L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Saturday, December 24, 2011

L'enigma degli Hyksos (seconda parte)

http://zret.blogspot.com/2011/12/lenigma-degli-hyksos-seconda-parte.html

L'enigma degli Hyksos (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

Diametralmente opposto è il giudizio di altri studiosi che vedono negli Hyksos un popolo rozzo e bellicoso, incurante delle più elementari norme igieniche e per questo flagellato da malattie ripugnanti, quali la lebbra, e cui gli Egizi, dopo averli sconfitti, imposero la circoncisione per riconoscerli. [1] Alessio De Angelis, sulla scorta di Giuseppe Flavio, ritiene che essi fossero gli antenati degli Ebrei (Hapiru o Habiru), giungendo a vedere in Moses il faraone eretico Akhenaton (Amenophis IV), di origine ebraica per parte di madre. De Angelis compie una ricognizione molto accurata, evidenziando una serie di coincidenze tra i due personaggi e tra le due etnie. In particolare il coautore del saggio “Oltre la mente di Dio” sviscera le questioni religiose, evidenziando i nessi tra il dio adorato dagli Hyksos, Baal-Suketh (assimilato a Seth), e successivi sincretismi cultuali, in cui Aton-Adonay si sovrappone a YHWH, nell’ambito di una tendenza enoteista. E’ congettura non nuova: il primo a ricondurre Moses al milieu egizio ed al faraone eterodosso Akhenaton fu Sigmund Freud. E’ una linea interpretativa oggi accettata da quasi tutti gli storici che vedono nel legislatore degli Ebrei un principe o uno ierofante appartenente all’entourage di Amenophis IV. Moses fu, secondo numerosi eruditi, un seguace del credo di Aton. Il nomoteta, coinvolto nella persecuzione che tale fede subì dopo la morte di Akenaton, seguita dalla sua damnatio memoriae, fuggì tra le oasi del deserto dove scoprì la credenza in un unico dio, YHWH, che gli parve sorprendentemente simile all’autoctono Aton. Nella Bibbia aramaica, il Targum, Moses è chiamato Yahudae (Yahud), nome con cui erano designati i sacerdoti di Aton. Questo disegno non convince del tutto, poiché la fede in YHWH fu un caso di monolatria e non di monoteismo, anzi un’esperienza religiosa tribale, coesistente con altre adorazioni nel variegato mondo medio-orientale dell’antichità. YHWH fu probabilmente una divinità venerata a sud della Palestina, soprattutto nel Sinai, dove si eleva il monte in cui il nume si manifestò a Moses.[2]

Lo storico sardo Leonardo Melis, il noto autore che ha dedicato molti anni di intense ricerche ai Popoli del mare e, in particolare, agli Shardana, reputa che il profeta coincida con Neb.Ka.Set.Nebet. Citato nei testi egizi come un principe ereditario, figlio di Seti I e nipote di Ramses I, fu il fondatore della XIX dinastia che da lui prese il nome. Nel nome di Nebkhaset è contenuto quello del dio degli Hyksos, Seth, che erano, secondo Melis, Popoli del mare.

Tirando le somme sulla questione etnica, è possibile che gli Hyksos furono un melting pot, forse con una classe dirigente indo-germanica, che introdusse i cavalli, tipici animali delle steppe centro-asiatiche. All’èlitè si aggregarono, in posizione subordinata, pastori e predoni semiti. Resta il fatto che agli Ebrei, in quanto popolo con una specifica connotazione culturale, ci si può riferire in un periodo successivo all’esodo (se fu un esodo e non una sequela di migrazioni più o meno spontanee): è vero, però, che gli Hyksos, se non furono progenitori degli Habiru, inglobarono gruppi semiti.

[1] Risulta, però, che la circoncisione fosse in uso presso gli Egizi e che gli Ebrei la mutuarono da loro. In verità, tale usanza meriterebbe uno studio non meramente antropologico, ma, per quanto mi consta, l’unico ricercatore che ha approcciato il tema, discostandosi dai soliti criteri interpretativi, è Nigel Kerner. Si legga Our fathers who art from starships, 2010. Lo storico Flavio Barbero, a proposito del celebre racconto biblico in cui YHWH promette a Lot di non distruggere Sodoma e Gomorra, finché vi abiteranno dei giusti, asserisce che i “giusti” erano i circoncisi, distinguibili facilmente da Dio.

[2] La descrizione a tinte fosche degli Hyksos e dei loro presunti discendenti Ebrei da Manetone giunse sino a Cicerone che, in un suo discorso, definì i Giudei “prava gens”, deplorandone l’atteggiamento esclusivista ed il loro superbo astio nei confronti dei Gentili. A. De Angelis vede nelle piaghe d’Egitto le malattie che colpivano gli Hyksos-Ebrei: la blenorrea, la peste, la lebbra, la sifilide… Secondo alcuni interpreti, Mosè portava un velo sul volto per nascondere le deformazioni provocate dalla lebbra.

Saturday, March 12, 2011

Testamento

http://zret.blogspot.com/2011/03/testamento.html

Testamento

Una conversazione, non un trattato teologico.

Tempo fa, discorrevo con un amico sul motivo che avrebbe spinto Dio a creare o ad emanare questo universo meravigliosamente sciancato. Alla fine ipotizzammo che fu il senso di solitudine. E’ ovvio che tale congettura prescinde da un ragionamento teologico rigoroso, poiché Dio, comprendendo tutto in sé, non dovrebbe essere afflitto dalla solitudine, ma, in fondo, in questa maniera lo si umanizza.

Così immaginiamo che, nel modo in cui uno scrittore costruisce i suoi personaggi per poi muoverli nel bosco della narrazione, così Dio ha creato il cosmo con i suoi abitanti, per sentirsi in compagnia. Come il narratore delinea figure ed inventa intrecci che, un po’ alla volta, prendono vita propria – si pensi al dramma “Sei personaggi in cerca d’autore” - in guisa analoga Dio ha dato vita ad esseri in carne ed ossa per animare uno spazio altrimenti vuoto.

E’ incredibile come una disciplina per molti versi arida e pedantesca, quale la narratologia (qui narrateologia), si riveli ricca di spunti non solo per interpretare testi non imperniati sul racconto, i sogni e la stessa vita, ma pure per bizzarre (forse non tanto) riflessioni sull'Eterno. Dio è una specie di narratore onnisciente: disegna i personaggi, ne sonda l’interiorità e sovente li giudica. Questo tipo di narratore fa e disfa, manipola la dimensione cronotopica, inventa e reinventa… Se non è soddisfatto del manoscritto, lo getta nel fuoco. Evidentemente, Dio, gratificato o no, dagli uomini da lui creati, ha deciso di tenerseli con i loro difetti, moltissimi, ed i loro pregi, pochi, nonostante qualche ripensamento. Forse distruggere il genere umano implica una mutilazione di Dio. Distruggerne per sempre anche uno solo che cosa comporterebbe? Foss’anche un essere infimo, detestabile?

Aristotele scrive che “solo gli animali e gli dei possono vivere in solitudine”: gli dei sì, ma forse ciò non vale per Dio. Certamente gli uomini, se escludiamo gli eremiti ed i saggi, non ci riescono: essi cercano gli altri, si circondano di conoscenti, di amici, dapprincipio per condividere con loro frammenti di vita, poi per tormentarli e tormentarsi in un crescendo che può tramutare l’amicizia e l’amore (ma esisteranno mai l’amicizia e l’amore?) in gelosia, risentimento, discordia. Non si comprende per quale motivo si tenti di rompere il cerchio dell’isolamento, se alla fine ci si accorge che si stava meglio, quando si stava peggio.

“L’inferno sono gli altri”, chiosa gelido, Sartre: gli altri, tante celle infernali in cui si aprono inattesi scorci verso il paradiso, qualche rarissima volta. Viceversa, che cosa ci induce ad amare di un affetto appassionato, sincero e nobilissimo, coloro con cui eravamo entrati tante volte in attrito, quando, però, è ormai tardi, troppo tardi? Siamo un groviglio inestricabile di contraddizioni.

Ci piaccia o no, siamo interdipendenti e stridenti, ma gli studiosi inclini a credere che antichi popoli fossero capaci di vivere in perfetta armonia, probabilmente idealizzano delle società mediterranee definite “gilaniche”. Pare che, come pensano Bachofen ed altri, le culture matriarcali fossero concordi e prospere, poi subentrarono gli Indoeuropei con i loro principi e la loro società tripartita in guerrieri, sacerdoti e lavoratori. La situazione mutò. E’ una ricostruzione di un lontano passato, una delle tante: non so quanto sia plausibile.

Alcuni autori addirittura suppongono che gli uomini migliaia di anni addietro potessero intercomunicare. Chi considera in modo obiettivo la storia, deve solo concludere che, accantonato il falso mito del progresso, l’umanità decadde (in modo improvviso?) da una condizione eccelsa fino a sdrucciolare nell’imbastardimento odierno. E’ uno fra gli insegnamenti della Philosophia perennis, quella che la rende invisa ad evoluzionisti vecchi e nuovi. Evidentemente intervenne un cambiamento ontologico o un errore di trascrizione, quasi in senso genetico, causò, di generazione in generazione, un progressivo deterioramento della specie Homo. Dunque non dovremmo stupirci se il mondo attuale è tanto corrotto ed iniquo, ma restare esterrefatti, quando incontriamo la rettitudine e la nobiltà d’animo. Allo stesso modo un fiore bellissimo può nascere in una discarica mefitica.

Le attuali generazioni sono l’ultimo stadio di un processo degenerativo: se ancora nascono bimbi, non è perché i genitori, tranne qualche eccezione, abbiano in mente un progetto di vita, ma poiché essi obbediscono ad un impulso o per mero conformismo (sposarsi e farsi una famiglia). Che poi alcuni genitori, responsabili-non responsabili, si pentano delle loro decisioni è macigno che ricade sui figli, pronti quasi sempre a ripetere errori tanto biasimati.

Questo istinto è l’estrema degradazione di un’inclinazione a (pro)creare che George Stirner, in un bellissimo saggio, “Grammatiche della creazione”, analizza intrecciando la trama estetica e l’ordito teologico.

Così Dio stesso crea non solo perché solo, ma soprattutto in quanto stimolato da un desiderio di estrinsecazione, il medesimo irrazionale desiderio che spinge l’artista a plasmare, scrivere, dipingere, lo stesso scienziato ad elaborare teorie ed ipotesi, persino l’adolescente a tracciare graffiti sui muri o sui banchi.

Anche quando l’artefice decide di distruggere la sua opera, ne resta qualche traccia, per lo meno, il ricordo. Ecco: questa è la dannazione, il ricordo, come rimpianto, rimorso, rammarico, abitudine a rivangare. Dobbiamo, invece, abituarci a diventare palinsesti, ad abradere il passato che, bello o brutto che sia, è un’ipoteca sul presente. Almeno, in questo modo, il passato, pur continuando ad esistere, non è più visibile. Meglio che niente.

Forse un giorno gli errori cosmici saranno riparati: il male allora non sarà giustificato, ma almeno chiarito e cancellato. La gomma in tasca.




Ipotesi su Abramo (prima parte)

http://zret.blogspot.com/2011/03/ipotesi-su-abramo-prima-parte.html

Ipotesi su Abramo (prima parte)

Abramo fu il primo dei patriarchi biblici e le vicende della sua vita sono narrate in Genesi dal cap. 11 al cap. 25. Secondo la Bibbia, Abramo, appartenente ad una tribù seminomade, era originario della Mesopotamia, provenendo dalla città di Ur. Sposata la sorellastra Sara, poiché non potè avere figli da lei, che tutti ritenevano sterile, scelse come suo erede il nipote Lot.

Radunati averi, bestiame e famiglia, Abramo, ormai attempato, emigrò verso ovest nella terra di Canaan. Quando ne ottenne stabile possesso, al fine di evitare spiacevoli contese, il patriarca decise di separare la sua gente da quella del nipote Lot, ma, dopo poco tempo, a causa di una prolungata carestia, fu costretto a spostarsi in territorio egizio.

Rientrato in Canaan, Abramo dovette affrontare il problema dinastico: in caso di sterilità della moglie legittima, la legge consentiva che il marito potesse concepire il suo erede con una delle schiave di lei. Il figlio poi, partorito sulle ginocchia della legittima moglie, avrebbe avuto lo status di figlio legittimo ed erede, nel caso non fossero nati altri rampolli. Abramo ebbe, così, da Agar, schiava di Sara, il primogenito Ismaele.

Negli anni successivi, tuttavia, si compì quella promessa divina che era segnata nel nome stesso del patriarca: "La mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli. Non ti chiamerai più Abram (uomo di nobile stirpe), ma Abraham (padre di una moltitudine di popoli), perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò." (Genesi 17, 4-5) Sara concepì, ormai in tarda età, un figlio, Isacco, destinato ad essere l'erede legittimo di Abramo. Per preservare l'autorità di suo figlio, Sara fece allontanare Agar ed il figlio Ismaele, che divenne il capostipite degli Ismaeliti, gli Arabi. Gli Arabi riconoscono in Abramo, come gli Ebrei, il loro antenato.

Il sacrificio dell'unico figlio Isacco, prova fondamentale per la fede del patriarca, fermato dall'intervento divino, diede origine alla pratica ebraica della circoncisione.

Bisogna rammentare che molti studiosi reputano Abramo sia una figura leggendaria. E’ indubbio che è arduo, se non quasi impossibile, ricostruire periodi storici tanto remoti e per di più inerenti ad un personaggio citato solo nella Bibbia. Nondimeno alcuni eruditi si ostinano a tentare di disseppellire dalle sabbie del tempo lacerti di antiche civiltà.

Così Flavio Barbiero, sulla base di una rilettura del testo biblico e di indizi archeologici ed etnologici, ravvisa in Abramo non un pastore semita, ma un principe di stirpe ariana. Ur dei Caldei non è nella Sumeria, ma coincide con Urartu, ad un dipresso l’attuale Curdistan, inoltre i Caldei sono, secondo Barbiero, da identificare con gli Hurriti, progenitori degli attuali Curdi. Nel XVII sec. a C. gli stati hurriti furono invasi da un popolo indoeuropeo che creò un impero noto come Mitanni.

Scrive lo studioso: “E’ in questa cornice che si inserisce la storia di Abramo. Le città in cui vissero lui ed i suoi parenti erano città del Mitanni. Gli Egizi chiamavano il Mitanni col nome di Naharin e Nahor è anche il nome del fratello maggiore e del nonno di Abramo… Un’antica tradizione vuole che Abramo fosse un pastore nomade, un semplice beduino senz’arte né parte, ma è un’immagine falsa che non trova alcun riscontro nella Bibbia dove tutte le indicazioni concorrono a confermare che si trattava di un personaggio di altissimo rango ed un valente guerriero. Quando lasciò Harran per la Palestina, aveva con sé centinaia di servi e soldati. Abimelek, principe di Gerar, lo trattava da pari a pari. Melchisedek, re di Salem gli portò pane e vino e lo benedisse, per aver sconfitto con i suoi uomini quattro re siriani che avevano devastato la Pentapoli, il nome della moglie-sorella, Sara significa “principessa”.

Barbiero, oltre a raccogliere vari indizi dal Genesi per avvalorare la sua ipotesi, trova riscontri in documenti esterni alla Bibbia da cui arguisce che l’aspetto fisico di Abramo, pur non ritratto nella Torah, sarebbe potuto essere quello di un indoeuropeo, sulla base della descrizione relativa al nipote Esaù, figlio di Isacco e Rebecca. Esaù era rosso tanto da meritarsi il soprannome di Edom, che significa appunto “rosso”. Tra i discendenti del patriarca questi caratteri somatici di tipo giapetico, riaffiorano con il re Saul, alto di statura e con il successore David, dai capelli fulvi.

Barbiero opina che un lignaggio ebraico sia di matrice indo-germanica: Abramo fu uno dei protagonisti di una diaspora ariana che diede origine pure agli Acheo-Dori. Si legge, infatti in 1 Mac. 12:23 quanto scrisse Areo, re di Sparta, al sommo sacerdote Ania: “Areo, re degli Spartani, ad Onia, sommo sacerdote, salute. Si è trovato in una scrittura, riguardante i Lacedemoni ed i Giudei, che essi sono fratelli e discendono dalla stirpe di Abramo.”




Monday, June 21, 2010

Un’antica cultura indoeuropea in Carelia?

http://zret.blogspot.com/2010/06/unantica-cultura-indoeuropea-in-carelia.html

Un’antica cultura indoeuropea in Carelia?

Recenti spedizioni archeologiche in Carelia rinfocolano il dibattito sulla regione di provenienza degli Indoeuropei: alcuni storici ritengono che gli Arii siano di origine orientale (discendenti dei Sumeri?), altri, invece, propendono per una matrice nordica (progenie degli Atlantidei?). E’ una vexata quaestio su cui si pronunceranno glottologi, archeologi e paleontologi: resta il fatto che alcune civiltà si svilupparono nel Nord Europa, benché sia arduo stabilire donde antiche genti provenissero e quali furono le direttrici delle loro migrazioni. Il testo che propongo, non scevro di contenuti discutibili, pare interessante soprattutto per il passaggio su Febo (vero è che Febo non coincide del tutto con Apollo, ma una tradizione ellenica collega il dio della profezia alle terre settentrionali) e per la descrizione di un manufatto che ricorda il Colosso di Memnone, una delle gigantesche statue innalzate dal faraone Amenofis IV. Si raccontava che, quando i primi raggi dell’Aurora colpivano il simulacro, esso emettesse una musica melodiosa.

La Repubblica di Carelia, che celebra quest’anno il novantesimo anniversario come unità amministrativa, è famosa non solo per le sue leggende, ma anche per gli interessanti reperti archeologici scoperti nella zona settentrionale. Nei primi anni del XX secolo, vari eruditi discussero ed analizzarono antichi petroglifi, incisioni trovate dal poeta russo Nikolai Gumilèv, in Carelia.

Come molti rappresentanti dell'intellighenzia russa, Gumilèv era interessato alla storia ed alla geografia ed amava viaggiare. Nel 1904 esplorò Kuzovsky, nell’arcipelago nel Mar Bianco. Aveva sentito accennare allo Stone Book che presumibilmente conteneva informazioni su tempi remoti ed indizi per la localizzazione del paese misterioso, da dove provenivano i discendenti settentrionali di Mu e, probabilmente, gli Slavi.

La prima menzione di Mu risale al IV secolo a.C. I testi riferiscono che era situata nella parte occidentale del regno egizio. Nel luogo sorgeva un santuario di Ra, il dio del sole. Alcune fonti riferiscono che Alessandro il Macedone si recò nella terra di Mu per ottenere una conoscenza sacra. Il generale macedone si diresse nell'attuale Pamir, dove vivevano tribù scite. Secondo una ricerca contemporanea, gli Sciti erano gli antenati degli Arii che popolavano la maggior parte delle terre slave. Secondo una teoria, gli Indoeuropei provenivano dall'Africa e popolarono il Nord, un'altra ipotesi indica la Siberia come luogo d’origine, ma essi dovettero trasferirsi a sud a causa del clima avverso. Gli Arii rappresentarono una civiltà altamente sviluppata. Alcuni credono che costruirono le famose piramidi egiziane. Strutture piramidali si possono trovare in Russia, in Crimea, Siberia e negli Urali. I ricercatori affermano che sono antecedenti alle piramidi egizie.

Nikolai Roerich pensò che la terra misteriosa di Mu fosse ubicata nel nord della Russia. Ritenne che il "grande lago" descritto negli scritti potesse essere il Ladoga. Gli Indogermanici erano giunti in Russia con navi, attraverso il Mar Mediterraneo (Mar Nero, n.d.t.). La fonte scoperta da Roerich accenna a Febo, il capo degli Arii. Febo (Sole in greco) era considerato un dio. Secondo una leggenda, fu l'antenato di tutti gli Arii ed aveva il dono della vita eterna. Febo ed i suoi seguaci stavano cercando l'ingresso di Shambala, una dimora sotterranea degli dei, dove è custodito il Libro di Pietra, una raccolta di saggezza spirituale di popoli ancestrali. Gli Arii, sotto la guida di Febo, incisero gigantesche epigrafi su un muro per continuare il testo inciso sul Libro di Pietra.

Alcuni graffiti rupestri mostrano animali, volatili, pesci e cacciatori. Altri mostrano figure che gli scienziati pensano possano rappresentare corpi celesti. Alcune immagini effigiano strane creature. I ricercatori ritengono che i petroglifi rappresentino molti simboli sacri legati alle culture del passato, ma sono ancora da decodificare. Nikolai Roerich opinava che la terra di Mu coincidesse con la sacra terra di Shambala. L'esploratore non ebbe fortuna, cercando l'ingresso di Shambala nell’isola Valaam in Carelia.

Alexei Popov, storico russo, così si esprime a proposito delle scoperte archeologiche in Carelia: “La Carelia è famosa per la sue 'seitas'. Questa parola significa 'divinità' e, secondo i geografi e gli etnologi, le 'seitas' rappresentano un culto delle rocce: anche le piramidi di pietra testimoniano questa tradizione cultuale. I Lapponi della Carelia credevano che le anime dei morti albergassero nelle rocce. Le rocce potrebbero anche servire come indicatori o separatori. Durante una spedizione, abbiamo scoperto un’enorme statua a trenta miglia dalla città di Kem. Il manufatto è posto su un podio litico. Tra la statua ed il basamento si apre una fessura: il vento che soffia attraverso l’interstizio emette suoni simili ad una melodia. La tonalità del suono cambiano a seconda della forza del vento. Questa 'roccia che canta' potrebbe essere stata un santuario pagano degli antichi Lapponi”.

Fonte: Pravda.ru





Thursday, December 31, 2009

Ipotesi su Mosè

http://zret.blogspot.com/2009/12/ipotesi-su-mose.html

Ipotesi su Mosè

Secondo la Bibbia, Mosè (XIII sec. a.C.?) è il profeta e legislatore che sfuggì alla morte decretata dal faraone per tutti i neonati ebrei. Abbandonato dalla madre in un cesto nelle acque del Nilo, fu salvato dalla figlia del re per essere allevato a corte. Per ordine di YHWH, liberò gli Ebrei dalla schiavitù egizia e li condusse nella Terra Promessa, la Terra di Canaan. Sul Monte Sinai ricevette le Tavole della Legge, segno del patto di alleanza tra Dio ed il popolo di Israele. A Mosè la tradizione ascrive la stesura della Torah. Massimo Salvadori osserva che è difficile stabilire la verità storica circa la vita e l'operato di Mosè. Alcuni storici hanno negato la storicità del personaggio biblico; altri studiosi, sulla base del nome indubbiamente egizio (Moses significa "figlio" nell'antica lingua egiziana), hanno congetturato che il nomoteta fosse un sacerdote del dio Aton, un seguace del culto monoteista promosso dal faraone Amenofis IV-Akhenaton.

E' veramente arduo addivenire a conclusioni plausibili, in assenza di fonti archeologiche e di documenti univoci, riferibili alla biografia di Mosè. Non pare inverosimile che il profeta sia stato un iniziato che tentò di convertire alcuni gruppi di nomadi residenti nella regione del delta ad una religione monoteista. E' prevalente la convinzione che i faraoni descritti nella Bibbia furono sovrani Hyksos, ossia di un popolo composto da un crogiolo di etnie indoeuropee e semitiche che invasero il Basso Egitto nel XVIII sec. a. C. Quindi la presenza di tribù semitiche, il cui carattere etnico e culturale era, però, pressoché inesistente, pare attestata nel secondo periodo intermedio. [1]

Su Mosè un'altra interpretazione è stata avanzata da Leonardo Melis, il noto autore che ha dedicato molti anni di intense ricerche ai Popoli del mare e, in particolare, agli Shardana. Melis reputa che il profeta coincida con Neb.Ka.Set.Nebet. "Citato nei testi egizi come un principe ereditario, figlio di Seti I e nipote di Ramses I, il fondatore della XIX dinastia che da lui prese il nome, nel nome di Nebkhaset è contenuto quello del dio degli Hyksos, che erano Popoli del mare". Lo storico sardo è convinto che Mosè non fu ebreo: egli, preceduto da vari antropologi, mostra il parallelismo con saghe simili: di Sargon il Grande, Perseo, Ificle, Romolo si racconta che furono abbandonati in cesti o arche. L'autore crede che la strana caratteristica iconografica delle corna, caratteristica che connota Mosè in molte opere pittoriche e scultoree, sia un tratto collegabile agli Shardana: i generali ed i guerrieri Shardana portavano un elmetto cornigero.

Melis si spinge oltre, poiché considera le misteriose genti menzionate nella stele di Medineth, discendenti di una stirpe giapetica dai capelli rossi e di provenienza medio-orientale. Qui la tesi di Melis si aggancia alle acqusizioni degli archeologi che hanno isolato in alcune tribù ebree (Dan, Issacar, Beniamino) una matrice indogermanica. Asserisce il ricercatore: "Gli Shardana si insediarono nella città di Dan, dove sorse il primo tempio di Israele. I Daniti conservarono l'Arca dell'alleanza insieme con il Nehustan, il serpente di bronzo."

Ho compendiato l'esegesi di Leonardo Melis che mi sembra sia significativa almeno per due motivi: se sarà confermata da ulteriori scoperte archeologiche potrà determinare una revisione di giudizi consolidati (Mosè era ebreo, gli Ebrei erano schiavi nella terra dei faraoni...) con le conseguenze che si possono immaginare. Un altro motivo per cui le tesi di Melis meritano di essere esaminate e discusse, risiede nell'attenzione che egli riserva ad una primigenia razza rossa, cui si riferiscono vari autori, e nel tentativo di inglobare in una ricostruzione a volte opinabile, ma suggestiva, l'ipotesi settentrionalista di cui il principale propugnatore è Felice Vinci.

[1] Habiru, da cui il termine Ebrei significa "stranieri", "briganti": gli Habiru erano un coacervo di tribù nomadi che vivevano ai margini del regno egizio, ora accolti come lavoratori saltuari ora respinti nelle zone desertiche dove si davano al brigantaggio.

Fonti:

M. Bontempelli, L. Bruni, Civiltà storiche e loro documenti, Milano, 1993
A. Forgione, I custodi del tempo, 2009
S. Freud, Mosè ed il monoteismo, Milano, 1952
L. Melis, Shardana I custodi del tempo, 2009
Enciclopedia storica, a cura di M. Salvadori, Bologna, 2000, s.v. Hyksos, Mosè




Thursday, May 28, 2009

Un’antica civiltà indoeuropea negli Urali

http://zret.blogspot.com/2009/05/unantica-civilta-indoeuropea-negli.html

Un’antica civiltà indoeuropea negli Urali

Pubblico la traduzione di un testo tratto dal quotidiano Pravda.ru. Valgono, per quanto concerne questa scoperta archeologica, le osservazioni formulate come preambolo all’articolo Una colonia di Atlantide nel Nord Europa? Dunque rimando a quella premessa.

Il Presidente Putin ha recentemente visitato uno dei più misteriosi siti della Terra, le rovine dell'antica città di Arkaim, situata presso la città di Chelyabinsk. Storici, archeologi ed ufologi hanno impiegato molti anni per cercare di scoprire i segreti della città. Quale popolazione visse ad Arkaim più di 40 secoli or sono? Come potè quell'antica gente compiere progressi tecnologici che paiono ancor oggi difficili da conseguire? Vadim Chernobrovy è recentemente tornato nella misteriosa regione. Egli ha individuato strani cerchi nel centro della valle che dovrebbe risalire ai tempi dell'antico Egitto. [...]

Gennady Zdanovich, capo della spedizione archeologica sostiene che Arkaim rappresenta una delle più antiche testimonianze della cultura indoeuropea, in particolar modo il ramo che è riferito agli Arii. Arkaim non era solo una città, ma anche un complesso templare ed un osservatorio astronomico.

"Un volo sopra Arkaim a bordo di un elicottero ti offre uno spettacolo mozzafiato. Gli enormi circoli concentrici della valle sono chiaramente visibili. La città e la periferia sono tutti compresi nei cerchi. Non sappiamo che cosa siano queste costruzioni, se furono costruiti per scopi difensivi, scientifici o rituali. Alcuni ricercatori affermano che erano usati come spazioporto”, ha affermato Zdanovich.

Gli studiosi hanno scoperto che l'antica città era dotata di un sistema di stoccaggio per le sementi contro eventuali allagamenti. Le persone erano protette anche contro gli incendi: i pavimenti di legno e le case stesse era imbevute di una sostanza ignifuga. [...]

Ogni abitazione era dotata di tutti gli agi: avevano forni e dispense per il cibo. Il pozzo si diramava in due trincee sotterranee che erano usate per portare aria fresca al forno ed alla dispensa. [...]

La piazza centrale di Arkaim era l'unico sito di forma quadrata della città. Esaminando le tracce dei focolari, che erano disposti secondo un ordine preciso, si può arguire che il luogo era usato per rituali.

Arkaim fu costruita secondo un piano urbanistico molto articolato e con un preciso orientamento astronomico. Mentre gli archeologi stanno meticolosamente spazzolando via la polvere dalle antiche rocce per ricreare lo stile di vita di Arkaim, gli ufologi studiano misteriosi fenomeni: inesplicabili fluttuazioni del voltaggio, del campo magnetico, della temperatura etc.

Natalia Leskova


Leggi qui l'articolo pubblicato da Pravda.ru