L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Sunday, March 15, 2015

L'estinzione della Scienza

Puntuale come la sfiga, ecco a voi la rosicata domenicale d'o'professore

 http://zret.blogspot.ch/2015/03/lestinzione-della-scienza.html

L'estinzione della Scienza



Si estinguono le specie animali e vegetali; si estinguono le lingue. In questi ultimi tempi è sparita anche la Scienza.

Di recente Simone Angioni, la disinformazione dal volto umano, in un’ennesima, bolsa intervista sul tema della geoingegneria clandestina, ha asserito che la “scienza è una e che all'interno della comunità scientifica non c'è un dibattito, ma c'è una posizione unica dettata dai fatti e dalle evidenze”. Questa affermazione, che è sconvolgente per rozzezza ed autoritarismo intellettuale, denota l’abissale ignoranza epistemologica di Simonetto: è una concezione che sarebbe stata ritenuta angusta, riduttiva e persino ridicola anche dai Positivisti ottocenteschi, figuriamoci nei nostri tempi dopo la rivoluzione della Fisica quantistica. E’ una posizione ancora più arretrata di quella tenuta dai peripatetici sbeffeggiati da Galileo. E' come se il nostro chimico non avesse mai letto una riga di Feyerabend... Forse non sa nemmeno chi sia.

Il proclama del cicappino, novello Simplicio, si addice alla religione più che alla Scienza: essa progredisce attraverso il dibattito, la curiosità, l’attitudine a sperimentare, il confronto delle idee, l’intuizione, la formulazione di nuove teorie, l’atteggiamento euristico, il cambiamento di paradigma… Nulla di ciò affiora nella retrograda ed assiomatica visione di Simonetto: è un pregiudizio che si potrebbe accettare da uno studente di scuola media, non da un sedicente scienziato. Il richiamo “ad una posizione unica, ai fatti ed alle evidenze” è disarmante nel suo dogmatismo, nella sua incrollabile fede nei cosiddetti “fatti”.

Tra l’altro, nei pistolotti degli occultatori non si comprende bene dove finisca l’incompetenza epistemologica e dove cominci l’insincerità verso sé stessi: infatti, se almeno gli influencers fossero coerenti ed onesti, non negherebbero la geoingegneria illegale che è appunto ancorata ad una serie di dati incontrovertibili e di evidenze.

In realtà, l’attuale “scienza” è solo propaganda, plagio, pensiero unico. Le università sono per lo più "comitati d'affari". E' significativo nella predica del piccolo chimico il riferimento ad una “posizione unica”, come se ci si dovesse attenere ad una sorta di “dottrina rivelata” da una classe sacerdotale depositaria della Verità. Tale dottrina è bandita da gente che manifesta un contegno reazionario, dispotico, discriminatorio, oscurantista: la vera scienza dovrebbe essere avulsa del tutto o quasi dall’ideologia, mentre una Ideenkleid settaria ed inquisitoria ha soppiantato la ricerca ed il metodo empirico. E’ un’ideologia che è stampella del potere, organica ad un sistema corrotto, alla più sfacciata distorsione della realtà.

Primo Levi scrisse “Se questo è un uomo”; noi siamo costretti a suggellare la riflessione con “Se questo è un chimico”.


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Friday, March 14, 2014

Una brutale bruttezza

http://zret.blogspot.it/2014/03/una-brutale-bruttezza.html

Una brutale bruttezza

L’ignoranza avanza e non abbiamo più speranza.
Omo de panza, omo de sostanza. (mi sembrava che ci stesse bene)

Non sono un estimatore di Vittorio Sgarbi che, alla fine, palesa una visione ingenua e parziale degli amministratori di cui egli condanna "solo" l’insipienza e la corruzione. Purtroppo i governanti, quelli veri, non i pu-pazzi putrefatti che infestano i media, sono tutto fuorché incapaci, ma questo è un altro discorso...

Sgarbi ha ragione, però, quando si avventa contro le brutture del “paese dove il sì suona”, quando si scaglia contro i bruti che stuprano l’arte e la natura. In una scadente skyline si stagliano abominevoli edifici pubblici progettati da architetti ignoranti, costruiti per volontà di "politici" ancora più beoti, opere pubbliche che devastano il territorio con colate di cemento, obbrobriose nonché pericolose rotatorie, squallidi centri commerciali e parcheggi che sorgono là dove si estendevano parchi o campi coltivati... E’ in ogni dove l’inno alla più brutale bruttezza, il peana all’orrore.

Contemporamente capolavori architettonici, scultorei e pittorici, nel migliore dei casi, giacciono nell’incuria, quando non sono più o meno deliberatamente danneggiati o distrutti. E’ il caso in special modo di quei monumenti che, con la scusa dei restauri, sono poi in parte demoliti o stravolti nella loro originaria fisionomia.

Invano tuoneremo contro questi scempi che si consumano nell’indifferenza e nell’ignavia di una popolazione incapace di vedere, figuriamoci di guardare. Dappertutto mefitiche discariche, mortali inceneritori, fabbricati industriali, quartieri congestionati da tetri casermoni...

Le montagne sono sventrate, gli alvei dei fiumi cementificati, le pianure dilaniate da superstrade. Nelle colline sono conficcati tralicci ed antenne, il cielo è un viluppo di scie velenose e nebbie mortali.

La vita sul pianeta sta agonizzando, ma la bellezza è già morta da tempo. E’ morta, perché oggigiorno quasi nessuno più è sensibile ai veri valori estetici.

Non sorprende che in questa età attratta in modo irresistibile verso il laidume e la deformità si celebri il trionfo di una pellicola italiota che incarna, con la sua sconvolgente mostruosità, un’epoca di ammorbante putrefazione.

Non sorprende che la televisione ed il cinema siano impastati di sangue, di scene truculente e sordide. Soprattutto le nuove generazioni amano sguazzare in questa pozza ripugnante.

Prima ci hanno defraudato dell’incanto che si sprigiona da un firmamento trapunto di stelle, da una volta su cui fluttuano nubi vaporose, ora ci privano del benessere, della salute. Se l’anima è morta, è fatale che il corpo, ormai patetico, inutile involucro, langua e perisca.

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Tuesday, December 3, 2013

Oltre l'usura

http://zret.blogspot.co.uk/2013/12/oltre-lusura.html

Oltre l'usura

In “Dante e la nascita dell’allegoria”, Pietro Cataldi scrive: “L’idea di salvarsi da una condizione catastrofica, inventando nuove forme di ricostruzione del senso appare particolarmente attuale, non solo per la nostra percezione di vivere all’interno di una spaventosa catastrofe di civiltà, ma per la connessa difficoltà s ricostruire i legami tra le parole e le cose, cioè ad attribuire significato e valore all’esperienza e alla vita. La 'Commedia' è stata composta anche contro qualcosa; anzi, si ha spesso l’impressione che gli obiettivi polemici siano nel poema siano ancora più nettamente definiti che non le finalità positive. Dante si scaglia contro religiosi e politici corrotti, contro valori sociali che hanno pervertito ogni possibile buona convivenza umana, contro abitudini che distolgono gli individui dalla salvezza per asservirli ai disvalori pubblici ed alla corruzione pubblica; ma fissa l’origine di tutta questa rovina in un’entità di alto valore simbolico che anima il male nelle sue varie forme: il denaro, l’oro, la ricchezza. D’altra parte la civiltà del guadagno fondava proprio in quei decenni una possibilità di relazione fra cose e significati che ne ridislocava fatalmente il valore: acquistando un prezzo e sempre più coincidendo nella communis opinio con un prezzo, le cose vedevano sempre più attenuarsi il loro valore trascendente”.

Il critico ha ragione e tuttavia occorre sottolineare che il sommo poeta non tuona soltanto contro la cupidigia di denaro, contro la “gente avida di subiti guadagni”, poiché egli comprende anche che il denaro scade a merce nel momento in cui diventa mezzo non per acquistare e vendere, ma per accumulare altro denaro. L’esecrazione dell’usura pone l’Alighieri in rotta di collisione con la mentalità mercantile, con la religione borghese del capitale. Gli usurai peccano contro l’arte, ossia contro il lavoro. Essi traggono profitti da un’attività sporca e disonesta, da un’occupazione contro natura. Bene aveva inteso Ezra Pound che una civiltà degna di questo nome non può fondarsi sul prestito e sulle frodi dei banchieri. Quindi non solo gli oggetti perdono il loro valore intrinseco per acquisire un valore di mercato, ma il denaro si traduce in una merce come le altre. Alla reificazioni dei valori e dei rapporti umani segue la mercificazione dei soldi. L’Alighieri è un laudator temporis acti: la sua Weltanschauung tenta di mantenere in vita la concezione cortese della liberalità, dell’elargizione generosa e disinteressata. La storia, però, va in un’altra direzione ed il mondo tardo medievale che declina prepara il declino senza speranza, senza remissione.

Chi oggi si sorprende o s’indigna di fronte alla consuetudine di prestare somme caricate di interessi più o meno elevati? Chi oggi reputa immorale ricavare dei profitti da una cifra depositata o investita? Eppure l’interesse, attivo e passivo che sia, è un non-senso, un’aberrazione, preludio e pilastro di altri raggiri finanziari, quali la speculazione più immorale, l’anatocismo, il signoraggio, la creazione di banconote dal nulla.

Evento spartiacque fu nella storia moderna e contemporanea la fondazione della Banca d’Inghilterra, il 27 luglio del 1694. L’istituto inaugurò e diffuse le perverse pratiche creditizie che strangolano le nazioni, soggiogano i popoli. Si stringe un cappio attorno al cittadino costretto a lavorare per uno stato esoso ed incontentabile. Lo stato lo grava di un debito che in realtà è un credito!

Quale può essere la via d’uscita? Restituire al denaro la sua valenza di medium, non di fine. Eppure, anche se la nostra società fosse emancipata dall’avarizia e dalla grettezza, dalla bramosia di figuri rapaci, di governi famelici, vivremmo sempre sotto una pesante ipoteca che è nel disconoscimento di ogni idea e principio non monetizzabile.

L’ingordigia più perniciosa non è quella diretta verso i beni materiali: i lupi voracissimi, infatti, agognano qualcosa di scintillante, ma che non è la vile pecunia...


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Thursday, November 28, 2013

Mondi all'interno di mondi


zret.blogspot.com/2013/11/mondi-allinterno-di-mondi.html

Mondi all'interno di mondi



A volte la vita sembra solo un mangiare per essere mangiati. Più che una struggle for life è una struggle for death, per procrastinare la morte. Che si sopravviva più o meno a lungo, alla fine ci attende un unico destino.

Lo spettacolo della natura ci incanta, ma le meravigliose apparenze, i colori luminosi, i suoni ed i profumi attraenti celano l’oscura, irrazionale corsa verso il disfacimento ed il nulla. Leopardi osserva un giardino ameno e vi scopre la sofferenza: il regno vegetale è un campo di battaglia. Ma si sa: Leopardi è un “pessimista”… L’esplorazione del mondo ci conduce sulle soglie dell’abisso, là dove precipita la luce, là dove le voci si spengono e tutto il passato è annerito nell’oblio.

La realtà è questa. E’ questa la realtà? In un attimo cambiamo concezione mille volte. Difficile pensare che il mondo sia solo un’arena, anche se l’esperienza quotidiana sembra deporre a favore di questa idea. Difficile pensare che il caso ed il caos dominino incontrastati. Eppure è arduo scorgere una logica nella carneficina degli eventi, ancora di più un disegno provvidenziale.

Non è la fede, ma un’immaginazione potentissima ad adombrare un senso oltre il non-senso.

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4 commenti: puttanate allegre quanto un condannato all'impiccagione


  1. Si quis in caelum ascendisset naturamque mundi et pulchritudinem siderum perspexisset, insuavem illam admirationem ei fore; quae iucundissima fuisset, si aliquem, cui narraret, habuisset.

    Se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell'universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno cui raccontarla.

    "Laelius de amicitia-Lelio l'amicizia" di Marco Tullio Cicerone"

    Altrimenti (sempre con Cicerone):
    Tempori serviendum est.
    Bisogna essere servi delle circostanze.

    Ciao
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    1. Grazie delle preziose citazioni, Wlady.

      Ciao

  2. Caro Zret,
    davvero molto bello il tuo post e complimenti per l'immagine stupenda che hai scelto ad accompagnarlo - non so se ci siano elementi archetipi che sono inclusi nella composizione, fatto sta che sono rimasta a guardarla per diversi minuti e mi sono sentita vuota, come se stessi meditando.
    A richiamarmi alla realta' ci hanno pensato purtroppo le notizie arrivatemi da alcuni amici in Sardegna. Dopo il resoconto puntuale sui danni alle infrastrutture, la mancanza di acqua potabile, tutti i possibili disagi aggravati dal freddo intenso di questi giorni che peggiora la situazione di chi ha avuto la casa allagata, mi e' arrivata la notizia peggiore. Entrambe le mie fonti mi dicono , con parole di poco diverse, non conoscendosi, che e' come se fossero tutti morti, che tira un'aria fitta, densa di morte, morte mentale, morte dei legami che li tenevano legati al loro paese, alla loro famiglia, morte delle istituzioni anche quelle locali che divrebbero essere piu' vicine a loro. DI fronte a certi fondati argomenti bisogna tacere e rispettare. E, come giustamente fai notare tu, si fatica a scorgere un disegno provvidenziale in certi eventi.
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    1. Avalon Carr, ho trovato per caso, dopo lunghe ricerche, il quadro che correda l'articolo [già, peccato che mediante tineye http://tinyurl.com/p8fvuhm io ho trovato in un minuto 473 risultati...]. E' un'opera di un artista greco. Credo che userò altre sue opere per "commentare" le riflessioni.

      Sì, si respira un'aria di morte. Sopravviviamo in una tanatosfera. L'esistenza è anche carne e sangue e davvero non si possono ignorare questi aspetti.

      Grazie dell'apprezzamento.

      Ciao

Monday, November 25, 2013

Quando il totale è superiore alle parti che lo compongono

http://zret.blogspot.co.uk/2013/11/quando-il-totale-e-superiore-alle-parti.html

Quando il totale è superiore alle parti che lo compongono


Lo spettro nella massa

La massa non è un insieme di individui: essa ospita un quid che la trascende. Già gli antichi romani solevano ripetere: “Il senato è una brutta bestia, anche se i senatori sono brave persone”. E’ così: nel momento in cui il singolo rinuncia alla sua identità irripetibile, subentra una forza più grande di lui. Il senso di appartenenza ad un gruppo defrauda il soggetto della sua volontà che è incanalata nella “volontà generale”.

Alcune pagine dei “Promessi sposi”, ancora prima dei classici studi ad opera di Le Bon, Reich e Canetti, ben illustrano la psicologia della folla preda di un impulso irrazionale che la trascina come una bufera fa roteare le foglie secche. All’interno della moltitudine sopravvive un drappello che è ancora in grado di agire secondo ragione, ma è una minoranza la cui voce è soverchiata dalle grida dei fanatici.

Per il potere è più facile manovrare la massa che l’individuo, poiché nella prima è inoculato una sorta di virus che, un po’ alla volta, prende possesso delle cellule all’interno dell’organismo. Oggigiorno la massa è soprattutto quella formata dai teledipendenti o, in generale, dai destinatari dell’”informazione” mainstream. Il cittadino medio è di norma più intelligente del fruitore omologato: costui, però, perde gran parte della sua capacità critica per accettare le versioni tranquillizzanti ammannite dai “giornalisti” di regime.

Per gli apparati è necessario trasformare i cittadini in un’unità indistinta dove alla facoltà di giudizio è sostituita la fede. E’ la fede nelle ricostruzioni e nelle esegesi che il sistema propina: che esse siano inverosimili o contraddittorie tra loro non importa. Ad esempio, il cittadino massificato crede che il debito pubblico possa essere ridotto dalle misure tra oculate e draconiane di un governo, pur sapendo che il disavanzo interno aumenta ogni volta in cui sono emessi titoli di stato che sono appunto titoli del debito. Ancora, colui crede che votare possa ancora influire sulla politica, pur essendo conscio che i “politici” sono semplici burattini inetti e corrotti. E’ qui evidente dunque un’altra incongruenza: il soggetto plagiato si affida a colui sul quale non fa alcun affidamento. E’ convinto che i maneggioni sono dediti solo ai loro loschi interessi, ma ritiene che le trame non esistano. E’ questa una concezione paradossale, una concezione che è inculcata attraverso la spersonalizzazione della persona. E’ anche uno stato di dissonanza cognitiva.

La “cultura” di massa è il risultato di un potente rito magico: si genera una specie di egregora, un parassita che domina il “corpaccio” per mutuare un’efficace metafora di Manzoni. L’opinione pubblica è controllata: essa pensa, si esprime ed agisce come guidata da un pilota automatico. Agisce una forza inconscia nella folla: il dittatore di turno si appella a quella forza, la evoca, la lusinga, la dirige. I grandi manipolatori estraggono dal sottosuolo umano gli istinti distruttivi, l’aggressività, l’ira repressa, le inclinazioni deteriori (thanatos) per conseguire obiettivi nefandi.

Ora è il demagogo a sedurre la ciurmaglia ora il gazzettiere ora l’”esperto”: suadenti, insistenti, essi inoculano le menzogne con il loro linguaggio stravolto dove la verità si tramuta in “complotto”, la stupidità assoluta della rivista “Focus” assurge a scienza, l’attitudine a vedere oltre è degradata a paranoia. Nel lessico rovesciato del servilismo “giornalistico” l’insulto e la distorsione assumono le sembianze dell’oggettività, ma l’idioletto invaso da vocaboli come “bufala”, “teoria”, “fantasia”, “leggenda metropolitana”... tradisce la perfetta ottusità dei manutengoli.

Il popolino ha bisogno di essere rassicurato, blandito. “Mi mentano pure, a condizione che la bugia sia idilliaca. Mi derubino di tutto, purché mi lascino il campionato di calcio. Avvelenino il cibo, ma che io possa fare incetta al supermercato di scatolame vario”.

La plebe oggi è paga delle briciole che le sono graziosamente elargite. Essa non protesta, non si ritira sull’Aventino, perché non ha coscienza che i suoi diritti sono calpestati.

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Tuesday, September 10, 2013

The Manchurian candidate

http://zret.blogspot.co.uk/2013/09/the-manchurian-candidate.html

The Manchurian candidate

Non bisogna leggere “The Manchurian candidate”, pellicola per la regia di Johnatan Demme, solo come un rifacimento dell’omonima produzione risalente al 1962: la cosiddetta Guerra fredda è archiviata, con la sua in gran parte fittizia contrapposizione tra “buoni” e “cattivi”.

Johnatan Demme e gli altri autori descrivono in modo realistico il candidato alla vice-presidenza degli Stati Uniti d’America. E’ l’ex sergente Raymond Shaw, “eroe” di guerra. Grazie alla madre (Meryl Streep), donna spregiudicata ed ambiziosa, ma soprattutto in quanto sostenuto da un influente think tank internazionale, Shaw è eletto. Un “provvidenziale” attentato al neo-presidente gli potrebbe spianare la strada verso la Casa Bianca...

Come non vedere nel candidato, il classico W.A.S.P., una figura, un’anticipazione di Baldrak Obama? Shaw è una marionetta manovrata dalla “Manchurian global”, una società leader nel settore dei microprocessori ad uso militare. La mente di Show è controllata attraverso micro-impianti cerebrali, come quella dei soldati che in un finto Iraq massacrano i loro commilitoni, in vece che inesistenti “jihadisti” .

Il lungometraggio, pregevole soprattutto per l’incalzante montaggio e la caratterizzazione dei personaggi, non è tanto un thriller quanto una denuncia del controllo mentale, di una “politica” spettacolarizzata i cui attori sono succubi di potenti e sinistri figuri avvezzi ad agire dietro le quinte. Shaw è quasi del tutto inconsapevole di essere soggiogato: non sa che i suoi ricordi ed il suo passato non gli appartengono, poiché essi sono un coacervo di false memorie.

Non intercorre alcuna differenza tra “Democratici” e “Repubblicani”: tutti obbediscono alle élites globali. I conflitti sono in gran parte imposture televisive: le emittenti costruiscono servizi per orientare l’opinione pubblica e convincerla ad appoggiare le decisioni dei guerrafondai. I veterani si ammalano e muoiono a causa del proprio governo che li manda a combattere nemici sovente virtuali. I focolai non saranno mai spenti, poiché la guerra è sinonimo di denaro e di destabilizzazione. Le stragi sono un crudele video-gioco. I sudditi, narcotizzati dalla propaganda, votano ed acclamano i loro carnefici. Le parole d’ordine sono “sicurezza”, “lotta al terrorismo”, ma il fine reale è creare una perenne situazione di insicurezza, mentre i veri terroristi sono ai vertici delle nazioni “civili”.

Allora è giusto condannare Baldrak Obama e la sua cricca, l’imperialismo di U.S.A.tana, ma è necessario pure comprendere che Barry Soetoro è uno scolaretto abituato a svolgere con zelo i suoi compiti. Il presidente degli Stati Uniti è l’uomo più potente del mondo? No, è un miserabile, uno sciagurato, incapace di ribellarsi ai suoi padroni, tagliagole travestiti da patrioti e da paladini della “democrazia”.

Dunque la chiave interpretativa di “The Manchurian candidate” è squisitamente figurale. Erich Auerbach, in “Mimesis” così illustra tale tipo di esegesi: “L'interpretazione figurale stabilisce tra due fatti o persone un nesso in cui uno di essi non significa soltanto sé stesso, ma significa anche l'altro, mentre l'altro comprende o adempie il primo. I due poli della figura sono separati nel tempo, ma si trovano entrambi nel tempo, come fatti reali”.

Shaw prelude ad Obama. L’intrigante genitrice ha gli atteggiamenti e l’indole della strega nota come Hillary Clinton. La produzione è profetica: sono facili profezie per chi conosce almeno un po’ lo scenario internazionale ed i suoi intrighi che travalicano i meri interessi economici.

Quanto sta oggi accadendo in Medio - oriente e nel mondo sembra l’adempimento delle vicende narrate del film. Cambiano alcuni particolari, ma il quadro complessivo è il medesimo.

A volte la finzione narrativa non è in grado di fingere.

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Il domenicano bianco

http://zret.blogspot.co.uk/2013/09/il-domenicano-bianco_9.html

Il domenicano bianco

“Il domenicano bianco” (Die weisse Domenikaner, 1921) è un romanzo dell’autore austriaco Gustav Meyrink, celebre per “Il Golem”. Il protagonista, Cristoforo Colombaia, è l’ultimo erede di una stirpe in cui il segreto della dissoluzione è trasmesso di padre in figlio. Un’antica sapienza orientale fluisce fra le volute del racconto, ora intimista ora mistico ora surreale.

Alcune storie vivono del canovaccio, altre di personaggi, altre ancora di atmosfere. “Il domenicano bianco” è un romanzo di nomi, densi di reminiscenze letterarie, di evocazioni simboliche. Ofelia è il nome con cui prendono forma la madre di Cristoforo e soprattutto la diafana fanciulla di cui egli si innamora perdutamente. E’ un amore sovrumano, come sublime è ogni pensiero del protagonista. Egli pare muoversi nella regione di penombra tra la realtà e l’immaginazione, dove l’immaginazione ha i contorni della follia, mentre la realtà (quella vera) è oltre il tempo e lo spazio.

“Il domenicano bianco” è opera iniziatica. Nondimeno più delle pagine dottrinali sull’alchimia, apprezziamo le indimenticabili descrizioni della natura: il fiume su cui aleggiano le nubi del crepuscolo, gli interni spogli dove una luce morbida avvolge le suppellettili, il camposanto con le rose che sprigionano la loro struggente fragranza. Come dimenticare poi la fosca raffigurazione della seduta spiritica nella casa del falegname, padre di Ofelia?

L’intreccio oscilla tra un passato ancestrale ed un presente stranito, fra episodi drammatici e riflessioni sulla vita, la morte, il destino, l’umanità. La trama non ha un vero sviluppo né centro, poiché lo scrittore vuole prospettare “soggetti di trasmutazione simbolica” (.J. Evola), non avvincere con trovate romanzesche. Le svolte narrative sono sincronismi, snodi lungo l’itinerario esoterico. Meyrink prova a trascendere i confini del sottogenere (gotico?) per aprire una breccia nel non-senso della “vita terrena che è un continuo partorire la morte”.

Si cerca un sentiero iniziatico che conduca alla liberazione, si guarda con distacco all’esistenza terrena, alle sue innumerevoli sofferenze e alle sue rare gioie. Le virtù eroiche significano salvezza, spiritualizzazione della materia.

Spesso, però, l’austero ascetismo e l’anelito all’eterno naufragano sugli scogli del fato. L’ideale non è il reale. Meyrink, perduto l’adorato figlio Harro, pochi mesi dopo si lasciò morire assiderato. Era il 1932.


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Saturday, September 7, 2013

Le religioni ed il Nuovo ordine mondiale

http://zret.blogspot.it/2013/09/le-religioni-ed-il-nuovo-ordine-mondiale.html

Le religioni ed il Nuovo ordine mondiale

Che io debba essere governato: ecco da dove inizia lo scandalo della politica. (M. Sgalambro)

Qualche giorno addietro ho ascoltato un intervento di un ricercatore a proposito di alcune contraddizioni che possono incrinare la credibilità degli attivisti. Tralasciando molte questioni toccate nel contributo, mi soffermerei su due aspetti: il pericolo che, nel contrastare l’edificazione di una compagine planetaria, si promuova il nazionalismo; il rischio che, combattendo la nefanda religione legata al Nuovo ordine mondiale, si perpetui l’influsso delle religioni e delle chiese tradizionali.

Per quanto attiene al primo tema, bisogna riconoscere che è errato difendere gli stati nazionali. Essi sono un male, anche se minore rispetto ad un brutale apparato ecumenico. Lo Stato è sempre e comunque una costruzione aberrante ed ha ragione il filosofo tedesco Max Horkheimer quando auspica (utopia?) che le strutture di potere si diluiscano, nell’interesse dei cittadini, il più possibile in un’amministrazione leggera, quasi impercettibile. Lo sciovinismo va combattuto a favore del patriottismo, inteso come valorizzazione di un patrimonio culturale che spazia dalla lingua agli usi, dall’arte alla gastronomia, dalla letteratura al territorio…

A proposito del problema inerente alla religione, è vero che, mentre si denuncia il credo empio dei mondialisti, alcuni stringono sempre più le catene delle fedi abramitiche. Circoscrivendo il discorso alle tre religioni monoteiste sbocciate in Medio Oriente, si constata che, se si esclude una sorgente esoterica e simbolica oggi quasi del tutto inaridita, Ebraismo, Cristianesimo ed Islam sono espressioni di decadenza. Con il passare del tempo, sono degenerate in culti carnivori, mentre sia i Messia sia il Profeta erano vegetariani.

I milioni di animali che sono sacrificati per celebrare ricorrenze nonché la compromissione con il potere politico dimostrano che, come nota Guido Gozzano, le religioni, se non sono vivificate da un afflato spirituale, presto scadono in idolatria ed in strumenti di dominio. E’ quello che purtroppo è successo.

In modo paradossale, certi settori cattolici, sostenendo la Chiesa di Roma, considerata, a torto, un baluardo contro il Nuovo ordine planetario, ne agevolano i piani delle élites, spesso anche dichiarati e stabiliti con altri potentati. [1]

Se si concorda sul fatto che opporsi al “nuovo” non significa rafforzare un decrepito e criminale status quo, allora il fronte dell’informazione non allineata potrà acquisire la compattezza necessaria ad affrontare terribili sfide.

Non abbiamo davvero bisogno del vecchio fanatismo né di nuove sette, di stati o superstati, ma di trovare in noi stessi, nella ricerca libera, nelle Tradizioni alte le possibili risoluzioni ai problemi concreti e le risposte alle domande abissali... se ne saremo capaci.

[1] "Il mondo è pronto per raggiungere un governo mondiale. La sovranità sovranazionale di un’élite intellettuale e di banchieri mondiali è sicuramente preferibile all’autodeterminazione nazionale praticata nei secoli passati”. (David Rockefeller)
"Lasciati prendere per mano dal bambino di Betlemme, non temere, fidati di lui: la forza vivificante della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un Nuovo ordine mondiale”. (Papa Benedetto XVI)


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Sunday, August 25, 2013

L'eclissi del potere

ma i cazzari non dovevano prendersi una pausa dallo scrivere troiate?


http://zret.blogspot.it/2013/08/leclissi-del-potere.html

L'eclissi del potere

Epater le bourgeois…

Qualcuno si chiede perché Essi odino l’umanità. Non credo che nella maggioranza dei casi coloro siano animati da un astio incoercibile nei confronti del genere umano. Piuttosto gli Altri ci trattano come noi trattiamo gli animali: li sfruttiamo, li macelliamo, ce ne cibiamo, ma senza sensi di colpa, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Perciò l’obiettivo dei Satrapi non è sterminare l’umanità, ma, perpetrato uno sfoltimento della popolazione, addomesticare una specie di homo ex sapiens che sia docile ed imbelle.

Nella preistoria gli ominidi selezionarono bovini, ovini, suini... adatti alle esigenze di comunità formate da agricoltori ed allevatori: furono progressivamente valorizzate le caratteristiche del bestiame che erano ritenute utili per gli uomini, non per gli animali stessi. Lo stesso discorso si può applicare alle piante. Non si vede dunque perché i Capi dovrebbero comportarsi in modo diverso con i loro subalterni. Se imparassimo a rispettare e ad amare la natura, ci potremmo ritenere meritevoli ed innocenti.

Visto che alcuni uomini non si lasciano soggiogare con facilità, si ricorre alla forza o all’astuzia. Gli obbedienti saranno presto ridotti in stato di schiavitù, un servaggio, però, che, a differenza di quanto accadeva nell’antichità, sarà invocato dai futuri servi, essendo considerato addirittura uno stato desiderabile. A tal punto può giungere il plagio. Non vedremo alcun gladiatore ribellarsi. Da che cosa dipende questa diversità di reazione? Nel passato le classi dirigenti erano identificabili ed era riconosciuta la loro feroce oppressione; oggi i “cittadini” si avventano contro inetti scambiati per decisori, contro una classe “politica” di parassiti, mentre i veri padroni, se non sono ignorati, sono glorificati. Assistiamo all’eclissi del vero potere che è nascosto. Non a torto qualcuno lo definisce stegograzia, ossia supremazia di chi resta nell’ombra. E’ un’egemonia che quanto più si mostra “democratica” e persino sollecita nei confronti di minoranze emarginate e perseguitate, tanto più affila gli artigli per scuoiare le vittime che ama divorare vive.

E’ evidente che se non si riconosce il reale antagonista, non si potranno mai portare alla luce i veri misfatti e scopi. Non si tratta forse neppure di combattere, almeno non nel senso ordinario, ma di denunciare ed esporre al pubblico ludibrio le élites, la cui natura è squisitamente sadica, ossia distruttiva e votata al male per il male. Perciò è fatica in gran parte sprecata cercare di inchiodare una specifica cricca alle sue pur gravi responsabilità (i Sionisti, gli Stati Uniti, il Vaticano, la Massoneria deviata etc.), quando i più influenti sono comunque marionette manovrate da gente che viene da Altrove.

Purtroppo oggigiorno la pressoché totale sparizione del discernimento impedisce di vedere, di comprendere e di indignarsi di fronte alle più patenti ingiustizie, a meno che qualche iniquità non ci tocchi da vicino. E’ questa un’altra discordanza rispetto al passato, quando la capacità di giudizio ed il senso di appartenenza alla società erano più diffusi.

Un amico che vive in Grecia mi riferiva che ormai il paese è spaccato: ad una massa di diseredati che si ingrossa sempre più e cui sono negati i più elementari servizi, si affianca un gruppo di privilegiati che possono usufruire di campus prestigiosi, di cliniche all’avanguardia, di un insieme efficientissimo di prestazioni. Non solo, per la gente facoltosa, nonostante le misure di austerità imposte dai laidi banchieri internazionali, è tutto o quasi gratuito! Credo che l’Ellade sia il laboratorio del Nuovo ordine mondiale, con la creazione di una casta costituita da superricchi che vive separata dal volgo poverissimo ed inerme. E’ anche lo scenario descritto nella “profetica” pellicola “Elysium”.

Le forme di sfruttamento sono destinate quindi a perpetuarsi, anzi ad inasprirsi ed ad estendersi dal Terzo e Quarto mondo all’Occidente. Il turpe abuso a danno dei popoli, però, non si limita all’ambito economico, poiché è, invero, una mungitura di energie per opera di un drappello di psicopatici che si nutre di terrore e di sofferenza.

Riflettevo nell’incipit sul fatto che gli Alienati non detestano gli uomini. Tuttavia ritengo che in certi casi li invidino. Che cosa invidiano? Un’immortalità che essi possono conseguire solo con la tecnologia, riducendosi ad agognare l’ebete sopravvivenza della creatura assemblata dal Dottor Frankenstein? Un potenziale di cui noi stessi siamo ignari? La coscienza? La coscienza da sola contro le armi più micidiali, contro il dominio capillare, contro l’ipocrisia più ripugnante, contro una frode plurimillenaria. E’ poco? E’ molto?

Chi sarà capace di ascoltare, udrà la risposta.

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Sunday, July 21, 2013

Panneggi

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Panneggi

E’ noto che Leonardo da Vinci amava dipingere i panneggi delle vesti: essi consentivano al genio rinascimentale di suggerire la tridimensionalità e la naturalezza. L’ombra indugia nell’incavo, scava le cose; la luce scivola sulla parte rilevata: ora il contrasto ora la gradazione fra lumeggiature ed ombreggiature rendono l’illusione della profondità, come fallace conferma che “là fuori” esiste qualcosa, uno spazio in cui abitare.

Dipingere, disegnare significano conoscere. Ha ragione Elemire Zolla, quando consiglia di effigiare gli oggetti al fine di comprenderli, di compenetrarli. Mentre si ritrae la natura o un altro soggetto, si scoprono i loro particolari che talora sfuggono anche all’osservazione più attenta. Ad esempio, non solo si riconosce che le spirali delle conchiglie rispecchiano gli avvolgimenti delle galassie, ma pure si rintracciano volute sulla buccia di molti frutti. Parimenti i fiori sono piccoli sistemi stellari. Tra l’altro, il movimento levogiro, il moto della vita, accomuna i corpi celesti e le piante.

Così un filo invisibile intesse l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, dagli spazi siderali agli atomi, lasciando affiorare una segreta armonia. E’ questa armonia che gli artisti cercano di tradurre in immagini, suoni, colori... Resta da capire come essa possa coesistere con le aspre, violente dissonanze del cosmo. Resta da capire il suo vero significato di là dalla pelle delle cose.

I Maestri, quando trasfigurano la realtà, possono solo accennarne l’essenza enigmatica, imperscrutabile.


Monday, July 1, 2013

Sguardo cieco a furia di manipolazioni genitali solitarie


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Sguardo cieco


E’ un habitus dell’uomo occidentale, un “rito” che germogliò nella perfida Albione alla fine del XVIII secolo per poi attecchire altrove: la lettura del quotidiano. Quanti ai tavolini delle mescite già al mattino presto o in ufficio davanti allo schermo del computer sprofondano nelle pagine, cartacee o elettroniche che siano, per “informarsi”! [veramente la gente al mattino lavora - al contrario di te - e non ha molto tempo per leggere]

La storia è scaduta nella cronaca, il fatto nel bozzetto, la cultura evaporata nelle notizie verosimili, distorte, false. Che cosa troveranno coloro di tanto interessante o utile nelle gazzette? Da ogni foglio, da ogni sillaba trasudano ignoranza, frode, noia, una noia infinita: anche il male ormai ha esaurito i dardi nel suo turcasso di stocasso. Nulla più sembra salvarsi: tranche de mort sulle carneficine catodiche, astrusità di pseudo-intellettuali, [ha parlato lo pseudo-esperto] il diluvio delle cronache sportive… e naufragar m’è vomitevole in questo mare.

E’ molto più avvincente osservare una crepa nell’intonaco o la vena di una foglia, persino un graffio su una carrozzeria… Mondi sterminati ed abissali si celano dietro le apparenze più ordinarie. Il nocciolo della realtà è incluso nella scorza spessa e scabra dell’istante.

Dove finisce quello sguardo cieco che cerca qualcosa nelle tenebre di un universo destituito di senso e di una traiettoria purchessia? Abbiamo occhi solo per frugare il nulla, per esplorare l’assurdo.

Che cosa apprenderanno i lettori dalla monocorde lettura dei quotidiani? I rudimenti della lingua italiana forse? Qualche detrito di verità? Certo qualcosa in più che dalle discariche per allucinati.

In una società dissacrata e dissacrante dove la massa vegeta, si iterano ormai solo vuoti riti, del tutto indistinguibili dalla routine.



 

Monday, June 24, 2013

Il quinto tipo

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Il quinto tipo

Un giovane autore, Giacomo Banchelli, ha deciso di cimentarsi nel tema delle interferenze aliene con un romanzo, “Il quinto tipo I capitoli del mutamento”. Prima di lui, già il disegnatore e sceneggiatore Giuseppe Di Bernardo aveva attinto all’immaginario malanghiano per “The secret”, la coinvolgente saga a fumetti con mattatore Adam Mack.

Banchelli dipana un intreccio dove il protagonista, Jonathan, entra in contatto con la realtà al tempo stesso più vicina all’uomo e più da lui ignorata, l’universo della Coscienza. Così i vari eventi, l’incontro con un bonario docente universitario, Roberto Montebelli, la storia d’amore con la sensibile Francesca, le peripezie nell’installazione extraterrestre in cui svolge un ruolo decisivo il militare Stefano… promuovono la catalisi dell’introspezione, spingendo il lettore ad interrogarsi su argomenti vertiginosi.

“Il quinto tipo” è un libro di fantascienza, ma sui generis, con l’ambizione a suggerire una ricostruzione del passato in modo da giustificare il nostro atroce presente ed un incerto futuro. Le implicazioni filosofiche sono, però, risolte nel racconto, spesso ipercinetico e convulso; sono proposte attraverso la prospettiva interna di Jonathan, adolescente inquieto e ribelle. Il suo rifiuto del sistema configura una sorta di Bildungsroman, ma la maturazione avviene in modo repentino, specialmente perché gli avvenimenti precipitano nel breve volgere di poche settimane. All’epifania interiore, che porta il ragazzo a scoprire il luminoso abisso dell’Anima, fa da contrappunto l’apocalissi nel cielo dove una malvagia entità si palesa, al culmine di un cataclisma che devasta un’ampia regione del Mediterraneo.

La tensione vibra un po’ in tutto il romanzo e solo brevi pause offrono un ritmo più disteso: le riposanti ore trascorse da Jonathan e Francesca sotto un ciliegio, il pranzo a casa del professore, la rigenerante sosta in campagna, dopo la fuga rocambolesca dalla base… E’ singolare: Banchelli, nonostante appartenga alla recente generazione tecnotronica, sa schiudersi, di quando in quando, alla natura, superando il solipsismo di tanti scrittori contemporanei, prigionieri delle loro snobistiche nevrosi.

Rinuncia poi ad un epilogo chiuso, lasciando in bilico il destino dei personaggi e dell’umanità, forse prossima ad essere annientata in una catastrofe di proporzioni cosmiche.

Nonostante qualche asperità linguistica, “Il quinto tipo” si gradisce soprattutto per l’incalzante montaggio e per l’asciuttezza dei dialoghi. La narrazione può essere ancora, in qualche caso, catartica o almeno consolatoria di una condizione umana del tutto disumana. D’altronde restano ormai solo le narrazioni e le illusioni… che sono in fondo la stessa cosa.


Tuesday, June 18, 2013

Black Sun (prima parte)

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Black Sun (prima parte)


Accadde in Argentina

Disprezzato o negletto, il contattismo è, invece, una miniera di informazioni di notevole interesse. Nick Redfern ha dedicato al tema la prima monografia in inglese, “Contactees”, ma l’”archetipo” è “Apocalissi aliene”. Dimostrando intelligenza, i ricercatori, Liliana Flotta ed Eduardo Grosso, hanno operato una rilettura di un celebre caso, adottando la metodologia che più si addice ad un fenomeno tanto controverso: individuare analogie con altri episodi e soprattutto provare a confermare la veridicità delle dichiarazioni provenienti dai contattisti, attraverso l’enucleazione di elementi predittivi.

Il resoconto di Ferraudi mostra palesi similitudini con altri incontri indagati. Una notte d’agosto del 1956, l’argentino Orlando Jorge Ferraudi, (all’epoca aveva diciotto anni), mentre era intento a pescare sulla costa del Northern Resort, dove sorge Universe City, vicino alla capitale Buenos Aires, scorse un essere dalla pelle bianchissima e dagli occhi chiari, col viso incorniciato da capelli corti e lisci. Il visitatore invitò mentalmente Ferraudi a seguirlo; lo guidò quindi in un velivolo. L’uomo ebbe non solo l’opportunità di compiere un’escursione nello spazio, ma poté anche esplorare gli abissi oceanici dove notò “un’immensa cupola sottomarina, simile ad un gigantesco igloo eschimese”.

Sull’astronave, descritta come “una grossa scodella rovesciata”, il contattato incontrò una bambina, Elena, di undici anni che era stata prelevata poco prima dagli “stranieri”, nonché una creatura femminile, alta e bionda. La donna, inguainata in una tuta aderente, esortò Ferraudi a togliersi i vestiti affinché non contaminassero l’ambiente e ad indossare una tunica. Il giovane fu condotto sul ponte della nave in cui si apriva un’ampia finestra. In seguito l’U.F.O. si sollevò: durante il viaggio nello spazio, l’uomo ammirò la Terra che aveva l’aspetto di un globo blu, e la Luna, una sfera di colore grigio opaco. Quando l’oggetto volante si diresse verso il Sole, con sbalordimento il giovane constatò che “il Sole era nero”. Infine il vascello spaziale fece rotta verso la Terra a velocità mozzafiato per immergersi nel Mar delle Antille: sul fondale oceanico Orlando ed Elena videro una calotta trasparente che copriva un’area di cinque - sei ettari. Essi entrarono in una galleria che sboccava in una camera dove erano collocati dei lettini ed installati degli strani macchinari: qui agli ospiti fu dato da bere un liquore denso e piccante e da ingoiare alcune compresse. Fu spiegato loro che si sarebbero assopiti. Furono destati e condotti in stanze separate dove Orlando ed Elena poterono indossare di nuovo i loro abiti. Ad Orlando fu spiegato che era stato compiuto un lavoro sulla sua ghiandola pineale. L’experiencer ricorda il chiarimento che gli fu fornito dall’ufonauta: “La ghiandola pineale è l’ultima nostra eredità che rimanga qui… Le razze terrestri hanno subito mutazioni genetiche per loro stessa colpa e tutto ciò che rimane di quanto eravate è l’epifisi. Per questo motivo l’abbiamo risvegliata e, quando comunicheremo con te, sentirai una sorta di ronzio”.

Osservano gli autori succitati che il ronzio è un sintomo comune a molti contattisti: definito “segnale di aggiustamento”, è un suono percepito quasi sempre nell’orecchio destro e che preannuncia un messaggio telepatico.

Il caso Cerminara palesa delle similitudini con il racconto di Ferraudi: Luis Cerminara era il dirigente di una compagnia assicurativa a Pergamino (provincia meridionale di Buenos Aires). Le sue straordinarie esperienze risalgono all’infanzia, quando nella città natale, Arroyo Dulce, un “minuscolo essere grigio” lo portò su un “piccolo aereo bianco” con cui compì un viaggio all’interno del pianeta. Una volta adulto, Luis cominciò a ricevere messaggi mentali. Nel 1981 gli fu chiesto di recarsi a Caleta Olivia (Argentina meridionale): colà lo attendevano due ufonauti abbigliati con tute di colore chiaro. Gli extraterrestri portarono l’uomo su un’astronave: all’interno la luce promanava dall’intera superficie dell’ambiente. Luis raggiunse poi il ponte: attraverso le aperture nello scafo contemplò la sfera azzurra della Terra, la Luna ed il Sole che gli apparve... nero. Ritornata su Gaia, la nave stellare penetrò in una struttura sotterranea formata da diverse cupole. Luis Cerminara, dopo la sue avventure, sviluppò poteri terapeutici e facoltà speciali, come il figlio. Particolare interessante: l’uomo mostrava un marchio rosso dietro l’orecchio dove, a suo dire, gli era stato introdotto un impianto. Sia Orlando sia Luis, come altri rapiti, rammentano di aver veduto un’icona, un cerchio in cui è inscritto un triangolo: è un simbolo che contraddistingue una precisa civiltà aliena?



Thursday, May 30, 2013

Dendron

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Dendron

Davvero dovremmo imparare molto dagli alberi, creature duplici con le radici piantate nel terreno e la chioma protesa nel cielo. Gli alberi si accontentano di poco: un po’ d’acqua, sole e terra. Donano molto: frescura, frutti, legno per gli usi più diversi, soprattutto bellezza. Tenacia, resistenza alle intemperie, parsimonia sono le loro precipue virtù.

Non è un caso se i miti arcaici si incentrano su alberi dal valore emblematico: l’Yggdrasil dei Germani, gli alberi biblici. Axis mundi e Gnosi, anche il Segreto della vita. E’ noto che il termine “druida”, l’iniziato dei Celti, versato nella magia e nella divinazione, discende da due radici indogermaniche che designano rispettivamente la quercia e la sapienza: "dru" e "wid". Le driadi, le ninfe greche degli alberi, traggono il loro nome da "drys", quercia. I popoli antichi godettero di un rapporto privilegiato con la flora: numerosi racconti ellenici lo dimostrano. Si pensi a Dafne tramutata dal dio Apollo in un lauro. Naturalmente essi sentivano che le piante, oltre ad essere vive, erano sacre. La metamorfosi in albero di Dafne, di Ciparisso… è metanoia.

Bernardo di Clairvaux, il monaco cistercense che introdusse il culto della Vergine nera in Europa, soleva ripetere di aver appreso più dagli alberi che dai libri. Come non concordare? Non sono conoscenze empiriche, ma simboliche: forse Bernardo era ancora capace di dialogare con le creature arboree, di captarne le parole mistiche. A Dodona, in Tessaglia, profetava un venerando oracolo di Zeus: egli prendeva gli auspici, ascoltando lo stormire delle fronde di una quercia sacra al dio egioco. I venti erano le dita, le foglie gli strumenti.

Nell’"Odissea" gli alberi sono radicati nell’immaginario: le piante che crescono sull’isola di Ogigia alludono al mondo occultato oltre il mondo, come il nome della ninfa Calipso, la Nasconditrice che offre al Laerziade l’unica forma di immortalità cui può aspirare l’uomo. Il nòstos dell’eroe omerico è ritorno alle radici, al talamo condiviso con Penelope, più alter ego (Anima?) dell’Itacense che consorte. Il letto nuziale è intagliato nel poderoso tronco di un olivo, pianta peculiare della cultura-coltura mediterranea. L’albero della nave, cui Odisseo è strettamente legato durante la navigazione presso l’isola delle Sirene, è salvezza.

Poiché la maggior parte dei vocaboli botanici appartiene al substrato delle etnie pre-indoeuropee, matriarcali, essi sono femminili in un senso profondo, viscerale, non solo morfologico. D’altronde la morfologia è, in una certa misura, scienza dell’essere. Il genere femminile associato ai nomi degli alberi nell’idioma latino è il vestigio di un antico culto, di un pristino, obliato spirito. In principio era la Generazione.

La morte degli alberi è la fine della Terra. Ancora prima che essi fossero reificati e ingegnerizzati, erano scomparsi dall’orizzonte culturale, eclissati da un ego sempre più egocentrico. Una superstite consonanza con l’universo vegetale si avverte ancora in Pascoli e nel panismo dannunziano. Sebbene con modi estetizzanti, D’Annunzio è capace di sintonizzarsi con il ritmo segreto della flora: il suo superomismo, però, lo induce ad umanizzare la natura più che a naturalizzarsi in essa.

E’ sintomatico che, chiuso nella sua visionaria cecità, fu Stevie Wonder nel concept album “Journey through the wonderful world of plants” a carpire i palpiti ed i suoni inavvertiti, i colori del buio. E, però, l’ultimo anelito verso la verde armonia.

Osserviamo: la simmetria radiale degli alberi ritenuti preistorici, come le auracarie, si differenzia dalla simmetria bilaterale delle angiosperme che si diramano, attraverso biforcazioni di biforcazioni, in un movimento teoricamente infinito.

E’ proprio nella tensione inesausta ed inappagata verso l’infinito che gli alberi paiono manifestare la loro essenza. E’ proprio il rattrappimento della coscienza umana, oggi rimpicciolita in un moncherino inerte, a misurare la distanza incommensurabile tra la Vita e la Morte, invano guarnita di grotteschi orpelli. Il distacco definitivo da codesta umanità non discende da altero disdegno, ma è epigrafe su un sepolcro.


Wednesday, April 10, 2013

Provenza

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Provenza

Non sappiamo quanti anni siano passati, persi nel soffio amaro della salsedine. Qui il Mistral con aridi morsi addenta la costa e l’etere. Sulle rocce il cielo si scheggia, si aggrappa indomito il pino. Le nubi rampollano come spuma.

Se d’un tratto il vento si placa, in lontananza l’orizzonte sprofonda nel deserto del mare… Ma inquieta è la luce fra gli olivi contorti, vibra fra la macchia e la querce.

Noi qui… siamo ancora noi?

Monday, April 8, 2013

Silicon aliens

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Silicon aliens

Gli Arconti nei manoscritti di Nag Hammadi e gli alieni nella xenologia

Il mondo antico offre sovente delle risposte a noi uomini d’oggi, ma preferiamo pascerci di illusioni, indulgere all’ignoranza ed all’inerzia.

I codici di Nag Hammâdi sono una raccolta di testi gnostici, rinvenuti nei pressi di Nag Hammâdi (Alto Egitto) nel 1946. Sono tredici papiri reperiti in una giara di terracotta da un abitante del villaggio di al Qasr, presso un monastero pacomiano nell'isola di Nag Hammâdi, nota anche come Isola elefantina. I documenti sono, per la maggior parte, scritti gnostici, ma includono anche tre opere appartenenti al Corpus hermeticum ed una traduzione parziale della “Politeia” di Platone. Così alle tendenziose testimonianze degli scrittori “cristiani” (Ireneo, Ippolito, Epifanio etc.) ed agli scarsi testi originali si sono aggiunte quarantaquattro opere gnostiche.

Nonostante il carattere talora frammentario e l’oscurità che esaspera anche gli studiosi più pazienti, i testi in oggetto sono una miniera di preziose notizie. Si pensi ai Vangeli e agli altri libercoli che evocano il dominio degli Arconti. Essi sono dipinti come una progenie imitatrice. “Arconti” significa sia “reggitori” sia “esseri del principio”, giacché nacquero prematuramente, donde l’analogia con l’aborto spontaneo nei papiri di Nag Hammâdi. Questa genia deviante venne alla luce prima che si formasse la Terra: a differenza degli uomini e delle altre specie, gli Arconti non originarono dalla Luce, ma dalla materia inorganica.

In principio gli Arconti non possedevano un habitat, ma brulicavano attorno alla Terra a guisa di cavallette fameliche, attratti da Sophia, da cui furono respinti. Queste creature sono prive di ennoia, ossia volontà ed intenzione, rappresentando un’aberrazione cosmica.

Nei codici sono tratteggiate le loro sembianze: assomigliano a feti prematuri o ad insetti dagli occhi abnormi. Dalla legione degli Arconti, attraverso una mutazione, eruppe poi una razza leonino-draconiana. I due generi di Arconti purtroppo sono appena delineati nei manoscritti, da cui comunque si evince che le creature draconiane, dal temperamento aggressivo, tendono a dominare il gruppo dei “feti” di indole passiva.[1]

Gli Arconti non possono creare alcunché, ma solo scimmiottare: la loro capacità mimetica è definita “phantasia”, cioè immaginazione delirante, distinta dall’”ennoia”. Nel “Vangelo apocrifo di Giovanni” le dimore celesti generate dagli spiriti menzogneri sono riproduzioni tridimensionali, simili ad un ologramma. Su questo regno fittizio impera il Demiurgo, Yaldalbaoth. I codici spiegano che il cosmo proiettato dal Demiurgo è virtuale, una simulazione meccanica, priva di vita, affine ad una rappresentazione di un paesaggio formata da pixel. Usando la parola HAL, “contraffazione” in copto, gli autori degli opuscoli gnostici, sottolineano il carattere spurio dell’universo arcontico. Singolare: HAL è pure il nome del dispotico elaboratore nella nota pellicola “2001, Odissea nello spazio”.

Nell’Apocrifo di Giovanni leggiamo: “Il Signore Arconte ordinò tutto nel suo mondo, seguendo il modello degli Eoni primari, fornitogli, secondo lui, per vedere se fosse in grado di riprodurli, non perché avesse visto gli Eoni imperituri, (grazie al suo potere, scil.), ma per mezzo del potere che aveva dentro di sé, preso da sua Madre (Sophia, n.d.r.) che gli permise di creare per somiglianza”.

Non saranno sfuggite ai lettori certe “coincidenze” tra alcuni aspetti della “demonologia” gnostica da un lato, la tassonomia xenologica dall’altro. Più, però, delle somiglianze fisiognomiche tra Arconti ed Alieni, colpiscono i parallelismi psicologico-comportamentali, spie di una natura bionica. Fu già il colonnello Philip J. Corso a rivelare che i Grigi sono androidi. Alla stessa conclusione sono giunti diversi ufologi: tra costoro il britannico Nigel Kerner ha inquadrato la questione dei Grigi macrocefali, dai grandi occhi ipnotici, in una cornice che si riferisce alla tradizione biblica e gnostica. William Henry, nel saggio “Oracle of the Illuminati”, identifica Arconti ed Anunnaki.

Naturalmente queste congruenze tra l’antico ed il moderno sono reputate accidenti o, nella migliore della ipotesi, sono riguardate quali fragili indizi. Eppure chi rifletta sull’idolatria della tecnica in cui si è sclerotizzata la nostra società, sul culto per il Moloch informatico, silicea religione del “mondo nuovo”, non mancherà di riconoscere in codeste degenerazioni il marchio di una stirpe votata all’algida esecuzione di un programma.

La voce di queste entità ha timbro metallico, lo sguardo è asettico, l’incarnato siliconico.

[1] Non mancano testimonianze all’interna dell’Ufologia circa visitatori di fisionomia leonina. Quasi sempre sono individuati nei Siriani. Si veda D. Bortoluzzi, Alla ricerca dei libri di Thot, 2005

Fonti:

Philip J. Corso, Il giorno dopo Roswell, 2008
Dizionario di antichità classica, Milano, 2009, s.v. Gnosticismo
J. Lamb Nash, Non a sua immagine, 2013, pp. 267-278
N. Kerner, The song of Greys, 2008



Children and chicken

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Children and chicken

Viene una stretta al cuore, quando vediamo dei bimbi. In quale mondo sono stati scaraventati! Tutto in loro - i lineamenti, lo sguardo, la mimica, le manine... - sprigiona freschezza e curiosità. Il loro egocentrismo è innocente, i loro capricci sono simpatici, la loro esuberanza è mescolata alla timidezza, la loro prepotenza mite.

Viene una stretta al cuore, perché sappiamo che, nella stragrande maggioranza dei casi, la natura sorgiva della puerizia sarà snaturata. Contraffatti dalla tecnologia ed indottrinati a puntino, ignoriamo quanti saranno gli adolescenti e, in futuro, le donne e gli uomini che manterranno quanto di più prezioso è custodito nel cuore della vita.

Li attende il limbo dell’indifferenza dove la spina del dubbio ed il pungolo della domanda, privilegi dell’Uomo veramente degno di questo nome, sono estratti con un’anestesia i cui effetti si protraggono sino alla fine.

Li attende un’esistenza fittizia, vuota, plastificata, se saranno fortunati. Se non lo saranno, ingrosseranno le schiere degli infermi, degli abusati, degli sfruttati, dei rapiti... Costoro, defraudati dell’infanzia, diverranno ex abrupto adulti in una società adulterata.[1]

Se volessimo dare un consiglio alle nuove generazioni, potremmo suggerire di non rinunciare mai alla meraviglia, sia intesa anche come turbato sbigottimento di fronte all’enigma dell’universo.

Il giorno in cui sarà morto lo stupore, morrà l’ultimo uomo.

[1] Ogni anno in tutto il mondo scompaiono decine di migliaia di bambini: di loro si perde ogni traccia. Purtroppo spesso sono vittime di depravati satanisti o di mercanti di organi. E’ una tragedia di cui non si occupa seriamente quasi nessuno. Chi denuncia la collusione di frange statali in questo abominio è, nel migliore dei casi, bollato come paranoico.

Monday, April 1, 2013

Ralph Lael e le sfere di luce e le immani idiozie di Zret


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Ralph Lael e le sfere di luce

La recente pubblicazione di un saggio a firma dell’ufologo britannico, Nick Redfern, offre il destro per indugiare su un’esperienza di contattismo risalente agli anni ‘60 del XX secolo. Il testo di Redfern si intitola “Conctatees” ed è appunto una monografia sul controverso e snobbato fenomeno del contattismo al quale in Italia è stato consacrato un solo studio specifico, “Apocalissi aliene”. Il caso cui ci si riferisce riguarda lo statunitense Ralph Lael (pseudonimo), protagonista di un’avventura su Venere: è un’avventura che ricorda certi racconti di Adamski e di Menger. Il vissuto di Lael snocciola un po’ tutto l’armamentario del cultismo ufologico (l’escursione su Venere, il monito circa i pericoli che si annidano nel “progresso” scientifico, persino l’abboccamento con un’avvenente venusiana che esibisce le sue grazie ad abiti succinti...). Tuttavia il resoconto in esame si discosta dagli stereotipi del contattismo, laddove è rievocata la comunicazione con sfere luminose che potrebbero essere, come ipotizza pure Adriano Forgione, esseri senzienti, forse – aggiungiamo noi – dotati di una mente di gruppo. Forgione nell'articolo “Le sfere di luce del Drago” ritrae dei globi fiammei da lui scorti in luoghi sacri della Thailandia e del Laos, in occasione di un suo viaggio nel sud est asiatico. Il direttore di “Fenix” scrive: “Ho sempre pensato che queste forme energetiche non siano U.F.O. dadi e bulloni, ma energie plasmatiche dotate di coscienza che da un livello di esistenza a vibrazione superiore si manifestano nel nostro”. Concordiamo e soggiungiamo un paio di interrogativi: perché questi globi bianchi o argentei o dorati “ronzano” non di rado nei pressi degli aerei chimici? E’ possibile che il loro habitat coincida con i cumuli, le nuvole contro cui sovente si accaniscono i velivoli della morte?

Nato nel 1909 negli Stati Uniti, Ralph Lael lavorò in una piccola fabbrica di mobili a Hickory. Nel 1948 si candidò per il Congresso nelle file del Partito progressista, senza, però, essere eletto. In seguito aprì l'Outer space rock shop museum sulla strada 181, alle pendici delle Brown Mountains, Carolina del Nord.

Nel 1965, Ralph Lael scrisse un libro, "The Brown Mountains lights" in cui sono investigate le misteriose luci notturne spesso scorte su quella dorsale montuosa, vicino a Morganton, Carolina del Nord.

Nella sua pubblicazione Lael asserisce di aver preso contatto con le luci cui poneva delle domande. Ai quesiti i globi splendenti rispondevano "sì", muovendosi verso l'alto ed il basso, e "no", spostandosi di lato. Un giorno, nel 1961, una delle luci lo guidò affinché si accostasse ad un ingresso dissimulato in una parete rocciosa. Lael entrò, la porta scomparve. L’uomo cominciò a camminare in una galleria con i muri di cristallo. Infine fu condotto in un piccolo ambiente con le pareti trasparenti come il vetro.

All'improvviso una voce disse: "Non temere: non sussiste alcun pericolo qui". La voce gli comunicò che era stato scelto onde chiarisse la vera genesi delle luci. Inoltre sostenne che l’umanità proveniva dal pianeta Pewam. Pewam esplose quando gli scienziati scissero l'elettrone. Ciò che rimane del corpo celeste è la fascia di asteroidi tra Marte e Giove.

Nel mese di ottobre 1961, di nuovo Lael varcò la porta e questa volta gli fu data l'opportunità di intraprendere un viaggio verso Venere. La “passeggiata” durò due giorni. Su Venere che, secondo la sua guida vocale, era composto di puro cristallo, incontrò i discendenti diretti degli abitanti di Pewam. Il loro abbigliamento e la mobilia erano singolari. Sul pianeta ciprigno conobbe pure una donna attraente chiamata Noma: era vestita solo con reggiseno e slip.

Su Venere gli furono mostrati “cinegiornali” inerenti alla distruzione di Pewam, insieme con immagini dei primi uomini sulla Terra. Naturalmente gli alieni gli affidarono un messaggio per l'umanità, incentrato, a quanto pare, sui pericoli insiti nella fissione dell'elettrone. Tale scissione potrebbe distruggere la Terra come era accaduto con Pewam.

Le cosiddette "luci delle Brown Mountains” furono osservate per la prima volta nel 1913 e sono ancora oggi un’attrazione turistica. Molti testimoni affermano di averle viste o videoregistrate, anche se per alcuni sono soltanto luci di aerei e fari di autovetture. Altri ancora hanno proposto spiegazioni più complesse: i chiarori sarebbero generati da aria calda esalante dalle valli o luci sismiche. E’ stato pure girato un episodio di “X-Files”, imperniato su questi enigmatici bagliori.

Fonti:

A. Forgione, Le sfere di luce del Drago, in X Times n. 53, marzo 2013
A. Marcianò, Apocalissi aliene, 2008
[bella fonte di 'sta fava, tu stesso...]
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