L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Friday, May 10, 2013

Gesù o Barabba? No, Gesù è Bar Abba

http://zret.blogspot.co.uk/2013/05/gesu-o-barabba-no-gesu-e-bar-abba.html

Gesù o Barabba? No, Gesù è Bar Abba

Gesù o Barabba?” è un recente articolo del Professor Francesco Lamendola. Il titolo dilemmatico del testo preannuncia una riflessione sulla dicotomia tra bene e male. Confesso che gli argomenti dell’autore e soprattutto lo spunto evangelico per l'esposizione delle idee mi lasciano dubbioso. Come ho scritto in altri occasioni, la Storia ha la sua dignità e si rischia di incorrere in luoghi comuni, allorquando una riflessione morale, pur profonda, eclissa il rigore metodologico.

L’antitesi tra Gesù e Barabba e l’attribuzione agli Ebrei della crocifissione di Cristo sono da un punto di vista storico destituiti di fondamento: non ripeterò quanto già osservato in parecchi articoli, tra cui segnatamente “Uno o due Messia?”, limitandomi a rammentare che, se Bar Abba fu un uomo che davvero visse nella Palestina del I secolo, fu il Messia di Aronne, non un malfattore.

Né è necessario ribadire che il processo di Gesù fu celebrato dai Romani per volontà dei Romani, come ha dimostrato, tra gli altri, Samuel Brandon, in un suo eccellente saggio, "Il processo di Gesù", il cui errore consiste nella mancata individuazione dei due Messia. E’ tuttavia un malinteso che solo negli ultimi decenni è stato superato, grazie ad esegeti che sono riusciti a sbrogliare l’intricata matassa evangelica. Questi biblisti hanno afferrato il filo sottile che ha permesso loro, pur tra mille difficoltà, di scovare le tracce del Messia sacerdotale, contraffatto nelle sembianze di un assassino.

Fra questi ricercatori il più meticoloso mi pare Giancarlo Tranfo al cui saggio “La croce di spine” rinvio per ogni ragguaglio in merito. Davvero commendevole l’operato di questo novello Teseo che, non perdendosi nel dedalo delle ricostruzioni, analisi, fonti, polemiche…, ha ricostruito uno scenario plausibile della Palestina nel I secolo, dilaniata da discordie, tumulti e guerre.

Comprendo l’istanza etica e l’afflato spirituale che animano la pur bella pagina del Professor Lamendola, ma se intendiamo stigmatizzare la vocazione per il male, credo sia più consono riferirsi alle potenti famiglie non tutte ebraiche (meglio khazare) che oggi, nel silenzio complice dei media istituzionali, martoriano l’umanità ed il pianeta. Gli Ebrei descritti nei Vangeli furono ora dei rivoluzionari, ora dei collaboratori di Roma, ora degli iniziati (gli Esseni?) etc., ma non gli accusatori che incriminarono Cristo e lo condannarono a morte.

Restano – è naturale – le abissali domande sulla presenza del male e sul motivo per cui molti uomini decidano(?) di pervertire la propria natura, dando l’assenso alla più ignominiosa scelleratezza. Si può aprire una digressione qui circa la spaventevole degradazione che hanno subìto gli stessi malvagi: infatti, se nei secoli passati, i pravi o erano dei delinquenti comuni o degli uomini nella cui malizia brillava tuttavia una grandezza, oggi molti individui sembrano indulgere ai più luridi vizi e delitti (la calunnia, l’aggressione squallida e gratuita, l’invidia più livida, l’incontinenza più sfacciata…). Il male che essi incarnano è meschino, miserabile, infimo. Un esempio: Alessandro il Macedone fu uomo impulsivo, lussurioso e crudele, ma capace di sognare in grande, intrepido e mosso talora da nobili passioni. Oggigiorno una figura come Barack Obama (al secolo Barry Soetoro) è una nullità che trasuda laidezza, ipocrisia e codardia da ogni poro. Un tempo sulle strade i viandanti erano assaliti dai briganti; oggi si è aggrediti da ribrezzosi personaggi che si compiacciono del turpiloquio e della loro irredimibile bassezza.

Si accennava ai quesiti cruciali che si pone l’ottimo Professor Lamendola: egli reputa che l’opzione per il male dipenda dall’ignoranza di sé stessi, da un’elusione del gnòti sautòn. Non saprei: il tema, più che complesso, mi pare inestricabile. Nondimeno, ben vengano gli interrogativi che l’autore lancia, a guisa di dardi rapidissimi di cui non si sa se centreranno il bersaglio o no. Come sempre, sono preferibili le domande acuminate alle nostre spuntate risposte.


Sunday, December 9, 2012

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte) meglio un'accozzaglia di trioate sgrammaticate ed anche un po' acconguagliate no, Zret?


http://zret.blogspot.com/2012/12/uno-o-due-messia-seconda-ed-ultima-parte.html

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Il contrappunto è dato dalle parole parenetiche trascritte da Luca (6,27-38): “Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla ed il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati ed i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

L’esortazione del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) collide con la concione infiammata del comprimario. Collide fino ad un certo punto: Giovanni di Gamala (?) non sarà stato tanto in disaccordo sul metodo, se non sul merito, ossia cementare gli Ebrei tutti, di là da inimicizie tra sette e tribù, in nome della causa comune: il rovesciamento dell’inviso potere romano e l’instaurazione del Regno di Israele, un regno molto terreno. Siamo autorizzati a pensare che il messaggio sia rivolto a tutta l’umanità e non ai Giudei?

Lo stesso arcinoto “discorso della montagna” sembra più un pamphlet “comunista” e rivoluzionario che un appello alla fraternità universale, quantunque il Messia levitico non sia scevro qua e là di voli sublimi e di profondi insegnamenti, per lo più radicati nell’humus egizio e nelle filosofie ellenistiche. E’ da questo humus che sbocciò il bel fiore noto come Vangelo di Giuda Tommaso, un opuscolo dove i temi canonici si accendono di scintille esoteriche. Non sono poche anche le gemme incastonate nel Vangelo di Cerinto (Giovanni), ma si respira un’altra aria rispetto ai sinottici.

“Non andate fra i pagani e non entrate nel paese dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 10,5-6) Ancora: “Non sono stato mandato, se non alle pecore perdute della Casa di Israele”. (Mt 15,24) Si troveranno pure dei versetti in cui sembra che si affermi il contrario: fatto sta che ai Messia interessava poco o punto il destino dei Gentili. Fu Paolo o chi per lui a cambiare le regole, mentre si stava ancora giocando la partita. Era, invece, controverso se riammettere i disprezzati Samaritani nell’ovile. L’episodio della Samaritana al pozzo lascerebbe pensare che per coloro la porta non fosse sbarrata.

In questa passeggiata tra i labirinti narrativi dei Vangeli ci imbattiamo in un altro personaggio molto intrigante: è Giuda Tommaso detto Didimo (ossia Giuda Gemello detto Gemello… sfrontata tautologia con cui si tentò di nascondere l’identità dell’apostolo). Chi fu costui? Presumibilmente uno dei fratelli del Signore (Il Messia di David): in quanto gemello omozigote gli assomigliava a tal punto da essere scambiato per il germano? Si spiegherebbero così episodi come la Resurrezione e la mancata agnizione del Redentore per opera di due discepoli sino alla cena in Emmaus.

Altri personaggi in cerca di identità sono Maria Maddalena e Lazzaro (Eleazar, "il discepolo che Gesù amava"): ormai molti studiosi sono proclivi ad identificarli rispettivamente con la consorte del Messia regale e con il cognato, strenuo difensore della roccaforte di Masada.

Non manca chi (ad esempio, lo studioso David Donnini) in questo giuoco delle parti, in questo turbinio di figure ora mascherate (Lazzaro) ora sdoppiate (Giuda Taddeo e Giuda Tommaso sono probabilmente lo stesso discepolo etc.) ora incollati (i due Messia a formare il Cristo paolino ed ufficiale) crede che Giovanni Battista, altra labilissima silhouette tra racconto e mito, possa essere identificato con il Messia sacerdotale. E’ supposizione su cui è difficile pronunciarsi, ma, a nostro parere, se fosse plausibile, accennerebbe ad una rivalità tra i due copratogonisti. Il cosiddetto precursore del Cristo fu, infatti, un suo concorrente, come si evince da alcuni passi dei Vangeli. E’ una rivalità che contrasta con l’apparente cooperazione tra i due mattatori.

Sia come sia, il corpus su cui si fonda una storia nota a tutti - e proprio per questo ignorata - nonché la fede di circa due miliardi di “cristiani” è uno dei più grossi pastiches della letteratura. Un’analisi narratologica si rivela dunque più proficua e non meno avventurosa degli innumerevoli studi storiografici e filologici, ammesso e non concesso che sia così importante tentare di accostarsi ad una verità storica, invece che ad una verità ultima.


Friday, November 23, 2012

Uno o due Messia? (prima parte)


http://zret.blogspot.com/2012/11/uno-o-due-messia-prima-parte.html

Uno o due Messia? (prima parte)

Chi legga in modo spassionato i Vangeli deve convenire che non di un solo Messia sono narrate le vicende ed è riferita la predicazione, ma di due. Poco importa se essi furono personaggi storici o no: le religioni germinano attorno ad un’idea che può essere incarnata da una figura carismatica realmente esistita, ma pure coincidere con una prodigiosa mitopoiesi.

Saremmo propensi a vedere nei Messia evangelici (compresi quelli tratteggiati nei libelli apocrifi) due uomini che veramente vissero in Palestina tra il I sec. a. C. ed il I secolo dell’era volgare. Per ironia (o frode?) della storia al Cristo politicizzato è stato attribuito un messaggio di amore ecumenico, mentre la placida figura del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) è stata o appannata o svilita in malfattore, a tal punto che il vocabolo “barabba” è assurto a sinonimo di “briccone”.

Che cosa induce molti studiosi ad ipotizzare che i Messia fossero due? Gli indizi non mancano: gli Esseni, confraternita nel cui milieu o ai margini del quale si sviluppò il movimento ebionita, attendevano due Messia: uno regale ed uno sacerdotale. La congiunzione Giove-Saturno, che fu forse la stella di Betlemme, adombra la distinzione menzionata. Il Vangelo di Matteo contiene una genealogia regale, laddove Luca riferisce l’ascendenza levitica.

Non solo. I Vangeli di Matteo e Marco riportano due distinti episodi in cui Gesù moltiplicò pani e pesci per sfamare la moltitudine che lo aveva seguito: nel primo (Matteo 14,13-21, Marco 6,30-44) con cinque pani e due pesci rifocillò cinquemila persone; nel secondo (Matteo 15,32, 45, 44. Marco 8,1-10) con sette pani e "pochi pesciolini" il Salvatore ristorò quattromila seguaci.

La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). E’ probabile che i due pesci siano i due Messia; i cinque pani, in tale contesto, dovrebbero simboleggiare i cinque libri della Torah.

Più di queste tracce è, però, la dicotomia diegetica e descrittiva a deporre a favore della congettura in oggetto. Coesistono nei Vangeli un Cristo combattivo ed uno mite: le loro vicende procedono desultorie non solo per i tagli, le cuciture e le ricuciture del tessuto narrativo, ma anche poiché lo scrittore pare seguire due itinerari, dipingere due attanti principali. La regia è piuttosto scaltrita, ma gli stacchi, le incongruenze affiorano: il montaggio è di tipo sovrano per necessità (e per la difficoltà ad armonizzare ed incastrare sequenze eteroclite) e non per scelta estetica.

Così si giustappongono episodi discordanti e proclami onestamente inconciliabili. Matteo 10, 34-38 scrive: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno i suoi familiari.”

Luca è ancora più bellicoso, anzi incendiario: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo e quanto mi sento angustiato, finché non sia compiuto. Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Perché d’ora in poi cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Saranno divisi il padre contro il figlio, il figlio contro il padre, la madre contro la figlia, la figlia contro la madre, la suocera contro sua nuora, la nuora contro la suocera.” (Luca 12, 49-53)

Luca 35-38 riporta un dialogo dove all’ordine messianista è stata aggiunta una pacifica coda paolina: "Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"

Ecco che ci si sbizzarrisce con le esegesi metaforiche, simboliche, allegoriche… Spesso sono letture molto brillanti: peccato che brillino di una luce da oggetto di bigiotteria. Piaccia o no, siamo al cospetto di contenuti politici anti-romani maldestramente aggiustati, a guisa di un abito rappezzato alla bell’e meglio. Il Cristo depoliticizzato piaceva a Paolo: faceva alla sua bisogna. I dissidi con Giacomo, fratello del Signore, e gli altri Nazirei erano inevitabili, ma la propaganda nicena li cancellò: fu come propiziare la pace tra Eteocle e Polinice. Tanto chi conosce Eteocle e Polinice e chi era ed è al corrente delle dispute tra l’apostolo dei Gentili e gli Ebioniti? 




Wednesday, August 22, 2012

Uomini e topoi e professorucoli analfabeti e frustrati


http://zret.blogspot.com/2012/08/uomini-e-topoi.html

Uomini e topoi

Forse le epoche passate erano più crudeli, più malvagie, più terribili di questa: nessuna mai è stata più stupida. (S. Vassalli)

Estirpare i luoghi comuni è impresa titanica. Ad ogni piè sospinto, ci si imbatte in un cliché interpretativo: quel che più inquieta è constatarli pure tra le nuove generazioni in cui non dovrebbero essere tanto diffusi e radicati.


Ad esempio, se mostriamo il simbolo del Dao (leggi Tao), chiedendo ad un uditorio di indicarne il significato, tutti risponderanno che è l’emblema del Bene e del Male. Nulla di più errato: il Taoismo e, in generale, la cultura cinese tendono ad ignorare la distinzione etica tra Bene e Male, privilegiando la concezione in cui gli opposti, in senso cosmico e metafisico, si conciliano nel Tutto. Lo Yang e lo Yin sono princìpi complementari scaturenti dall’Unità e che in essa confluiscono. La dualità dunque è intesa come movimento speculare, come perenne interazione di due energie da cui dipende la manifestazione delle cose.

Invero, molti preconcetti occidentali si sovrappongono alla visione tradizionale del mondo, di matrice taoista e confuciana: così ci attenderemmo di trovare in Cina l’idea di Dio. Se lo attendevano pure i Gesuiti [non potevano mancare LOL], con il corifeo Matteo Ricci: quando essi giunsero in Cina nel XVI secolo, cercarono di avvicinare i nativi al “Cristianesimo”, ma si accorsero che la loro lingua non contemplava neppure un termine vero e proprio per designare la Divinità: quando i missionari tradussero la Bibbia in cinese, ricorsero al vocabolo che più sembrava accostarsi al significato da suggerire, ossia al lessema Tien, Cielo. Peccato che Tien indichi per lo più il cielo fisico… Mai traduzione fu più approssimativa.

Per restare in ambito religioso, un altro luogo comune, generato da ignoranza e superficialità, investe i Vangeli canonici su cui si fonda in buona misura, la storia (spesso inesatta) del Cristianesimo primitivo e la dottrina desunta dai quattro libretti. Qui prescindiamo dalle incrostazioni posteriori. Quando qualcuno menziona una frase celebre del Messia o un episodio che lo riguarda, di solito chiediamo: quale dei due? Infatti, da una lettura attenta dei Vangeli e dallo studio di altre fonti, si evince che i Messia erano due: uno sacerdotale ed uno regale. Dov’è scritto? E’ proprio segnalato da “Matteo” e da “Luca”: il primo riporta la genealogia regale del Salvatore; il secondo la linea levitica.

Per quanto mi consta, è stato il benemerito David Donnini ad intuire che i Messia – fossero pure figure letterarie -erano due: altri studiosi, in modo del tutto indipendente, sono approdati alla medesima ipotesi. E’ difficile che sia una coincidenza [cioè: se più persone raccontano troiate, queste ultime sono 'verità'?]. E’ una di quelle possibili verità che ricordano le circostanze descritte nel racconto di Edgar Allan Poe, “La lettera rubata”: spesso non vediamo quanto è di fronte ai nostri occhi, proprio perché è in piena vista! [l'ennesima citazione ad minchiam] Se si congettura che i Messia erano due (sulla loro identità ed esistenza il discorso diventa un ginepraio in cui non oso addentrarmi), molte (non tutte) le incongruenze all’interno di ciascun vangelo e tra i canonici, si appianano. Finalmente una narrazione frammentaria, discorde, talora persino inverosimile acquisisce un po’ di linearità, ma quanti secoli abbiamo dovuto aspettare per abbozzare un quadro appena accettabile e quanto tempo dovremo ancora attendere per svellere i pregiudizi che ancora allignano in ogni dove?

Si potrebbe asserire che la maggior parte degli errori propagatisi nell’immaginario popolare trova la sua origine proprio nei Vangeli: così Erode perpetrò la strage degli innocenti; il re della Giudea non fu uno stinco di santo, ma non compì alcuna carneficina di neonati. Barabba è diventato sinonimo di malfattore, laddove Yehoshua Bar Abba, "Gesù, figlio del Padre, è probabilmente da identificare con il Messia di Aronne. Ancora, Cristo trasformò, in occasione delle nozze di Cana, l’acqua in vino: fu il contrario! Il Salvatore moltiplicò il pane ed i pesci. I pesci non c’entrano nulla. Il Redentore (Il Messia di David?) fu processato e condannato quando era prefetto Ponzio Pilato: non è così. [1]

Moltissime false credenze coinvolgono la scienza: tra gli studenti che poco o nulla sanno di chimica, di fisica, di scienze naturali, una delle poche “conoscenze” acquisite, dopo un decennio di scuola, è la giurassica frase di Lavoisier: “Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma”. “Niente si crea?” Ah sì, dov’è finito l’esperimento di Casimir? [e che cazzo c'entra? Leggi qui, straccione che non sei altro] Dov’è finita la fisica [MECCANICA, bestia!] quantistica che, invece, ha osservato che, sebbene in modo inesplicabile, le particelle virtuali emergono dal nulla, un nulla instabile? Sovente viene definito “vuoto”, invece di “nulla”, ma resta l’affioramento dell’energia da un quid incognito, simile al non essere.

Non saremo lontani dal vero, se considereremo la “cultura” attuale come un coacervo di stereotipi e di dogmi.

L’elenco dei luoghi comuni è lunghissimo: lil cosiddetto “effetto serra” è legato al biossido di carbonio, l’A.I.D.S. è provocato da un virus, il debito pubblico è dovuto alla spesa previdenziale, i vaccini sono efficaci e comunque innocui, le scie degli aerei sono formate da vapore acqueo… [ma vattene a farinculo te e chi non te lo dice] I tòpoi sconfinano qui nelle vere e proprie menzogne, bugie inculcate dal sistema ed atte a controllare e ad indottrinare l’opinione pubblica.

Sono falsità [la parola all'esperto] che uccidono più delle armi e che hanno ridotto l’umanità in un gregge di masochisti.

[1] Chi fosse desideroso di avventurarsi in una rilettura non convenzionale dei Vangeli, può compulsare i saggi di David Donnini che, a differenza di altri autori, non usa mai toni apodittici e caustici, presentando i suoi risultati come interpretazioni suscettibili di correzione e falsificazione. Un punto di svolta negli studi fu il suo “Nuove ipotesi su Gesù” che è anche una confutazione del debolissimo ed ingiustamente noto “Ipotesi su Gesù” di Vittorio Messori.
 
 

Saturday, March 12, 2011

Under the skin

http://zret.blogspot.com/2011/03/under-skin.html

Under the skin

Nel Quarto vangelo (Giovanni 12,31) è scritto che “Il diavolo è il Principe di questo mondo” (per essere precisi, nel testo greco è usato il termine “Arconte”). Nella prima Epistola attribuita a Giovanni si legge: “Tutto il mondo giace sotto il potere del Maligno” (5,19).

Il concetto della Terra conculcata dal calcagno del demonio è pure in Matteo 4,8-9 dove il Messia è tentato: “Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: ‘Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai.’

Chi potrebbe negare che la Terra è retta da Arconti sanguinari? Chi potrebbe contestare che gli stati sono le incarnazioni di un potere iniquo e feroce? Le amare prove di codesta condizione non mancano. Dunque nel Nuovo testamento brillano delle profonde verità sull’abominevole natura dei principati terreni.

Purtuttavia, si ha quasi la sensazione che lo strato di questo senso copra un substrato il cui valore è inatteso. Sono elucubrazioni, ma, chissà, la prospettiva dei significati a volte si dilata. Se i dominii che il Seduttore offre a Cristo fossero i regni della natura? Se il mondo schiacciato dal Maligno fosse la dimensione materiale in cui siamo imprigionati, dopo esservi caduti? La materia, albergo della caducità e della dissoluzione, è matrice e matrigna.

Si intravede in filigrana nel Quarto vangelo una ripugnanza per il mondo che non è solo esecrazione dei sordidi poteri politici e sacerdotali, ma pure ribrezzo per la corporeità ed urgenza di liberarsene. Sono nel giusto gli esegeti che estraggono nel Quarto vangelo un originario nocciolo gnostico. Altri libretti dei primi secoli, simili a polle che sgorgano nelle oasi dei deserti medio-orientali, delineano il dissidio tra Spirito e materia. Sono stati bollati come “apocrifi”, ossia spuri per la chiesa vincente, la funesta chiesa nicena.

Forse la sfera in cui esistiamo (ex-sistiamo) è l’ultimo stadio di un’emanazione: vigorosi pensatori gnostici, quali Basilide e Valentino, misuravano l’incommensurabile distanza tra la greve hyle ed il Principio increato.

Sono speculazioni “eretiche” che, attraverso fiumi carsici, riaffiorarono nella dottrina del profeta persiano Mani, dei Bogomili e dei Catari: siamo scintille divine in un corpo in putrefazione. Sono pensieri estremi: eppure chi, per una malattia, si trovi in un soma ridotto a sarcofago (carne che divora la carne), avverte tutto il peso di una materia inerte, sorda. E’ come quando una lucciola è rinchiusa in un bicchiere. Pazza, sbatte invano contro il vetro.

Non sappiamo se, di là da questo universo di sangue e fango, si slarghino realtà dove finalmente la materia è scorporata, addirittura trascesa in uno Spirito che non conosce più né i confini né la decomposizione del mondo ilico (bello quanto si vuole, ma purulento sotto la sua splendida pelle). Credo sia possibile esistano “luoghi” fantastici che neppure la più fervida fantasia può immaginare … o forse oltre si estende solo un nulla infinito e silente.

E’ quello lo Spirito? E’ quella la beatitudine cui anelano il corpo piagato ed il cuore straziato?



Saturday, July 17, 2010

Ebioniti: eretici o cristiani delle origini? (prima parte)

http://zret.blogspot.com/2010/07/ebioniti-eretici-o-cristiani-delle.html

Ebioniti: eretici o cristiani delle origini? (prima parte)

Preciso che il seguente articolo, le cui fonti saranno indicate in calce all'ultima parte, non ambisce a dispensare delle verità definitive: si tratta solo di una ricerca passibile di integrazioni e correzioni.

Come in un palinsesto che restituisce un'opera perduta, così un'indagine approfondita oltre le incrostazioni della storia ufficiale può portare a scoprire uno scorcio di antichi orizzonti. Le enciclopedie presentano gli Ebioniti come "eretici", complici i fraintendimenti e le contraffazioni di teologi e padri della Chiesa. Se si compulsano, però, saggi di autori spassionati, si scopre che definire gli Ebioniti “eretici” è una falsificazione bell'e buona. D'altronde che cosa ci si può aspettare da artefici di "pie frodi"? Molti studiosi hanno denunciato tutti i sotterfugi con cui esegeti e storici, almeno a partire dal IV secolo dopo Cristo, censurarono, interpolarono, stravolsero i fatti: scaltrissimi, dotati talora di un'eloquenza potente, ma venale, adottarono lo stesso modus operandi che oggi connota i disinformatori. Ne risulta un'assoluta mistificazione, ma che, per mezzo di trucchi da prestigiatori, si palesa come verità, l'unica verità. Ecco allora trasformati gli Ebioniti in una setta sparuta ed eccentrica. Sparuti lo furono, perché emarginati e perseguitati, ma eccentrici no. Ecco allora che, con sfacciata inversione, la loro dottrina diventò eterodossa e strana.

Agli inizi del IV secolo, l'opportunista imperatore Costantino incontrò a Gerusalemme un'antica comunità di fedeli che risaliva ai tempi dell'apostolo Giacomo (Jacob), “il fratello del Signore”. Giacomo non volle scindere l'insegnamento del Maestro dall'antica fede e con i suoi confratelli continuava ad osservare le Leggi ebraiche. Aveva perfino tentato di convincere i proseliti gentili a rispettarle. Centotrent'anni dopo la sua morte, la gente di Gerusalemme ricordava la devozione con cui frequentava il Tempio e le sue preci tanto numerose che gli si incallirono i ginocchi. Il piissimo Giacomo oggi ci può apparire un po' fanatico, ma non fu certo un interprete bislacco dell'Ebraismo, come si legge qua e là. A capo della cosiddetta Chiesa di Gerusalemme, i suoi successori, vescovi di Sion, furono Giudei: Shimon, Tobiah, Benjamin, Levi, Efrem... Gli scrittori occidentali li chiamarono Vescovi della Circoncisione, perché, durante tre secoli, avevano seguitato ad applicarla.

Gli Ebioniti (il loro nome significa "poveri": le diffamazioni sul significato di "poveri" pullularono) si riconobbero in un Vangelo che da loro prende il nome. Ne conserviamo magrissimi frammenti per tradizione indiretta. Probabilmente fu distrutto. Fu una fonte cui si ispirò Matteo per il suo testo, in cui si legge in filigrana uno scritto precedente?

Tra i passi patristici, i più antichi riferimenti espliciti sono offerti da Ireneo di Lione (130-202 d.C.). Nel suo pamphlet “Contro le eresie” (180 d.C. circa), Ireneo testimonia l'uso del Vangelo di Matteo presso gli Ebioniti:

« Nel vangelo che essi [gli Ebioniti] usano, detto "secondo Matteo", che è, però, non interamente completo, bensì alterato e mutilato (sic) - essi lo chiamano "Vangelo Ebraico"- [...] hanno tolto la genealogia di Matteo »
(Epifanio di Salamina, "Panarion" 13,2 e 14,3)
« Coloro che sono chiamati Ebioniti [...] usano solo il vangelo secondo Matteo e rifiutano l'apostolo Paolo, chiamandolo apostata della Legge. [...] Gli Ebioniti pertanto, seguendo unicamente il Vangelo che è secondo Matteo, si affidano solo ad esso e non hanno un'esatta conoscenza del Signore (sic).
(Ireneo di Lione, "Contro gli eretici", 1,26,2; 3,11,7)
« Nel vangelo che usano i Nazareni e gli Ebioniti, che recentemente ho tradotto dall'ebraico in greco e che i più considerano il Matteo autentico, quest'uomo che ha la mano arida...»
(Girolamo, "Comm. I in Matth". 12,13)

Epifanio di Salamina ed altri riportano la credenza che il Vangelo degli Ebioniti fosse basato su quello secondo Matteo, ma che vi fossero stati rimossi i versetti contrari alla teologia degli Ebioniti, come nel caso del racconto della nascita di Gesù; è possibile che la mancanza del riferimento alle locuste come cibo di Giovanni Battista sia dovuta alla pratica del vegetarismo all’interno del gruppo.

Data la mancata trasmissione dei manoscritti del Vangelo degli Ebioniti, è impossibile risalire al reale contenuto del testo ed al suo legame col Vangelo detto di Matteo. Probabilmente costituiva la primordiale stesura in aramaico operata dall'apostolo ricordato da Papia e citata da Eusebio di Cesarea in "Storia Ecclesiastica" 3,39,16.




Sunday, December 6, 2009

Bibliografia

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Bibliografia

Spesso si chiedono consigli bibliografici per approfondire un tema che ci incuriosisce o ci appassiona. E' lodevole, poiché ampliare le proprie conoscenze, documentarsi sulle fonti e sugli studi critici può solo giovare. Tuttavia mi pare che si corra il rischio di perdersi in un labirinto e di smarrire l'obiettivo della lettura. Potranno essere pure utili dei saggi sulle pietre miliari del pensiero e della letteratura, ma la fruizione diretta dei classici è insostituibile: poco importa se non conosciamo le interpretazioni critiche di passi controversi, purché non rinunciamo alla bellezza di poemi e romanzi né ai profondi ammaestramenti delle opere filosofiche.

Alla fine la pletora degli studi rischia di intrappolare i testi, simile ad un groviglio di rovi che soffocano i fiori di campo. Questo è tanto più vero per i critici d'arte che, con le loro sovente sciocche e paludate elucubrazioni, incrostano i capolavori della pittura e della scultura.

Alcune persone mi chiedono suggerimenti su quali libri consultare prima di leggere i Vangeli: è assurdo. Se si è interessati ai Vangeli, li si affronti senza tante ambagi. Se useremo un po' di discernimento, ne scopriremo l'articolazione narrativa, la complessità semantica, la stratificazione storica. A che serve impelagarsi in ardue e talora cerebrali ricerche, per di più su una materia tanto ostica? Ognuno, senza preconcetti, si accosti ai Vangeli: ne trarrà dubbi o insegnamenti. Il dubbio alimenta domande che sono altrettante tappe sulla via della Queste. E' sicuro: l'optimum sarebbe leggere i testi in lingua originale ed avvicinarsi il più possibile all'archetipo, benché l'archetipo, in molti casi, sia un concetto-limite. Quindi, nel caso dei Vangeli, confrontarsi almeno con la Vetus Latina o con la Vulgata, per poi attingere i codici più antichi. Se ciò non è possibile, una buona traduzione, fa comunque alla bisogna. Con le traduzioni si perdono molti valori e molte sfumature, ma evitare di leggere un classico russo, perché non se ne conosce la lingua, è insensato.

Spesso è bene scavalcare tanti saggi che, lungi dal chiarire i testi, sono stati scritti per sviare e per fornire "interpretazioni" addomesticate in linea con la propaganda. Che cosa scopriremo, se risaliremo direttamente alle fonti, pur consci che anche le fonti talora sono inquinate! Occorre poi sempre mantenere uno spirito critico e rifiutare la dicotomia "credere", "non credere". Anche la vera fede non è cieca credulità, ma ascolto, apertura ed introspezione. E' incompatibile con l'indagine ogni atteggiamento fideistico.

Sono principi metodologici e pedagogici ormai dimenticati: gli storici antichi più avveduti erano abituati a documentarsi, a consultare gli archivi, a confrontare le fonti, a vagliarle, ad interpellare i testimoni degli eventi. Incorrevano in errori ed in distorsioni dovute a pregiudizi, ma uno scrittore come Giuseppe Flavio ci ha restituito uno spaccato della storia e della cultura ebraica di notevole caratura. Invano oggi cercheremmo una summa equivalente. Oggi gli "storici", quando non riportano le veline del sistema, si basano sui programmi condotti da Alberto Angela per le loro sapienti ricostruzioni. Gli studenti consultano la pessima enciclopedia della Rete.

Alcune situazioni sono paradossali: accademici ed eruditi discettano sui Catari, senza essersi mai recati in Linguadoca e senza per giunta ritenerlo necessario. La conoscenza che costoro ostentano del Catarismo è realistica quanto un fumetto ed altrettanto risibile. Gli scienziati sentenziano e pontificano, sciorinando formule e matrici. Si atteggiano ad orefici che esibiscono con compiacimento diamanti incastonati in anelli d'oro scintillante; in realtà mostrano della pacchiana bigiotteria acquistata in un mercatino dell'usato. Scommetto che moltissimi biologi non hanno mai osservato una foglia, pur sapendo tutto del Darwinismo... Peccato che il Darwinismo sia una sesquipedale idiozia. Poche nozioni e sbagliate.

A ben riflettere, le opere, pur capitali, sono ancora dei filtri: a volte è necessario andare oltre. E' esperienza istruttiva contemplare il paesaggio che ha ispirato un artista, rivivere un’esperienza che ha suscitato le riflessioni, cercare di immedesimarsi nella sua visione, sintonizzarsi sulle "frequenze" del luogo e del tempo, assorbire le energie...

Il libro per eccellenza non è formato da pagine né esibisce una copertina.

Occorre aprire l'occhio interiore per leggerlo: questo sì che è arduo!