L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Monday, November 18, 2013

Il segreto degli Illuminati

http://zret.blogspot.se/2013/11/il-segreto-degli-illuminati.html

 Il segreto degli Illuminati


Diego Marin ha recentemente pubblicato il saggio “Il segreto degli Illuminati”. L’autore è versatile: è un fisico, ma non disdegna discipline quali l’archeologia e la storia, materie in cui ci pare ferrato più di tanti sedicenti specialisti.

Prevengo un’obiezione: come è possibile che una casa editrice del sistema dia alle stampe un volume come questo che, pur non essendo rivoluzionario, è comunque una grossa pietra lanciata nello stagno del “sapere” accademico? La risposta è semplice: nei paesi “democratici” la censura si esercita in modo scaltro, lasciando filtrare qualche verità, con la certezza che un libro come quello scritto dal Dottor Marin resterà confinato nella nicchia dei lettori consapevoli... e sono pochi.

Peccato, perché il Nostro prosegue la sua indagine avviata con “Atlantidi”, un interessante contributo che non abbiamo recensito per carenza di tempo, con questa nuova fatica. E’ un’indagine che potremmo definire ipermetrope: Marin guarda lontano nel passato dell’umanità. Paradossalmente, però, tale approccio ci permette di vedere meglio il presente. Così si scopre che la Confraternita dell’Occhio onniveggente, sin dall’età protostorica, tiene le redini del pianeta. E’ una potenza politica ed economica che, attraverso la linea di sangue del Serpente rosso, mascherata sotto diversi nomi, è giunta fino a noi per portare a compimento il suo progetto, il Novus ordo seclorum.

Non è facile riassumere i contenuti del libro: tanti e tali sono gli spunti che spaziano dalla storia segreta alla glottologia, dall’antropologia all’economia. E’ proprio il capitolo sull’economia il più succoso (ed inquietante): se ne dovrebbe proporre la lettura nelle scuole superiori per mostrare il vero volto della finanza mondiale che trova il suo punto di svolta nella fondazione della Banca d’Inghilterra. Era il fatale 27 luglio del 1694. Gli stati si consegnarono nelle mani avide degli usurai. Il perverso sistema del signoraggio e della moneta-debito è alla base della crisi economica attuale, preludio di un’implosione generalizzata, ma le sue radici attecchiscono nelle epoche trascorse. Ezra Pound docet.

La tesi principale del saggio si sprigiona dall’investigazione circa il popolo noto come Hyksos: in urto con quanto sostenuto da altri studiosi, ad esempio Alessio De Angelis, Marin opina che gli Hyksos fossero indoeuropei. E’ opinione controversa, anche se documentata in maniera plausibile. Anche altre ricostruzioni abbisognano di verifiche e di approfondimenti. Soprattutto, mentre l’autore si ferma nel territorio storico-archeologico, per quanto eretico, siamo propensi a spostare la frontiera della ricerca per includere orizzonti ulteriori, persino metafisici.

Nonostante ciò, “Il segreto degli Illuminati” è un’utile esplorazione della realtà negata: ne affiorano il ruolo ed alcuni scopi della Setta, le connessioni genealogiche fra le stirpi dell’antico Egitto, le dinastie imperiali romane, i Carolingi, fino ai Romanov ed agli odierni governanti.

Marin si chiede se in questo quadro difficilissimo, ormai prossimi al crollo globale, si possa fare assegnamento sui superstiti della Fratellanza bianca. Ce lo chiediamo anche noi.

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8 commenti:

  1. Questo fisico niente sa e niente dice di ciò che avviene in cielo?
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    1. Purtroppo no, Corrado. So che intende scrivere un altro saggio in cui approfondire gli argomenti esaminati in questo libro. Vedremo se accennerà ad altre trame dei prepotenti. Possiamo sperarci?

      Ciao
  2. Rimango sempre dell'idea che gli Hyksos, siano e sono indoeuropei, Hurriti settentrionali, anche se non ci sono degli addentellati con Mitanni e Ittiti; a mio parere leggendo molti documenti e libri, posso solo avanzare una piccola ipotesi ed accomunarli alla razza caucasica oltre i monti Zagros.

    Prevalentemente questo insieme di persone con una lingua caucasica, sia Hurriti che Uratiani e, conseguentemente anche gli Hyksos, conoscevano molto bene l'arte della guerra e dei metalli, forgiando le loro asce e spade e carri da battaglia, una vera rivoluzione industriale nell'Egitto dell'allora XVIII dinastia.

    Veri invasori guerrafondai, che ancora oggi si fregiano di questo epiteto nel popolo di Dio ...

    Ciao
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    1. Sì, Wlady, è una ricostruzione credibile. Pare proprio che i discendenti degli Hyksos siano coloro che oggi mirano a dominare il mondo, per conto degli...

      Ciao
    2. Non ho scritto della nuova (ma sempre vetusta) città del Sole "Astana" perché ne abbiamo già parlato abbondantemente in passato; lì in quel posto, si sprecano i simboli degli illuminati massonici, Tra occhi che tutto vedono e piramidi, monoliti e tavole rotonde, si prendono le decisioni per il Novus ordo seclorum.

      Dalla parte opposta del mondo (Aeroporto di Denver), mettono bene in mostra i loro simboli scolpiti nella pietra, mentre orripilanti murale s preludono una fine infausta.

      Ciao
    3. Come abbiamo avuto modo di osservare, originariamente certi simboli avevano un valore positivo, ma sette oscure se ne appropriarono e, distorcendoli o inserendoli in contesti tetri, ne hanno stravolto significato e scopi. Ecco allora l'orrido guazzabuglio di Astana e di Denver.

      Ciao
  3. Non tutto quello che appare è, non tutto quello che è appare.
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Thursday, August 15, 2013

Sem, Cam, Iafet... e la Repubblica dell'ignoranza

zretino sei un cretino

http://zret.blogspot.it/2013/08/sem-cam-iafet-e-la-repubblica.html

Sem, Cam, Iafet... e la Repubblica dell'ignoranza

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,/ tutta tua visïon fa manifesta;/ e lascia pur grattar dov'è la rogna. (Dante, Par. XVII, vv.127129)

L’accusa che spesso è rivolta a chi osa uscire anche solo per un istante dal coro è quella di “anti-semitismo”, intendendo con questo termine l’ostilità verso gli Ebrei. Sarà stato tacciato di essere anti-semita il Professor Francesco Lamendola che ha deplorato la sottomissione e la piaggeria di alcuni “uomini politici” europei e statunitensi nei confronti del governo israeliano?

Già nel 2005 si scriveva: “Il vicepresidente del Consiglio nonché Ministro degli esteri, Gianfranco Fini, in occasione di uno quei fatui ed inutili convegni, organizzati solo per blandire vanitosi conferenzieri e per fingere di trattare temi culturali o di attualità, ha affermato che bisogna impedire in ogni modo agli imam di istigare, con infuocate e veementi prediche, i fedeli musulmani all'antisemitismo. E'assurdo: come è possibile che le autorità religiose musulmane incitino gli Arabi ad azioni antisemite?

Li esortano a lottare contro sé stessi, ad essere nemici di sé stessi? (Tra l'altro non tutti gli Arabi sono musulmami e non tutti i maomettani sono Arabi, ma questa è una sottigliezza). Infatti Arabi, Ebrei ed Aramei sono popoli che appartengono al gruppo linguistico semitico, come sa ogni glottologo. Lo ignora, invece, Fini, come molti altri. […]

Forse è veniale in lui questa confusione tra antiebraismo ed antisemitismo, confusione in cui tanti (persone comuni, "giornalisti", commentatori, esperti a vario titolo) incorrono? No, penso che non sia veniale”.


Se le parole hanno un significato, non si possono impiegare a vanvera. Vero, Marco?

Circa gli Ebrei, non potendo entrare nel merito della loro origine, argomento molto complesso, consiglio di leggere il fondamentale saggio dello storico Flavio Barbiero intitolato “La Bibbia senza segreti” (Qui una sintesi tratta dalla prestigiosa rivista “Episteme”). Il Professor Barbiero vede negli Apiru (che letteralmente dovrebbe valere “ostaggi”) un crogiolo di tribù medio-orientali cui Moses diede identità nazionale e religiosa.

Riporto un illuminante osservazione dello studioso: “Gli Ebrei - pur certamente conservando, almeno fino a Giacobbe, qualche conoscenza di una delle lingue hurrite, che doveva essere stata la loro originale - adottarono una lingua diffusa in Palestina assai prima che vi giungesse Abramo; più precisamente [...] la lingua parlata dai Cananei e questa viene definita oggi ebraico. Quale lingua parlassero al tempo della residenza in Egitto non è dato sapere, ma tornarono certo al cananeo dopo il ritorno in Palestina, per adottare infine l'aramaico durante l'esilio babilonese.. Ciò che è curioso sottolineare, per i meno esperti di tali questioni, è che col nome di 'Semiti' viene attualmente indicato un certo numero di popolazioni, distribuite dalla Mesopotamia all'Etiopia, il cui denominatore comune è costituito dall'affinità con l'ebraico delle loro lingue. Vale a dire che l'affinità è quindi soltanto di natura linguistica e non razziale, con una peculiare conseguenza. Infatti l'ebraico, coincidendo appunto con il cananeo, bisognerebbe piuttosto parlare allora di Camiti, visto che i Cananei, al pari di tutti i popoli che abitavano la Palestina prima dell'arrivo di Abramo, sono detti chiaramente dalla Bibbia stessa discendenti di Cam. Se vogliamo usare in modo preciso le indicazioni della Bibbia, dobbiamo concludere che l'ebraico attuale è una lingua camita, non semita. E il bello, a distruggere ulteriormente la base della terminologia corrente a proposito di semitismo ed anti-semitismo, è che Abramo era verosimilmente, come già asserito, un ariano!”

Alessio De Angelis identifica gli Ebrei con la misteriosa gente nota come Hyksos.

Il Professor Mauro Biglino, sulla scorta di Kramer e Proebel, ha ventilato l’ipotesi secondo cui i Semiti potrebbero provenire dai Sumeri.

Non manca chi tende a riconoscere negli Ebrei di oggi i discendenti dei Khazari.

Ulteriori indagini genetiche e glottologiche nonché gli scavi in loco potranno gettare un po’ di luce su una questione molto intricata. Ha ragione René Guénon quando osserva che è impresa quasi impossibile ricostruire la storia umana antecedente al VI sec. a. C. Tuttavia studi tenaci ed interdisciplinari portano talora a qualche risultato: ad esempio, archeologi e studiosi delle religioni hanno ormai concluso che YHWH fu uno fra i numerosi dei medio-orientali, assurto poi, pur dopo molte titubanze e retromarce, a divinità nazionale degli Apiru, come Huitzilopochtli per i Mexica.

Da un punto di vista etnico, lo storico Garbini, lo stesso Barbiero et al., anche se con diverse sfumature, ritengono che i Giudei del periodo precedente l’esilio e la cattività babilonese fossero il risultato di una mescolanza tra genti medio-orientali ed Indoeuropei.

Questi a grandi linee i termini del problema su cui non indugiamo, poiché ce ne siamo già occupati. Perciò rimandiamo chi vorrà approfondire il soggetto agli articoli collegati.

Da questa panoramica si comprende che il vocabolo “anti-semita” è adoperato spesso in modo erroneo o casuale e soprattutto prestestuoso per demonizzare il dissenso. Non si tratta di essere “amti-semiti”, ma di condannare i crimini che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono scelleratezze militari e governative. Non importa se le atrocità siano perpetrate dall’esercito israeliano, statunitense, italiano, russo, francese, tedesco, turco, egiziano, del pianeta Papalla etc., dal Mossad, dalla C.I.A., dall'MI6., dall’I.S.I… Sono sempre atrocità e, in quanto tali, vanno denunciate e rese note. Non si è animati da astio contro le nazioni che sono spesso vittime: la loro colpa maggiore è semmai di bersi le menzogne dei “politici” e dei loro servili e vigliacchi portavoce, i “giornalisti”.

E’ un dato incontrovertibile: i popoli sono schiacciati e circuiti pressoché ad ogni latitudine, sebbene con diversa pressione. Certo, i cittadini spesso degenerano in sudditi ignavi, indifferenti o in accaniti sostenitori – in modo inconsapevole – dei loro carnefici. Bisogna ammettere, però, che tali sono a causa di una martellante e vergognosa propaganda, spacciata per “giornalismo”.

Il Dottor Preve, prima di scrivere il suo delirante, grottesco, sconclusionato, involontariamente comico articolo, preceduto da un farneticante ed oltraggioso titolo, si sarebbe dovuto documentare ed avrebbe almeno dovuto consultare un buon dizionario della lingua italiana.

Si chiede troppo. Documentarsi? Consultare? Lingua italiana? Parole del tutto incomprensibili per lo stuolo di imbrattacarte che potrebbero imparare molto, se solo avessero un briciolo di intelligenza, anche dal più scalcinato dei graffitari.

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Wednesday, July 31, 2013

Huitzilopochtli e la Terra promessa

http://zret.blogspot.co.uk/2013/07/huitzilopochtli-e-la-terra-promessa.html

Huitzilopochtli e la Terra promessa

Gli Aztechi, che è meglio definire Mexica, furono un popolo meso-americano. Di ceppo nahua, essi si insediarono nell’altopiano del Messico centrale nel XIV secolo: ivi fondarono la loro capitale, Tenochtitlan, presso il lago Texcoco. Nel 1427, guidati dal re Izcoatl, sconfissero i loro rivali Tepanechi, assicurandosi l’egemonia nella regione. L’espansionismo azteco continuò fino all’ultimo sovrano, Moctezuma II. Popolo guerriero, gli Aztechi non eliminarono le strutture economico-sociali delle genti assoggettate, ma le resero tributarie per ricavarne schiavi e prigionieri da sacrificare agli dei.

Incerta è la terra d’origine dei Mexica. Forse provenivano dagli attuali Stati Uniti meridionali, da una non identificata città chiamata Aztlan, descritta come un centro circondato dalle acque. E’ probabile che questo popolo comprendesse due gruppi principali: uno nomade e piuttosto rozzo, ed un altro semi-stanziale e più progredito. [1]

Tra gli aspetti salienti di questa etnia, si annovera l’ossessione per le immolazioni, spesso umane. I prigionieri di guerra erano offerti in sacrificio agli dei, tra i quali spicca il nume nazionale, Huitzilopochtli (d’ora in avanti H.), il cui nome significa “colibrì del Sud”. Questo grazioso volatile era associato ai sacrifici umani, a volte era persino ritratto con il becco tuffato nel sangue della vittima. Oscura è la formazione di tale divinità, abbinata anche alla pioggia: originariamente dovette essere un indistinto nume terrestre, ma poi assurse a “Signore splendente della luce del giorno” ed a ispiratore della guerra. Stando all’interpretazione corrente, sua sorella ed i quattrocento fratelli, simboleggiano la Luna e le stelle, mentre H. è il Sole al principio del suo viaggio quotidiano nel firmamento. [2]

Gli studiosi hanno notato delle analogie tra le vicende dei Mexica e le peripezie degli Ebrei nonché delle affinità tra H. e YHWH. Entrambi i popoli dovettero affrontare lunghe e perigliose peregrinazioni, prima di stabilirsi nella “terra promessa” dal loro dio. Ambedue furono condotti da una divinità volubile ed imperiosa, il cui culto si incentrava sui sacrifici. Giudei ed Aztechi praticavano la circoncisione: è questa la corrispondenza più sbalorditiva.

Scrive Alvarado Tezozomoc: “Secondo quanto narrano gli antichi, quando gli Aztechi vennero da Aztlan non si chiamavano ancora Mexica ma Aztechi e fu dopo quello che abbiamo narrato che presero questo nome. Fu H. a dare loro questo nome. Egli disse loro: ‘Ora voi non dovrete più chiamarvi Aztechi: ora voi siete Mexica.’ Poi dipinse loro le orecchie e diede loro la freccia, l’arco e la reticella e così i Mexica presero benissimo a tirare i dardi verso ciò che vedevano in aria”.

Anche YHWH amava imporre nomi.

I Mexica, che intrapresero la loro migrazione probabilmente nel 1111, avanzavano sotto la guida di quattro capi sacerdoti, i teomamas, termine che significa “portatori del dio”. Diego Duran ci informa: “Essi avevano un idolo, chiamato H., che era portato da quattro custodi al suo servizio; a costoro egli parlava in grande segretezza degli eventi del viaggio, indicando tutto ciò che sarebbe accaduto. Questo idolo era tenuto in tale venerazione che nessuno all’infuori dei quattro custodi osava avvicinarsi ad esso o toccarlo. E lo tenevano in un’arca di canne e fino ad oggi non c’è nessuno che conosca o abbia visto il suo aspetto. E i sacerdoti lo presentavano come un dio, rivelando al suo popolo le leggi che esso avrebbe dovuto seguire ed osservare, indicando le cerimonie ed i riti che dovevano accompagnare le offerte. E questo facevano in ogni luogo in cui montavano l’accampamento, secondo l’uso dei figli d’Israele nel periodo in cui vagavano nel deserto”.

Il pensiero corre alla leggendaria Arca dell’alleanza ed a tutte le ipotesi sulla sua vera funzione…

I resoconti dei cronisti a proposito di tali accadimenti si tingono della loro familiarità con il Vecchio Testamento, ma sono indiscutibili certe coincidenze. H. era prodigo di promesse per la sua nazione che patì spesso la fame, la sete e la mancanza d’abiti. Il dio si esprimeva con solennità: “Io vi dico in verità che vi farò signori e re di tutto quello che c’è nel mondo; e quando voi sarete i padroni, potrete avere un numero infinito di vassalli che vi pagheranno tributi. [...] In verità, questo è il mio compito e per questo sono stato mandato qua.”

Ad Abramo fu prospettato un destino simile con simile gravità.

Come YHWH, H. è severo, facile alla collera e non sopporta che la sua gente dimentichi il compito di dirigersi verso la promised land. Quando i Mexica si stanziarono a Coatepec, trasformata in una sorta di paradiso, dove indulgevano alle voluttà del canto e della danza, irato H. disse ai sacerdoti: “Chi sono coloro che si comportano a modo loro? Sono per caso più potenti di me? Dite loro che, prima di domani, avrò riportato su di loro la mia vendetta, che essi non devono esprimere la loro opinione su ciò che ho deciso e per cui sono stato mandato e che tutto ciò che possono sapere è che soltanto a me essi devono obbedire”.

I capi ribelli furono trovati morti la mattina seguente col cuore strappato.

Come YHWH, H. guida il suo popolo, attraverso la mediazione degli ierofanti. Come YHWH, “risiede” in un’arca ed è un legislatore che incentra la sua attenzione sulle cerimonie, sull’accuratezza delle liturgie. L’erudito Nigel Davies sostiene che siamo al cospetto del fenomeno noto come evemerismo: H. agli inizi fu un comune mortale; in più di una fonte si menziona un capo umano di tal nome, un eroe divenuto poi divinità.

Quale sia la vera genesi di YHWH non è dato sapere: si sa che fu un dio cananeo, forse discendente dal pantheon sumero. Egli, in quel calderone di numi e di genti medio-orientali, si scelse una terra ed una nazione, ma, prima di optare per i Giudei, aveva concentrato i suoi interessi su un’altra etnia. E’ possibile che H. e YHWH siano la stessa divinità attiva in due contesti differenti? Certo, la Palestina ed il Messico sono molto lontani sotto ogni punto di vista, ma a volte le distanze spazio-temporali non sono così rilevanti.

[1] Dubbia è pure l’etimologia di “Mexica”: qualcuno ritiene che derivi da “metl”, cactus d’agave e da “citli”, lepre o anche da “mixtli”, nuvola.

[2] Chiosa Davies: “E’ forse possibile trovare paralleli a tale metamorfosi in altre parti del mondo; in particolare il dio d’Israele, YHWH, che prese vita come una sorta di divinità del vento e delle intemperie per mutarsi solo in un secondo tempo in dio della guerra”.

Antonio Marcianò (Tutti i diritti [di copiaincollare di qua e di la'] riservati)


Fonti:

P. Brega, Il popolo degli Aditi: la prima scelta di Yahweh, 2013
Cronica Mexicayotl, scritta in parte da A. Tezozomoc, 1949
N. Davies, Gli Aztechi, Roma, 1973, passim
D. Duran, Historia de las Indias de Nueva Espana y islas de la tierra firme, 1967
Enciclopedia storica, a cura di M. Salvadori, Bologna, 2000, s.v. Precolombiane civiltà
S. Freixedo, Difendiamoci dagli dei, 1993



Monday, June 17, 2013

La pista sumera (terza ed ultima parte)

http://zret.blogspot.co.uk/2013/06/la-pista-sumera-terza-ed-ultima-parte.html

La pista sumera (terza ed ultima parte)

Leggi qui la seconda parte.

L’ufologo tedesco Michael Hesenmann, nel suo saggio “Il mistero dei cerchi nel grano”, dopo aver riportato l’episodio di Holloman, svolge alcune interessanti osservazioni: “Quando lo vidi per la prima volta (il disegno di Emmenger raffigurante gli alieni nasuti, n.d.a.) mi causò un effetto di déjà vù: da qualche parte dovevo aver visto quella fisionomia. Poi mi ricordai: a Berlino, nella sezione dell’Asia Anteriore del museo di Pergamo su un bassorilievo antico di 2800 anni, proveniente da Kalchu, città del regno assiro di Assurnasirpal II (883-859 a.C.) corrispondente all’attuale Iraq settentrionale. Vi si vede un genio – com’era denominato nel catalogo del museo – in realtà uno degli Anunnaki, cioè di 'quelli che vengono sulla Terra dal Cielo' per creare gli uomini a loro immagine e somiglianza. Lo stesso volto dal naso aquilino (sul bassorilievo guarnito, però, anche con una lunga barba), lo stesso scettro, lo stesso orecchino, lo stesso ‘elmo’ anche se, forse perché persona di rango inferiore, qui ornato con soli tre giri di nastro. Gli Egizi raffiguravano questi dei – che chiamavano Neteru, cioè ‘guardiani’ – con una pelle grigio-azzurrina e ne allungavano la parte posteriore del capo, una caratteristica che – prodotta artificialmente o geneticamente – ritroviamo nelle famiglie dei faraoni (come pure il naso adunco, indice di nobiltà) che si ritenevano diretti discendenti degli dei.”

Il presunto approdo alieno a Holloman era stato reso noto per la prima volta da Robert Emmeneger, documentarista ed esponente del Partito Repubblicano. Egli così dipinse gli ufonauti: “Erano esseri simili all’uomo, vestiti con una tuta aderente, alti circa un metro e sessanta, pelle grigio-azzurrina, grandi occhi distanziati dal taglio orientale, testa a ‘pera’ che si allunga dietro, vistoso naso adunco. In testa portavano copricapo adornati da vari giri di larghe fasce (o nastri), portavano orecchini, in mano tenevano un bastone simile ad uno scettro”.

Il musicista ed ufologo britannico Timothy Good, esprimendo le ingenuità dell'ufologia ottimista, in “Base terra”, annota: “In quegli incontri, Eisenhower si era convinto che gli alieni volevano aiutarci. Quindi, stando alle indiscrezioni, Eisenhower ed il suo staff sarebbero stati testimoni dell’atterraggio del disco volante da cui scesero i visitatori alieni, che comunque chiesero all’allora presidente di prendere in considerazione l’idea di rendere pubblica la notizia della loro presenza sul nostro pianeta […] Il nostro pianeta, avrebbero spiegato gli alieni all’ex presidente, è ciclicamente investito da grandi meteoriti, ma neppure loro sono in grado di proteggerci da quelli di mole maggiore. L’unica possibilità per la nostra specie, suggerirono i Grigi(???), potrebbe essere quella di costruire una sorta di ‘scudo spaziale o deflettore’”.

Un anno fa fu progettata la realizzazione di una saga cinematografica intitolata “Anunnaki” con la direzione affidata a Jon Grees. Erano già stati scritturati gli attori e reclutati i tecnici, ma il lungometraggio non hai mai visto la luce. Non solo, le tracce inerenti alla produzione sono quasi tutte sparite dalla Rete. Prima di svanire nel nulla, il regista rilasciò un’intervista in cui asserì: “’Anunnaki’ è il primo film in cui oggettivamente si può dimostrare quale tipo di influsso subirono i Sumeri affinché diventassero ex abrupto la cultura più avanzata del mondo antico. Molte persone ancora non sanno che esistevano macchine volanti sulla Terra, molto prima che gli Egizi avessero attinto il loro acme tecnologico. La conoscenza avanzata degli astri, l’agricoltura, la zootecnia, la struttura sociale… furono elargite al genere umano da civiltà extraterrestri…” Si può immaginare per quale ragione la scure della censura si è abbattuta sul progetto di Gress.

Ancora cinema tra finzione e realtà. In “Prometheus”, per la regia di Ridley Scott, i creatori dell’umanità, una razza esterna descritta come ‘gli ingegneri’, ha intenzione di tornare sulla Terra per introdurre una nuova forma di vita atta a sostituire l’umanità. La 'missione Prometheus' compie la sconvolgente scoperta che gli ingegneri sono i progenitori di Homo sapiens sapiens.

Sebbene l’opera di Scott non indichi espressamente i Sumeri, li introduce in modo obliquo, insistendo sul loro ruolo di creatori del genere umano. La fisionomia degli alieni evocati nella pellicola è piuttosto distante dalla sembianze degli astronauti nasuti protagonisti dell’abboccamento a Holloman, poiché semmai aderisce al testo biblico per lo meno per quanto attiene alla statura ed all’aspetto che incute timore. Siamo in presenza di diversi gruppi appartenenti ad uno stesso popolo o al cospetto di due razze distinte? Questa domanda è forse oziosa, rispetto ad altri quesiti: gli antenati dei Sumeri erano e sono scaltri imbonitori? Esistevano ed esistono varie fazioni? Sono a ancora oggi i supervisori dei principali eventi, di là dalle loro dichiarazioni improntate a sollecitudine?

La pista sumera somiglia spesso ad un campo minato…

Fonti:

M. Biglino, Il dio alieno della Bibbia, 2011
G. Casale, Atterraggio a Holloman, 2007
T. Good, Base Terra, Milano, 1998
M. Hesenmann, Il mistero dei cerchi nel grano, Roma, 1994, ristampa del 2002
A. Marcianò, La lingua dei visitatori, in X Times n. 39

Monday, June 10, 2013

La pista sumera (seconda parte)

http://zret.blogspot.co.uk/2013/06/la-pista-sumera-seconda-parte.html

La pista sumera (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

Mauro Biglino, insieme con qualche altro esperto, ha cominciato a concatenare gli Ebrei ai Sumeri. E’ noto che Shinaar nella Bibbia indica la terra di Shumer, ma anche gli Anakiti evocano gli Anunnaki. Il professor Biglino in particolare enuclea un passo del Deuteronomio (7,6) in cui è precisato che gli Ebrei, come popolo, sono proprietà di YHWH ed è a lui “consacrato”, cioè a lui riservato in via esclusiva. Questo brano della Torah ricorda un documento cuneiforme conosciuto con il titolo “Enki e l’ordine del mondo”. Come Kramer e Poebel, Biglino scorge un filo sottile che lega Giudei e Sumeri. Egli così riassume l’ipotesi: "Da Noè nasce Sem/Shem; l’accadico Shum di Shumer corrisponde(?) allo Shem di Genesi 10, 21; i figli di Shem, cioè i Semiti possono quindi essere in realtà i figli di Shum, cioè i Sumeri; da Shem deriva Eber, dunque gli Ebrei; da Eber discendono sia Pele (ed Abramo) sia Ioktan, con i popoli da lui generati e spostatisi verso oriente; al tempo di Peleg fu eseguita la divisione tra i vari 'signori dell’alto': YHWH ottiene il territorio in cui si insediarono Abramo e la sua discendenza.

Gli Anakiti sono descritti come giganti in alcuni passi della Torah.

“Salirono attraverso il Negheb e andarono fino a Ebron, dove erano Achiman, Sesai e Talmai, figli di Anak. Ora Ebron era stata edificata sette anni prima di Tanis in Egitto.” (Nm. 13,22)

“Vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro. ”(Nm. 13,33)

“Di un popolo grande ed alto di statura, dei figli degli Anakiti che tu conosci e dei quali hai sentito dire: ‘Chi mai può resistere ai figli di Anak?”(Dt. 9,2)

“Per questo Caleb, figlio di Iefunne, il Kenizzita, ebbe in eredità Ebron fino ad oggi, perché pienamente fedele al Signore, Dio di Israele. Ebron si chiamava prima Kiriat-Arba: Arba era stato l’uomo più grande tra gli Anakiti. Poi il paese non ebbe più la guerra”. (Gs. 14,14)

“A Caleb, figlio di Iefunne, fu data una parte in mezzo ai figli di Giuda, secondo l’ordine del Signore a Giosuè: fu data Kiriat-Arba, padre di Anak, cioè Ebron.” (Gs. 15,33)

Gli Anunnaki ed i Sumeri continuano a perseguitarci e ad incuriosirci: il loro sistema linguistico ci appare allotrio, non sappiamo donde provenissero. Furono capostipiti di una tra le prime e più progredite civiltà del pianeta, eppure sospettati di annoverare fra loro degli astuti manipolatori, degli scienziati opportunisti.

25 aprile 1964. Stati Uniti. Un ufficiale dei Servizi d’informazione dell’Aeronautica militare s’incontrò con due extraterrestri in un luogo stabilito nel deserto del New Mexico, a Holloman. Il contatto durò quasi due ore e, durante l’incontro, l’ufficiale dell’Aeronautica poté scambiare con gli extraterrestri informazioni di fondamentale importanza. Il rendez-vous fu il coronamento del Progetto Sigma che risale al 1954. Il suo obiettivo era quello di stabilire un'interazione con le civiltà stellari.

In un’intervista concessa alla giornalista investigativa Linda Moulton Howe il 20 febbraio 1989 il rivelatore William Cooper dichiarò: “Holloman è reale. Gli extraterrestri sbarcarono. Essi furono in contatto con noi per diversi giorni e soggiornarono negli edifici della base. Asserirono che esistevano altri alieni che visitavano la Terra, ma non sapevano né chi fossero né da dove provenissero”.

La descrizione degli alieni (con tanto di disegno esplicativo) realizzata da Cooper alla Howe è la seguente: “Cinque piedi di altezza, pelle bluastra, nastri attorno alla testa con appendici che terminavano dietro le orecchie: queste appendici sono in realtà dispositivi di traduzione dell’inglese e di altre lingue. Un qualche tipo di ‘schermatura’ sugli occhi. Gli occhi hanno pupille verticali, come i gatti. Il naso è aquilino, molto pronunciato; la bocca è una semplice fessura ed il mento è sfuggente. Il viso è piatto ed inespressivo. La testa non è grande, in proporzione, quanto quella dei 'piccoli Grigi', ma è più grande di quella degli esseri umani e nella parte posteriore è molto pronunciata come quella di alcune antiche immagini dei faraoni egizi.”





Monday, February 4, 2013

Sicuramente non s'è ispirato alla fluente chioma del fratello


http://zret.blogspot.it/2013/02/la-lunga-storia-dei-capelli-lunghi.html

La lunga storia dei capelli lunghi

E’ arcinota la storia di Sansone, raccontata nel Libro dei Giudici (13-16). Sansone è un eroe israelita, figlio di Manoach, ma, come è stato dimostrato da insigni studiosi, tra cui Garbini, il suo nome è tipicamente indoeuropeo e dovrebbe significare “dio del sole” o “figlio del sole”.

Le rocambolesche vicende del personaggio adombrano probabilmente significati astronomici. Gli avvenimenti sono in modo maldestro embricati ad episodi storici relativi al conflitto tra Giudei e Filistei (Peleset), popolo indogermanico insediatosi nella striscia costiera di una regione che da loro prese il nome di Palestina.

Nella storia di Sansone è centrale il motivo dei capelli lunghi in cui risiede una forza eccezionale. Allevato secondo le usanze dei Nazirei, infatti, sul capo dell’uomo non passa mai il rasoio. La chioma prolissa è allusione all’energia del sole e più in generale ad una potenza insita nella natura, una potenza che è concentrata in una capellatura fluente. [1]

La descrizione fisiognomica del Messia, meglio dei due Messia, con i capelli lunghi e la barba, induce a pensare ad una continuità con l’antico Nazireato, mentre l'abitudine a vestirsi di bianco attiene alle consuetudini proprie degli Esseni, che peraltro hanno anche la fama di essere grandi guaritori e medici.

Nell’iconografia religiosa ad un Cristo imberbe ed efebico spesso modellato sulla figura del cantore Orfeo, rappresentazione del III-IV secolo dell’era volgare, sottentra, un po’ alla volta, l’immagine del Salvatore barbato e con la chioma che ricade sugli omeri. E’ possibile che l’avvento e la diffusione di tale paradigma iconografico nasca dalla convergenza fra l’acquisita natura solare del Cristo e le tradizioni dei Nazirei? Il contatto tra il retaggio pagano e concezioni ebraiche generò tale schema?

Anche i penitenti e gli anacoreti si lasciano crescere i capelli: si pensi a Giovanni Battista ed alla leggendaria Maria Egiziaca.

Nella tarda antichità e nell’alto Medioevo si afferma la nazione dei Franchi con la dinastia dei Merovingi: il particolare dei capelli lunghi accomuna i re Merovingi ai Nazirei. E’ un collegamento molto tenue e non è sufficiente per avvalorare l’origine israelitica dei Sicambri, derivazione da loro millantata probabilmente per confermare il loro rango di re semidivini, in quanto successori del Messia di David. E’ vero, però, che i capelli ricadenti sulle spalle, come si è accennato, caratterizzavano i consacrati a YHWH. I capelli sin sulle spalle erano, per così dire, raggi da cui si sprigionava una forza soprannaturale.

Gregorio di Tours nella Historia Francorum scrive: “Emersero nell'antica tradizione nazirea per diventare i re pescatori dai lunghi capelli". Egli inoltre ricorda che, dopo la morte di Faramondo, occorsa nel 428, gli sarebbe succeduto il figlio, Clodione il Capelluto (Clodion le Chevelu), reputato dal vescovo di Tours il primo re del popolo germanico in oggetto. All’ultimo re merovingio, Childerico III, quando è deposto dal trono, in seguito alla opportunistica alleanza tra i Pipinidi e la Chiesa di Roma, sono tagliati i capelli. Una gloriosa dinastia è spodestata con un potente gesto simbolico.

I capelli fluenti sono tenuti in gran conto pure nell’ambito del nazismo occulto: Karl Haushofer nel 1919 fonda la Vril Gesellschaft, un’associazione esoterica, al cui interno operano due sensitivi, la croata Maria Orsic, ed un certo Sigrun. Maria Orsic e le altre donne della confraternita reputano che capigliature lunghissime, a guisa di fili, le colleghino ai mondi invisibili.

Mutatis mutandis, dagli antichi profeti e sacerdoti sino ai capelloni degli anni ‘60 e ’70 del XX secolo, tra velleitaria trasgressione e sogni di libertà, un’aura ieratica, eppure con alcunché di negletto, si associa al volto maschile incorniciato da una chioma copiosa.

[1] Il nazireato era una particolare forma di consacrazione a Dio, normalmente a tempo determinato. Comportava un assoluto rispetto delle regole, comprendente l'astensione dalle bevande inebrianti e dal taglio dei capelli che poi venivano sacrificati, gettandoli nel fuoco.

Fonti:

A. Grabar, Le vie della creazione nell’iconografia cristiana, Milano, 1983
A. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende, Roma, 2001, s.v. Sansone
Enciclopedia dei simboli, Milano, 1999 s.v. inerente
Garbini, I Filistei, gli antagonisti di Israele, Milano, 1997
Zret, I Merovingi tra storia e leggenda, 2012 



Sunday, December 9, 2012

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte) meglio un'accozzaglia di trioate sgrammaticate ed anche un po' acconguagliate no, Zret?


http://zret.blogspot.com/2012/12/uno-o-due-messia-seconda-ed-ultima-parte.html

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Il contrappunto è dato dalle parole parenetiche trascritte da Luca (6,27-38): “Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla ed il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati ed i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

L’esortazione del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) collide con la concione infiammata del comprimario. Collide fino ad un certo punto: Giovanni di Gamala (?) non sarà stato tanto in disaccordo sul metodo, se non sul merito, ossia cementare gli Ebrei tutti, di là da inimicizie tra sette e tribù, in nome della causa comune: il rovesciamento dell’inviso potere romano e l’instaurazione del Regno di Israele, un regno molto terreno. Siamo autorizzati a pensare che il messaggio sia rivolto a tutta l’umanità e non ai Giudei?

Lo stesso arcinoto “discorso della montagna” sembra più un pamphlet “comunista” e rivoluzionario che un appello alla fraternità universale, quantunque il Messia levitico non sia scevro qua e là di voli sublimi e di profondi insegnamenti, per lo più radicati nell’humus egizio e nelle filosofie ellenistiche. E’ da questo humus che sbocciò il bel fiore noto come Vangelo di Giuda Tommaso, un opuscolo dove i temi canonici si accendono di scintille esoteriche. Non sono poche anche le gemme incastonate nel Vangelo di Cerinto (Giovanni), ma si respira un’altra aria rispetto ai sinottici.

“Non andate fra i pagani e non entrate nel paese dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 10,5-6) Ancora: “Non sono stato mandato, se non alle pecore perdute della Casa di Israele”. (Mt 15,24) Si troveranno pure dei versetti in cui sembra che si affermi il contrario: fatto sta che ai Messia interessava poco o punto il destino dei Gentili. Fu Paolo o chi per lui a cambiare le regole, mentre si stava ancora giocando la partita. Era, invece, controverso se riammettere i disprezzati Samaritani nell’ovile. L’episodio della Samaritana al pozzo lascerebbe pensare che per coloro la porta non fosse sbarrata.

In questa passeggiata tra i labirinti narrativi dei Vangeli ci imbattiamo in un altro personaggio molto intrigante: è Giuda Tommaso detto Didimo (ossia Giuda Gemello detto Gemello… sfrontata tautologia con cui si tentò di nascondere l’identità dell’apostolo). Chi fu costui? Presumibilmente uno dei fratelli del Signore (Il Messia di David): in quanto gemello omozigote gli assomigliava a tal punto da essere scambiato per il germano? Si spiegherebbero così episodi come la Resurrezione e la mancata agnizione del Redentore per opera di due discepoli sino alla cena in Emmaus.

Altri personaggi in cerca di identità sono Maria Maddalena e Lazzaro (Eleazar, "il discepolo che Gesù amava"): ormai molti studiosi sono proclivi ad identificarli rispettivamente con la consorte del Messia regale e con il cognato, strenuo difensore della roccaforte di Masada.

Non manca chi (ad esempio, lo studioso David Donnini) in questo giuoco delle parti, in questo turbinio di figure ora mascherate (Lazzaro) ora sdoppiate (Giuda Taddeo e Giuda Tommaso sono probabilmente lo stesso discepolo etc.) ora incollati (i due Messia a formare il Cristo paolino ed ufficiale) crede che Giovanni Battista, altra labilissima silhouette tra racconto e mito, possa essere identificato con il Messia sacerdotale. E’ supposizione su cui è difficile pronunciarsi, ma, a nostro parere, se fosse plausibile, accennerebbe ad una rivalità tra i due copratogonisti. Il cosiddetto precursore del Cristo fu, infatti, un suo concorrente, come si evince da alcuni passi dei Vangeli. E’ una rivalità che contrasta con l’apparente cooperazione tra i due mattatori.

Sia come sia, il corpus su cui si fonda una storia nota a tutti - e proprio per questo ignorata - nonché la fede di circa due miliardi di “cristiani” è uno dei più grossi pastiches della letteratura. Un’analisi narratologica si rivela dunque più proficua e non meno avventurosa degli innumerevoli studi storiografici e filologici, ammesso e non concesso che sia così importante tentare di accostarsi ad una verità storica, invece che ad una verità ultima.


Monday, July 16, 2012

La questione sumerica

http://zret.blogspot.co.uk/2012/07/la-questione-sumerica.html

La questione sumerica

Serendipità, ossia compiere un’importante ed inattesa scoperta, mentre si sta cercando qualcos’altro. Per serendipità sia Mario Biglino sia Biagio Russo, tentando di venire a capo dello spinoso problema concernente le origini degli esseri umani, hanno rispolverato una possibile verità, già intuita nel 1956 da Poebel, ma a lungo ignorata, anzi ostracizzata. [1]

Qual è dunque tale riscoperta? Indagini linguistiche e filologiche sugli antichi testi (le saghe sumere, la Torah etc.) hanno evidenziato una parentela fra i termini Shumer-Shinar e Shem-Sem, quindi fra l’enigmatico popolo dei Sumeri (“Guardiani"?Teste nere”?) ed i Semiti. L’assenza di riferimenti ai Sumeri nel Pentateuco, se si esclude il cenno alla regione di Shinar, quasi certamente la terra di Sumer, ricorda il silenzio circa gli Esseni(?) nei Vangeli canonici. E’ un silenzio che alcuni esegeti hanno interpretato come l’eventualità di un collegamento, per qualche motivo occultato, tra il Messia e la comunità qumranita.

Ecco che cosa scrive il Professor Biglino: “Nella cosiddetta Tavola delle nazioni (Gen. 10) sono elencati i popoli che abitavano nei territori del Medio Oriente e non solo (Egizi, Assiri, Babilonesi, Cananei, Filistei, Hurriti, Hittiti, Etiopi, Amorrei, Evei, Accadi, quelli di Cipro, Rodi, Tarsi, Ofir…), ma non ci sono i Sumeri. Com’è stato possibile dimenticare proprio il popolo da cui l’Antico Testamento ha addirittura tratto gran parte dei suoi contenuti originali? E’ un’incomprensibile ed imperdonabile dimenticanza? Il sumerologo Kramer ci riconduce agli studi del suo maestro Poebel raccolti in un articolo in cui in sostanza si afferma che gli Ebrei sono i discendenti dei Sumeri. La Bibbia non li cita quindi espressamente perché, quando parla degli Ebrei, parla in realtà di un ramo diretto discendente del popolo che portà la civiltà nel mondo. I Sumeri erano dunque Semiti? Proviamo a rispondere con l’aiuto della Bibbia stessa. Sappiamo (Gen. 10, 21 e segg.) che Shem (Sem), figlio di Noè, ebbe vari figli da cui derivarono popolazioni che la storia conosce molto bene: Ashur, Elam, Aram… Da uno di questi figli discese Eber (Ever), capostipite degli Ebrei.”

Gli accademici hanno osservato che le forme Shumer-Sumer e Shum-Shem sono equivalenti sotto il profilo fonetico: a tali annotazioni bisogna aggiungere che i Sumeri si erano insediati nella Mesopotamia, la patria del patriarca Avram (Gen. 15, 7 e 24, 10), rampollo di Ever e dal cui figlio Isacco prosegue la discendenza geneticamente pura. Le consuetudini matrimoniali seguite da Abramo, Isacco e Giacobbe alias Israele corrispondevano agli usi endogamici dei Sumeri ed ancora prima degli Anunnaki. La Bibbia (Gen. 10, 29-30) infine ci informa a proposito del sito in cui si installò un altro gruppo ebraico, quello dei figli di Ioktan, il cui padre fu Ever: la regione è la Mesha, il territorio dell’attuale Arabia fino a Sefar, l’odierna catena dello Zufar che si snoda lungo il Mare arabico.

Annota Russo: “Secondo gli studi di Kramer, gli antenati dei patriarchi ebrei, lasciato l’Eden, si stabilirono nella terra di Shin'ar, l’antica Sumer. … Nella Bibbia vengono citate quasi tutte le civiltà importanti del Vicino Oriente antico come Egizi, Cananei, Amorrei, Hurriti, Hittiti, Assiri, Babilonesi (i Babilonesi sono gli Amorrei, popolo semita occidentale, n.d.r.) ed altri, ma i Sumeri non vengono indicati. Perché? Viene quasi il dubbio che nella famosa ‘questione sumerica’, i sostenitori della negazione del popolo sumero abbiano ragione… Ora, considerato che, come è comunemente accettato dall’intera comunità degli storici, per figli di Eber si intende il popolo ebreo, non potrebbe ugualmente dirsi che il nome Shem rappresenta l’eponimo del termine Shumer, ovvero la terra di Shumer?” [2]

Come si può constatare, identiche valutazioni storiche e glottologiche, spingono i due ricercatori verso lo stesso lido, cioè ad individuare nei Sumeri i predecessori degli Ebrei (Habiru).

A questo punto, però, sono d’obbligo alcune domande. Pur riconoscendo la rilevanza degli indizi raccolti da Poebel, Kramer, Biglino, Russo et al., restano delle zone d’ombra. Le lingue semitiche palesano una notevole discontinuità rispetto alla parlata dei Sumeri, il cui idioma era agglutinante. Come si spiega tale discrepanza? Se gli Ebrei furono i discendenti diretti dei "Guardiani", Giapeti (Indoeuropei) e Camiti, successori anch’essi di Noè, con quali etnie si mescolarono? In che dose il sangue sumerico-ebreo, dopo tanti secoli, scorre nelle vene degli attuali sedicenti Giudei? Le altre nazioni debbono essere considerate “sumerico-ebraiche” diluite? Esistono ceppi umani non derivanti da Shumer? Siamo di fronte a questioni meramente religiose (gli Israeliti come seguaci di YHWH) o, almeno in una certa misura, etnico-linguistiche?

Siamo ancora lontani dal trovare il bandolo della matassa, soprattutto perché non si è ancora riusciti a rispondere in modo soddisfacente ad altri quesiti: chi erano veramente gli AnunnaKi, gli Igigu (o Igigi) ed i Lulu? Esiste ancora oggi una genia che, menando vanto di un’ascendenza dai primigeni Dingir (i Superiori, gli “dei”), agisce dietro le quinte della storia per dirottarla verso inconfessabili obiettivi? E’ evidente che non è sufficiente interpellare l’archeologia, la paleografia, la linguistica, l’antropologia per dissipare le fitte nebbie del passato e per stanare i veri dominatori di oggi. Occorre esplorare altri campi in cui forse si può internare qualche intrepido pioniere. Sono ovviamente campi minati.[3]


[1] Qualcuno ha scritto che Russo, con le sue ipotesi contenute nel libro "Schiavi degli dei", va oltre Sitchin. A me non sembra: il suo saggio è prudente ed interlocutorio. Non si pronuncia sull’identità degli Anunnaki né si avventura in ipotesi riguardanti Nibiru etc. Forse l’autore intende riservare ad un prossimo lavoro risultati più decisivi.

[2] Sono, tra gli altri, D. Marin, E. Schievenin, I. Minella nel saggio "Atlantidi, i tre diluvi che hanno cancellato la civiltà", 2010, a negare l’esistenza del popolo sumero.

[3] Si pensi all’idea di Carl Edward Sagan (1934-1996). Il celebre astronomo statunitense, noto soprattutto per aver indagato con zelo il tema della possibile esistenza di civiltà tecnologiche nel cosmo e l’eventualità di comunicare con loro, predispose per la sonda Pioneer 10 un messaggio destinato a civiltà stellari che comprendeva musiche di un complesso mariachi ed auguri scritti in sumero, per illustrare a nazioni extraterrestri i caratteri precipui della vita sul nostro pianeta. Nella pellicola per la regia di Olatunde Osusanmi, Il quarto tipo, 2010, malvagi alieni parlano… in sumero.

Fonti:

M. Biglino, Il dio alieno della Bibbia, 2011
S. N. Kramer, I Sumeri agli esordi della civiltà, Milano, 1958
Id., I Sumeri alle radici della storia, Roma, 1979
B. Russo, Schiavi degli dei, 2010, pp. 115-124, 146-150


Saturday, December 24, 2011

L'enigma degli Hyksos (seconda parte)

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L'enigma degli Hyksos (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

Diametralmente opposto è il giudizio di altri studiosi che vedono negli Hyksos un popolo rozzo e bellicoso, incurante delle più elementari norme igieniche e per questo flagellato da malattie ripugnanti, quali la lebbra, e cui gli Egizi, dopo averli sconfitti, imposero la circoncisione per riconoscerli. [1] Alessio De Angelis, sulla scorta di Giuseppe Flavio, ritiene che essi fossero gli antenati degli Ebrei (Hapiru o Habiru), giungendo a vedere in Moses il faraone eretico Akhenaton (Amenophis IV), di origine ebraica per parte di madre. De Angelis compie una ricognizione molto accurata, evidenziando una serie di coincidenze tra i due personaggi e tra le due etnie. In particolare il coautore del saggio “Oltre la mente di Dio” sviscera le questioni religiose, evidenziando i nessi tra il dio adorato dagli Hyksos, Baal-Suketh (assimilato a Seth), e successivi sincretismi cultuali, in cui Aton-Adonay si sovrappone a YHWH, nell’ambito di una tendenza enoteista. E’ congettura non nuova: il primo a ricondurre Moses al milieu egizio ed al faraone eterodosso Akhenaton fu Sigmund Freud. E’ una linea interpretativa oggi accettata da quasi tutti gli storici che vedono nel legislatore degli Ebrei un principe o uno ierofante appartenente all’entourage di Amenophis IV. Moses fu, secondo numerosi eruditi, un seguace del credo di Aton. Il nomoteta, coinvolto nella persecuzione che tale fede subì dopo la morte di Akenaton, seguita dalla sua damnatio memoriae, fuggì tra le oasi del deserto dove scoprì la credenza in un unico dio, YHWH, che gli parve sorprendentemente simile all’autoctono Aton. Nella Bibbia aramaica, il Targum, Moses è chiamato Yahudae (Yahud), nome con cui erano designati i sacerdoti di Aton. Questo disegno non convince del tutto, poiché la fede in YHWH fu un caso di monolatria e non di monoteismo, anzi un’esperienza religiosa tribale, coesistente con altre adorazioni nel variegato mondo medio-orientale dell’antichità. YHWH fu probabilmente una divinità venerata a sud della Palestina, soprattutto nel Sinai, dove si eleva il monte in cui il nume si manifestò a Moses.[2]

Lo storico sardo Leonardo Melis, il noto autore che ha dedicato molti anni di intense ricerche ai Popoli del mare e, in particolare, agli Shardana, reputa che il profeta coincida con Neb.Ka.Set.Nebet. Citato nei testi egizi come un principe ereditario, figlio di Seti I e nipote di Ramses I, fu il fondatore della XIX dinastia che da lui prese il nome. Nel nome di Nebkhaset è contenuto quello del dio degli Hyksos, Seth, che erano, secondo Melis, Popoli del mare.

Tirando le somme sulla questione etnica, è possibile che gli Hyksos furono un melting pot, forse con una classe dirigente indo-germanica, che introdusse i cavalli, tipici animali delle steppe centro-asiatiche. All’èlitè si aggregarono, in posizione subordinata, pastori e predoni semiti. Resta il fatto che agli Ebrei, in quanto popolo con una specifica connotazione culturale, ci si può riferire in un periodo successivo all’esodo (se fu un esodo e non una sequela di migrazioni più o meno spontanee): è vero, però, che gli Hyksos, se non furono progenitori degli Habiru, inglobarono gruppi semiti.

[1] Risulta, però, che la circoncisione fosse in uso presso gli Egizi e che gli Ebrei la mutuarono da loro. In verità, tale usanza meriterebbe uno studio non meramente antropologico, ma, per quanto mi consta, l’unico ricercatore che ha approcciato il tema, discostandosi dai soliti criteri interpretativi, è Nigel Kerner. Si legga Our fathers who art from starships, 2010. Lo storico Flavio Barbero, a proposito del celebre racconto biblico in cui YHWH promette a Lot di non distruggere Sodoma e Gomorra, finché vi abiteranno dei giusti, asserisce che i “giusti” erano i circoncisi, distinguibili facilmente da Dio.

[2] La descrizione a tinte fosche degli Hyksos e dei loro presunti discendenti Ebrei da Manetone giunse sino a Cicerone che, in un suo discorso, definì i Giudei “prava gens”, deplorandone l’atteggiamento esclusivista ed il loro superbo astio nei confronti dei Gentili. A. De Angelis vede nelle piaghe d’Egitto le malattie che colpivano gli Hyksos-Ebrei: la blenorrea, la peste, la lebbra, la sifilide… Secondo alcuni interpreti, Mosè portava un velo sul volto per nascondere le deformazioni provocate dalla lebbra.

Thursday, December 15, 2011

I prodigi di Giuseppe Flavio (prima parte)

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I prodigi di Giuseppe Flavio (prima parte)

Giuseppe Flavio (Gerusalemme, 37 o 38 d.C., Roma dopo il 103 d.C.) è il noto storico ebreo. Di ricca famiglia sacerdotale, partecipò alla guerra giudaica: nel 67 fu catturato da Tito Flavio Vespasiano che lo trattò benignamente per poi liberarlo. Per riconoscenza, Giuseppe assunse il soprannome di Flavio. In Palestina con Tito fu testimone della presa di Gerusalemme. Accompagnò poi Tito nell’Urbe dove visse per il resto della sua vita. Giuseppe Flavio si prefisse con le sue opere di promuovere nel mondo ellenistico e romano la conoscenza della realtà ebraica. Scrisse la “Guerra giudaica” in sette libri prima in aramaico poi in greco, mettendo a frutto la sua cognizione diretta dei fatti. Di più largo respiro sono le “Antichità giudaiche” in venti libri, in greco, in cui è ripercorsa la storia dei Giudei dalle origini ai tempi della rivolta, attingendo a fonti ormai scomparse. Nei due libri “Contro Apione”, un grammatico alessandrino che si era pronunciato contro gli Ebrei, riprese i motivi tradizionali dell’apologetica giudaica sull’antichità e la superiorità degli Ebrei rispetto ai Greci. Nell’”Autobiografia” integrò alcune parti delle “Antichità”.

Lo storico, nel VI libro della “Guerra giudaica”, nel corso della narrazione degli eventi, che si snodano dal dal 60 al 70 d.C., indugia su alcuni episodi sbalorditivi occorsi prima del conflitto conclusosi con l’espugnazione di Gerusalemme per opera dei Romani. La morsa attorno al tempio di Salomone ed agli edifici circostanti, in cui resistono i combattenti messianisti, si stringe sempre più. La situazione per gli assediati è ormai disperata: le legioni di Tito attaccano in massa, scorrono fiumi di sangue, i cadaveri dei ribelli si ammucchiano nelle strade, mentre le fiamme avvolgono il santuario.

Giuseppe Flavio attribuisce la débâcle dei ribelli a fanatismo e sprovvedutezza nonché alla predicazione di profeti mendaci. Secondo l’autore, i suoi correligionari avevano ignorato o interpretato in maniera distorta alcuni prodigi che avrebbero dovuto stornarli dal prendere le armi contro i Romani.

''A causare la loro morte fu un falso profeta che in quel giorno aveva proclamato agli abitanti della città che il Dio comandava loro di salire al tempio per ricevere i segni della salvezza. E in verità allora, istigati dai capi ribelli, si aggiravano tra il popolo numerosi profeti che andavano predicando di aspettare l'aiuto del Dio e ciò per distogliere la gente dalla diserzione e per infondere coraggio a chi non aveva nulla da temere da loro e sfuggiva al loro controllo. Nella disgrazia l'uomo è pronto a credere e, quando l'ingannatore fa intravedere la fine dei mali incombenti, allora il misero s'abbandona tutto alla speranza. Così il popolo fu allora abbindolato da ciarlatani e da falsi profeti, senza più badare né prestar fede ai segni manifesti che preannunziavano l'imminente rovina.

Quasi fossero stati frastornati dal tuono ed accecati negli occhi e nella mente, non compresero gli ammonimenti del Dio, come quando sulla città apparvero un astro a forma di spada ed una cometa che durò un anno o come quando, prima che scoppiassero la ribellione e la guerra, essendosi il popolo radunato per a festa degli Azzimi nell'ottavo giorno del mese di Xanthico, all'ora nona della notte l'altare e il tempio furono circonfusi da un tale splendore che sembrava di essere in pieno giorno ed il fenomeno durò per mezz'ora. Agli inesperti sembrò di buon augurio, ma dai sacri scribi fu subito interpretato in conformità di ciò che accadde dopo.

Durante la stessa festa, una mucca, che un tale menava al sacrificio, partorì un agnello in mezzo al sacro recinto; inoltre la porta orientale del tempio, quella che era di bronzo e assai massiccia, sì che la sera a fatica venti uomini riuscivano a chiuderla e veniva sprangata con sbarre legate in ferro e aveva dei paletti che si conficcavano assai profondamente nella soglia costituita da un blocco tutto d'un pezzo, all'ora sesta della notte fu vista aprirsi da sola. Le guardie del santuario corsero a informare il comandante che salì al tempio e a stento riuscì a farla richiudere. Ancora una volta questo parve agli ignari un sicurissimo segno di buon augurio, come se il Dio avesse spalancato a loro la porta delle sue grazie; ma gli intenditori compresero che la sicurezza del santuario era finita di per sé e che l'aprirsi della porta rappresentava un dono per i nemici e pertanto interpretarono in cuor loro il prodigio come preannunzio di rovina.

Non molti giorni dopo la festa, il ventuno del mese di Artemisio, apparve una visione miracolosa cui si stenterebbe a prestar fede; e in realtà, io credo che ciò che sto per raccontare potrebbe apparire una fola, se non avesse dauna parte il sostegno dei testimoni oculari, dall'altra la conferma delle sventure che seguirono.

Prima che il sole tramontasse, si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra eschiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città. Inoltre, alla festa che si chiama la Pentecoste, i sacerdoti che erano entrati di notte nel tempio interno per celebrarvi i soliti riti riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo e poi un insieme di voci che dicevano: 'Da questo luogo noi andiamo via'''.

Monday, December 5, 2011

L'enigma degli Hyksos (prima parte)

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L'enigma degli Hyksos (prima parte)

Chi furono veramente gli Hyksos? Secondo la storiografia ufficiale, gli Hyksos furono una popolazione di origine asiatica, il cui nome è una deformazione greca dell’appellativo che diedero loro gli Egizi (Heka Khasut, “signori di paesi stranieri”). Erano un insieme di nazioni semite ed indoeuropee che, muovendosi forse dal Caucaso, verso il 2000 a.C., si spostarono verso Sud. Insediamenti degli Hyksos sono stati rinvenuti in Galilea, Siria e Persia. A poco a poco, essi si installarono in Egitto: tra il 1730 ed il 1720 a.C. occuparono la città di Avaris (Tell ed-Daba’) che divenne la loro capitale. Da essa, scendendo verso Sud, lungo la zona orientale del delta, si espansero lungo il corso inferiore del Nilo. Intorno al 1675, il dominio degli Hyksos si estendeva dal Levante meridionale sino a Gebelein, di fronte a Luxor. I sovrani degli Hyksos governarono l’Egitto settentrionale con sistemi e metodi totalmente egizi, adottando la scrittura geroglifica. I faraoni dell’Alto Egitto convissero con i re invasori, forse come vassalli. Alla fine del XVII sec. a.C. la XVII dinastia avviò la riscossa contro gli stranieri. Kames (Kamoses), re di Tebe, combattè Apophis II (XVI dinastia Hyksos) verso il 1580. Gli Hyksos furono definitivamente espulsi dal faraone Ahmes (Ahmoses) nel 1580 a.C. circa. Egli espugnò Avaris.

Agli Hyksos si deve l’introduzione del carro da guerra, del cavallo, di un nuovo tipo di arco oltre ad una più progredita lavorazione del bronzo.

Sono numerose le ipotesi circa l'identità etnica degli Hyksos. La maggior parte archeologi li descrive come un crogiolo di genti, dediti alle attività più disparate: pastorizia, banditismo, artigianato, commercio… L'egittologo tedesco Wolfgang Helck tempo addietro sostenne che gli Hyksos erano parte di una massiccia e diffusa migrazione hurrita ed indo-germanica nel Medio oriente. Helk ha poi abbandonato la sua ricostruzione. Mentre alcuni storici descrivono gli Hyksos come orde del Nord che invasero la Terra di Canaan e l'Egitto, con i loro carri veloci, altri si riferiscono ad una “conquista strisciante”, cioè ad un’infiltrazione graduale per opera di nomadi o seminomadi che lentamente assunsero il controllo del Basso Egitto.

Giuseppe Flavio in “Contro Apione” individua nell’esodo degli Ebrei(Hapiru o Habiru) l’espulsione degli Hyksos, richiamandosi ad alcune notizie riportate dallo storico egizio Manetone. E’ un’identificazione accolta e rilanciata recentemente, come vedremo, da qualche studioso.

Gli archeologi, oltre a dissentire sulle origini di codesto popolo, divergono anche sul loro contributo alla storia della civiltà. Massimo Bontempelli ed Ettore Bruni, rigettando un lungo retaggio storiografico, risalente a Manetone, osservano che “l’Egitto, sotto le dinastie faraoniche degli Hyksos, non subì alcun impoverimento economico ed alcun imbarbarimento culturale. Al contrario, i legami tribali mantenuti dagli Hyksos con il retroterra asiatico da cui provenivano, fecero uscire l’Egitto dal suo isolamento rispetto all’Asia e gli fecero per la prima volta annodare direttamente e per via terrestre relazioni commerciali con l’area siro-palestinese, avvenute sino ad allora solo indirettamente, attraverso Byblos e soltanto mediante le spedizioni marittime compiute nel porto di quella città. In seguito a questi nuovi contatti, gli Egizi passarono dall’età del rame all’età del bronzo, impararono a conoscere e ad usare i cavalli, principiarono a praticare l’apicoltura, trapiantarono la vite palestinese nelle oasi africane sino a non dover più importare da Creta il vino, diventandone anzi esportatori. Dal punto di vista culturale, gli Hyksos si fecero custodi delle millenarie tradizioni egizie e ridiedero prestigio al potere faraonico, limitando i privilegi del clero di Ammon-Ra”.

Le fonti del presente articolo saranno indicate in calce all'ultima parte.

Saturday, March 12, 2011

Ipotesi su Abramo (prima parte)

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Ipotesi su Abramo (prima parte)

Abramo fu il primo dei patriarchi biblici e le vicende della sua vita sono narrate in Genesi dal cap. 11 al cap. 25. Secondo la Bibbia, Abramo, appartenente ad una tribù seminomade, era originario della Mesopotamia, provenendo dalla città di Ur. Sposata la sorellastra Sara, poiché non potè avere figli da lei, che tutti ritenevano sterile, scelse come suo erede il nipote Lot.

Radunati averi, bestiame e famiglia, Abramo, ormai attempato, emigrò verso ovest nella terra di Canaan. Quando ne ottenne stabile possesso, al fine di evitare spiacevoli contese, il patriarca decise di separare la sua gente da quella del nipote Lot, ma, dopo poco tempo, a causa di una prolungata carestia, fu costretto a spostarsi in territorio egizio.

Rientrato in Canaan, Abramo dovette affrontare il problema dinastico: in caso di sterilità della moglie legittima, la legge consentiva che il marito potesse concepire il suo erede con una delle schiave di lei. Il figlio poi, partorito sulle ginocchia della legittima moglie, avrebbe avuto lo status di figlio legittimo ed erede, nel caso non fossero nati altri rampolli. Abramo ebbe, così, da Agar, schiava di Sara, il primogenito Ismaele.

Negli anni successivi, tuttavia, si compì quella promessa divina che era segnata nel nome stesso del patriarca: "La mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli. Non ti chiamerai più Abram (uomo di nobile stirpe), ma Abraham (padre di una moltitudine di popoli), perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò." (Genesi 17, 4-5) Sara concepì, ormai in tarda età, un figlio, Isacco, destinato ad essere l'erede legittimo di Abramo. Per preservare l'autorità di suo figlio, Sara fece allontanare Agar ed il figlio Ismaele, che divenne il capostipite degli Ismaeliti, gli Arabi. Gli Arabi riconoscono in Abramo, come gli Ebrei, il loro antenato.

Il sacrificio dell'unico figlio Isacco, prova fondamentale per la fede del patriarca, fermato dall'intervento divino, diede origine alla pratica ebraica della circoncisione.

Bisogna rammentare che molti studiosi reputano Abramo sia una figura leggendaria. E’ indubbio che è arduo, se non quasi impossibile, ricostruire periodi storici tanto remoti e per di più inerenti ad un personaggio citato solo nella Bibbia. Nondimeno alcuni eruditi si ostinano a tentare di disseppellire dalle sabbie del tempo lacerti di antiche civiltà.

Così Flavio Barbiero, sulla base di una rilettura del testo biblico e di indizi archeologici ed etnologici, ravvisa in Abramo non un pastore semita, ma un principe di stirpe ariana. Ur dei Caldei non è nella Sumeria, ma coincide con Urartu, ad un dipresso l’attuale Curdistan, inoltre i Caldei sono, secondo Barbiero, da identificare con gli Hurriti, progenitori degli attuali Curdi. Nel XVII sec. a C. gli stati hurriti furono invasi da un popolo indoeuropeo che creò un impero noto come Mitanni.

Scrive lo studioso: “E’ in questa cornice che si inserisce la storia di Abramo. Le città in cui vissero lui ed i suoi parenti erano città del Mitanni. Gli Egizi chiamavano il Mitanni col nome di Naharin e Nahor è anche il nome del fratello maggiore e del nonno di Abramo… Un’antica tradizione vuole che Abramo fosse un pastore nomade, un semplice beduino senz’arte né parte, ma è un’immagine falsa che non trova alcun riscontro nella Bibbia dove tutte le indicazioni concorrono a confermare che si trattava di un personaggio di altissimo rango ed un valente guerriero. Quando lasciò Harran per la Palestina, aveva con sé centinaia di servi e soldati. Abimelek, principe di Gerar, lo trattava da pari a pari. Melchisedek, re di Salem gli portò pane e vino e lo benedisse, per aver sconfitto con i suoi uomini quattro re siriani che avevano devastato la Pentapoli, il nome della moglie-sorella, Sara significa “principessa”.

Barbiero, oltre a raccogliere vari indizi dal Genesi per avvalorare la sua ipotesi, trova riscontri in documenti esterni alla Bibbia da cui arguisce che l’aspetto fisico di Abramo, pur non ritratto nella Torah, sarebbe potuto essere quello di un indoeuropeo, sulla base della descrizione relativa al nipote Esaù, figlio di Isacco e Rebecca. Esaù era rosso tanto da meritarsi il soprannome di Edom, che significa appunto “rosso”. Tra i discendenti del patriarca questi caratteri somatici di tipo giapetico, riaffiorano con il re Saul, alto di statura e con il successore David, dai capelli fulvi.

Barbiero opina che un lignaggio ebraico sia di matrice indo-germanica: Abramo fu uno dei protagonisti di una diaspora ariana che diede origine pure agli Acheo-Dori. Si legge, infatti in 1 Mac. 12:23 quanto scrisse Areo, re di Sparta, al sommo sacerdote Ania: “Areo, re degli Spartani, ad Onia, sommo sacerdote, salute. Si è trovato in una scrittura, riguardante i Lacedemoni ed i Giudei, che essi sono fratelli e discendono dalla stirpe di Abramo.”




Tuesday, February 22, 2011

Il passato rettiliano dell’umanità

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Il passato rettiliano dell’umanità

Richard A. Boulay è autore di “Flying serpents and dragons The story of Mankind's reptilian past”. Il saggio è stato tradotto in francese, ma non nella nostra lingua e forse non lo sarà mai. L’edizione d’oltralpe è purtroppo priva dell’apparato iconografico che impreziosisce il testo in inglese.

Boulay propugna la tesi secondo la quale gli uomini sarebbero stati creati da una razza di Rettili (gli Anunnaki), basandosi su fonti archeologiche ed iconografiche che sono menzionate pure da altri ricercatori, di solito per suffragare opinioni diverse. In verità, il titolo di Boulay non appare molto persuasivo, poiché gli indizi da lui raccolti circa una presunta ascendenza rettiliana di Homo sapiens sapiens sono pochi e per di più potrebbero essere interpretati secondo criteri simbolici. Tuttavia l’opera è ricca di spunti meritevoli di approfondimento: dalla ricostruzione della storia di cui furono protagonisti i Sumeri, considerati il popolo da cui sbocciarono le altre culture, al nesso tra Sumeri e Habiru, dal culto degli dei serpenti al tema dell’immortalità, dall’evento noto come Diluvio universale ai Rephaim…

Lo studioso insiste molto sul nesso tra Sumeri ed Ebrei. Alcune incursioni etimologiche inducono a notevoli e forse avventurose congetture: “Ibri” (Ebrei) discende dal sumero “Ibru”, con il significato di “attraversare”. Si potrebbe pensare all’etnia israelitica come ad una progenie ibridata? Fondamentale l’indugio sulla radice ebraica "Yd" che vale “conoscenza” e “compiere esperienza di”: si osservi la somiglianza con la base indogermanica “(v)id”, in cui la conoscenza assurge a visione non tanto sensoriale, quanto interiore e mistica. Da un’unica sorgente scaturiscono i diversi fiumi delle lingue, con la progressiva separazione tra sottolineatura di sensi concreti, persino sessuali (è noto che “conoscere” nella Bibbia è usato come verbo eufemistico per indicare la copula) in àmbito medio-orientale, e valorizzazione di un’accezione metaforica nel milieu giapetico.

Boulay considera la Bibbia testo eminentemente storico, da cui cava notizie su migrazioni di popoli, vicende belliche, tradizioni, culti, personaggi celebri, come Caino, Enoch, Lamech e molti altri. Forse l’impiego della Bibbia come archivio annalistico è un po’ ingenuo e sarebbe occorso un vaglio più attento di retaggi e traduzioni. Nondimeno, mentre l’interesse dell’autore per la tesi centrale scema, egli ci accompagna in percorsi emozionanti. Se questi percorsi sono come gallerie che terminano in pareti cieche, un lettore scaltrito potrà forse trovare delle aperture attraverso cui proseguire. Così, tra i numerosi argomenti che inducono ad ulteriori analisi, annovererei in primis l’usanza della circoncisione che Boulay interpreta come sacrificio di sé per ottenere qualcosa. Manca a tutt’oggi un’indagine sulla consuetudine della circoncisione al di fuori dei canoni etnologici, con l’eccezione dell’originale (ed inquietante) approccio di Nigel Kerner al tema, quantunque l’ufologo britannico riporti conclusioni altrui.

Altri scenari poi di grande interesse sono squadernati dall’autore: “le radio degli antichi”, le basi del Sinai, la distruzione di Sodoma e Gomorra… Se il taglio clipeologico risulta alquanto riduttivo, bisogna riconoscere che è integrato da stimolanti excursus sulla letteratura ebraica apocrifa, indiana, gnostica etc. con citazioni di lacerti pressoché ignorati.

Certo, si ha l’impressione che “Flying serpents and dragons” lasci varie ricognizioni allo stadio embrionale, ma è nella natura stessa di questi contenuti di frontiera un’inevitabile incompletezza.

La ricerca è appena cominciata.