo regno: il primo gradino è bianco, il secondo nero, il terzo rosso. Sono l'Albedo, la Nigredo e la Rubedo di alchemica valenza. Che poi Umberto Eco definisca sciocchezze le osservazioni di Guénon e di altri interpreti, può solo, stante l'ignoranza profonda che il semiologo dimostra dei valori cifrati, confermarci nel convincimento che il capolavoro dantesco fu scritto da un Fedele d'Amore, criptotemplare e forse addirittura criptocataro, non da un agiografo alla Jacopo da Varagine.

Certamente nei critici ufficiali difficilmente reperiremo qualche nota circa i significati velati della Commedia. Così non troveremo in Vasari cenni al Michelangelo "eretico": Vasari fu meticoloso biografo di artisti, attento allo stile, ai dati iconologici ed iconografici, alle linee di sviluppo di pittura, scultura ed architettura, ma poco sensibile ai fermenti neo-platonici che ribollirono nella cultura rinascimentale. Le vene sotterranee restano celate ai profani. Pertanto dovremo cercare di aguzzare lo sguardo e di ampliare gli orizzonti, anche con il rischio di veder crollare i dogmi degli eruditi.

Veramente a volte non sappiamo vedere quel che è dinanzi agli occhi: così non dovrebbe destare stupore se Michelangelo affrescò come Albero della Conoscenza un fico: il fico è, in varie tradizioni, l'albero della Gnosi (si pensi al Buddhismo ed anche nei Vangeli). E' immagine esoterica. Appunto.

[1] Chi volesse approfondire l’argomento, può leggere A. Forgione, Segreti cabalistici nella Sistina, in Fenix n. 1, novembre 2008




Wednesday, July 29, 2009

La "cultura" della menzogna

Come sapete, non rientra nelle priorita' dei complottisti occuparsi dei disinformatori, pero' ogni tanto (un giorno si' e un giorno pure) ci dedicano un post da qualche parte.

http://zret.blogspot.com/2009/07/la-cultura-della-menzogna.html

La "cultura" della menzogna

Alcuni antropologi hanno definito "cultura della vergogna" la mentalità tipica di popoli antichi che ponevano al vertice della loro scala di valori la reputazione (in greco timé). Gli eroi omerici aspirano alla gloria e preferiscono morire che essere disonorati. La civiltà che pone al centro il senso del peccato e della contrizione è stata, invece, denominata "cultura della colpa". Il Medioevo "cristiano" è l'incarnazione di questo modo di pensare.[1] E' indubbio che, se intendiamo mutuare questa terminologia, si adatta alla nostra epoca lo stigma di "cultura della menzogna". E', infatti, la menzogna, in tutte le sue forme da quelle smaccate a manifestazioni tanto più sottili quanto più perniciose, il sigillo di codesti ultimi tempi. Imbroglioni mediatici ed organici al sistema si impancano per proclamare verità bugiarde. La "storia" e la "scienza" attuali sono intessute di falsità a tal punto da essere snaturate: in realtà sono ormai soltanto propaganda. Il mendacio è l'unica funzione di Jakobson all'interno della comunicazione, l'unico scopo.

Quel che è più grave non è l'inveterata abitudine dei media ad inventare, mentire, contraffare tutto, piuttosto il contagio che si è esteso alla società tutta. Italo Svevo, nel romanzo La coscienza di Zeno, aveva intuito che l'habitus dell'uomo contemporaneo è l'autoinganno. Lo si potrebbe definire anche bias di conferma. Se dapprincipio l'individuo è, in parte, ancora conscio dell'autoinganno, con il passare del tempo, il viluppo di autogiustificazioni soffoca l'ultimo respiro di verità. In una perversa spirale, la menzogna si alimenta di altre menzogne. Ombre fittizie sostituiscono gli eventi, la ripetizione ossessiva delle fandonie è grancassa assordante. "Luca Bianchini è lo stupratore romano", ribadiscono i mezzani ed i mezzibusti. La "prova" del D.N.A. lo inchioda: che questa "prova" sia un mito ed uno strumento per incastrare uno qualunque da gettare in pasto alla folla inferocita per nascondere il vero colpevole, non ha alcuna rilevanza, poiché ormai quasi nessuno più cerca di capire da sé.[2]

Come giudicare tutti quei sofismi, quei cavilli da causidici che, con l'apparenza del vero, irretiscono a volte anche l'opinione pubblica più scaltrita? Quando la bugia sfacciata non è più efficace, i ciarlatani ricorrono agli "argomenti" speciosi, ad una logica capziosa. Armati di "conoscenze scientifiche " e di "fonti accreditate", colpiscono con mirabile precisione i dubbiosi, coloro le cui coscienze intormentite cominciano appena a destarsi. Imbonitori dai pessimi propositi, sanno come circuire i lettori, simili a boa le cui spire si attorcigliano con letale lentezza al corpo della preda. Di fronte a queste mefistofeliche strategie, alle parole melliflue, spesso anche persone avvedute capitolano. E' la maledizione del linguaggio che non comunica più, ma condiziona. E' un linguaggio in cui i distinguo servono paradossalmente ora ad appiattire tutto, a dipingere una grisaille indistinta, ora ad inculcare nei fruitori un senso di inferiorità nei confronti degli "esperti". Tutto viene delegato a loro: nessuno deve compiere un'indagine in modo autonomo, perché l'uomo libero potrebbe imbattersi in una verità da occultare.

La cultura della menzogna ha partorito in senso letterale una stirpe di imbecilli, ossia di persone prive di sostegno (baculus) bisognose di sostegni, di protesi, di arti finti: ecco perché, in un'era - si ripete - all'insegna della scienza, della logica e della ragione, è ancora tanto diffuso il bisogno di credere, non in Dio, naturalmente, ma nel suo surrogato tecno-scientifico, la Televisione.


[1] Si tratta di generalizzazioni e, come tutte le generalizzazioni, sono riduttive, ma qui servono ad articolare il ragionamento.

[2] E' sospetto che il caso Bianchini, dopo che l'accusato ha chiesto che fosse ripetuto l'esame genetico, paia già caduto nell'oblio.




Monday, June 1, 2009

Cumuli distrutti dagli aerei chimici

http://www.tankerenemy.com/2009/05/cumuli-distrutti-dagli-aerei-chimici.html

Dettagli sul blog di Nico-Francesco

Cumuli distrutti dagli aerei chimici

Pubblichiamo la preziosa testimonianza dell'amico System Failure corredata da un eloquente video circa la distruzione dei cumuli per opera di aerei chimici. Occorre ribadire che siamo in presenza di un fenomeno artificiale, di un deliberato scioglimento di nuvole, fenomeno che i disinformatori possono negare soltanto stuprando l'evidenza ed abiurando i princìpi su cui si fondano l'osservazione e l'analisi scientifica.

La loro "scienza" in verità si basa su un'inversione ed un capovolgimento di dati e risultati sicché si trasforma in un'ideologia di controllo, in un'accozzaglia di contraddizioni. E' un'operazione non molto diversa da quella di Umberto Eco e che è stata definita dallo studioso Ezio Albrile "pedagogia rovesciata". Il cinismo degli occultatori, infatti, appartiene ad una "scienza" stravolta che, nel condannare e ridicolizzare il mondo della ricerca indipendente e non asservita ai poteri forti, crea una realtà finta ed edulcorata.


Scia sotto il cumulo, scia sopra... Evidentemente i disinformatori non ci avevano mai pensato. Se si dimostra che gli aerei chimici volano alla quota dei cumuli, sarà molto difficile, continuare ad affermare che le finte scie di condensa rilasciate dagli aerei non identificati che ci sorvolano, anche decine e decine di volte in una giornata, sono rilasciate ad altitudini uguali o superiori agli 8000 metri.

La stessa scienza marcia per ora (non si sa mai, in futuro potrebbe ritrattare, rivedere le proprie posizioni) afferma che "un cumulo da bel tempo si forma a quote tra i 1700 e i 2300 metri circa e non a 10.000, come sosterrebbe qualche presuntuoso arrogante, allo scopo di avvalorare le proprie risposte sommarie e prive di ogni fondamento fornite in replica ale acquisizioni dei ricercatori indipendenti.

I disinformatori prezzolati continuano ad invocare metodi scientifici, prove scientifiche, ma poi sono essi stessi i primi a non accettarli ed a smentirli!

Se, con uno scatto o un filmato, dimostro che una scia tossica è ad altezza cumulo o che un cumulo sparisce, poi non ci si può attaccare al fatto che io non sono un meteorologo e che bisogna lasciare la parola agli esperti, perché questo comportamento è scorretto ed in perfetta malafede. Andando avanti di questo passo, qualcuno rischia seriamente di perdere quel briciolo di credibilità che ancora gli rimane, dopo anni e anni trascorsi a scovare "bufale".

Ma evidentemente la credibilità acquisita non è il fine, ma solo il mezzo per certe persone al fine di nascondere la realtà. [...]

Quello che voglio proporvi è un video-SHOCK che dimostra come anche un comune mortale, se si muove con tempestività e decisione, può mostrare come effettivamente stanno le cose, suscitare salutari dubbi e porre domande, senza per forza essere un luminare della scienza (marcia ed invertita).

Non ci vuole molto per capire che, quando un cumulo da bel tempo sparisce in meno di 180 secondi, c'è qualcosa che non va. Vediamo quante e quali menzogne inventeranno per negare, ancora una volta, l'evidenza dei fatti. E' un'evidenza assai inquietante di un fenomeno sicuramente indotto come la distruzione dei cumuli.

Leggi qui il testo tratto dal blog Il cospirazionista visionario






posted by Zret

Monday, May 18, 2009

Descrizione

http://zret.blogspot.com/2009/05/descrizione.html

Descrizione

Non riscuotono molti consensi le pagine descrittive: all'interno della maggioranza dei romanzi attuali le sequenze iconiche sono ridotte a miseri brandelli o a indugi esornativi. Si pensi alle paludate raffigurazioni di autorucoli come Eco, in cui lo stitico sfoggio di erudizione è solo un modo per coprire lo squallore del significato: in modo simile si appende un quadro ad una parete per nascondere una macchia di muffa.

Quasi tutti i lettori, avvinti dall'intreccio (le storie si assomigliano un po' tutte, ma si trae piacere dall'affabulazione), saltano a piè pari le parti descrittive o le scorrono distrattamente. Eppure la descrizione possiede una forza straordinaria, poiché dipende dall'osservazione: si fissano fotogrammi del reale con l'occhio che penetra la trasparente opacità degli oggetti. Si blocca il tempo per isolare frammenti di immagini il cui nitore sfolgora nel profilo tagliente dei contorni.

La descrizione consente di interrompere il flusso illusorio degli eventi per ritagliare prospettive di senso. Si scoprono così le sfaccettature degli oggetti, le loro dinamiche nascoste. Da un'attenta esplorazione della natura, uomini di valore estrassero frattali di possibili verità.

La descrizione è ricostruzione di mondi tramontati, di scenari lontani, di future costellazioni: un vero artista sa che, mentre l'intrico degli accadimenti scorre sul binario delle "cause", la rappresentazione, in quanto sottratta all'imperio dei nessi, può elevarsi oltre la dimensione dei "fatti" per sfiorare l'Empireo delle visioni. Il vero osservatore trascende la semplice ricezione del fenomeno per sviluppare un'immaginazione creativa in cui si lasciano affiorare e collegare le figure. La scrittura osservante diviene esplorazione degli anditi che conducono oltre l'abitudine empirica.

Lo sguardo si concentra sul particolare, ne indaga le relazioni con il tutto, cerca di accendere l'intuizione che è letteralmente un guardare dentro. Nell'ec-stasi della percezione, la mente sprofonda in universi inimmaginabili, anche solo per un istante. L'avventura dello sguardo, pur nella sua staticità atemporale, è molto più emozionante del turbinio delle peripezie, perché spinge il pensiero su sponde inattese.

Che cosa può favorire questa supremazia della percezione? Un particolare stato della coscienza, una sostanza, un sogno ad occhi aperti, l'abitudine a stupirsi... E' come se un'inquadratura filmica fosse strappata allo scorrimento immobile delle sequenze per scoprire il valore profondo di ciascun segno.

E' pur vero che alcuni segni rivelano, se osservati da vicino, un meraviglioso orrore, ma questo è uno dei volti dell'universo.




Thursday, May 14, 2009

Perfect

http://zret.blogspot.com/2009/05/perfect.html

Perfect

Nihil occultum quod non scietur, Non esiste nulla di nascosto che non sarà rivelato

E' segno di debolezza aggredire certi divulgatori. Ora, mentre è normale che i vari pennivendoli al servizio del sistema, passino il loro tempo a diffamare e ad ingiuriare i ricercatori seri (pochi in verità), sorprende che siano particolarmente veementi e feroci altri personaggi che, di fronte a certe notizie, vedono vacillare le loro vacillanti "certezze". Sono persone molto deboli e vulnerabili che non amano siano scoperchiati i sepolcri: preferiscono vivere nel loro universo idilliaco, dorato. Se da un lato si nota talora una fascinazione per misteri ed intrighi, dall'altro è ancora più evidente la tendenza a non guardare il volto della Medusa.

Quest'ultimo atteggiamento è comprensibile. Non è certo piacevole aprire gli occhi ed anzi è traumatico scoprire il signoraggio, le scie tossiche, le armi sismiche, i virus creati in laboratorio etc. Tuttavia - ed è questo il fulcro del discorso - se si ritiene che queste informazioni siano destituite di fondamento, non si comprende per quale motivo ci si accanisca così tanto con chi tratta tali temi. Pure se si pensa che esistano dei pericoli insiti nel sistema, ma li si considera poco incisivi o quasi ininfluenti, grazie alla protezione di "alieni" benevoli o di Madonne olografiche o di particolari conoscenze, l'accanimento risulta inconcepibile.

Nessuno è obbligato a vedere filmati sul Nuovo ordine mondiale o a leggere articoli sul Morgellons. Nessuno è obbligato a commentarli. Ci si può cullare in un paradiso di sogni e convincersi di vivere nel migliore dei mondi possibili. Senza dubbio è una scelta legittima. Si può distogliere lo sguardo e fingere che tutto sia perfetto così com'è. Può darsi che tale contegno sia anche segno di saggezza (una saggezza che confina con l'indifferenza). A me pare che sia una condotta rinunciataria ed imbelle, ma è solo una mia opinione. La reputo un indizio di ignavia, ma tant'è.

Se uno è persuaso che nulla è da temere, perché aggredisce chi riporta - come ripetono alcuni - notizie che suscitano timore? Se ne resti nella sua torre eburnea da cui ammirare le stelle. Nulla lo sfiora, lo turba, lo indigna: meglio per lui. Se veramente ha conseguito l'atarassia può ritirarsi in un eremo e smettere di tediarci con discorsi moralistici o con insopportabili e petulanti geremiadi sui danni alla reputazione delle illustri istituzioni, danni che arrecherebbero gli studiosi della storia e della scienza non ufficiali.

Vogliamo accontentarli: lo stato è un'istituzione benefica, la televisione è istruttiva, le banche sono enti morali, le malattie non esistono, le torture sono benevole ramanzine, l'ambiente è salubre, le antenne servono a migliorare le telecomunicazioni, le scie chimiche sono essenze profumate, i poveri vivono nelle baracche tra i topi e le cloache per masochismo, le rare guerre che divampano sono delle missioni umanitarie, la cultura in questi tempi ha toccato vette eccelse, le nanotecnologie risultano solo un po' antipatiche, se non si è estimatori di Berlusconi...

Ammettiamolo: lo stato ci ama e le tasse (ma la pressione fiscale è leggera) dei contribuenti sono investite per l'educazione, l'assistenza sanitaria, le pensioni. I politici sono dei benefattori, gli scienziati si occupano solo della ricerca pura e disinteressata. Naturalmente in questo pianeta perfetto Paolo Attivissimo è un integerrimo giornalista, sempre a caccia di insidiosi truffatori, Umberto Eco è un intellettuale. Last, but not least Rocco Buttiglione è un filosofo, anzi il filosofo, "il maestro di color che sanno".

Rilassiamoci dunque: godiamoci la vita, ingurgitando cibi geneticamente modificati ed irradiati. Accendiamo il televisore e seguiamo la serie televisiva su Enrico Mattei che purtroppo morì a causa di un errore del pilota del suo aereo personale.

Da sempre "i crimini contro la vita si chiamano errori".