L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Monday, November 17, 2014

Che cosa si nasconde dietro la simbologia dello star system?

http://zret.blogspot.ch/2014/11/che-cosa-si-nasconde-dietro-la.html

Che cosa si nasconde dietro la simbologia dello star system?


N.B. Il presente articolo è nato da una dialogo con l’amico Corrado Penna [due menti sopraffine]. Esso costituisce una prolusione ed una sorta di dittico con Cosa si nasconde dietro il satanismo?

E’ ormai quasi una moda scovare i simboli riferibili ai cosiddetti “Illuminati” (meglio Fulminati) nei video musicali, nelle produzioni televisive e cinematografiche, nella pubblicità... Molti si chiedono che significato assuma l’ostentazione di codesti segni (piramidi, occhi onniveggenti, pentacoli etc.), se attestino l’appartenenza di cantanti, attori, registi a sette “esoteriche” o addirittura al satanismo.

Che molti protagonisti usino immagini riconducibili al milieu degli Oscurati è indiscutibile; quanto costoro siano consci dei significati occulti e soprattutto dei fini perseguiti dalle élites è arduo da stabilire. Credo che spesso siamo al cospetto di immagini kitsch. E’ possibile che molti idoli delle masse abbiano stipulato degli accordi con potenti impresari per ottenere denaro e successo (un successo molto effimero e pagato a caro prezzo) in cambio dell’accettazione a veicolare messaggi ed emblemi sinistri. Sono quindi patti con produttori più che con il diavolo. Testimoniano la facilità con cui interpreti, a volte non privi di qualche talento, possano essere corrotti affinché diventino i portavoce degli Ottenebrati.

Si tende forse a sopravvalutare questo bric-à-brac, poiché il vero satanismo sembra annidarsi altrove. In primo luogo le immagini in esame non sono quasi mai diaboliche, ma tradizionali (persino diffuse nel Cattolicesimo), anche se piegate a trasmettere disvalori. Forse l’analisi ossessiva e meticolosa di video musicali e telefilm per enuclearne cifre tetre è uno stratagemma volto a distogliere l’attenzione dai problemi più scabrosi, dando l’impressione di criticare il sistema. Non a caso il buffone mascherato dedica molto tempo ed impegno alla disamina di questo tema per ignorare, ad esempio, la geoingegneria clandestina, quando non si allinea con le menzogne dei negazionisti.

I gatekeepers si guardano bene dall’applicare la loro acuta ermeneutica a certi omicidi: in questo ambito l’esegesi potrebbe, invece, rivelare indizi di una ritualità che è l’ossessione di sinistre confraternite. Si pensi all’assassinio della povera Yara Gambirasio per la cui morte è stato incriminato Massimo Giuseppe Bossetti, il solito capro espiatorio dato in pasto ad un’opinione pubblica inferocita. Se, però, studiassimo certe circostanze, ci imbatteremmo nel sepolcro della sventurata adolescente: scopriremmo qualcosa di istruttivo...

Il satanismo dunque alberga in altri settori, in tutta quella zona tenebrosa di mercimoni in cui sono coinvolti personaggi insospettabili e, all’apparenza, integerrimi. Vero è che l’immaginario simbolico esibito dallo star system crea un clima, contribuisce a traviare le nuove generazioni che, insieme con la simbologia, tendono ad introiettare costumi trasgressivi e perversi. Tuttavia non ne esagereremmo l’influsso: i giornali ed i telegiornali sono molto più dannosi, poiché costruiscono un’aberrante visione del mondo con l’ufficialità delle loro bugie reiterate.

Considerata l’involuzione dell’attuale società, si dovrà ritenere, fatto salvo qualche caso eccezionale, la scuola lo strumento più pericoloso, sebbene l’”istruzione” non codifichi simboli. La scuola contemporanea, infatti, è il più formidabile, subdolo, pervasivo sistema di indottrinamento e di propaganda che sia mai stato ideato.

Spesso ci si pone un’altra domanda: l’ostilità della fazione “illuminata” nei confronti del Cristianesimo significa che gli Oscurati sono il male ed il Cristianesimo il bene? Non è agevole rispondere, soprattutto perché il termine Cristianesimo comprende una galassia variegata e contraddittoria di fenomeni religiosi e culturali. Stante la complessità del soggetto, rimandiamo perciò alcune riflessioni in merito ad un prossimo, eventuale articolo.

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Thursday, March 27, 2014

FAI attenzione!

http://zret.blogspot.se/2014/03/fai-attenzione.html

FAI attenzione!

Il FAI, ossia il Fondo ambiente per l’Italia (sic) per il 22 e 23 marzo scorsi ha organizzato la ventesima e seconda edizione delle giornate di primavera. L’epico slogan quest’anno è il seguente: “2 giorni per ammirare l’Italia, 365 giorni per salvarla”.

Colpisce l’immagine che è abbinata alla campagna del 2014: giganteggia un bel volto femminile che osserva lo spettatore di là da un’apertura arcuata i cui stipiti sono decorati con scomparti affrescati a motivi floreali e da girali.

Il viso, dalla pelle levigata, appoggia quasi le labbra su un pavimento a scacchi bianchi e neri. Peculiare è l’unico occhio, il cui arco sopracciliare riprende la curva a tutto sesto della luce. L’occhio onniveggente, di matrice orwelliana, fissa chi guarda: è una sgradevole fissità accentuata dalla vicinanza allo spettatore.

La composizione è di evidente taglio “massonico” dove per “massonico” intendiamo qui non il repertorio simbolico della Frammassoneria, ma il campionario di emblemi ossessivi e distorti che la feccia globalizzatrice ha usurpato.

Il pavimento a riquadri bianchi e neri, esibito pure nella scenografia kitsch di “Sanremo 2014”, a differenza degli altri particolari dell’immagine, ha ben poco di rinascimentale, anzi, evocando l’ambiente di una macelleria, stride con il resto della raffigurazione.

Attraverso questi ed altri espedienti iconici la ciurmaglia crea un clima, adombra la sua appartenenza, mistifica, gioca con cifre e figurazioni dense di significati, passibili di sedimentarsi nell’inconscio, di incunearsi nell’immaginario collettivo.

Il FAI, come tutte le altre associazioni pseudo-ambientaliste, è una creatura del sistema ideata per dare ai cittadini l’illusione che le istituzioni si preoccupano di tutelare sia il patrimonio artistico ed architettonico sia il paesaggio. [1] Nel migliore dei casi, con una frazione dei denari spillati ai grulli, si restaura un rudere di campagna, mentre insigni opere sono sventrate da architetti pazzi e la biosfera è straziata dalla Geoingegneria clandestina.


Ai margini di questi enti e fondazioni pseudo-ecologiste sono purtroppo germinati movimenti che, in apparenza contrari all’establishment, ne sono, invece, protesi camuffate: il pensiero corre in particolar modo a “Thrive” (Prosperità, quella dei furbastri...), l’organizzazione che, simulando di denunciare lo strapotere dei loschi banchieri internazionali, persegue, proprio come il pericoloso “Zeitgeist movement”, una politica mondialista e transumanista. “Rimedi” peggiori dei mali. Il logo di “Thrive” è sintomatico: un volto muliebre con un occhio bendato. La donna è in procinto di togliersi la benda ad indicare, falsamente, il proposito di emanciparsi da una visione parziale della realtà, laddove siamo al cospetto del solito private eye degli Oscurati.

Stiamo attenti dunque a questi gruppi gestiti e coordinati dal sistema. Occhio all’occhio...

[1] Si pensi alla coerenza del W.W.F., World wild fraud: gli ipocriti che si sgolano per salvare la fauna selvatica, partecipano a selvaggi safari in cui impallinano tranquillamente animali in via di estinzione, come i rinoceronti. Per carità di patria, non indugiamo sulle sesquipedali contraddizioni di LegaAmbiniente.


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Tuesday, November 6, 2012

La visione di Ezechiele: una fenomenologia tra realismo e simbologia

http://zret.blogspot.it/2012/11/la-visione-di-ezechiele-una.html

La visione di Ezechiele: una fenomenologia tra realismo e simbologia

Ezechiele è il celebre profeta ebreo vissuto tra il VII ed il VI sec. a. C., autore dell’omonimo libro della Bibbia. La magnifica teofania con cui si apre il testo (I, 1-27) ha dato origine a differenti interpretazioni con un corollario di controversie, su cui infra. In primo luogo riportiamo il testo nella traduzione definita "Nuova Diodati".

Visione dei quattro esseri viventi

1 Nel trentesimo anno, il cinque del quarto mese, avvenne che, mentre mi trovavo tra i deportati presso il fiume Kebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni da parte di Dio. 2 Il cinque del mese (era il quinto anno della cattività del re Jehoiakin), 3 la parola dell'Eterno fu espressamente rivolta al sacerdote Ezechiele, figlio di Buzi, nel paese dei Caldei, presso il fiume Kebar; e là fu sopra di lui la mano dell'Eterno. 4 Mentre guardavo, ecco venire dal nord un vento di tempesta, una grossa nuvola con un fuoco che si avvolgeva su sé stesso; intorno ad esso e dal mezzo di esso emanava un grande splendore come il colore di bronzo incandescente in mezzo al fuoco. 5 Dal suo mezzo appariva la sembianza di quattro esseri viventi; e questo era il loro aspetto: avevano la sembianza d'uomo. 6 Ognuno di essi aveva quattro facce e ognuno quattro ali. 7 Le loro gambe erano diritte e la pianta dei loro piedi era come la pianta del piede di un vitello e sfavillavano come il bronzo lucidato. 8 Sui loro quattro lati, sotto le ali, avevano mani d'uomo; e tutti e quattro avevano le proprie facce e le proprie ali. 9 Le loro ali si toccavano l'una con l'altra; avanzando, non si voltavano, ma ciascuno andava diritto davanti a sé. 10 Quanto all'aspetto delle loro facce, avevano tutti la faccia di uomo, tutti e quattro la faccia di leone a destra, tutti e quattro la faccia di bue a sinistra e tutti e quattro la faccia di aquila. 11 Tali erano le loro facce. Le loro ali erano distese verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il loro corpo. 12 Ciascuno andava diritto davanti a sé; andavano ovunque lo spirito voleva andare e, andando, non si voltavano. 13 Quanto all'aspetto degli esseri viventi, essi sembravano come carboni ardenti, come fiaccole. Il fuoco si muoveva in mezzo agli esseri viventi; il fuoco era risplendente e dal fuoco si sprigionavano lampi. 14 Gli esseri viventi correvano avanti e indietro, sembravano come un fulmine. 15 Come guardavo gli esseri viventi, ecco una ruota in terra accanto agli esseri viventi con le loro quattro facce. 16 L'aspetto delle ruote e la loro fattura erano come l'aspetto di colore del crisolito; tutte e quattro si somigliavano. Il loro aspetto e la loro fattura era come quella di una ruota in mezzo a un'altra ruota. 17 Quando si muovevano, andavano verso una delle loro quattro direzioni e, andando, non si voltavano. 18 Quanto ai loro cerchi, erano alti e imponenti; e i cerchi di tutti e quattro erano pieni di occhi tutt'intorno. 19 Quando gli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e quando gli esseri viventi si alzavano da terra, si alzavano anche le ruote. 20 Dovunque lo spirito voleva andare, andavano anch'essi, perché là andava lo spirito; le ruote si alzavano con essi, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote. 21 Quando essi si muovevano, anche le ruote si muovevano; quando essi si fermavano, anch'esse si fermavano, e quando essi si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano con essi, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote.

Visione della gloria dell'Eterno

22 Sopra le teste degli esseri viventi c'era la sembianza di un firmamento, simile al colore di un maestoso cristallo, disteso sopra le loro teste. 23 Sotto il firmamento si stendevano diritte le loro ali, l'una verso l'altra; ciascuno ne aveva due che coprivano un lato e due che coprivano l'altro lato del corpo. 24 Quando essi si muovevano, io sentivo il fragore delle loro ali, come il fragore delle grandi acque, come la voce dell'Onnipotente, il rumore di un gran tumulto, come lo strepito di un esercito; quando si fermavano, abbassavano le loro ali. 25 E si udiva un rumore dal di sopra del firmamento che era sopra le loro teste; quando si fermavano, abbassavano le loro ali. 26 Al di sopra del firmamento che stava sopra le loro teste, c'era la sembianza di un trono che sembrava come una pietra di zaffiro e su questa specie di trono, in alto su di esso, stava una figura dalle sembianze di uomo. 27 Da ciò che sembravano i suoi lombi in su vidi pure come il colore di bronzo incandescente che sembrava come fuoco tutt'intorno dentro di esso; e da ciò che sembravano i suoi lombi in giù vidi qualcosa somigliante al fuoco e che emanava tutt'intorno un grande splendore. 28 Com'è l'aspetto dell'arcobaleno nella nuvola in un giorno di pioggia, così era l'aspetto di quello splendore che lo circondava. Questa era un'apparizione dell'immagine della gloria dell'Eterno. Quando la vidi, caddi sulla mia faccia e udii la voce di uno che parlava.

Una navicella spaziale?

Gli studiosi di archeologia spaziale considerano l’icastica descrizione di Ezechiele una delle prove più nitide dei contatti intercorsi tra i terrestri ed esseri provenienti da altri pianeti. Secondo tale supposizione, gli incontri ravvicinati del profeta con gli occupanti di navicelle extraterrestri sarebbero almeno quattro: uno nel 593, due nel 592 e l’ultimo nel 572 a.C. Come altri profeti, Ezechiele avvrebbe ricevuto messaggi e direttive.

Di recente l’esegesi clipeologica del passo è stata rinverdita dal semitista Mauro Biglino che, basandosi su una traduzione letterale del testo biblico, ritiene di riconoscere nel grandioso spettacolo la raffigurazione di un velivolo. Annota lo specialista: “Abbiamo la descrizione di quello che potrebbe essere un vero e proprio incontro ravvicinato con un U.F.O.: una nube tempestosa che proviene da nord, nel mezzo il fuoco dei sistemi di propulsione che ruota su sé stesso, la radiazione luminosa attorno e, al centro, un che di splendente come l’elettro! … Un particolare importante è il disegno della ruota dentro la ruota che ci ricorda molti dischi volanti raffigurati con una cupola che appare proprio come una ruota nel mezzo di una ruota”. (Biglino, 2011) Il suono udito dall’autore biblico è il rombo di un motore.

E’ arcinoto che trent’anni or sono Joseph F. Blumrich, all'epoca ingegnere presso la N.A.S.A., fra i principali progettisti dei modulo di atterraggio lunare LEM, volle dimostrare che l’oggetto dipinto da Ezechiele non era un’astronave, ma smentì sé stesso, allorquando pubblicò quella che riteneva essere la ricostruzione del ‘carro celeste’ visto da Ezechiele. Si trattava di una specie di shuttle, caratterizzato da quattro rotori e da un corpo centrale, sulla cui sommità doveva trovare posto la cabina di comando con il relativo equipaggio. Anche per quanto riguarda "le ruote" del carro celeste che "ruotando, non si giravano", Blumrich giunse ad una sua interpretazione, che in seguito propose con successo in un brevetto. Era tecnologia extraterrestre risalente a 2.500 anni prima, brevettata negli U.S.A. nel 1972! Ezechiele racconta nel suo libro dei ripetuti incontri che ebbe con tale veicolo spaziale ed il suo equipaggio. Per due volte egli venne preso a bordo della nave, per essere portato in un luogo lontano. (J. Fiebag, 1998)

Un'esperienza sciamanica?

Altri studiosi sono proclivi ad interpretare la visione del profeta, richiamandosi alle esperienze sciamaniche: gli animali, i teriantropi (esseri metà uomo e metà animale), le ali, la ruota etc. sarebbero altrettante immagini percepite in uno stato di estasi. Scrive Corrado Penna in una sua ricerca: “Nel libro del profeta Ezechiele, troviamo le tipiche descrizioni visionarie di chi entra in uno stato di trance ovvero di coscienza alterata. Anche le sensazioni uditive sono caratteristiche di quegli stati. […] In effetti il ronzio, fruscio o un altro rumore (in questo caso un fragore prodotto dallo sbattere delle ali di esseri teriantropi) appartiene alle sensazioni che accompagnano chi accede ad una condizione di percezione modificata”. (Penna, 2012).

Un’aurora boreale?

Un’altra ipotesi è stata formulata a proposito della pagina in esame: Robert Schoch opina che la rappresentazione in oggetto sia riconducibile ad una serie di fenomeni causati da una tempesta geomagnetica: un’aurora boreale dai colori cangianti, con tipici drappi e configurazioni dall’aspetto zoomorfo ed antropomorfo. Schoch crede che la visione sia compatibile con uno spettacolo aurorale che, originatosi nel nord, fu osservabile sopra Nippur nel 593 a.C. in un periodo di forte attività solare. Il geologo, insieme con Perratt et al., riconosce in alcune incisioni rupestri di nativi nordamericani e nella scrittura Rongorongo dell’Isola di Pasqua rappresentazioni di forme aurorali. Gli resta da spiegare il rumore abbinato all’”oggetto” di Ezechiele: lo scienziato menziona suoni (fischi, fruscii, sibili) che talora si odono in concomitanza di fenomeni boreali. La causa di tali suoni è incerta: potrebbero essere dovuti all’aumento ed allo scarico dell’elettricità statica in prossimità del suolo o ad una trasduzione elettrofonica legata ad una frequenza molto bassa (VLF) di onde radio associate all’aurora. Ci sembra una lettura forzata, sebbene l'autore sia spesso molto acuto. (Schoch, 2012)

Qualche nota conclusiva

Per concludere questa carrellata, ricorderemo che l’iconografia della visione di Ezechiele si presta pure ad un’esegesi emblematica. Gli animali tratteggiati dal profeta, oltre ad adombrare presumibilmente valenze astrologiche ed astronomiche (ere zodiacali, precessione degli equinozi…), anticipano i simboli dei quattro evangelisti, spaziando fino all’orizzonte esoterico di tali segni. L’uomo è Matteo; il leone è Marco; il bue è Luca; l’aquila è Giovanni.

E’ evidente che è difficile pronunciarsi in modo definitivo ed apodittico sull’epifania di Ezechiele, non solo per il linguaggio metaforico, ma soprattutto per via delle stratificazioni testuali. Sono necessari altri studi di tipo interdisciplinare per tentare di chiarire la questione. Non dimentichiamo infine che un’analisi plausibile richiede una conoscenza accurata della lingua originale, ma è dottrina che è privilegio di pochi semitisti. Costoro, tra cui il Professor Biglino, ammettono, però, che resta sembra un quid irriducibile, refrattario ad una traslazione immune da perdita di significati primigeni. Questo “rumore”, che interferisce con ogni attività di transcodificazione, è ancora più forte nel caso si debbano rendere idiomi antichi e complessi quali l’ebraico e l’aramaico. Dunque tutte le traduzioni sono approssimazioni, se non più o meno deliberati travisamenti.

A proposito di contraffazioni, si pensi, a titolo di esempio, a come è tradotto Matteo 11: 12.

“Dai giorni di Giovanni il Battista fino a ora, il regno dei cieli è preso a forza e i violenti se ne impadroniscono”. (C.E.I.)

“Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono”. (Nuova Diodati)

“E dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti lo rapiscono”. (Riveduta)

“Ora, da' giorni di Giovanni Battista infino ad ora, il regno de'cieli è sforzato ed i violenti lo rapiscono”. (Diodati)

Nessuna versione è aderente all’archetipo greco(?)in cui è scritto: “Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli è dei violenti (nel senso di appartiene loro) ed i violenti se ne impadroniscono”.

Saturday, September 3, 2011

Nuvole tarocche: da Rudolf Steiner alle scie chimiche, da Rihanna a Fabrizio De André (articolo di M.B.)

http://www.tankerenemy.com/2011/09/nuvole-tarocche-da-rudolf-steiner-alle.html

Nuvole tarocche: da Rudolf Steiner alle scie chimiche, da Rihanna a Fabrizio De André (articolo di M.B.)

Pubblichiamo un originale studio di M.B. in cui sono snidati significati occulti, filigranati in alcune canzoni, e connessi ad un’interpretazione esoterica e spirituale circa l’origine dell’umanità. Non sembri un approccio peregrino: la bio-ingegneria clandestina nasconde molto più di quanto si possa immaginare con la più fervida fantasia.

Esistono entità che vivono nelle nuvole? Ed esistono altri esseri che vogliono danneggiarle, magari ponendosi dietro le quinte dei molteplici scopi dell'operazione 'scie chimiche'? Per quale motivo si osserva un tale accanimento contro i cumuli? Sono un semplice ostacolo alle comunicazioni militari o c'è dell'altro? E cosa sono i globi di luce che sembrerebbero tentare di contrastare i tankers chimici quando attraversano il cumulo al fine di dissolverlo? Quelle entità viventi nelle nubi potrebbero essere... come noi qualche anno fa.

Rudolf Steiner nel suo libro “Il Vangelo di Giovanni” scrive alle pagg. 110 e 111: "L'uomo è veramente, alla lettera, disceso sulla terra da sfere che dobbiamo definire come sfere di acqua e di vapore, d'acqua e d'aria (simili a elementali?). ... Finché era stato liquido ed aeriforme. egli si trovava su in mezzo agli dei; a poco a poco, parallelamente all'addensarsi della Terra, l'uomo si addensò fino all'odierna materialità. Questo processo rappresenta la discesa; come l'uomo è disceso, così pure risalirà. Dopo aver maturato tutte le esperienze possibili entro la materia solida, egli tornerà ad ascendere a quelle regioni nelle quali il suo corpo fisico è liquido ed aeriforme. ... Oggi intanto egli non può che anticipare spiritualmente quegli stati. L'uomo un tempo non nasceva dalla carne e dalla terra, bensì dall'aria e dall'acqua e, in avvenire, dovrà realmente rinascere dallo spirito dell'aria e dell'acqua".

In seguito l'antroposofo riporta un passo del Vangelo detto di Giovanni tratto dal colloquio con Nicodemo: “A meno che uno non sia nato dall'acqua e dall'aria, non potrà entrare nel Regno dei Cieli”. (Gv. 3, 5).

C'è qualcuno che si sta opponendo a tale risalita? Qualche forza contraria all'uomo?

Da sempre la musica propinata a ripetizione in radio e televisioni, è spesso veicolo di messaggi 'satanici' intrisi di forte simbologia. Pensiamo alle attuali 'stelle' internazionali come Lady Gaga e Rihanna. Proprio riguardo a quest'ultima, l'utente di Youtube, Lenonhonor, ha analizzato la canzone “Umbrella”, producendo un documentario di circa tre ore dal titolo 'Works of evil', ora riproposto dall’utente GrandTruth0777 col titolo ‘ Hip hop and the occult: secret cult messages, Rihanna Umbrella video’ di cui sono disponibili tutti gli spezzoni a partire dal secondo

La canzone ed ancor più il video che l'accompagna sono pieni di simboli: figure geometriche, sigle, doppi sensi, riferimenti a famiglie illustri (Rockfeller), ma non solo. La cantante è accompagnata dal rapper Jay-Z che compare in diversi fotogrammi, mentre tiene le dita a forma di piramide, inserendo il suo occhio all'interno. Il rapper produce una voce particolare e la cantante interagisce con lui: secondo Lenonhonor, questo duetto alluderebbe ad un vero e proprio dialogo fra un demone e la popstar, nella quale vengono elencati i vantaggi che ella avrebbe, ponendosi sotto la sua protezione (l'umbrella del titolo): soldi, fama, successo. Tra le varie lusinghe, il demone afferma che non ci sono nuvole nelle sue tempeste: 'No clouds in my storms'. E proprio questa frase, più volte sottolineata nel documentario, ci porta al tema iniziale: le 'tempeste' non vanno qui intese, secondo Lenonhonor, dal punto di vista meteorologico, ma come sconvolgimenti che il demone è in grado di provocare con i suoi poteri. Ed in queste negatività non ci sono nuvole.

Le nubi, quelle naturali, oltre ad essere portatrici di piogge nutrienti e rinfrescanti, riescono a rendere splendidi anche i paesaggi più monotoni, disegnando particolari scenografie. Eppure nel linguaggio comune il tempo nuvoloso viene definito 'brutto'. Un altro modo per metterci contro di loro?

Anche in Italia esistono casi simili a quelli di Rihanna. Molti cantanti, talora non privi di qualche qualità, appaiono tuttavia come 'fabbricati a tavolino', uscendo da qualche talk show o reality. E chi ci dice che non vengano anch'essi usati per veicolare determinati messaggi? Alessandra Amoroso ha inciso un disco in cui appare in copertina con uno sguardo particolare, quasi demoniaco e diverso dal solito (notare le differenze), ma soprattutto acconciata in modo molto simile a Rihanna. E come si intitola questo album? “Senza nuvole”.

Ma nella musica potrebbero esserci anche casi 'opposti'. Sorvolerei sulla Bandabardò e sul loro recente album 'Scaccianuvole' in cui appare un uomo a cavalcioni sul muso di un aereo (ma io, pur non conoscendola appieno, credo che tale band sia buona solo per emozionare qualche illuso alla festa dell'Unità, ma assolutamente non in grado di formulare riferimenti metaforici o simili).

Appare, invece, molto più interessante il caso di Fabrizio De André, autore da porre sicuramente tra quelli che si sono “spinti oltre”. Le nuvole sono presenti in almeno due titoli di suoi dischi: “Nuvole barocche” e “Le nuvole”.

Il primo è uno dei più vecchi e sembra sia stato ripudiato dal cantautore stesso. Lo stile appare quasi antico, come quelle musiche che uscivano da un grammofono. Ma non per questo i brani sono di scarsa qualità. Anzi, due sembrano davvero da inserire fra i più belli di De André.

Il secondo si apre proprio con la canzone che dà il nome all'album: si tratta in realtà di una poesia letta a due voci da Lalla Pisano e Maria Mereu. Potrebbe sembrare un'ode alle nubi o meglio di come esse possano al contempo affascinare ed impaurire. [ Link al video ]

In realtà Fabrizio De Andrè, in una rara intervista televisiva, affermò che il titolo è un omaggio ad Aristofane e le nuvole sono da intendersi come personaggi (politici etc.) che si mettono fra noi ed il cielo, impedendoci di vedere il sole.

Un'accezione negativa quindi anche per lui? Probabile: le nuvole 'che assumono forma di pecora' potrebbero essere un riferimento alla famiglia Agnelli? E quelle a forma di airone, elegante volatile citato anche da Rino Gaetano nel suo sibillino brano “Cerco”? Va ricordato, però, che come il cantautore calabrese non ha quasi mai parlato esplicitamente in televisione del vero significato delle sue canzoni, allo stesso modo l'autore genovese potrebbe aver fornito una lettura più comprensibile ad una platea televisiva, come quella offertaci ad hoc da Fabio Fazio che sembrerebbe avere l'esclusiva su qualunque cosa riguardi De Andrè. L'ultima frase della canzone è troppo profetica per non essere presa in considerazione, soprattutto perché all'epoca dell'uscita dell'album non si parlava ancora di 'scie chimiche'. Eccola per intero:"(Le nuvole) vanno, vengono, per una vera, mille sono finte e si mettono lì tra noi ed il cielo per lasciarci soltanto una voglia di pioggia". Da notare l’aggettivo ‘finte’: perché usarlo se si trattasse solo, come sostenuto nell’intervista, di quelle nuvole gonfie di pioggia, poi dissolte dal vento? Esse sarebbero comunque vere, al massimo ‘illusorie’ o ‘bugiarde’, ma in fin dei conti reali. Nessuno aveva descritto in maniera così poetica la nuvolaglia lattiginosa e sterile delle scie chimiche persistenti!

Insomma, nonostante Fabrizio De André abbia ripudiato il suo album giovanile, meglio le sue “Nuvole barocche” delle moderne e più tristi “nuvole tarocche”.


5 commenti:

Straker ha detto...

Breve testo di indirizzamento alla conoscenza del fenomeno "scie chimiche"

Gianbattista ha detto...

http://www.repubblica.it/ambiente/2011/09/01/news/effetto_serra-21122427/

corrado ha detto...

Censura sulla rete, facebook, e l'ultima carta dei disinformatori

PS: non avevo mai fatto caso a quelle nuvole finte nella canzone di De andré, ma a riferimenti simili in una vecchia canzone di Sergio Endrigo, che cantava di scie bianche nel cielo azzurro nel mentre descriveva una sorta di futuro tecnologico da incubo

Un volo di gabbiani telecomandati
e una spiaggia di conchiglie morte
nella notte una stella d'acciaio
confonde il marinaio
strisce bianche nel cielo azzurro

Un toro è disteso sulla sabbia
e il suo cuore perde kerosene
e ogni curva un cavallo di latta
distrugge il cavaliere
terra e mare polvere bianca
una città si è perduta nel deserto
la casa è vuota non aspetta più nessuno
che fatica essere uomini

Straker ha detto...

Che buffoni.

Straker ha detto...

Mi riferivo all'idea della mongolfiera.

@ Corrado. Pensa che la canzone di Endrigo fu usata come introduzione alla puntata della "Gaia Scienza" di Bario Tozzi, come per dire: "Le scie di consensa ci sono sempre state". Ma leggendo bene il testo, si intuisce ben altro!


Saturday, April 23, 2011

Tracce di Atlantide (seconda ed ultima parte)

http://zret.blogspot.com/2011/04/tracce-di-atlantide-seconda-ed-ultima.html

Tracce di Atlantide (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Accanto a simboli primigeni si situano emblemi spuri creati da interpreti fantasiosi. Come scrivevo tempo fa, hanno torto i letteralisti alla Von Daniken che colgono nella Bibbia solo riferimenti agli extraterrestri, ma errano anche i simbolisti ad oltranza che distillano valori reconditi in ogni dove, pure in parti semistoriche o denotative. Si dovrebbe usare un metodo stratificato per enucleare i vari livelli di lettura, riconoscendo che alcune sequenze ne posseggono uno solo. E’ giusto condannare gli interpreti alla Rael che trasformano il Pentateuco in un titolo di ufologia scientista, ma non riconoscere che certuni episodi biblici manifestano un contatto non dirò con alieni, ma con esseri enigmatici (ultraterrestri? Interdimensionali?) significa percorrere un’ermeneutica a senso unico. Come leggere altrimenti situazioni come la lotta di Giacobbe contro l’angelo o la storia di Caino o i primi capitoli del Genesi con la doppia creazione ed i due alberi all’interno del giardino e di una vexata quaestio? Inoltre pensare che creature di altri mondi o sfere di realtà siano intervenute per degradare geneticamente i protoplasti potrebbe essere un insegnamento biblico, con cui non si disconosce la paternità spirituale della prima creazione, ma la si integra con una visione che cerca di dar conto della caduta.

Mario Biglino, autore del saggio "Gli dei che vennero dallo spazio?" non è uno sprovveduto e se le sue conclusioni irritano cabalisti e fedeli, non si può reagire semplicemente ignorandole o per bollarle come blasfeme. Bisognerebbe, invece, provare a suffragare i propri assunti, dimostrando una pari conoscenza dell’ebraico ed impegnarsi in una paziente cernita per distinguere denotazione da connotazione.

La Tradizione scorre ancora tra la waste land di questa età precipite e tetra: le sue acque sono cristalline come quando la sorgente sgorgò, ma oggi fluisce solo un sottile filo d’acqua. Fuor di metafora: pochi privilegiati conservano i fondamentali di un remoto sapere, mentre in passato tali dottrine erano appannaggio di più consistenti confraternite. Quando la Tradizione non si è tradotta in formule che pochissimi riescono a decodificare nel loro significato originario, essa balugina in una Weltanschauung vivificata dall’intuizione.

Si sono persi più che i concetti, i percorsi, i “metodi” [3]: chi non ritiene che il corpo ed il mondo visibile siano tutto, sa che oggi più che mai la via per risalire è disagevole e ripida. Sa anche che, lungo l’erta, sarà facile cadere nel dirupo.

[3] Tra i capisaldi della Philosophia perennis, annovererei i seguenti: “Non uno itinere pervenitur ad tam magnum secretum”; la realtà vera non è quella empirica; la conoscenza intuitiva (saggezza) è superiore a quella razionale, ergo la contemplazione è superiore alla filosofia e questa alla scienza;; esistono due specie di insegnamento: esoterico ed exoterico; l’itinerario umano è una progressiva involuzione; la meta è la fusione con Dio.



Monday, April 18, 2011

Cubo

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Cubo

L’arca che Ziusudra, re di Shuruppak, (il Noè biblico) costruì, su consiglio del dio Enki, aveva la forma di un cubo, con ciascun lato di 120 cubiti. [1] Anche l’imbarcazione fabbricata da Noè, per volontà di Dio, era un parallelepipedo: 150 cubiti di lunghezza per 30 di altezza e 50 di larghezza. Invano gli archeologi continueranno a cercare il relitto dell’arca biblica sul Monte Ararat: essa non navigò per arenarsi sulle pendici della maestosa vetta armena.

L’arca di Ziusudra era dunque un gigantesco dado che è l’espressione simbolica tridimensionale del quadrato, adombrando tutto ciò che è saldo e durevole. Tra i corpi regolari, Platone assegna al dado l’elemento terra. Nell’alchimia è in relazione alll’elemento “sal” come principio del concreto. La Gerusalemme celeste, città ideale dell’Apocalissi attribuita a Giovanni (21-16,17) è cubica: “la lunghezza, la larghezza e l’altezza della città sono eguali”. I suoi lati sono di 12.000 stadi (2200 km), un corpo perfetto sulla base del numero 12. E’ un cubo pure la Kaaba, nel santuario della Mecca: ivi è custodita la pietra divenuta nera per i peccati degli uomini.

Il quadrato è l’emblema geometrico che esprime l’orientamento dell’uomo nello spazio e nella vita, in base ad una divisione del mondo in parti governate da custodi soprannaturali. E’ immagine del cosmo a misura d’uomo, al cui centro viene pensato l’arciere celeste (axis mundi). Questa figura è in connessione con il numero quattro che indica i quattro fiumi del Paradiso, le quattro direzioni del cielo, i quattro temperamenti etc. Se si scrive tale cifra usando il sistema romano, si ottiene IIII: le quattro linee disegnano, una volta dislocate, un quadrangolo che ricorda una porta con gli stipiti, la soglia e l’architrave. Il quadrato con la triplice cinta è archetipo suggestivo.

René Guénon ci ricorda che il Quaternario rappresenta l’espansione totale dell’Unità originaria. L’espansione, simboleggiata dalla croce i cui quattro bracci sono formati da due rette perpendicolari, è il numero del Verbo manifestato e dell’Adam Kadmon.

Da non trascurare le misure dell’arca sumera e le dimensioni della Gerusalemme celeste, entrambe basate sul numero 12, probabilmente di significato astronomico-precessionale, oltre che sacro. E’ possibile che l’arca di Ziusudra e la sfavillante città ultraterrena siano i punti estremi dello stesso segmento.

Secondo David Wilcock, il cubo di Ziusudra potrebbe essere uno stargate, grazie al quale il re sumero riuscì a mettere in salvo sé stesso, i congiunti e gli animali, seguendo le istruzioni del dio Enki (Ea). Wilcock nota che l’ipercubo (o n-cubo), forma geometrica regolare inclusa in uno spazio di quattro dimensioni, secondo gli studi pionieristici di alcuni scienziati, si lega alla fisica iperdimensionale, dunque alla possibilità di varcare il confine del nostro universo per accedere ad un altro piano.

Le speculazioni riportate da Wilcock si potrebbero accostare al significato del numero 11 ripetuto. Il numero 11 possiede per lo più valenze oscure, ma, raddoppiato, a formare altresì un quadrilatero virtuale (una porta?), stando ad alcuni orientamenti interpretativi, indica il passaggio, la transizione.

I passaggi sono luoghi fisici, “ombelichi” cultuali (sorgenti, monoliti, grotte, fenditure…), quindi anticamere di spazi ulteriori, metafisici. Fortunato chi – è una chimera? – quando questa linea temporale si sarà spezzata, riuscirà a deviare sullo scambio per l’altro binario.

[1] La storia di Ziusudra, scritta in sumero, è riportata nei frammenti di una tavoletta fittile reperita ad Eridu. Nei testi accadici Ziusudra diventa Utnapishtim, il cui nome dovrebbe valere “ho trovato la vita ” o “ho visto la luce”.

Fonti:

Dizionario universale dei miti e delle leggende, a cura di A. Mercatante, s.v. Noè ed Utnapishtim
Enciclopedia dei simboli, a cura di Hans Biedermann, Milano, s.v. dado, numeri, quadrato
Enigmi alieni, Messaggeri dallo spazio, documentario di History channel, 2011
R. Guénon, Il demiurgo ed altri saggi, Milano, 2007




Tuesday, October 26, 2010

Caino tra mito e storia

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Caino tra mito e storia

Chi fu veramente Caino?

In Genesi, 4 si legge che Adamo ed Eva generarono Caino ed Abele. Il primo fu agricoltore, il secondogenito pastore. Passato del tempo, Caino offrì a Dio i frutti della terra, mentre Abele immolò per il Signore alcuni primogeniti del suo gregge ed il loro grasso. Poiché Dio mostrò di gradire l’offerta di Abele, ma non quella di Caino, quest’ultimo si sdegnò ed uccise il fratello. Venuto a sapere del fratricidio, Dio maledisse Caino, condannandolo ad errare fuggiasco sulla terra. Il bandito, però - promise Dio - non sarebbe stato ucciso, grazie ad un accorgimento, un segno che Dio mise su Caino, affinché nessuno, pur consapevole dell’iniquità compiuta, essendosi imbattuto nel figlio degenere dei progenitori, lo uccidesse.

Bisogna chiedersi in che cosa consisté il marchio di Caino: fu forse un tatuaggio? Fu, invece, un particolare anatomico, come un neo? Fu, come è più probabile, una caratteristica genetica o un tratto distintivo "sottile”, quindi un suggello spirituale?

Il nome Caino significherebbe “possesso” oppure “fabbro”: qualora significasse “fabbro”, si potrebbe vedere un nesso con il colore associato agli artigiani delle fucine, ovviamente perché esperti nel lavorare i metalli con il fuoco. Se ricordiamo che Caino figura anche nel Corano con il nome di Kabil, si è tentati di rapportarlo, per la somiglianza del nome, ai Cabiri, antichi dei non ellenici collegati alla fertilità e reputati protettori dei naviganti.

Caino è sempre stato considerato il prototipo dell’assassino, del fratricida: tale sinistra reputazione lo accomuna ad un altro personaggio biblico, Giuda, additato come l’incarnazione del tradimento. Di solito gli antropologi vedono nella rivalità tra i due fratelli figli dei progenitori, il conflitto universale tra gli agricoltori stanziali (Caino) ed i pastori nomadi (Abele) per il controllo di terre ed acqua. Questi conflitti sono evocati in testi sumeri come parte della storia dell’umanità primordiale.

La Bibbia, in Genesi, 4, indugia su questa umanità delle origini: dopo aver ricevuto il marchio destinato a durare per sette generazioni, Caino vagò fino a giungere nel paese di Nod (vagabondaggio), ad est di Eden, dove ebbe il figlio Enoch (fondatore, fondazione). I successori di Caino furono Irad, Mecuiael, Metsuael, Lamech, Iabal, Tubalkain. Quest’ultimo fu un fabbro, “padre di quanti lavorano il rame ed il ferro”.

Pur nella sua concisione, l’autore biblico delinea una cultura che, dall’agricoltura passò attraverso una fase di nomadismo pastorale per costruire infine una civiltà urbana forse nella regione dei Monti Zagros, di Elam e della Media, nell’attuale Iran.

Com’è noto, tra le fonti della Torah bisogna annoverare testi sumeri ovvero le parti più antiche della Bibbia sono confrontabili con racconti mesopotamici molto antichi: ecco dunque che la tavoletta fittile catalogata BM 74329, reperto custodito nel British Museum di Londra, ci fornisce un interessante addentellato. Il documento, tradotto da Millard e Lambert, racconta di un gruppo di esuli che vagabondarono fino ad insediarsi nel paese di Dunnu, dove il loro capo costruì una città il cui simbolo era costituito da… due torri identiche. Il capo di questa comunità si chiamava Ka’in.

Mike Plato interpreta la figura di Caino in chiave simbolica: nel suggestivo articolo “Caino, il sigillo della potenza”, l’autore riabilita il “fratricida”, vedendo in lui un simbolo stratificato in cui confluiscono valori iniziatici, alchemici e spirituali. Caino “rappresenta l’evoluzione e l’elevazione spirituale dell’iniziato, se non l’iniziato stesso”, asserisce lo studioso che collega il personaggio biblico ai miti dei gemelli (ad esempio, i Dioscuri), al rapporto tra gli egizi Ka e Ba, cui alluderebbero i nomi Caino ed Abele. Le incursioni etimologiche di Plato, che reperisce nel nome Caino radici riferibili al greco kainos, “nuovo”, all’inglese chain “catena” e knight, “cavaliere”, mi sembrano un po’ forzate, sebbene le riflessioni sul sacrificio di sé, che è arra di vittoria, siano condivisibili.

Lo scrittore asserisce che “Caino è un mito e che non è mai esistito un uomo con tale nome”. Non sarei così apodittico: sull’humus storico crescono piante simboliche, ma l’emblema è sovente il risultato di una stratificazione a posteriori, benché alcuni archetipi siano primigeni. Questi immagini, però, si innestano in contesti culturali da cui sono inscindibili. E’ questo il mito: storia e metastoria al contempo. Così, per rimanere nell’ambito del personaggio in questione, il colore rosso associato a Caino può adombrare sia la presenza di una razza rossa (perseguitata?) sia il legame con la metallurgia (arte iniziatica) sia la rubedo alchemica. Se oggi le strade tra storia ed esoterismo sono separate e parallele, forse – fermo restando che le ricerche serie ed oneste sono in ogni caso feconde, in qualsiasi campo siano condotte – un giorno convergeranno.

Fonti:

A. S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, Roma, 2001 s.v. Caino
M. Plato, Caino, il sigillo della potenza, 2010



Tuesday, September 21, 2010

Simboli

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Simboli

L'uomo è un animale simbolico. La lingua, che connota la specie Sapiens sapiens, è un fenomeno la cui genesi resta enigmatica. Infatti la lingua è un sistema che implica numerose articolazioni e corrispondenze: la biologia da sola non può spiegare né la nascita del codice né la sua complessità. Il codice è basato su segni e su modi di funzionamento. Sebbene non sia corretto considerare il segno un vero e proprio simbolo, essendo il simbolo un archetipo, un "serbatoio" pressoché inesauribile di sensi, è vero che il segno è l'unione di un significante e di un significato. Tale congiungimento è ben espresso dal verbo greco "synballein", che vale letteralmente "gettare insieme", quindi "unire".

E' presumibile che valori simbolici siano insiti nell'uomo inteso come specie: schemi innati, attraverso varie trasformazioni, generano modelli comunicativi. E' verosimile che il D.N.A. - non a caso definito codice genetico - giochi il suo ruolo nella costruzione del linguaggio. Così gli idiomi naturali potrebbero essere il risultato di una convergenza tra strutture a priori e fenomeni appresi durante la vita. Non è tanto, però, una sinergia tra biologia e cultura, quanto una concordanza tra categorie primarie (trascendentali?) ed influssi socio-culturali. Nell'ambito di queste concezioni, il celebre incipit del Vangelo detto di Giovanni, assume una particolare valenza: "In principio era il Logos" si può leggere anche come "In principio era il linguaggio, l'informazione?".

La quintessenza della lingua pare possedere una natura metafisica e, rispetto a De Sausurre ed ai suoi epigoni che vedono nella langue un sistema arbitrario di correlazioni, ha ragione Gadamer che considera le espressioni linguistiche motivate. E' vero che "albero" in inglese è "tree", in greco è "dendron", in latino "arbor" etc. Queste differenze strutturali, però, non dimostrano la totale convenzionalità del rapporto tra segno ed oggetto, poiché è quasi sempre possibile individuare delle connessioni profonde tra il termine e l'oggetto.

Semplificando, si potrebbe distinguere tra simboli elementari (i segni, volgarmente "parole") ed i simboli complessi: se l'origine dei primi è difficile da conoscere, il discorso vale ancora di più per i simboli complessi, ossia le immagini stratificate, plurivoche, dense, gli archetipi sedimentati nel superconscio e che si palesano nell'arte, nelle esperienze oniriche, nei disegni dei bambini… Esistono simboli elementari inclusi in simboli complessi, come tante scatole cinesi.

Riprendo l’esempio dell’albero. In Genesi sono menzionati due alberi del Paradiso: l’albero della Scienza e l’albero della Vita. Ora è evidente che il vocabolo “albero” è qui un simbolo elementare, ossia il lessema che designa un preciso referente composto da radici, tronco, rami, foglie etc. E’ altresì palese, però, che nel contesto biblico, i due alberi sono emblemi.

René Guénon, richiamandosi soprattutto agli studi di Louis Charbonneau-Lassay, ricorda che l’albero della Vita è l’Axis Mundi, il Centro del Mondo, mentre l’albero della Conoscenza esprime la dualità cosmica. E’ questa un’esegesi ancorata ai valori della Tradizione. Tuttavia, a causa della ricchezza semantica che contraddistingue i simboli, continuamente nutriti di nuovi significati, un po’ come il mare che riceve le acque di fiumi, torrenti e piogge, gli alberi della Genesi forse evocano pure qualcos’altro né si deve dimenticare che alcune almeno apparenti anomalie del racconto biblico esigono un continuo aggiustamento delle ipotesi ermeneutiche ed una rilettura degli influssi storici e culturali.



Sunday, June 27, 2010

Vicini invisibili (articolo di Scott Corrales - terza parte)

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Vicini invisibili (articolo di Scott Corrales - terza parte)

Il professor Juan Coca de Azevedo, autore di "En los limites de lo inspiegabile", narra la storia di Eugene Canseliet, che apparteneva alla cerchia di adepti che circonda la figura dell’"alchimista" Fulcanelli. Nel 1920, gli esponenti del suo entourage si vantarono che il loro maestro era sul punto di produrre la pietra filosofale. Tuttavia, passati alcuni decenni, secondo Canseliet, Fulcanelli scomparve, anche se l’autore sostenne di avergli fatto visita a Siviglia, nel 1950, e che Fulcanelli aveva subito notevoli cambiamenti fisici dopo aver ingerito l'Elisir della lunga Vita. Azevedo asserisce che la natura di questi cambiamenti si riferiva ad un complessivo aspetto androgino.

Ciò che sappiamo di certo su Fulcanelli viene raccolto nei suoi libri come il celeberrimo "Il mistero delle cattedrali". A quanto pare, era al corrente di simboli segreti usati i tra "color che sanno". Nel Medioevo, i maestri, i cui trattati sono sopravvissuti fino ai nostri tempi, erano soliti decorare le loro case con segni esoterici e immagini". Il lettore è informato che, tra i vari simboli, essi ricorrevano al leone rampante ed al serpente che si morde la coda.

Non mancano i messaggi codificati di numerose società segrete. Sono state considerate molto potenti e pericolose: alcuni individuano un capro espiatorio negli Illuminati, altri nella Chiesa cattolica etc. L'accusa? Sono una confraternita che con scure "supermenti” domina il destino di un’umanità inconsapevole. Ovviamente, qualsiasi gruppo capace di un’esistenza che si perpetua dall'antichità sino ai giorni nostri deve essere senza dubbio notevole, se consideriamo gli alti e bassi della storia umana e la propensione delle organizzazioni ad essere sciolte - a meno che non si creda che ci possano essere degli "immortali" tra gli esseri umani o esseri paranormali in veste umana che guidano i gruppi di nascosto attraverso i secoli. Vengono in mente alcuni personaggi.

Apollonio, taumaturgo della città di Tiana in quella che ora è la Turchia moderna. Se ciò che la tradizione racconta è vero, siamo di fronte a un uomo che era capace di teletrasporto, che fu, se non immortale, molto longevo nonché un maestro di dottrina pitagorica. Apollonio si recò in Oriente e portò con sé il discepolo, Damis, giungendo in una terra abitata da una gente di lingua greca che viveva in un "irreale", mutevole paesaggio (un'altra dimensione?). Gli abitanti di questo regno nascosto conoscevano la levitazione, la robotica e l'illuminazione artificiale. Il filosofo itinerante apprese che questo paese esisteva "nel mondo, ma anche di là da esso".

Tornando sulle sponde del Mediterraneo, quindi al territorio controllato da Roma, Apollonio fu accusato di lesa maestà dall'imperatore Domiziano. Portato al cospetto del sovrano, Apollonio dichiarò: "Si può imprigionare il mio corpo, ma mai la mia anima e vorrei aggiungere neppure il mio corpo!" In un lampo di luce, visto dai cortigiani e da un confuso Domiziano, il prigioniero scomparve nel nulla.

In alcuni circoli esoterici, si pensa che Apollonio di Tiana sia la stessa figura conosciuta come il Conte di Saint Germain, che era attivo nel XVIII secolo ed era famoso per la sua grande ricchezza e per la folgorante intuizione. Saint Germain ed Apollonio avevano alcune facoltà in comune: la bilocazione, il potere di guarire i malati e la capacità di decifrare il linguaggio dei volatili. Fulcanelli potrebbe essere semplicemente un altro avatar di questo eterno personaggio.

Leggi qui la seconda parte.




Tuesday, May 11, 2010

Malum

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Malum

In un antico sigillo sumerico sono raffigurate due divinità, una maschile ed una femminile. Entrambe sono assise. Dietro la divinità muliebre si insinua un serpente, mentre al centro del manufatto si innalza un albero con sette rami da cui pendono dei frutti oblunghi. Pare la rappresentazione dell'Eden: lo scenario del Paradiso biblico è simile. Sebbene il testo di "Genesi" non specifichi il frutto che Eva coglie dall'Albero della Conoscenza, nell'immaginario popolare il pomo è identificato con la mela. E' probabile che a tale erronea assimilazione abbia contribuito l'omofonia tra il latino malum, "male" e malum, "mela". Esiste un canale sotterraneo che collega i due termini? La parola "male" - ci ricorda Giacomo Devoto - "discende da una radice indogermanica 'mel', di valore religioso e largamente attestata, per esempio nelle aree iranica, armena, baltica, celtica, greca, sia pure con sensibili differenze di significato". Invero, si ignora la valenza originaria del morfema. Nietzsche pensò ad una correlazione tra il latino malus ed il greco melainos, scuro, nero, con implicazioni etniche più che etiche. La testimonianza di una sovrapposizione-confusione tra i due ambiti è nella voce "melancolia/malinconia", dove la tristezza si intinge nel nero dell'uggia. Parole e suoni congiurano in intrecci creativi, forse non scevri di una loro motivazione profonda.

Ha un senso cogliere nel frutto di quell'albero il male? Secondo il mito, il creatore della mela fu Dioniso: ne scaturisce un contenuto vitalistico ed erotico che, stando ad alcuni esegeti, è adombrato pure nel frutto biblico. Assume un significato funesto il pomo della discordia che la dea Eris gettò sulla mensa degli dei riuniti a convito durante le nozze di Peleo e Teti. L'Occidente è il luogo della Beatitudine e della Conoscenza (una Conoscenza sublimata nella Sapienza) e dell'Immortalità: per questo motivo Eracle si avventurò nelle Isole dei Beati per prendere le mele nel giardino delle Esperidi. Erano custodite da un drago che rammenta il serpente della Genesi. Nella cultura celtica, la mela era emblema del sapere iniziatico. Avalon, l'oltremondo dei Celti, è situato nella regione dell'occaso. Avalon è collegato ad apple, "mela". Una nota società informatica nel logo mostra una mela morsa. Una teoria, forse fantasiosa ma suggestiva, collega il logo al suicidio di Alan Turing, compiuto, secondo alcune versioni, per mezzo di una mela intrisa nel cianuro, ad imitazione della "letifera" mela di Biancaneve. L'informatica, un frutto avvelenato.

Tragressione, male e morte sono i significati che si rincorrono in questo simbolo, ma contraddetti o sfumati da altri valori solari: sia i pomi delle Esperidi sia il frutto biblico pendono da alberi che crescono in luoghi edenici.

I percorsi simbolici sono innumerevoli: ci portano, ad esempio, alle mele azzurre di Rennes le Chateau, in cui il colore evoca la dimensione spirituale. In totale antitesi è la mela d’oro all’interno del fangoso romanzo omonimo scritto da Robert Wilson e Robert Shea: è l’icona pop di una confraternita formata da depravati.

La mela è anche simbolo cosmico per via della sua forma quasi sferica. Non solo, se spacchiamo questo frutto vi scopriamo un microcosmo: al centro un astro di semi è attorniato da un piccolo cielo di polpa. Simile ad una ruota, ci mena nel mondo del divenire. Il divenire è il male?

La simbolica cinese si incentra sull'omofonia delle parole che significano mela e pace (p'ing), cui, però, assomiglia il nome che designa la malattia (ping). E' una sorta di omeopatia lessicale. Alla fine si resta confinati nel giardino della lingua: qui si erge l'albero mitico, il linguaggio come coscienza e come maledizione.

Fonti:

G. Devoto, Avviamento all'etimologia italiana, Firenze, 1968, sv. male
Enciclopedia della mitologia, Milano, 1990, s.v. Esperidi
Enciclopedia dei simboli, a cura di Hans Biedermann, Milano, 1991, s.v. mela


Thursday, February 18, 2010

Il serpente di bronzo

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Il serpente di bronzo

Necustan, Nehustan o Nehushtan (in ebraico, נחושתן o נחש הנחושת) è il nome del serpente di Mosè.

La Bibbia racconta che Mosè, per persuadere il Faraone che le sue parole provenivano da Dio, scaraventò per terra il suo bastone che si trasformò in serpente. Il sovrano egizio dunque chiamò i suoi maghi che ripeterono l'incantesimo, ma, a prova della superiorità del Dio di Mosè, il serpente del legislatore divorò i rettili dei maghi egizi. (Esodo 7:8-12) Secondo Numeri 21:4-8, Mosè, indispettito dall'infedeltà del popolo per cui aveva tanto tribolato, mandò dei serpenti velenosi ad uccidere i peccatori. Pentito per il suo impeto d'ira, forgiò ed eresse un serpente di bronzo: chiunque, morso dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare, solo guardando verso il manufatto bronzeo. Il serpente dovette essere venerato da alcune comunità di Ebrei ancora nell'VIII secolo: infatti il re di Giuda, Ezechia (716 a.C.- 687 a.C.) distrusse tutti gli idoli ed anche il Nehustan, "perché gli Israeliti bruciavano incenso e lo chiamavano Nehustan". (Secondo libro dei Re 18:4)

Gesù usa l'immagine del serpente di rame in Giovanni 3:14.15, istituendo un'analogia tra l'innalzamento del serpente ed il Figlio dell'uomo che dovrà essere innalzato onde "chiunque creda in lui abbia la vita eterna".

Anthony S. Mercatante ricorda che l'immagine eretta dal legislatore era simile a quella dedicata al dio (o dea?) della vita Nin-gis-zida (sum., dnin-is-zi-da), appartenente al pantheon dei Sumeri. Era patrono della medicina e può essere considerato un nume della fertilità e della natura, ma era anche associato al mondo sotterraneo: il suo nome in sumero significa "signore del buon albero". Era legato simbolicamente ad una specie di serpente cornigero. Per primo fu raffigurato già alla fine del III millennio a.C. come rettile che si attorciglia attorno ad un'asta, anticipando il Caduceo di Hermes, il bastone di Asclepio e quello di Mosè.

In ebraico il vocabolo Nehustan contiene una radice "nag" molto antica che si rintraccia nel sanscrito "naga": questo morfema si rileva nelle lingue semitiche con "nachash", come nell'inglese "snake".

Sarebbe interessante comprendere il vero significato del Nechustan, cercando di isolare, di là dall'alone mitico, un nucleo riconducibile ad una credenza radicata in conoscenze probabilmente sumere circa la genesi della vita (il D.N.A.?). Con ciò, non intendo asserire che i simboli sono mere trasfigurazioni di contenuti empirici, sebbene si debba ricordare che cifre ed immagini, all'interno di alcuni cicli, adombrano fenomeni astronomici, in primis la precessione degli equinozi. Come è noto, il simbolo è denso e multiforme e qualsiasi interpretazione, per quanto profonda, non lo esaurisce. Qui, però, ci troviamo di fronte alla possibilità che il testo biblico conservi un "segnale" anche se "disturbato" di una tradizione molto antica, in cui il serpente potrebbe alludere non solo alla vita ed alla rigenerazione.

E' leggittimo pensare alla reminiscenza di un contatto con esseri anguiformi: tale interpretazione è stata propugnata da vari studiosi. Credo, però, che, se concentrassimo l'attenzione non tanto sul serpente, i cui significati sono numerosi ed anche antitetici, ma sul materiale con cui fu costruito, il bronzo (o rame), si potrebbero scoprire interessanti correlazioni, ad esempio con l'oro che secondo la Torah, rivestiva sia all'interno sia all'esterno, il legno di cedro con cui era stata costruita l'Arca dell'Alleanza. Il collegamento con l'Arca è individuabile pure in una tradizione, secondo la quale in origine la cassa conteneva un serpente, poi l'effigie di un dio serpente. Questo animale ricorda, per i suoi movimenti sinuosi e repentini, la folgore.

Sono in gioco forse delle energie...

Fonti:

Enciclopedia dei simboli, a cura di H. Biedermann, Milano, 1999, s.v. serpente
Enciclopedia delle religioni, Milano, 2001, s.v. Sumeri
A. S. Mercatante, Dizionario dei miti e delle leggende, Roma, s.v. Arca del Patto, serpente




Thursday, November 26, 2009

V

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V

Forma e significati si condensano nella V, lettera il cui disegno ricorda un vaso. E' il calice che accoglie il sangue della Vita, il Graal, delle tradizioni celtiche poi cristianizzate. E' vas electionis, ricettacolo della silente verità. Ancora, coppa colma di fuoco. La V è pure la corolla dei fiori pregni di rugiada fecondatrice, imbevuti di alma luce.

E' forse possibile distinguere le lettere, segni di un alfabeto stellare, in maschili e femminili: la V è femminile. La sua natura yin, passiva e ricettiva, è permeata di umidi rezzi, come quelli che si raccolgono nelle valli azzurre al crepuscolo. E' pure Virgo celeste, casta e provvida. E' voto, devozione, con i suoi bracci che si slargano verso la trascendenza. Il profilo della V si può arcuare a delineare una valva di conchiglia, simbolo di generazione.

La sua forma così tende a confondersi con quella dalla U: in latino i due suoni corrispondenti si scrivevano con lo stesso grafema. Anche il suono incerto, semivocalico, esprime una transizione, l'affioramento di un'eco dal nulla, come il vagito di un bimbo che è la voce di una nuova esistenza emersa dalle brume dell'ignoto.

E' il miracolo di una nota che, intrecciata in una ghirlanda, genera una melodia, ma è anche il suono che, fendendo il nulla, ne turba la quiete, a somiglianza di un sasso gettato sulla superficie immota di un lago. E' la vibrazione armoniosa e fluida che, allontanatasi dal Principio, si frantuma in accordi atonali, in schegge di ombre.

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Wednesday, October 7, 2009

Ruote nelle ruote

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Ruote nelle ruote

Nostradamus è il nome latinizzato di Michel de Notre Dame (1503-1566), noto medico ed astrologo francese, di origine ebraica. Dal 1550, dopo molti viaggi, pubblicò almanacchi con previsioni meteorologiche e di eventi che sarebbero occorsi nell'anno. Nel 1555 comparvero le famose "Centurie", quartine con profezie, peraltro astruse e di difficilissima interpretazione, ottenute sulla base di visioni e di ispirazioni.

Esiste, però, un altro libro attribuito a Nostradamus, conosciuto come “Libro Perduto” o “L’ultimo libro di Nostradamus” o “Vaticinia di Nostradamus”.

Si tratta di una raccolta di ottanta immagini acquerellate, rilegate sotto forma di codice e scoperte nel 1982 dai giornalisti Enza Massa e Roberto Pinotti, nella Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Fondo Vittorio Emanuele 307). Il codice è stato attribuito a Nostradamus. In una scheda originale dei padri cartusiani allegata al manoscritto, si afferma che il codice venne portato in Roma dal figlio del veggente di Salon, César de Notre Dame, affinché fosse donato al cardinale Maffeo Barberini, futuro papa, con il nome di Urbano VIII dal 1623 al 1644. Un manoscritto simile a questo è il Marston MS 225 ed è custodito nella biblioteca della Università di Yale, a New Haven (Connecticut, Stati Uniti). [1]

Nelle ultime pagine di questo manoscritto sono raffigurate scene riguardanti la
Fine dei Tempi in cui gli avvenimenti sono correlati ad una simbologia per lo più astrologica e biblica, desunta soprattutto da Rivelazione: in molte pagine è effigiato il Libro. E' un riferimento al Libro della Vita che il Cristo Pantocrator tiene in mano ed in cui sono segnate tutte le azioni degli uomini. E' significativo che le ultime pagine del codice mostrino un volume squadernato senza alcun contenuto vergato: un’allusione alla fine della storia come scrittura degli eventi? In alto è rappresentata la Ruota circondata da cartigli: l’emblema delle Ruota, i cui valori sono molteplici, qui assume significato cosmico e cronologico, adombrando, come i rosoni delle chiese gotiche, il ciclo precessionale. E’ pure palese il richiamo all’Arcano dei Tarocchi, la Ruota della Fortuna, che indica la mutevolezza della sorte, il destino, l’ineluttabilità. La Ruota di pagina 72 è senza gli otto raggi [2]: l’assenza dei raggi esprime la cessazione del moto, il punto d'arrivo.

E’ notevole che siano dipinti il segno dello Scorpione e del Sagittario: il pungiglione dell’Aracnide punta, come il dardo del Sagittario verso un punto importante dell’universo. Questa sinopia del firmamento è stata interpretata dallo scienziato statunitense Paul La Violette come una segnalazione iconografica del centro della Galassia, da cui sarebbe provenuta, stando a La Violette, una superonda di raggi cosmici. Tale superonda avrebbe colpito la Terra nell’XI millennio a.C., causando immani cataclismi. Il centro della Via lattea, definito Hunab ku dai Maya, era per il popolo mesoamericano, il luogo da cui si sprigiona il tempo. La Violette, pur all’oscuro del codice in esame, interpreta le costellazioni zodiacali, attribuendo loro un significato identico a quello che paiono assumere nei "Vaticinia".

Le corrispondenze non finiscono qui: infatti Jay Weidner e Vincent Bridges, nel loro saggio, "Monument of the end of time", decifrano le iscrizioni ed i bassorilievi di un enigmatico monumento che sorge in un sagrato della cittadina francese di Hendaye, individuando la previsione di un cataclisma celeste proveniente dal centro della Galassia.

Infine, da un punto di vista formale e semantico, si nota un altro parallelismo con l'ultima lama che compone le infami Illuminati cards: qui la ruota è sostituita dalle bobine di un registratore e l’epilogo della storia è evocato dal nastro spezzato e dalla didascalia.

Closing time.

[1] Non so se siano stati condotti studi filologici per stabilire la paternità del codice, ma, qualora il testo non fosse dovuto a Nostradamus o al figlio César, resta la sua importanza sotto il profilo culturale e, in parte, predittivo.

[2] Gli otto raggi sono, secondo vari studiosi, la somma dei raggi appartenenti alla croce cosmica nel centro galattico con quelli della croce solstiziale ed equinoziale.

Fonti:

A. Anzaldi, B. Bazzoli, Dizionario di astrologia, Milano, 1988, s.v. Nostradamus
R. Buccellani, Le grandi profezie, Milano, 1995
Majuro.it, Nostradamus 2012
Paul La Violette, Earth under fire, Padova, 2006





Sunday, August 9, 2009

Michelangelo esoterico

Non rientra nelle loro priorita' occuparsi dei disinformatori, ma oggi parliamo anche di Umberto Eco...
http://zret.blogspot.com/2009/08/michelangelo-esoterico.html

Michelangelo esoterico

Si intitola I segreti della Sistina un saggio scritto a quattro mani, da Roy Doliner, studioso di religioni comparate e di storia dell'arte, e dal rabbino Benjamin Blech. Secondo i due autori, gli affreschi dipinti da Michelangelo, nella Sistina occulterebbero un codice cabalistico e significati esoterici. Fu un chirurgo dell’Indiana, Frank Mershberger, a notare per primo che la celebre raffigurazione di Dio avvolto in un mantello rispecchia la forma della sezione cerebrale. Gli studiosi di cui sopra hanno scovato altri particolari eccentrici: nella pittura di Giuditta ed Oloferne sarebbe codificata la lettera ebraica Chet, nella rappresentazione di Davide che si accinge ad uccidere Golia, il grafema Ghimel. E' una lettura per molti versi rivoluzionaria: non indugerò sulla plausibilità di tale tesi interpretativa, ma è evidente che il capolavoro michelangiolesco è un testo iniziatico.[1] Quanto poi la simbologia ebraica e neo-platonica sia permeata nell'iconografia cristiana degli affreschi ed in quale misura valori esoterici contraddicano e minino l'"ortodossia" cattolica dei contenuti, non spetta a chi scrive né asserire né negare.


E' in ogni caso significativa la chiusura degli accademici al cospetto delle esegesi non allineate: Antonio Paolucci, insigne storico dell'arte e direttore dei Musei Vaticani dal 2007, ospite della scadente e pretenziosa trasmissione condotta dal fatuo Corrado Augias, Enigma, ha fermamente rigettato qualsiasi approccio non canonico alla figura ed all'opera di Leonardo. Egli ha affermato che il profilo del mantello che riproduce l'encefalo è casuale, mentre altri tratti eccentrici (ad esempio, la presenza di ebrei non convertiti, dal tipico copricapo, tra i beati) sono aspetti riconducibili ad una "normalissima tradizione giudaico-cristiana". Alcuni biblisti sostengono al contrario che la continuità tra giudaismo e cristianesimo non esiste, essendo per lo più il risultato di forzature posteriori e di arbitrarie correlazioni figurali. Tuttavia, ammettendo pure tale continuità come costruzione culturale, non ci sbaglieremo, se vedremo nelle più inclite testimonianze letterarie e figurative dei testi iniziatici.

Esemplare la Commedia che, volgarizzata come poema cattolico è, invece, un "trattato" alchemico, numerologico ed astrologico: in particolare il Purgatorio, come correttamente osservò l'acuto René Guénon, è cantica esoterica par excellence, con le sette cornici della montagna, adombranti i gradi dell'iniziazione. Non dimenticherei, a titolo di breve ma piccolo saggio di quanto si espone, la descrizione dei tre gradini che precedono la porta del secondo regno: il primo gradino è bianco, il secondo nero, il terzo rosso. Sono l'Albedo, la Nigredo e la Rubedo di alchemica valenza. Che poi Umberto Eco definisca sciocchezze le osservazioni di Guénon e di altri interpreti, può solo, stante l'ignoranza profonda che il semiologo dimostra dei valori cifrati, confermarci nel convincimento che il capolavoro dantesco fu scritto da un Fedele d'Amore, criptotemplare e forse addirittura criptocataro, non da un agiografo alla Jacopo da Varagine.

Certamente nei critici ufficiali difficilmente reperiremo qualche nota circa i significati velati della Commedia. Così non troveremo in Vasari cenni al Michelangelo "eretico": Vasari fu meticoloso biografo di artisti, attento allo stile, ai dati iconologici ed iconografici, alle linee di sviluppo di pittura, scultura ed architettura, ma poco sensibile ai fermenti neo-platonici che ribollirono nella cultura rinascimentale. Le vene sotterranee restano celate ai profani. Pertanto dovremo cercare di aguzzare lo sguardo e di ampliare gli orizzonti, anche con il rischio di veder crollare i dogmi degli eruditi.

Veramente a volte non sappiamo vedere quel che è dinanzi agli occhi: così non dovrebbe destare stupore se Michelangelo affrescò come Albero della Conoscenza un fico: il fico è, in varie tradizioni, l'albero della Gnosi (si pensi al Buddhismo ed anche nei Vangeli). E' immagine esoterica. Appunto.

[1] Chi volesse approfondire l’argomento, può leggere A. Forgione, Segreti cabalistici nella Sistina, in Fenix n. 1, novembre 2008