http://zret.blogspot.com/2010/10/caino-tra-mito-e-storia.html
Caino tra mito e storia
Chi fu veramente Caino?
In Genesi, 4 si legge che Adamo ed Eva generarono Caino ed Abele. Il primo fu agricoltore, il secondogenito pastore. Passato del tempo, Caino offrì a Dio i frutti della terra, mentre Abele immolò per il Signore alcuni primogeniti del suo gregge ed il loro grasso. Poiché Dio mostrò di gradire l’offerta di Abele, ma non quella di Caino, quest’ultimo si sdegnò ed uccise il fratello. Venuto a sapere del fratricidio, Dio maledisse Caino, condannandolo ad errare fuggiasco sulla terra. Il bandito, però - promise Dio - non sarebbe stato ucciso, grazie ad un accorgimento, un segno che Dio mise su Caino, affinché nessuno, pur consapevole dell’iniquità compiuta, essendosi imbattuto nel figlio degenere dei progenitori, lo uccidesse.
Bisogna chiedersi in che cosa consisté il marchio di Caino: fu forse un tatuaggio? Fu, invece, un particolare anatomico, come un neo? Fu, come è più probabile, una caratteristica genetica o un tratto distintivo "sottile”, quindi un suggello spirituale?
Il nome Caino significherebbe “possesso” oppure “fabbro”: qualora significasse “fabbro”, si potrebbe vedere un nesso con il colore associato agli artigiani delle fucine, ovviamente perché esperti nel lavorare i metalli con il fuoco. Se ricordiamo che Caino figura anche nel Corano con il nome di Kabil, si è tentati di rapportarlo, per la somiglianza del nome, ai Cabiri, antichi dei non ellenici collegati alla fertilità e reputati protettori dei naviganti.
Caino è sempre stato considerato il prototipo dell’assassino, del fratricida: tale sinistra reputazione lo accomuna ad un altro personaggio biblico, Giuda, additato come l’incarnazione del tradimento. Di solito gli antropologi vedono nella rivalità tra i due fratelli figli dei progenitori, il conflitto universale tra gli agricoltori stanziali (Caino) ed i pastori nomadi (Abele) per il controllo di terre ed acqua. Questi conflitti sono evocati in testi sumeri come parte della storia dell’umanità primordiale.
La Bibbia, in Genesi, 4, indugia su questa umanità delle origini: dopo aver ricevuto il marchio destinato a durare per sette generazioni, Caino vagò fino a giungere nel paese di Nod (vagabondaggio), ad est di Eden, dove ebbe il figlio Enoch (fondatore, fondazione). I successori di Caino furono Irad, Mecuiael, Metsuael, Lamech, Iabal, Tubalkain. Quest’ultimo fu un fabbro, “padre di quanti lavorano il rame ed il ferro”.
Pur nella sua concisione, l’autore biblico delinea una cultura che, dall’agricoltura passò attraverso una fase di nomadismo pastorale per costruire infine una civiltà urbana forse nella regione dei Monti Zagros, di Elam e della Media, nell’attuale Iran.
Com’è noto, tra le fonti della Torah bisogna annoverare testi sumeri ovvero le parti più antiche della Bibbia sono confrontabili con racconti mesopotamici molto antichi: ecco dunque che la tavoletta fittile catalogata BM 74329, reperto custodito nel British Museum di Londra, ci fornisce un interessante addentellato. Il documento, tradotto da Millard e Lambert, racconta di un gruppo di esuli che vagabondarono fino ad insediarsi nel paese di Dunnu, dove il loro capo costruì una città il cui simbolo era costituito da… due torri identiche. Il capo di questa comunità si chiamava Ka’in.
Mike Plato interpreta la figura di Caino in chiave simbolica: nel suggestivo articolo “Caino, il sigillo della potenza”, l’autore riabilita il “fratricida”, vedendo in lui un simbolo stratificato in cui confluiscono valori iniziatici, alchemici e spirituali. Caino “rappresenta l’evoluzione e l’elevazione spirituale dell’iniziato, se non l’iniziato stesso”, asserisce lo studioso che collega il personaggio biblico ai miti dei gemelli (ad esempio, i Dioscuri), al rapporto tra gli egizi Ka e Ba, cui alluderebbero i nomi Caino ed Abele. Le incursioni etimologiche di Plato, che reperisce nel nome Caino radici riferibili al greco kainos, “nuovo”, all’inglese chain “catena” e knight, “cavaliere”, mi sembrano un po’ forzate, sebbene le riflessioni sul sacrificio di sé, che è arra di vittoria, siano condivisibili.
Lo scrittore asserisce che “Caino è un mito e che non è mai esistito un uomo con tale nome”. Non sarei così apodittico: sull’humus storico crescono piante simboliche, ma l’emblema è sovente il risultato di una stratificazione a posteriori, benché alcuni archetipi siano primigeni. Questi immagini, però, si innestano in contesti culturali da cui sono inscindibili. E’ questo il mito: storia e metastoria al contempo. Così, per rimanere nell’ambito del personaggio in questione, il colore rosso associato a Caino può adombrare sia la presenza di una razza rossa (perseguitata?) sia il legame con la metallurgia (arte iniziatica) sia la rubedo alchemica. Se oggi le strade tra storia ed esoterismo sono separate e parallele, forse – fermo restando che le ricerche serie ed oneste sono in ogni caso feconde, in qualsiasi campo siano condotte – un giorno convergeranno.
Fonti:
A. S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, Roma, 2001 s.v. Caino
M. Plato, Caino, il sigillo della potenza, 2010
In Genesi, 4 si legge che Adamo ed Eva generarono Caino ed Abele. Il primo fu agricoltore, il secondogenito pastore. Passato del tempo, Caino offrì a Dio i frutti della terra, mentre Abele immolò per il Signore alcuni primogeniti del suo gregge ed il loro grasso. Poiché Dio mostrò di gradire l’offerta di Abele, ma non quella di Caino, quest’ultimo si sdegnò ed uccise il fratello. Venuto a sapere del fratricidio, Dio maledisse Caino, condannandolo ad errare fuggiasco sulla terra. Il bandito, però - promise Dio - non sarebbe stato ucciso, grazie ad un accorgimento, un segno che Dio mise su Caino, affinché nessuno, pur consapevole dell’iniquità compiuta, essendosi imbattuto nel figlio degenere dei progenitori, lo uccidesse.
Bisogna chiedersi in che cosa consisté il marchio di Caino: fu forse un tatuaggio? Fu, invece, un particolare anatomico, come un neo? Fu, come è più probabile, una caratteristica genetica o un tratto distintivo "sottile”, quindi un suggello spirituale?
Il nome Caino significherebbe “possesso” oppure “fabbro”: qualora significasse “fabbro”, si potrebbe vedere un nesso con il colore associato agli artigiani delle fucine, ovviamente perché esperti nel lavorare i metalli con il fuoco. Se ricordiamo che Caino figura anche nel Corano con il nome di Kabil, si è tentati di rapportarlo, per la somiglianza del nome, ai Cabiri, antichi dei non ellenici collegati alla fertilità e reputati protettori dei naviganti.
Caino è sempre stato considerato il prototipo dell’assassino, del fratricida: tale sinistra reputazione lo accomuna ad un altro personaggio biblico, Giuda, additato come l’incarnazione del tradimento. Di solito gli antropologi vedono nella rivalità tra i due fratelli figli dei progenitori, il conflitto universale tra gli agricoltori stanziali (Caino) ed i pastori nomadi (Abele) per il controllo di terre ed acqua. Questi conflitti sono evocati in testi sumeri come parte della storia dell’umanità primordiale.
La Bibbia, in Genesi, 4, indugia su questa umanità delle origini: dopo aver ricevuto il marchio destinato a durare per sette generazioni, Caino vagò fino a giungere nel paese di Nod (vagabondaggio), ad est di Eden, dove ebbe il figlio Enoch (fondatore, fondazione). I successori di Caino furono Irad, Mecuiael, Metsuael, Lamech, Iabal, Tubalkain. Quest’ultimo fu un fabbro, “padre di quanti lavorano il rame ed il ferro”.
Pur nella sua concisione, l’autore biblico delinea una cultura che, dall’agricoltura passò attraverso una fase di nomadismo pastorale per costruire infine una civiltà urbana forse nella regione dei Monti Zagros, di Elam e della Media, nell’attuale Iran.
Com’è noto, tra le fonti della Torah bisogna annoverare testi sumeri ovvero le parti più antiche della Bibbia sono confrontabili con racconti mesopotamici molto antichi: ecco dunque che la tavoletta fittile catalogata BM 74329, reperto custodito nel British Museum di Londra, ci fornisce un interessante addentellato. Il documento, tradotto da Millard e Lambert, racconta di un gruppo di esuli che vagabondarono fino ad insediarsi nel paese di Dunnu, dove il loro capo costruì una città il cui simbolo era costituito da… due torri identiche. Il capo di questa comunità si chiamava Ka’in.
Mike Plato interpreta la figura di Caino in chiave simbolica: nel suggestivo articolo “Caino, il sigillo della potenza”, l’autore riabilita il “fratricida”, vedendo in lui un simbolo stratificato in cui confluiscono valori iniziatici, alchemici e spirituali. Caino “rappresenta l’evoluzione e l’elevazione spirituale dell’iniziato, se non l’iniziato stesso”, asserisce lo studioso che collega il personaggio biblico ai miti dei gemelli (ad esempio, i Dioscuri), al rapporto tra gli egizi Ka e Ba, cui alluderebbero i nomi Caino ed Abele. Le incursioni etimologiche di Plato, che reperisce nel nome Caino radici riferibili al greco kainos, “nuovo”, all’inglese chain “catena” e knight, “cavaliere”, mi sembrano un po’ forzate, sebbene le riflessioni sul sacrificio di sé, che è arra di vittoria, siano condivisibili.
Lo scrittore asserisce che “Caino è un mito e che non è mai esistito un uomo con tale nome”. Non sarei così apodittico: sull’humus storico crescono piante simboliche, ma l’emblema è sovente il risultato di una stratificazione a posteriori, benché alcuni archetipi siano primigeni. Questi immagini, però, si innestano in contesti culturali da cui sono inscindibili. E’ questo il mito: storia e metastoria al contempo. Così, per rimanere nell’ambito del personaggio in questione, il colore rosso associato a Caino può adombrare sia la presenza di una razza rossa (perseguitata?) sia il legame con la metallurgia (arte iniziatica) sia la rubedo alchemica. Se oggi le strade tra storia ed esoterismo sono separate e parallele, forse – fermo restando che le ricerche serie ed oneste sono in ogni caso feconde, in qualsiasi campo siano condotte – un giorno convergeranno.
Fonti:
A. S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, Roma, 2001 s.v. Caino
M. Plato, Caino, il sigillo della potenza, 2010
mah !
ReplyDeleteMasturbazioni mentali senza nessun significato di un fallito che non capisce un cazzo, non è nessuno e si fa prendere continuamente per il culo dai suoi allievi
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