L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Sunday, November 10, 2013

La legge dell’attrazione (sesta parte – non conclude)

http://zret.blogspot.it/2013/11/la-legge-dellattrazione-sesta-parte-non.html

La legge dell’attrazione (sesta parte – non conclude)

Leggi qui la quinta parte.



Si possono considerare almeno ancora due aspetti circa lo spinoso tema. Essi valgono meno dei ragionamenti, perché sono semplici sensazioni, ma valgono di più, in quanto riverberano un barlume dell’intuizione.

Il déjà-vu non è tanto l’impressione di aver già percepito in un altro luogo ed in un altro tempo una particolare circostanza, ma la consapevolezza che in sogno o in uno stato alterato di coscienza abbiamo proprio esperito quell’evento, udito quelle parole, con quel caratteristico timbro, con l’inconfondibile colore del vissuto. L’esperienza onirica ci ha proiettato in un futuro che era passato ed è presente. Ora si squaderna innanzi a noi, in tutta la sua fatale, solenne glacialità. E’ come se quell’avvenimento fosse un quadro dinamico contro cui siamo andati a sbattere.

Sono, però, soprattutto gli artisti a sperimentare l’imperio della fatalità. Secondo il convincimento di Michelangelo, le sculture che egli cavava dal marmo erano già lì nella pietra: il genio rinascimentale si limitava a liberarle. E’ proprio così: il pittore, il musicista, lo scrittore… portano alla luce ciò che è sepolto nel sottosuolo dell’ispirazione. Essi sono archeologi. Il capolavoro attende soltanto qualcuno che sappia in quale strato sotterraneo è nascosto, qualcuno che sappia scavare. Il capolavoro esiste ab aeterno. L’arte è destino. Destino è dar forma alle idee. Il fato si esprime attraverso uomini predestinati, condannati ad esprimersi.

Se il destino esiste, esso è tutto, tutto gli appartiene: dagli eventi che cambiano un’epoca all’inclinazione del capo, dalla galassia che ne fagocita un’altra al filo d’erba su cui gocciola la rugiada.

Se il destino esiste, non hanno alcun senso i rimpianti, i rammarichi, i rimorsi, le speranze, le attese, i progetti, i se...

Immensa consolazione ed immensa costernazione per tutti noi.

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Sunday, December 18, 2011

Genesi

http://zret.blogspot.com/2011/12/genesi.html

Genesi

Alcune riflessioni frammentarie circa il tema della creazione

Come avviene la creazione? La creazione è il prodigioso risultato di un prodigio, di cui è difficile comprendere la genesi. E’ arduo spiegare un fenomeno che sfugge alle coordinate razionali, situandosi nella regione liminare tra il nulla e l’infinito. Ritengo tuttavia che il processo creativo dipenda dall’aggregazione di atomi coincidenti con idee, emozioni e sensazioni. Una particella ne attrae un’altra che ne attira un’altra ancora e così via, fino a che numerosi atomi formano il corpo. Fuor di metafora, una semplice parola-idea o un accostamento inusuale di due termini (la callida iunctura di Orazio) possono, agglutinandosi ad altri, generare l’enunciato ed il testo. Si crea una sorta di frattale linguistico, i cui sviluppi sono a volte imprevedibili. Certo, resta difficile intendere come quel comune vocabolo, logoro e confuso tra un’infinità di lemmi, possa all’improvviso risplendere di luce propria e rischiarare la regione tutta intorno. Forse quel termine è associato all’intuizione, ad un’estemporanea e fuggevole visione oltre il visibile.

Ungaretti individua in una parola, di cui sono riscoperte le risonanze interiori e le qualità fonico-semantiche, il nucleo della poesia. Heidegger vede nel linguaggio poetico, con la sua sfida, quello che più di ogni altro lascia trasparire l’essenza dell’essere il quale resta in gran parte nascosto, non esaurendosi negli enti.

Cicerone menziona, a proposito della creazione poetica, l’ars e l’ingenium, ossia da un lato la tecnica, la padronanza degli strumenti stilistici, dall’altro il talento, un qualcosa di innato. L’Arpinate localizza le due sorgenti dell’arte, ma ci accorgiamo che il tema non è stato sviscerato.

Michelangelo scopre nel marmo le figure imprigionate: allo scultore spetta di liberarle. E’ così: le opere letterarie, i dipinti, le statue… sono già state create, esistono già in potenza; l’artista le cava dal mondo informe in cui sono inglobate, portandole allo scoperto. La creazione artistica si situa dunque agli antipodi rispetto a quella divina: Dio trae dal nulla il mondo, mentre l’artista si limita a scoprire forme ed idee già esistenti che l’uomo comune non è in grado di scorgere.

E’ come se il processo creativo, attingendo ad una fonte di archetipi, dipendesse da un appello, da un destino. “I' mi son un che, quando/ Amor mi spira, noto e a quel modo/ch'e' ditta dentro vo significando”. Così Dante traduce l’idea dell’urgenza creativa.

Non è l’artista che si esprime, poiché una voce a lui anteriore e superiore parla attraverso di lui. Il silenzio nella sua mente è la condizione necessaria affinché quella voce si manifesti.

Thursday, December 15, 2011

Genesi

http://zret.blogspot.com/2011/12/genesi.html

Genesi

Alcune riflessioni frammentarie circa il tema della creazione

Come avviene la creazione? La creazione è il prodigioso risultato di un prodigio, di cui è difficile comprendere la genesi. E’ arduo spiegare un fenomeno che sfugge alle coordinate razionali, situandosi nella regione liminare tra il nulla e l’infinito. Ritengo tuttavia che il processo creativo dipenda dall’aggregazione di atomi coincidenti con idee, emozioni e sensazioni. Una particella ne attrae un’altra che ne attira un’altra ancora e così via, fino a che numerosi atomi formano il corpo. Fuor di metafora, una semplice parola-idea o un accostamento inusuale di due termini (la callida iunctura di Orazio) possono, agglutinandosi ad altri, generare l’enunciato ed il testo. Si crea una sorta di frattale linguistico, i cui sviluppi sono a volte imprevedibili. Certo, resta difficile intendere come quel comune vocabolo, logoro e confuso tra un’infinità di lemmi, possa all’improvviso risplendere di luce propria e rischiarare la regione tutta intorno. Forse quel termine è associato all’intuizione, ad un’estemporanea e fuggevole visione oltre il visibile.

Ungaretti individua in una parola, di cui sono riscoperte le risonanze interiori e le qualità fonico-semantiche, il nucleo della poesia. Heidegger vede nel linguaggio poetico, con la sua sfida, quello che più di ogni altro lascia trasparire l’essenza dell’essere il quale resta in gran parte nascosto, non esaurendosi negli enti.

Cicerone menziona, a proposito della creazione poetica, l’ars e l’ingenium, ossia da un lato la tecnica, la padronanza degli strumenti stilistici, dall’altro il talento, un qualcosa di innato. L’Arpinate localizza le due sorgenti dell’arte, ma ci accorgiamo che il tema non è stato sviscerato.

Michelangelo scopre nel marmo le figure imprigionate: allo scultore spetta di liberarle. E’ così: le opere letterarie, i dipinti, le statue… sono già state create, esistono già in potenza; l’artista le cava dal mondo informe in cui sono inglobate, portandole allo scoperto. La creazione artistica si situa dunque agli antipodi rispetto a quella divina: Dio trae dal nulla il mondo, mentre l’artista si limita a scoprire forme ed idee già esistenti che l’uomo comune non è in grado di scorgere.

E’ come se il processo creativo, attingendo ad una fonte di archetipi, dipendesse da un appello, da un destino. “I' mi son un che, quando/ Amor mi spira, noto e a quel modo/ch'e' ditta dentro vo significando”. Così Dante traduce l’idea dell’urgenza creativa.

Non è l’artista che si esprime, poiché una voce a lui anteriore e superiore parla attraverso di lui. Il silenzio nella sua mente è la condizione necessaria affinché quella voce si manifesti.

Tuesday, October 25, 2011

La Terra desolata e la Terra promessa (prima parte)

http://zret.blogspot.com/2011/10/la-terra-desolata-e-la-terra-promessa.html

La Terra desolata e la Terra promessa (prima parte)

Alcune tradizioni ricordano che in principio i rapporti tra l’umano ed il divino erano simmetrici. Nel cosmo regnava l’armonia. Le schiere angeliche erano organizzate in legioni rigorose, intente a lodare l’Essere Supremo. L’uomo e la donna, i figli prediletti di Dio, vivevano in beatitudine, liberi dal dolore. La sofferenza e la morte erano ignote, il tempo non esisteva. L’universo era statico e perfetto, ma alcuni angeli erano incapaci di godere di quello stato ed erano invidiosi degli uomini. Gli angeli tenebrosi avevano tentato l’umanità per ragioni d’orgoglio, ma anche per causare dolore a Dio. Così essi caddero insieme con i progenitori. Nel Corano, Iblis rifiuta di prosternarsi al cospetto di Adam: per la sua hybris è allontanato dal Cielo. [1]

La caduta, come insegna questo mito, coincide in primo luogo con la genesi del tempo. La ribellione degli angeli gelosi è forse adombramento di uno scarto ontologico e cosmico, più che il simbolo di una separazione creaturale. La separazione, invero, il taglio è nel tempo stesso (dal greco “témno”, tagliare, recidere): nella mitologia greca Crono è il dio imparentato col tempo. Egli è il nume che divora i suoi figli; pure Saturno, l’antichissimo dio italico, in parte identificabile con Crono, anche se incivilì gli abitanti del Lazio dove regnò durante l’età dell’oro, talvolta era ritenuto un dio infernale. [2]

L’origine del tempo è pure nascita della vita o, meglio, esistenza, (da ex-sisto, stare fuori, allusione ad un esilio da una condizione originaria di compiutezza). Nella lingua ellenica vita è “bìos” e ricorda fonicamente “bìa”, violenza; anche in latino la parola “vita”, richiama “vis”, violenza, forza. Sono, con ogni probabilità, mere coincidenze, eppure suscitatrici di qualche riflessione… E’ indubbio che l’esistenza non solo si situa nell’habitat della caducità, ma pure essa vede il suo cominciamento in uno strappo, in una frattura, in un’azione violenta: ogni (pro)creazione è una distruzione. L’equilibrio si rompe, quantunque l’opera sia mirabile. Così Michelangelo colpiva il blocco di marmo per liberare la figura imprigionata nella materia.

Il processo creativo insuffla la vita e, nel contempo, condanna alla disgregazione ed alla morte. Per questa ragione l’artista, in un continuo trascendimento di sé stesso, anela ad imprimere alle sue opere il sigillo dell’eternità che, alla fine, è nell’idea e nel silenzio.

Come poté essere quello stato di assoluta, ineffabile armonia da cui ci sentiamo espulsi? Anche le parole più evocative, le melodie più sublimi ed i ritmi più arcani possono soltanto restituirci un’ombra labile e nebulosa di quel che fu.

Quando ci si strugge per la nostalgia di un’età aurea, non custodiamo tanto offuscate memorie di perdute, lontanissime epoche, ma di un’era prima dell’era stessa, anzi di una condizione, di un luogo, un modo di essere e non di un tempo.

“In principio era il lògos”. E’ così! Era, non è: il lògos, la vibrazione, non è il principio, ma già una sua manifestazione. Il tempo imperfetto (era) è il tempo del divenire, del moto, del panta rei. Il moto è il cambiamento, misura e fenomeno del tempo.

[1] Si leggano le seguenti sure: “Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre creasti lui dalla creta". Disse [Allah]: "Vattene! Qui non puoi essere orgoglioso. Via! Sarai tra gli abietti". Disse [Shaytan]: "Concedimi una dilazione fino al Giorno in cui saranno resuscitati". Disse [Allah]: "Sia, ti è concessa la dilazione". Disse [Shaytan]: "Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro [agli uomini] agguati sulla Tua Retta Via e li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra e la maggior parte di loro non Ti sarà riconoscenti". Disse [Allah]: Vattene! Scacciato e coperto di abominio. Riempirò la Jahannam di tutti voi, tu e coloro che ti avranno seguito". (VII:12-18). Allah, allora, avvisa gli uomini di diffidare di Shaytan il quale corrompe e lo conduce alla devianza: Chi prende Shaytan come patrono al posto di Allah, si perde irrimediabilmente. (IV:119); In verità Shaytan è vostro nemico, trattatelo da nemico» (XXXV:6); «Certamente vi ordina il male e la turpitudine e di dire, a proposito di Allah, cose che non sapete” (II:169).

[2] E’ probabile che il Kronos greco trovi il suo archetipo nel dio sumero Ninurtu che, “come divinità planetaria, aveva ricevuto il nome di Sag-Usch, lo stazionario, astro di giustizia ed equità. Il suo moto lento e regolare lo rendeva simbolo di stabilità e di durata: incarnava la forza impertubabile del tempo. Del resto, il regolatore del tempo notturno, svolto dal pianeta, era sottolineato dalla somiglianza tra Kronos (con la kappa) e Chronos (con la chi), accostamento che risale a Ferecide (VI sec. a.C.)”. (Anzaldi-Bazzoli)

Sunday, August 9, 2009

Michelangelo esoterico

Non rientra nelle loro priorita' occuparsi dei disinformatori, ma oggi parliamo anche di Umberto Eco...
http://zret.blogspot.com/2009/08/michelangelo-esoterico.html

Michelangelo esoterico

Si intitola I segreti della Sistina un saggio scritto a quattro mani, da Roy Doliner, studioso di religioni comparate e di storia dell'arte, e dal rabbino Benjamin Blech. Secondo i due autori, gli affreschi dipinti da Michelangelo, nella Sistina occulterebbero un codice cabalistico e significati esoterici. Fu un chirurgo dell’Indiana, Frank Mershberger, a notare per primo che la celebre raffigurazione di Dio avvolto in un mantello rispecchia la forma della sezione cerebrale. Gli studiosi di cui sopra hanno scovato altri particolari eccentrici: nella pittura di Giuditta ed Oloferne sarebbe codificata la lettera ebraica Chet, nella rappresentazione di Davide che si accinge ad uccidere Golia, il grafema Ghimel. E' una lettura per molti versi rivoluzionaria: non indugerò sulla plausibilità di tale tesi interpretativa, ma è evidente che il capolavoro michelangiolesco è un testo iniziatico.[1] Quanto poi la simbologia ebraica e neo-platonica sia permeata nell'iconografia cristiana degli affreschi ed in quale misura valori esoterici contraddicano e minino l'"ortodossia" cattolica dei contenuti, non spetta a chi scrive né asserire né negare.


E' in ogni caso significativa la chiusura degli accademici al cospetto delle esegesi non allineate: Antonio Paolucci, insigne storico dell'arte e direttore dei Musei Vaticani dal 2007, ospite della scadente e pretenziosa trasmissione condotta dal fatuo Corrado Augias, Enigma, ha fermamente rigettato qualsiasi approccio non canonico alla figura ed all'opera di Leonardo. Egli ha affermato che il profilo del mantello che riproduce l'encefalo è casuale, mentre altri tratti eccentrici (ad esempio, la presenza di ebrei non convertiti, dal tipico copricapo, tra i beati) sono aspetti riconducibili ad una "normalissima tradizione giudaico-cristiana". Alcuni biblisti sostengono al contrario che la continuità tra giudaismo e cristianesimo non esiste, essendo per lo più il risultato di forzature posteriori e di arbitrarie correlazioni figurali. Tuttavia, ammettendo pure tale continuità come costruzione culturale, non ci sbaglieremo, se vedremo nelle più inclite testimonianze letterarie e figurative dei testi iniziatici.

Esemplare la Commedia che, volgarizzata come poema cattolico è, invece, un "trattato" alchemico, numerologico ed astrologico: in particolare il Purgatorio, come correttamente osservò l'acuto René Guénon, è cantica esoterica par excellence, con le sette cornici della montagna, adombranti i gradi dell'iniziazione. Non dimenticherei, a titolo di breve ma piccolo saggio di quanto si espone, la descrizione dei tre gradini che precedono la porta del secondo regno: il primo gradino è bianco, il secondo nero, il terzo rosso. Sono l'Albedo, la Nigredo e la Rubedo di alchemica valenza. Che poi Umberto Eco definisca sciocchezze le osservazioni di Guénon e di altri interpreti, può solo, stante l'ignoranza profonda che il semiologo dimostra dei valori cifrati, confermarci nel convincimento che il capolavoro dantesco fu scritto da un Fedele d'Amore, criptotemplare e forse addirittura criptocataro, non da un agiografo alla Jacopo da Varagine.

Certamente nei critici ufficiali difficilmente reperiremo qualche nota circa i significati velati della Commedia. Così non troveremo in Vasari cenni al Michelangelo "eretico": Vasari fu meticoloso biografo di artisti, attento allo stile, ai dati iconologici ed iconografici, alle linee di sviluppo di pittura, scultura ed architettura, ma poco sensibile ai fermenti neo-platonici che ribollirono nella cultura rinascimentale. Le vene sotterranee restano celate ai profani. Pertanto dovremo cercare di aguzzare lo sguardo e di ampliare gli orizzonti, anche con il rischio di veder crollare i dogmi degli eruditi.

Veramente a volte non sappiamo vedere quel che è dinanzi agli occhi: così non dovrebbe destare stupore se Michelangelo affrescò come Albero della Conoscenza un fico: il fico è, in varie tradizioni, l'albero della Gnosi (si pensi al Buddhismo ed anche nei Vangeli). E' immagine esoterica. Appunto.

[1] Chi volesse approfondire l’argomento, può leggere A. Forgione, Segreti cabalistici nella Sistina, in Fenix n. 1, novembre 2008