L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Wednesday, March 18, 2015

The Event


http://zret.blogspot.ch/2015/03/the-event.html

The Event



The Event” è una serie televisiva statunitense creata da Nick Wauters per la NBC. Negli Stati Uniti esordì il 20 settembre 2010, mentre gli episodi doppiati in italiano furono trasmessi già dal 28 settembre del medesimo anno. Ufficialmente a causa del calo degli ascolti, il 13 maggio del 2011 la serie fu sospesa.

Non è questa la sede per ripercorrere l’intreccio: d’altronde solo i fruitori ingenui si concentrano sulla trama, ignorando le altre componenti strutturali ed i valori estetici. “The Event” merita una breve recensione, perché costituisce un compendio di temi e situazioni che inanellano la storia eretica. Questi motivi conduttori si possono comprendere, se si evita di confrontare la produzione al cervellotico e, tutto sommato, insulso “Lost” e se si rinuncia a tentare di inserire “The Event” in un sottogenere o in una commistione di sottogeneri.

In “The Event”, le frequenti analessi, a differenza di quanto avviene in altri telefilm, adempiono una funzione per lo più esplicativa, a definire un po’ alla volta un quadro i cui aspetti salienti in nuce sono già quasi tutti nei primi episodi. Anche i personaggi sono costruiti seguendo un modello già delineato nelle parti introduttive: ad esempio, Sophia (nome evocativo...) Maguire è, sin dal principio, donna in cui la comprensione coesiste con un’energia che culmina, in casi estremi, nella durezza; anche nel Presidente degli Stati Uniti, Elias Martinez, albergano intenzioni contrastanti. In questo modo i personaggi non si distribuiscono in modo manicheo nei gruppi dei “buoni” e dei “cattivi”, nella tipologia del protagonista avversato dall’antagonista, con i rispettivi aiutanti, ma si dislocano in campi d’azione i cui confini tendono a spostarsi. Non si scatena una lotta tra il Bene ed il Male, ma una guerra per la sopravvivenza sicché non sapresti decidere con chi “schierarti”.

Come si accennava, l’interesse di “The Event”, oltre che nel ritmo incalzante, nel montaggio dinamico, nella sceneggiatura efficace pur nella stringatezza delle comunicazioni telefoniche (i personaggi dialogano spesso al cellulare, secondo un vezzo tipico di molti telefilm recenti... è nato il sotto-sottogenere del cell-movie?), risiede soprattutto nella codificazione di circostanze scottanti. Eccole di seguito in successione alfabetica.

• Aerei che scompaiono misteriosamente
• Basi extraterrestri
• Catastrofi planetarie
• Numeri dal significato simbolico
• Rivalità tra civiltà stellari
• Esperimenti genetici
• False flag
• Falsità dei media ufficiali
• Governo segreto
• Ibridi umano-alieni
• Microprocessore sottocutaneo
• Nuovo ordine mondiale
• Pandemie artificiali
• Pianeta X
• Portali
• Sfoltimento della popolazione
• Storia censurata
• Terremoti di origine non geologica
• Vigilanti
• Visitatori nella preistoria

Scorrendo questo elenco, si comprende forse perché la serie fu interrotta. Molti si rammaricano della sospensione, ma, a ben vedere, la sceneggiatura di “The Event” è continuata e continua, trasferendosi dalla finzione nella realtà... 

zretino, anche diverse fiction merdose sono state segate. che sia per i temi scottanti che affrontavano?

Interpreti e personaggi:

Jason Ritter: Sean Walker
Blair Underwood: Elias Martinez
Laura Innes: Sophia Maguire
Sarah Roemer: Leila Buchanan
Željko Ivanek: Blake Sterling
Bill Smitrovich: Raymond Jarvis
Ian Anthony Dale: Simon Lee
Lisa Vidal: Christina Martinez
Scott Patterson: Michael Buchanan
Taylor Cole: Vicky Roberts
Clifton Collins Jr: Thomas


Articolo correlato qui.

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Wednesday, December 10, 2014

Oblion, la cospirazione

http://zret.blogspot.ch/2014/12/oblion-la-cospirazione.html

Oblion, la cospirazione

Essere, non solo esistere.

Viviamo in tempi paradossali. Così, se intendiamo estrarre dal mondo una scheggia di verità, dobbiamo rivolgerci alla fiction, mentre i media istituzionali curano la produzione di sceneggiati a puntate: si pensi al patetico teleromanzo sull’Ebola.


Dagli interessi coltivati dall’autore, Valerio Petretto, ho subito fiutato che il suo romanzo, “Oblion, la cospirazione”, era un’audace prospettiva su motivi border line. Non mi sbagliavo: il giovane scrittore, sin dalle prime pagine, ci scaraventa nel buco nero di una congiura spaventosa.

Il testo, più simile ad una sceneggiatura cinematografica che ad un’opera narrativa, si avvale di un montaggio adrenalinico e di spiazzanti analessi, mentre rincorre la verità che non vogliamo accettare: gli uomini, intrappolati ed intorpiditi nella materia, non sono liberi e la storia è una gigantesca menzogna.

Molti leggeranno il libro come un racconto di fantascienza, avvincente e ricco di colpi di scena, immedesimandosi negli eroi, Max e Johanna, cui tocca scoprire il duplice imbroglio: quello della vita e quello della morte. “Oblion”, però, è molto di più: nonostante la prosa un po' trascurata e la convenzionalità delle descrizioni, la fatica di Petretto cattura il lettore per la sua presa sul tema del destino, una specie di “eterno ritorno” senza scopo né speranza di riscatto.

Mentre l’autore concatena le sequenze che conducono all’allucinante epilogo, ci accorgiamo che le catene dell’illusione sono strette ancora di più. Riusciremo mai a spezzarle?


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Monday, April 14, 2014

Momento X Num.2

http://www.tankerenemy.com/2014/04/momento-x-num2.html

Momento X Num.2


Ferve il dibattito sulla narratologia: è disciplina capziosa e, alla fine, inutile o i suoi strumenti possono essere proficui nell’analisi del testo? Riconosciamo che adottati cum grano salis i criteri narratologici possono rivelarsi formidabili chiavi di lettura.

In "Momento X Num.2", l’autore, Renato Esposito, opta per la focalizzazione esterna, lasciando al destinatario l'ingrato compito di tappare i buchi narrativi, di ipotizzare vie d’uscita. In un panorama letterario che adempie per lo più una funzione consolatoria o di intrattenimento, è una piacevole (e sconvolgente) sorpresa imbattersi in un racconto tanto forte ed impietoso. Se le prime sequenze si giocano ancora sul piano di un realismo descrittivo, l’intreccio poi vira (o precipita?) verso la dimensione del fantastico ed è qui che lo Spannung si tende sino al parossismo, allo spasmo mortale.

Poiché gli opposti si toccano, è proprio la parte soprannaturale ad aggredire con maggiore energia la realtà odierna: non è certo lo scenario fittizio dei media ufficiali, ma quel mondo magmatico che si agita dietro le confortevoli apparenze.

Ci pare che il giovane scrittore abbia travalicato i confini dei sottogeneri per restituirci attraverso la sua descensio ad inferos, senza anabasi, l’istanza etica di una coraggiosa disperazione che stride con il cieco ottimismo di un’umanità perduta.

Così la riflessione sul destino del singolo e della collettività può inarcarsi come un gigantesco punto interrogativo ad uncinare la carne dell'anima.

Di seguito la trama di “Momento X Num.2”.

“La protagonista di questa puntata è Serena, giovane e bellissima addetta stampa per il Ministero dell'economia, la cui vita è sconvolta da una telefonata a Cannes nel cuore della notte in occasione del G 20. La distruzione del Moloch di menzogne eretto dagli occulti centri di potere non è un processo indolore neppure fisicamente, con il morbo di Morgellons nel sangue a compiere il suo dovere, ma per Serena una sola cosa importa ormai: riuscire a salvare le vittime di quel nubifragio di Genova, indotto dalle stesse spietate forze che decidono nell'ombra il destino dell'umanità”.

Momento X Num.2 è visionabile qui.

Qui, invece, il link per scaricare le applicazioni gratuite per leggere l'e-book, anche se non si possiede un e-book reader. 
 

Monday, September 23, 2013

The outer limits

http://zret.blogspot.co.uk/2013/09/the-outer-limits.html

The outer limits



“The outer limits” è una serie televisiva statunitense a carattere fantascientifico trasmessa dal 1963 al 1965. Per temi e taglio ricorda la produzione “Ai confini della realtà” (The twilight zone) risalente al 1959. A differenza della serie lanciata nel 1995, quella classica è inedita in Italia.

“C'è un punto nel vostro televisore, un punto che fissate quando andate oltre l'immagine. Noi abbiamo deciso di espandere quel punto per passare direttamente dallo schermo al vostro pensiero. Potremo così inondarvi con migliaia di immagini o penetrarne una fino all'essenziale ed ancora oltre. Vi porteremo dove nessuno ha mai osato portarvi, per esplorare nuovi confini. Nella prossima ora viaggerete attraverso nuovi modi di vedere e di sentire. State per sperimentare le meraviglie ed i misteri che salgono dai più remoti angoli della mente... oltre i limiti. Outer limits”.

Con queste parole conturbanti e fascinose la voce fuori campo introduce ciascun episodio. I “capitoli” furono trasmessi nel 1995 a trentadue anni di distanza dalla serie originale. La rivisitazione fu realizzata dalla “Trilogy Entertainment Group” con Richard B. Lewis, Pen Densham e John Watson come produttori esecutivi.

La fantascienza nella letteratura e nel cinema è sottogenere predittivo, ma forse più che basarsi su una lettura del presente pionieristico per preannunciare eventuali sviluppi tecnologici e scenari futuribili, essa materializza i nostri peggiori incubi. Incubi o forse circostanze ed eventi che albergano in un mondo parallelo? Sono più verosimili le notizie dei media ufficiali o gli immaginifici intrecci di certi autori? Qualche interferenza tra realtà e fantasia sposta la comprensione verso il centro pulsante della verità…

Di seguito i canovacci di alcuni episodi, appartenenti ad entrambi i cicli. Qualcuno coglierà nelle isotopie (l’invasione aliena, la congiura mondiale, l’ingegneria genetica…) inquietanti similitudini con scorci attuali. Coincidenze? Messaggi? Intuizioni? 


zret, somaro, la fantascienza parte da elementi reali (scienza) e dalle nostre paure. mette tutto insieme in un'ambientazione di fantasia (ti sei mai chiesto perche' si chiami fantascienza o science-fiction?) e quello che ne esce e' FINZIONE. Ovviamente partendo da elementi reali ci sono per forza delle isotopie.




7 O.B.I.T.

Un'agenzia governativa dispone di un dispositivo computerizzato che permette di spiare ogni persona attraverso le onde emesse dall’encefalo. Una concatenazione di peripezie porta alla conclusione che il macchinario è parte di un disegno alieno per conquistare la Terra.

9 Corpus earthling

Un uomo, grazie ad una placca metallica presente nel suo cervello, intercetta i discorsi di due extraterrestri che intendono invadere Gaia, impadronendosi della mente degli abitanti. La moglie del protagonista è una delle prime vittime del mind control.

31 The chameleon con Robert Duvall

Un uomo comincia a subire una metamorfosi da quando alcuni visitatori sono atterrati sulla Terra. Le alterazioni sono di tipo genetico: i cambiamenti si conclamano, dopo che uno degli alieni lo ha graffiato. Il malcapitato, diventato simile agli intrusi, decide di seguirli.

***

Episode 08 - Living Hell

La vita di Ben Kohler è salvata grazie all’innesto di un microimpianto sperimentale direttamente nel cervello, ma, come effetto collaterale, il giovane comincia a vedere delle immagini di violenza e di morte. Sono sequenze retiniche che provengono direttamente dalla mente di un omicida seriale.

Episode 14 - The new breed

Uno scienziato, nel tentativo di trovare un modo per riparare le cellule danneggiate dell’organismo, inventa dei nano-robot. Un assistente di laboratorio si impossessa di nascosto dei nanobot nella speranza di curare il tumore che lo ha colpito, ma le conseguenze sono catastrofiche.

Episode 20 - Birthright

La tranquilla vita di un senatore statunitense cambia dopo un incidente, in seguito al quale il politico si rende conto di essere un alieno in incognito, con la missione di modificare l'atmosfera terrestre.

Episode 21 - The voice of reason

Una cospirazione mondiale è scoperta da un pilota dell'Aeronautica statunitense, ma la commissione governativa, cui egli si è rivolto per denunciare le trame, è incredula…

Episode 36 - Afterlife

Condannato per un crimine che non ha perpetrato, un uomo ha due possibilità: la pena capitale oppure prendere parte ad un esperimento militare. Naturalmente opta per l’esperimento che prevede l'introduzione di D.N.A. alieno nelle sue cellule.

Fonti:

R. Auricchio, The outer limits: guida agli episodi
Enciclopedia della televisione, Milano, 2008, s.v. inerente



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Monday, June 24, 2013

Il quinto tipo

http://zret.blogspot.it/2013/06/il-quinto-tipo.html

Il quinto tipo

Un giovane autore, Giacomo Banchelli, ha deciso di cimentarsi nel tema delle interferenze aliene con un romanzo, “Il quinto tipo I capitoli del mutamento”. Prima di lui, già il disegnatore e sceneggiatore Giuseppe Di Bernardo aveva attinto all’immaginario malanghiano per “The secret”, la coinvolgente saga a fumetti con mattatore Adam Mack.

Banchelli dipana un intreccio dove il protagonista, Jonathan, entra in contatto con la realtà al tempo stesso più vicina all’uomo e più da lui ignorata, l’universo della Coscienza. Così i vari eventi, l’incontro con un bonario docente universitario, Roberto Montebelli, la storia d’amore con la sensibile Francesca, le peripezie nell’installazione extraterrestre in cui svolge un ruolo decisivo il militare Stefano… promuovono la catalisi dell’introspezione, spingendo il lettore ad interrogarsi su argomenti vertiginosi.

“Il quinto tipo” è un libro di fantascienza, ma sui generis, con l’ambizione a suggerire una ricostruzione del passato in modo da giustificare il nostro atroce presente ed un incerto futuro. Le implicazioni filosofiche sono, però, risolte nel racconto, spesso ipercinetico e convulso; sono proposte attraverso la prospettiva interna di Jonathan, adolescente inquieto e ribelle. Il suo rifiuto del sistema configura una sorta di Bildungsroman, ma la maturazione avviene in modo repentino, specialmente perché gli avvenimenti precipitano nel breve volgere di poche settimane. All’epifania interiore, che porta il ragazzo a scoprire il luminoso abisso dell’Anima, fa da contrappunto l’apocalissi nel cielo dove una malvagia entità si palesa, al culmine di un cataclisma che devasta un’ampia regione del Mediterraneo.

La tensione vibra un po’ in tutto il romanzo e solo brevi pause offrono un ritmo più disteso: le riposanti ore trascorse da Jonathan e Francesca sotto un ciliegio, il pranzo a casa del professore, la rigenerante sosta in campagna, dopo la fuga rocambolesca dalla base… E’ singolare: Banchelli, nonostante appartenga alla recente generazione tecnotronica, sa schiudersi, di quando in quando, alla natura, superando il solipsismo di tanti scrittori contemporanei, prigionieri delle loro snobistiche nevrosi.

Rinuncia poi ad un epilogo chiuso, lasciando in bilico il destino dei personaggi e dell’umanità, forse prossima ad essere annientata in una catastrofe di proporzioni cosmiche.

Nonostante qualche asperità linguistica, “Il quinto tipo” si gradisce soprattutto per l’incalzante montaggio e per l’asciuttezza dei dialoghi. La narrazione può essere ancora, in qualche caso, catartica o almeno consolatoria di una condizione umana del tutto disumana. D’altronde restano ormai solo le narrazioni e le illusioni… che sono in fondo la stessa cosa.


Friday, March 15, 2013

Il pesatore di anime

http://zret.blogspot.co.uk/2013/03/il-pesatore-di-anime.html

Il pesatore di anime

Sunday, December 9, 2012

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte) meglio un'accozzaglia di trioate sgrammaticate ed anche un po' acconguagliate no, Zret?


http://zret.blogspot.com/2012/12/uno-o-due-messia-seconda-ed-ultima-parte.html

Uno o due Messia? (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

Il contrappunto è dato dalle parole parenetiche trascritte da Luca (6,27-38): “Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla ed il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati ed i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.

L’esortazione del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) collide con la concione infiammata del comprimario. Collide fino ad un certo punto: Giovanni di Gamala (?) non sarà stato tanto in disaccordo sul metodo, se non sul merito, ossia cementare gli Ebrei tutti, di là da inimicizie tra sette e tribù, in nome della causa comune: il rovesciamento dell’inviso potere romano e l’instaurazione del Regno di Israele, un regno molto terreno. Siamo autorizzati a pensare che il messaggio sia rivolto a tutta l’umanità e non ai Giudei?

Lo stesso arcinoto “discorso della montagna” sembra più un pamphlet “comunista” e rivoluzionario che un appello alla fraternità universale, quantunque il Messia levitico non sia scevro qua e là di voli sublimi e di profondi insegnamenti, per lo più radicati nell’humus egizio e nelle filosofie ellenistiche. E’ da questo humus che sbocciò il bel fiore noto come Vangelo di Giuda Tommaso, un opuscolo dove i temi canonici si accendono di scintille esoteriche. Non sono poche anche le gemme incastonate nel Vangelo di Cerinto (Giovanni), ma si respira un’altra aria rispetto ai sinottici.

“Non andate fra i pagani e non entrate nel paese dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 10,5-6) Ancora: “Non sono stato mandato, se non alle pecore perdute della Casa di Israele”. (Mt 15,24) Si troveranno pure dei versetti in cui sembra che si affermi il contrario: fatto sta che ai Messia interessava poco o punto il destino dei Gentili. Fu Paolo o chi per lui a cambiare le regole, mentre si stava ancora giocando la partita. Era, invece, controverso se riammettere i disprezzati Samaritani nell’ovile. L’episodio della Samaritana al pozzo lascerebbe pensare che per coloro la porta non fosse sbarrata.

In questa passeggiata tra i labirinti narrativi dei Vangeli ci imbattiamo in un altro personaggio molto intrigante: è Giuda Tommaso detto Didimo (ossia Giuda Gemello detto Gemello… sfrontata tautologia con cui si tentò di nascondere l’identità dell’apostolo). Chi fu costui? Presumibilmente uno dei fratelli del Signore (Il Messia di David): in quanto gemello omozigote gli assomigliava a tal punto da essere scambiato per il germano? Si spiegherebbero così episodi come la Resurrezione e la mancata agnizione del Redentore per opera di due discepoli sino alla cena in Emmaus.

Altri personaggi in cerca di identità sono Maria Maddalena e Lazzaro (Eleazar, "il discepolo che Gesù amava"): ormai molti studiosi sono proclivi ad identificarli rispettivamente con la consorte del Messia regale e con il cognato, strenuo difensore della roccaforte di Masada.

Non manca chi (ad esempio, lo studioso David Donnini) in questo giuoco delle parti, in questo turbinio di figure ora mascherate (Lazzaro) ora sdoppiate (Giuda Taddeo e Giuda Tommaso sono probabilmente lo stesso discepolo etc.) ora incollati (i due Messia a formare il Cristo paolino ed ufficiale) crede che Giovanni Battista, altra labilissima silhouette tra racconto e mito, possa essere identificato con il Messia sacerdotale. E’ supposizione su cui è difficile pronunciarsi, ma, a nostro parere, se fosse plausibile, accennerebbe ad una rivalità tra i due copratogonisti. Il cosiddetto precursore del Cristo fu, infatti, un suo concorrente, come si evince da alcuni passi dei Vangeli. E’ una rivalità che contrasta con l’apparente cooperazione tra i due mattatori.

Sia come sia, il corpus su cui si fonda una storia nota a tutti - e proprio per questo ignorata - nonché la fede di circa due miliardi di “cristiani” è uno dei più grossi pastiches della letteratura. Un’analisi narratologica si rivela dunque più proficua e non meno avventurosa degli innumerevoli studi storiografici e filologici, ammesso e non concesso che sia così importante tentare di accostarsi ad una verità storica, invece che ad una verità ultima.


Wednesday, December 5, 2012

The Kovak box

http://zret.blogspot.co.uk/2012/12/the-kovak-box.html

The Kovak box

“The Kovak box” è una pellicola britannico-spagnola del 2006. Le vicende della produzione, con la regia di Daniel Monzón ed interpretata da Timothy Hutton, Lucia Jiménez, Annette Badland e David Kelly, sono ambientate nell’isola di Majorca.

David Norton (Timothy Hutton) è un romanziere di successo che sbarca a Majorca per una conferenza in cui presenta il suo ultimo libro. In albergo la fidanzata dello scrittore, dopo aver ricevuto una misteriosa telefonata, si uccide, lanciandosi dal terrazzo [zretino e' uno scrittore fallito - speriamo che non si suicidi gettandosi dal terrazzino su uno dei tankeroni che volano bassi...]. Dopo la disgrazia, una catena di strani "incidenti", attanaglia il protagonista ed una giovane, scampata miracolosamente ad una fine identica. Norton un po’ alla volta diventa l’eroe recalcitrante di disavventure dipanate secondo gli schemi di una diegesi che fagocita la libertà (l’illusione di essere liberi).

Forse di là dalle stesse intenzioni di regista e sceneggiatore, il film si legge come metanarrazione, ossia come ragionamento sui meccanismi del racconto. Dove finisce il racconto dell’esistenza e dove comincia la trama di un romanzo? Non ci sentiamo a volte attori diretti da un regista invisibile?

Invisibile, ma proprio per questo motivo tanto più scellerata, è l’azione dei servizi che manovrano cittadini ignari ed eventi la cui eco è amplificata nel gelido orrore della morte mediatica.

Ignorato per le sue allusioni dirompenti ai microprocessori sottocutanei, all’eliminazione dei dissidenti per mezzo di messaggi post-ipnotici che istigano al suicidio, “The Kovak box”, intaglia nell’antagonista di Norton il personaggio più persuasivo. E’ uno scienziato, un genio del male roso da un male implacabile. L’angoloso David Kelly impersona soprattutto il ruolo di narratore onnisciente che pilota intreccio e personaggi verso un epilogo tanto più tragico poiché inesorabilmente previsto e prevedibile.

Le scelte registiche e di montaggio in linea con le soluzioni classiche tendono a diluire la tensione che stira le sequenze. Nondimeno le note languide ed ossessive di “Gloomy Sunday”, i sinistri esperimenti di controllo mentale contrappuntati dalla mediterranea bellezza della Jiménez e dell’isola, riscattano la pellicola da una certa convenzionalità dei mezzi espressivi.

L’epilogo con l’autore che, a bordo dell’aereo, comincia a scrivere la storia di cui è stato vittima consapevole, dichiara la scrittura come condanna e catarsi, forse come l’unico modo per essere padroni del proprio destino.

Friday, November 23, 2012

Uno o due Messia? (prima parte)


http://zret.blogspot.com/2012/11/uno-o-due-messia-prima-parte.html

Uno o due Messia? (prima parte)

Chi legga in modo spassionato i Vangeli deve convenire che non di un solo Messia sono narrate le vicende ed è riferita la predicazione, ma di due. Poco importa se essi furono personaggi storici o no: le religioni germinano attorno ad un’idea che può essere incarnata da una figura carismatica realmente esistita, ma pure coincidere con una prodigiosa mitopoiesi.

Saremmo propensi a vedere nei Messia evangelici (compresi quelli tratteggiati nei libelli apocrifi) due uomini che veramente vissero in Palestina tra il I sec. a. C. ed il I secolo dell’era volgare. Per ironia (o frode?) della storia al Cristo politicizzato è stato attribuito un messaggio di amore ecumenico, mentre la placida figura del Messia di Aronne (Yeshua - Gesù bar Abba) è stata o appannata o svilita in malfattore, a tal punto che il vocabolo “barabba” è assurto a sinonimo di “briccone”.

Che cosa induce molti studiosi ad ipotizzare che i Messia fossero due? Gli indizi non mancano: gli Esseni, confraternita nel cui milieu o ai margini del quale si sviluppò il movimento ebionita, attendevano due Messia: uno regale ed uno sacerdotale. La congiunzione Giove-Saturno, che fu forse la stella di Betlemme, adombra la distinzione menzionata. Il Vangelo di Matteo contiene una genealogia regale, laddove Luca riferisce l’ascendenza levitica.

Non solo. I Vangeli di Matteo e Marco riportano due distinti episodi in cui Gesù moltiplicò pani e pesci per sfamare la moltitudine che lo aveva seguito: nel primo (Matteo 14,13-21, Marco 6,30-44) con cinque pani e due pesci rifocillò cinquemila persone; nel secondo (Matteo 15,32, 45, 44. Marco 8,1-10) con sette pani e "pochi pesciolini" il Salvatore ristorò quattromila seguaci.

La prima moltiplicazione è riportata anche da Luca (9,10-17) e Giovanni (6,1-14). E’ probabile che i due pesci siano i due Messia; i cinque pani, in tale contesto, dovrebbero simboleggiare i cinque libri della Torah.

Più di queste tracce è, però, la dicotomia diegetica e descrittiva a deporre a favore della congettura in oggetto. Coesistono nei Vangeli un Cristo combattivo ed uno mite: le loro vicende procedono desultorie non solo per i tagli, le cuciture e le ricuciture del tessuto narrativo, ma anche poiché lo scrittore pare seguire due itinerari, dipingere due attanti principali. La regia è piuttosto scaltrita, ma gli stacchi, le incongruenze affiorano: il montaggio è di tipo sovrano per necessità (e per la difficoltà ad armonizzare ed incastrare sequenze eteroclite) e non per scelta estetica.

Così si giustappongono episodi discordanti e proclami onestamente inconciliabili. Matteo 10, 34-38 scrive: “Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Perché sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno i suoi familiari.”

Luca è ancora più bellicoso, anzi incendiario: “Sono venuto a portare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso! Devo ricevere un battesimo e quanto mi sento angustiato, finché non sia compiuto. Credete che io sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. Perché d’ora in poi cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Saranno divisi il padre contro il figlio, il figlio contro il padre, la madre contro la figlia, la figlia contro la madre, la suocera contro sua nuora, la nuora contro la suocera.” (Luca 12, 49-53)

Luca 35-38 riporta un dialogo dove all’ordine messianista è stata aggiunta una pacifica coda paolina: "Quando vi ho mandato senza borsa né bisaccia né sandali vi è forse mancato qualcosa?". Risposero: "Nulla". Ed egli soggiunse: "Ma ora, chi ha una borsa la prenda e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37 Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine". 38 Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade". Ma egli rispose "Basta!"

Ecco che ci si sbizzarrisce con le esegesi metaforiche, simboliche, allegoriche… Spesso sono letture molto brillanti: peccato che brillino di una luce da oggetto di bigiotteria. Piaccia o no, siamo al cospetto di contenuti politici anti-romani maldestramente aggiustati, a guisa di un abito rappezzato alla bell’e meglio. Il Cristo depoliticizzato piaceva a Paolo: faceva alla sua bisogna. I dissidi con Giacomo, fratello del Signore, e gli altri Nazirei erano inevitabili, ma la propaganda nicena li cancellò: fu come propiziare la pace tra Eteocle e Polinice. Tanto chi conosce Eteocle e Polinice e chi era ed è al corrente delle dispute tra l’apostolo dei Gentili e gli Ebioniti? 




Monday, November 19, 2012

Epos


http://zret.blogspot.it/2012/11/epos.html

Epos

Paradossi e scosse dell’affabulazione


Che cosa spinge quasi tutti noi a raccontare quanto ci è accaduto? Si noti: molti ci trattengono per snocciolare episodi insignificanti e, non paghi di avercene resi partecipi una volta, ripetono l’insulsa storia ogni qual volta trovano l’appiglio idoneo. [parola di esperto di storie insulse] Non sono soltanto gli anziani ad amare la rievocazione di vicende o aneddoti del “buon tempo andato”, sebbene con il passare degli anni l’inclinazione affabulatoria si intensifichi.

Che cosa significa allora raccontare? Anzi, qual è lo scopo recondito? Ognuno ha il suo épos personale, pallidissima ombra dell’épos antico dove la diegesi di eventi archetipici assurge a simbolo, si eterna nella regione intangibile del mito. Quale differenza rispetto alla squallida e noiosa cronaca in cui si è intorpidito l’istinto narrativo! L’esposizione esemplare è stata eclissata dalla chiacchiera (Heidegger) in cui l’intreccio si sfilaccia, si sfibra. Secoli fa l’eco solenne dell’aedo scivolava nel mégaron sulle calde onde di luce che si sprigionavano dal focolare, oggi il borborigmo della chat

“In principio era il Lògos”... che è anche racconto. Dio narra a sé stesso il suo sogno infinito, ne dipana i fili che ora si aggrovigliano ora strangolano le galassie, i sistemi solari, le creature. L’universo è un grandioso romanzo senza né capo né coda, il delirio mistico di un febbricitante.

Quando ci ritroviamo a ripercorrere un evento del passato, nel nostro piccolo, strappiamo al tempo inesorabile un brandello di significato. Ci illudiamo di averlo strappato all’esistenza che è diaspora, entropia. Essa corre a rompicollo verso il decadimento e la senescenza, verso la fine.

Dio stesso non sarà roso da una struggente nostalgia per la condizione primigenia, prima che Egli si immergesse nel sangue dello spazio, prima che Egli si incarnasse nel tempo?

Un racconto di sapore ancestrale: narra il mito ellenico che Crono (il Tempo?), [che cazzo d'interrogativo è, in greco chronos significa tempo] spodestando il genitore, Urano (il Cielo, lo Spazio?), [altro interrogativo del cazzo: ouranos vuol dire cielo] lo evirò con un falcetto. Il Tempo è lo strazio del Cielo, il supremo sacrificio compiuto dalla “fondazione del mondo”. Il sangue dell’evirazione si spande per tutto l’universo, sino nei suoi angoli più remoti, si addensa e si impasta alla sofferenza ed alla morte. Il sangue è simbolo dell’èros, della vita e dell’espiazione ed è inutile piangere sul sangue versato. [ma non era il latte?] Così solo da un nume mutilato può nascere la generazione successiva delle divinità, sorgere la creazione. Il seme deve spaccarsi e perire affinché germogli. Il cosmo può esistere solo come carneficina, anzi come fallito suicidio per opera di Dio. La morte abbraccia la vita che alla fine è strozzata in un amplesso fatale.

Sotto un portico al freddo, Dio, affamato, la barba incolta, batte i denti guasti: non ricorda chi fu né perché abbia deciso di lanciarsi nel vuoto senza paracadute. [eh?????]
Descrivere, riferire, esprimere, comunicare… per ognuno di noi viene il giorno in cui finalmente potremo raccontare non un caso rilevante, ma l’avvenimento per eccellenza.

Quel giorno, però, dalla bocca non uscirà neppure un suono. Smaniosi di raccontare a chicchessia l’unico accidente che davvero merita di essere raccontato, non troveremo nessuno che ci possa ascoltare. [allegria!]





Thursday, November 10, 2011

Il grande progetto

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Il grande progetto

Wake up, before it's too late.

“Il grande progetto” è l’epilogo della serie “The secret”: la mitopoiesi di Giuseppe Di Bernardo si dipana in una storia potentemente evocativa, venata di tinte messianiche. Nell’ultimo episodio della saga, gli archetipi ed i temi disseminati nella storia (il sogno nel sogno, l’eterocromia, simbolo di una conflittualità irrisolta, eppure feconda, gli uomini dormienti, l’enigma dell’anima…), trovano la loro collocazione narrativa, persino una possibile spiegazione che è quasi una quadratura del cerchio.[1] Così manipolazioni genetiche, antichi retaggi, rapimenti, itinerari nell’ignoto, metamorfosi e nascondimenti, orizzonti sfocati di un inganno millenario, via via si precisano, illuminati da subitanei bagliori. Si chiariscono poi i ruoli dei personaggi principali, nei cui nomi (Adam, Soul, Sophia) è un destino.

Il progetto, cui si riferisce il titolo, inscena l’atto finale di un conflitto cosmico che, risalente ad età remote, si ingolfa oggi nel varco cruciale: da un lato oscure presenze dominatrici, dall’altro l’umanità in bilico tra narcosi e risveglio, tra dannazione e salvezza.

Gli ideatori della serie affidano il loro messaggio interlocutorio ad un avvincente racconto ad incastro, dove il protagonista, Adam Mack, una sorta di Eracle moderno, affronta epici cimenti, il cui successo non è scontato.

Il bravissimo Rosario Raho disegna le tavole, costruendo quasi un’iconografia religiosa nella sottolineatura del ruolo “salvifico” di Adam, mentre la sceneggiatura ed il montaggio, recuperati in analessi alcuni presupposti, ci conducono nei meandri delle avventure e nelle camere segrete della Grande Piramide.

Atttaverso la fantasia abbiamo imparato a scoprire (o a riscoprire) un potenziale sopito, forse a concepire l’inconcepibile.

Con il tramonto della quadrata ed accecante ragione, finalmente splenderanno gli astri?

[1] Il motivo dell’eterocromia di Adam Mack, che ha un occhio nero ed uno azzurro, ispira il pensoso poemetto di Giovanni Pascoli intitolato “Aléxandros”. Anche qui adombra una tensione interiore, il dualismo che dilania gli animi più sensibili, gli spiriti consapevoli della condizione umana.

Wednesday, August 3, 2011

Cuore sacro

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Cuore sacro

“Cuore sacro” è il quinto episodio della saga “The secret”. Adam Mack è preso nel turbine di avventure rocambolesche sino al sacrificio di sé, pure in senso letterale o quasi: l’intreccio, sorretto da una sceneggiatura arguta, ci porta nel mondo dei Maya cosmici con le loro conturbanti tradizioni, gli oscuri oracoli, l’ossessione per il tempo.

Giuseppe Di Bernardo sa armonizzare la cronaca più truculenta con le ombre della storia occulta, in un racconto serrato dove il raffinato umorismo si alterna alla riflessione sull’ultima epoca. Così, da un lato sono sceneggiate le gustose battute tra l’eccentrico Conrad Malcor ed il quadrato Adam Mack (la sinergia tra disegno e testo genera effetti esilaranti) dall’altro sono tratteggiate situazioni labirintiche che ci spingono ad interrogarci sulla natura del reale, sulla continuità-discontinuità tra la nostra dimensione ed altri livelli di esistenza.

Mentre i piani narrativi si inclinano in un paio di analessi, tra understatement e moniti sul “tempo che stringe”, in questo numero diventa cruciale il ruolo di Soul (nomen omen), la fidanzata del protagonista, come il contrappunto ironico del carlino, una sorta di daimon socratico.

“The secret” è un albo colto e non tanto per le citazioni ed i riferimenti filosofici e scientifici che lo punteggiano, quanto per lo spessore dell’ispirazione che lo anima, per l’ampiezza delle vedute e la forza visionaria, quella che i critici sprezzanti ed incauti chiamano “complottismo”.

Questo numero lo conferma. Pur nell’intento di intrattenere, Di Bernardo, con il prezioso ausilio di Fabrizio Galliccia, artista dal tratto preciso e straordinario disegnatore di espressioni, non rinuncia a suggerire scenari ed orizzonti possibili: il ruolo preminente della Chiesa cattolica nelle congiure, l’importanza del passato che si incanala nel presente, l’esacerbazione del conflitto tra la Luce e le Tenebre, la speranza in un’umanità che possa ritrovare finalmente la propria anima.

E’ una speranza che l’autore affida all’aiutante dell’eroe, la giovane ed attraente Mayahuel: “Questi libri contengono molte profezie, ma l’uomo è dotato di libero arbitrio ed è padrone del suo destino. Per questo le profezie non si avverano mai. Sono solo indicazioni, avvertimenti.”

Se, però, non ascolteremo certi avvertimenti, abbiamo l’impressione che il destino, volenti o nolenti, si compirà.

Saturday, April 30, 2011

Predatori di anime

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Predatori di anime

“Predatori di anime” è il secondo episodio della serie a fumetti “The secret”, albo ideato da Giuseppe di Bernardo, cui si devono l’originale soggetto e l’arguta sceneggiatura. In questo numero le tavole sono dell’esordiente Rosario Raho: il suo disegno asciutto e quasi araldico culmina nei quadri di paesaggi notturni in cui Raho riesce a suggerire, miracoli del bianco e nero, la fosforescenza degli U.F.O. La grafica essenziale ben si adatta soprattutto a raffigurare situazioni in cui sono protagonisti dei bambini (i precursori anagrafici degli eroi) con il loro immaginario ingenuo e fantasioso.[1]

La seconda avventura di “The secret”, che vede protagonista lo scanzonato Adam Mack, sviluppa i tratti anti-realistici già presenti in nuce nel primo episodio: lo spazio e soprattutto i piani temporali si moltiplicano e si intersecano, attraverso il gioco dei rimandi, delle analessi e delle psichedeliche esplorazioni dell’inconscio. Si sarebbe tentati di asserire che il cuore pulsante di “Predatori di anime”, non è tanto il tema dei parassiti alieni, ma la riflessione sul tempo: in che misura la dimensione cronologica è “oggettiva”? Il tempo rettilineo, simile al tragitto unidirezionale di una freccia, non è forse una trappola della mente?

Su questo orizzonte euristico si stagliano le vicende di Mack e degli altri personaggi, dai nomi evocativi: Robyn, Soul, Conrad Malcor (l’alter ego di un noto ufologo). Sono figure, se si esclude il “dottore degli alieni”, schizzate con attenzione al ruolo più che alla psicologia, come si conviene ad una storia che, gradatamente, colloca nelle giuste posizioni gli attanti.

Nel districarsi della trama, tra colpi di scena e retrospezioni in bilico tra avventura e lirismo, spesso con un pizzico di brio, si ricostruisce un po’ alla volta l’antefatto. Di Bernardo predilige una narrazione per scatti ed addizioni ad un racconto disteso: la continuità espositiva risulta in questo modo spezzata nell’entralecement con effetti stranianti. Si dura fatica a riavvolgere gli eventi, secondo un processo rassicurante di causa ed effetto, mentre le stesse teorie malanghiane, con un’incursione nella tradizione celtica, perdono qualsiasi tono apodittico, anzi velate come sono di una sottile ironia, si assimilano agli altri ingredienti narrativi.

Nonostante il gusto del racconto per il racconto, il lettore è indotto a porsi il quesito-epigrafe da cui si irradia la storia: “L'uomo è davvero al vertice della piramide alimentare o è a sua volta l'inconsapevole nutrimento di spaventose creature?” Le risposte sono mere ipotesi e le stesse ipotesi si aprono in una raggiera di percorsi più o meno praticabili, ma la domanda non solo è ben posta: è doverosa. Ne va del nostro futuro.

[1] La presentazione porta la firma di Dario Maria Gulli che, insieme con la citazione delle fonti cui si è ispirato “Predatori di anime”, anticipa una collaborazione fra “The secret” ed “X Times”, la rivista diretta dall’ottima Lavinia Pallotta.



Saturday, March 12, 2011

Testamento

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Testamento

Una conversazione, non un trattato teologico.

Tempo fa, discorrevo con un amico sul motivo che avrebbe spinto Dio a creare o ad emanare questo universo meravigliosamente sciancato. Alla fine ipotizzammo che fu il senso di solitudine. E’ ovvio che tale congettura prescinde da un ragionamento teologico rigoroso, poiché Dio, comprendendo tutto in sé, non dovrebbe essere afflitto dalla solitudine, ma, in fondo, in questa maniera lo si umanizza.

Così immaginiamo che, nel modo in cui uno scrittore costruisce i suoi personaggi per poi muoverli nel bosco della narrazione, così Dio ha creato il cosmo con i suoi abitanti, per sentirsi in compagnia. Come il narratore delinea figure ed inventa intrecci che, un po’ alla volta, prendono vita propria – si pensi al dramma “Sei personaggi in cerca d’autore” - in guisa analoga Dio ha dato vita ad esseri in carne ed ossa per animare uno spazio altrimenti vuoto.

E’ incredibile come una disciplina per molti versi arida e pedantesca, quale la narratologia (qui narrateologia), si riveli ricca di spunti non solo per interpretare testi non imperniati sul racconto, i sogni e la stessa vita, ma pure per bizzarre (forse non tanto) riflessioni sull'Eterno. Dio è una specie di narratore onnisciente: disegna i personaggi, ne sonda l’interiorità e sovente li giudica. Questo tipo di narratore fa e disfa, manipola la dimensione cronotopica, inventa e reinventa… Se non è soddisfatto del manoscritto, lo getta nel fuoco. Evidentemente, Dio, gratificato o no, dagli uomini da lui creati, ha deciso di tenerseli con i loro difetti, moltissimi, ed i loro pregi, pochi, nonostante qualche ripensamento. Forse distruggere il genere umano implica una mutilazione di Dio. Distruggerne per sempre anche uno solo che cosa comporterebbe? Foss’anche un essere infimo, detestabile?

Aristotele scrive che “solo gli animali e gli dei possono vivere in solitudine”: gli dei sì, ma forse ciò non vale per Dio. Certamente gli uomini, se escludiamo gli eremiti ed i saggi, non ci riescono: essi cercano gli altri, si circondano di conoscenti, di amici, dapprincipio per condividere con loro frammenti di vita, poi per tormentarli e tormentarsi in un crescendo che può tramutare l’amicizia e l’amore (ma esisteranno mai l’amicizia e l’amore?) in gelosia, risentimento, discordia. Non si comprende per quale motivo si tenti di rompere il cerchio dell’isolamento, se alla fine ci si accorge che si stava meglio, quando si stava peggio.

“L’inferno sono gli altri”, chiosa gelido, Sartre: gli altri, tante celle infernali in cui si aprono inattesi scorci verso il paradiso, qualche rarissima volta. Viceversa, che cosa ci induce ad amare di un affetto appassionato, sincero e nobilissimo, coloro con cui eravamo entrati tante volte in attrito, quando, però, è ormai tardi, troppo tardi? Siamo un groviglio inestricabile di contraddizioni.

Ci piaccia o no, siamo interdipendenti e stridenti, ma gli studiosi inclini a credere che antichi popoli fossero capaci di vivere in perfetta armonia, probabilmente idealizzano delle società mediterranee definite “gilaniche”. Pare che, come pensano Bachofen ed altri, le culture matriarcali fossero concordi e prospere, poi subentrarono gli Indoeuropei con i loro principi e la loro società tripartita in guerrieri, sacerdoti e lavoratori. La situazione mutò. E’ una ricostruzione di un lontano passato, una delle tante: non so quanto sia plausibile.

Alcuni autori addirittura suppongono che gli uomini migliaia di anni addietro potessero intercomunicare. Chi considera in modo obiettivo la storia, deve solo concludere che, accantonato il falso mito del progresso, l’umanità decadde (in modo improvviso?) da una condizione eccelsa fino a sdrucciolare nell’imbastardimento odierno. E’ uno fra gli insegnamenti della Philosophia perennis, quella che la rende invisa ad evoluzionisti vecchi e nuovi. Evidentemente intervenne un cambiamento ontologico o un errore di trascrizione, quasi in senso genetico, causò, di generazione in generazione, un progressivo deterioramento della specie Homo. Dunque non dovremmo stupirci se il mondo attuale è tanto corrotto ed iniquo, ma restare esterrefatti, quando incontriamo la rettitudine e la nobiltà d’animo. Allo stesso modo un fiore bellissimo può nascere in una discarica mefitica.

Le attuali generazioni sono l’ultimo stadio di un processo degenerativo: se ancora nascono bimbi, non è perché i genitori, tranne qualche eccezione, abbiano in mente un progetto di vita, ma poiché essi obbediscono ad un impulso o per mero conformismo (sposarsi e farsi una famiglia). Che poi alcuni genitori, responsabili-non responsabili, si pentano delle loro decisioni è macigno che ricade sui figli, pronti quasi sempre a ripetere errori tanto biasimati.

Questo istinto è l’estrema degradazione di un’inclinazione a (pro)creare che George Stirner, in un bellissimo saggio, “Grammatiche della creazione”, analizza intrecciando la trama estetica e l’ordito teologico.

Così Dio stesso crea non solo perché solo, ma soprattutto in quanto stimolato da un desiderio di estrinsecazione, il medesimo irrazionale desiderio che spinge l’artista a plasmare, scrivere, dipingere, lo stesso scienziato ad elaborare teorie ed ipotesi, persino l’adolescente a tracciare graffiti sui muri o sui banchi.

Anche quando l’artefice decide di distruggere la sua opera, ne resta qualche traccia, per lo meno, il ricordo. Ecco: questa è la dannazione, il ricordo, come rimpianto, rimorso, rammarico, abitudine a rivangare. Dobbiamo, invece, abituarci a diventare palinsesti, ad abradere il passato che, bello o brutto che sia, è un’ipoteca sul presente. Almeno, in questo modo, il passato, pur continuando ad esistere, non è più visibile. Meglio che niente.

Forse un giorno gli errori cosmici saranno riparati: il male allora non sarà giustificato, ma almeno chiarito e cancellato. La gomma in tasca.




Wednesday, July 8, 2009

Il mondo, la coscienza, il nulla (prima parte)

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Il mondo, la coscienza, il nulla (prima parte)

Il tempo, la più grande illusione, concretizza ogni destino. (Davy)

Niente e nessuno ci può garantire che esiste il mondo fuori di noi. Si racconta che Pirrone, filosofo greco, andasse a sbattere contro gli alberi, poiché non poteva essere sicuro che l'albero fosse un oggetto "esterno", "concreto" e "reale". Da un punto di vista filosofico non aveva torto, sebbene dovesse procurarsi, a causa del suo ostinato scetticismo, dei forti mal di capo: la "realtà" è il risultato di una fede. Noi crediamo che l'albero continui ad esserci, anche quando non lo percepiamo, laddove il fenomeno è letteralmente ciò che appare ai nostri sensi. Fondamentale fu la rivoluzione copernicana con cui Immanuel Kant trasferì lo spazio ed il tempo all'interno dell'io legislatore, della coscienza cui il mondo fenomenico deve adattarsi affinché sia esperito. Tuttavia se, grazie alle filosofie orientali, a Platone, a Berkeley ed all'Idealismo, abbiamo spostato il baricentro dell'essere dall'"esterno" verso l'"interno", restano molti problemi irrisolti.

Orbene riconosciamo, sulla base di acquisizioni antiche e recenti, che l'universo è una proiezione, generata da un oloprogramma. Ricordiamo che energia, spazio e tempo sono "condensazioni" di atti percettivi, provvisorie ed illusorie immagini dinamiche create dal cervello-mente-coscienza. Rammentiamo pure che l'abitudine e schemi a priori producono da un lato la sequenza lineare del tempo, dall'altro la collocazione spaziale degli oggetti, senza che tali caratteristiche ineriscano al mondo in sé. Non è forse un caso se queste forme a priori della sensibilità si strutturano, se consideriamo la linea ontogenetica (lo sviluppo dell'individuo) gradatamente affinché l'individuo possa organizzare la visione dell'universo, secondo un modello empiricamente funzionale, sebbene non veritiero. Sicuramente ci è capitato di sentire dei bimbi che impiegano i tempi verbali in modo contraddittorio. Ad esempio, dicono: "Domani sono andato all'asilo". Questo uso disinvolto e paradossale degli indicatori cronologici sembra denotare una non-oggettività delle relazioni temporali: passato, presente e futuro coesistono nella mente del bambino (diagramma ontogenetico) come nell'età del Sogno appartenente alla mitologia degli Aborigeni australiani. Pare che si possa inferire dalla non-sostanzialità dei rapporti temporali una non-sostanzialità del tempo tout court.

Esterno ed interno sono due aspetti inscindibili: solo per convenzione li distinguiamo, perché è nella coscienza che si configura quel che esiste. L’unitarietà del tutto, l’atemporalità dell’eterno è il fiume eracliteo in cui non è possibile immergersi due volte.

La concezione idealistica del reale sconfina nel solipsismo, poiché, l'universo è in quanto ipse fecit. Il sole sorge comunque anche senza l'io che lo percepisca e lo coaguli in un crogiolo fenomenico? A rigore, no. No, il sole non può sorgere, se l'io non lo percepisce e coagula. Si evita il solipsismo o postulando, con Kant, un noumeno inconoscibile, ma che è il substrato del mondo fenomenico, o ricorrendo ad una Mente che proietta e, nel contempo, esperisce l'universo. Tale Mente, un io penso trascendentale ed ontologico concepito non solo come attività ma anche come sostanza, può essere anche definita Dio, di cui gli io individuali partecipano, come le onde dello stesso mare. Sennonché, a differenza del Dio delle religioni positive, questa Mente non pare coincidere con un Creatore consapevole, ma con una specie di Narratore-Descrittore di possibilità di esistenza (gli enti non necessari), avulse da un fine preciso. Questa Mente è simile ad un sognatore che tesse e disfa racconti ed immagini oniriche e che, solo nel caso dei rari sogni lucidi, riesce a definire l'intreccio ed i ruoli dei personaggi.