e una
notate questo Alfredo Lissoni che genere di cazzate scrive e vende
ma poi... zretino scrive: (oggi santuario della Beata Vergine del Rosario)
COMPLOTTO!!!!!!
https://archive.is/YsBa1
Scopo del Blog
Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.
Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.
Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.
Ciao e grazie della visita.
Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:
http://indipezzenti.blogspot.ch/
https://www.facebook.com/Task-Force-Butler-868476723163799/
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Wednesday, April 6, 2016
Saturday, March 26, 2016
Saturday, May 2, 2015
Gli Insettoidi di zia Eve
http://zret.blogspot.ch/2015/05/gli-insettoidi-di-zia-eve.html

Gli Insettoidi di zia Eve

Nel saggio intitolato “Il ritorno dei popoli delle stelle”,
Ardy Sixkiller Clarke riporta un’ampia ed eterogenea casistica
xenologica fra i Nativi americani. Tra gli episodi più sinistri, figura
il resoconto di zia Eve, una Nativa che vive in una piccola abitazione
rurale della Virginia.
Interpellata dall’autrice del libro, zia Eve, per metà Cherokee e per Choctaw, ha riferito delle disavventure che cominciarono con la ripetuta sparizione di alcune galline. Questo il prologo del suo racconto: “Controllavo il pollaio, il recinto, ma niente: il cancelletto era chiuso e non si notavano segni di effrazione. Così una notte decisi di restare sveglia a vigilare, pensando di cogliere il ladro in flagrante. Presi anche il fucile che, da quando vivo da sola, tengo sempre carico in casa, e mi sedetti nel portico. Poi verso le 23:00 li vidi”.
Zia Eve prima scorse una luce arancio che rischiarava il cortile, poi una figura che avanzava verso di lei. Spaventata la donna, imbracciò il fucile e provò a sparare, ma il grilletto scattava a vuoto. Ella pensò di non aver tolto la sicura, ma non era così. A quel punto la creatura strappò l’arma di mano alla malcapitata, gettò a terra il fucile ed ordinò telepaticamente alla donna di seguirla. Zia Eve giunse così sul pendio di una collina dove era adagiata un’enorme astronave di forma oblunga, color grigio scuro. La nativa americana fu condotta in una camera dove fu lasciata sola.
Zia Eve descrive i visitatori nel modo seguente: “Somigliavano più che altro ad insetti… grossi insetti con arti lunghi e sottili. Anche il collo era lungo ed esile e reggeva teste grosse come cocomeri. Gli occhi erano tondi e sporgenti; gli esseri, al posto del naso, avevano una specie di protuberanza con due piccoli fori ai lati. La bocca, infine, era priva di labbra: quando la tenevano chiusa, sembrava un taglio dovuto ad un rasoio. Nel complesso parevano per metà insetti e per metà umani e credo che fossero sia di sesso maschile sia femminile. Le femmine erano più alte e robuste dei maschi”.
Comunicando con il pensiero, gli alieni rivelarono alla sequestrata che essi, provenienti da un lontano pianeta, erano approdati sulla Terra per tracciare una “mappa” delle forme di vita esistenti nell’universo. Sbalorditivo ed inquietante fu quanto notò la donna all’interno del vascello spaziale: uomini sdraiati su tavole, altri seduti, tutti come ipnotizzati e con lo sguardo perso nel vuoto; zia Eve tentò invano di destarli.
La rapita, destinata ad incontrare gli ufonauti sei volte, ebbe l’impressione che i locali in cui dormivano gli uomini fossero delle dispense. Si convinse pure che gli intrusi erano in grado di leggere nel pensiero, di mesmerizzare e paralizzare le loro vittime nonché di cancellarne i ricordi.
Le esperienze riferite sono notevoli per l’attendibilità della testimone e per le convergenze con parecchie altre relazioni inerenti a contatti con Insettoidi, nella fattispecie dalle sembianze di Mantidi cui rinvia pure il dimorfismo sessuale ben individuato dalla repeater.
La protagonista di questa sbalorditiva storia si imbatté in predatori allotri camuffati da scienziati o le sue vicende furono il risultato di una fervida immaginazione?
Fonte:
A. Sixkiller Clarke, Il ritorno dei popoli delle stelle, Roma, 2014, pp. 201-206
Interpellata dall’autrice del libro, zia Eve, per metà Cherokee e per Choctaw, ha riferito delle disavventure che cominciarono con la ripetuta sparizione di alcune galline. Questo il prologo del suo racconto: “Controllavo il pollaio, il recinto, ma niente: il cancelletto era chiuso e non si notavano segni di effrazione. Così una notte decisi di restare sveglia a vigilare, pensando di cogliere il ladro in flagrante. Presi anche il fucile che, da quando vivo da sola, tengo sempre carico in casa, e mi sedetti nel portico. Poi verso le 23:00 li vidi”.
Zia Eve prima scorse una luce arancio che rischiarava il cortile, poi una figura che avanzava verso di lei. Spaventata la donna, imbracciò il fucile e provò a sparare, ma il grilletto scattava a vuoto. Ella pensò di non aver tolto la sicura, ma non era così. A quel punto la creatura strappò l’arma di mano alla malcapitata, gettò a terra il fucile ed ordinò telepaticamente alla donna di seguirla. Zia Eve giunse così sul pendio di una collina dove era adagiata un’enorme astronave di forma oblunga, color grigio scuro. La nativa americana fu condotta in una camera dove fu lasciata sola.
Zia Eve descrive i visitatori nel modo seguente: “Somigliavano più che altro ad insetti… grossi insetti con arti lunghi e sottili. Anche il collo era lungo ed esile e reggeva teste grosse come cocomeri. Gli occhi erano tondi e sporgenti; gli esseri, al posto del naso, avevano una specie di protuberanza con due piccoli fori ai lati. La bocca, infine, era priva di labbra: quando la tenevano chiusa, sembrava un taglio dovuto ad un rasoio. Nel complesso parevano per metà insetti e per metà umani e credo che fossero sia di sesso maschile sia femminile. Le femmine erano più alte e robuste dei maschi”.
Comunicando con il pensiero, gli alieni rivelarono alla sequestrata che essi, provenienti da un lontano pianeta, erano approdati sulla Terra per tracciare una “mappa” delle forme di vita esistenti nell’universo. Sbalorditivo ed inquietante fu quanto notò la donna all’interno del vascello spaziale: uomini sdraiati su tavole, altri seduti, tutti come ipnotizzati e con lo sguardo perso nel vuoto; zia Eve tentò invano di destarli.
La rapita, destinata ad incontrare gli ufonauti sei volte, ebbe l’impressione che i locali in cui dormivano gli uomini fossero delle dispense. Si convinse pure che gli intrusi erano in grado di leggere nel pensiero, di mesmerizzare e paralizzare le loro vittime nonché di cancellarne i ricordi.
Le esperienze riferite sono notevoli per l’attendibilità della testimone e per le convergenze con parecchie altre relazioni inerenti a contatti con Insettoidi, nella fattispecie dalle sembianze di Mantidi cui rinvia pure il dimorfismo sessuale ben individuato dalla repeater.
La protagonista di questa sbalorditiva storia si imbatté in predatori allotri camuffati da scienziati o le sue vicende furono il risultato di una fervida immaginazione?
Fonte:
A. Sixkiller Clarke, Il ritorno dei popoli delle stelle, Roma, 2014, pp. 201-206
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Zret
Sunday, April 26, 2015
Il radiotelescopio di Parkes in Australia capta una radiosorgente che sembra artificiale
http://zret.blogspot.ch/2015/04/il-radiotelescopio-di-parkes-in.html

Il radiotelescopio di Parkes in Australia capta una radiosorgente che sembra artificiale

Da
quanto i radiotelescopi puntano le loro gigantesche “orecchie” per
catturare i segnali cosmici, sembra che un paio di volte questi apparati
abbiano rilevato delle sorgenti artificiali. Il 15 agosto 1977 un
radioastronomo dell’Ohio gridò “Wow!”
dopo aver registrato un segnale di 37 secondi, concentrato sui 1420
megahertz, frequenza non usata per le trasmissioni sulla Terra. I
segnali dallo spazio sono sempre su uno spettro più ampio e dai bordi
frastagliati. Questa “pallottola radio” è la cosa più simile ad un messaggio di extraterrestri che abbiamo mai ricevuto.
Di recente Linda Moulton Howe ha riferito di una fonte radio che possiederebbe un pattern non riconducibile alle misure naturali finora note. L’astrofisico Michael Hippke ritiene che i segnali potrebbero non essere naturali.
Se si escludono gli attuali parametri dell’Astrofisica, allora "deve essere considerata solo l’ipotesi di una sorgente non siderale (di esseri senzienti o di unità artificiali), tanto più che la maggior parte delle esplosioni è stata osservata in una sola posizione dal radiotelescopio di Parkes.” Così si è espresso Michael Hippke, Phd, Istituto per l'analisi dei dati, Germania, a proposito di una singolare radiosorgente cosmica.
Questa radiosorgente è contraddistinta da dieci raffiche di veloci onde radio veloci (FRB, fast radio bursts) diffuse attraverso varie frequenze: esse sono state individuate nel corso degli ultimi quindici anni dall'Istituto per l'analisi dei dati in Germania e dal radiotelescopio di Parkes, Nuovo Galles del Sud (Australia), come provenienti dal medesimo punto. Resta il dubbio se i fast radio bursts giungano da una regione all’esterno della Via lattea o dall'interno della nostra galassia.
In entrambi i casi, la misura della dispersione di ogni raffica, che è il ritardo tra l'arrivo della prima onda e quello dell'ultima onda di ogni emissione energetica, è stato individuato come intervallo prossimo ad un multiplo di 187,5. Vi si riconosce un modello matematicamente ripetuto che è ignoto nell’Astrofisica.
Fonti: arxiv, earthfiles
Di recente Linda Moulton Howe ha riferito di una fonte radio che possiederebbe un pattern non riconducibile alle misure naturali finora note. L’astrofisico Michael Hippke ritiene che i segnali potrebbero non essere naturali.
Se si escludono gli attuali parametri dell’Astrofisica, allora "deve essere considerata solo l’ipotesi di una sorgente non siderale (di esseri senzienti o di unità artificiali), tanto più che la maggior parte delle esplosioni è stata osservata in una sola posizione dal radiotelescopio di Parkes.” Così si è espresso Michael Hippke, Phd, Istituto per l'analisi dei dati, Germania, a proposito di una singolare radiosorgente cosmica.
Questa radiosorgente è contraddistinta da dieci raffiche di veloci onde radio veloci (FRB, fast radio bursts) diffuse attraverso varie frequenze: esse sono state individuate nel corso degli ultimi quindici anni dall'Istituto per l'analisi dei dati in Germania e dal radiotelescopio di Parkes, Nuovo Galles del Sud (Australia), come provenienti dal medesimo punto. Resta il dubbio se i fast radio bursts giungano da una regione all’esterno della Via lattea o dall'interno della nostra galassia.
In entrambi i casi, la misura della dispersione di ogni raffica, che è il ritardo tra l'arrivo della prima onda e quello dell'ultima onda di ogni emissione energetica, è stato individuato come intervallo prossimo ad un multiplo di 187,5. Vi si riconosce un modello matematicamente ripetuto che è ignoto nell’Astrofisica.
Fonti: arxiv, earthfiles
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ZretTuesday, April 14, 2015
Clonazione, infiltrazione
http://zret.blogspot.ch/2015/04/clonazione-infiltrazione.html

L’avvincente saggio di Ardy Sixkiller Clarke, Il ritorno dei popoli delle stelle, dedicato agli incontri dei Nativi americani con presunti alieni sia ostili sia benevoli, comprende un’ampia gamma di disparati episodi: si va dal contatto con esploratori non terrestri alle abductions, dall’avvistamento di gigantesche aeronavi agli schianti di U.F.O. nei deserti del Nord America. Tra i vari resoconti, uno dei più inquietanti e singolari concerne le esperienze di Willie Joe, un Navajo con alle spalle un’educazione universitaria. L’autrice del volume intervistò Willie Joe nella primavera del 1987 e questa è la sua storia.
“La mia vita non mi è mai appartenuta. Ho un gemello dalla nascita, ma non si tratta di un fratello normale. Gli alieni lo hanno creato a partire dal mio sangue e lo hanno cresciuto in un pianeta lontano, da qualche parte nello spazio. Quando ero piccolo, venivano a prendermi ogni anno e mi portavano da lui. Ci lasciavano giocare un po’insieme, poi ci conducevano in una stanza e ci collegavano ad un macchinario. Ho sempre pensato che trasferissero al gemello le mie conoscenze. Sono cresciuto, sapendo che si sarebbero potuti presentare da un giorno all’altro. Non so a che cosa servisse loro un mio doppio. Forse ognuno di noi possiede un gemello alieno e, prima o poi, l’umanità sarà sostituita da replicanti. Da piccolo li credevo capaci di qualsiasi cosa. Avevano rapito e clonato anche altri bambini. Quando venivano a prelevarmi nell’astronave vedevo altri bambini della mia età. Credo che negli anni ne abbiano sequestrati a centinaia, se non a migliaia, di tutte le razze. Sono convinto che il governo è a conoscenza di tutto. Forse ci considerano cittadini sacrificabili... Se gli alieni sono più forti dell’uomo, è naturale che l’esecutivo è disposto a collaborare con loro, magari per paura o per ottenere benefici, ad esempio tecnologie avanzate. Il che spiegherebbe perché il governo sia così irremovibile nel negare l’esistenza degli extraterrestri. Le istituzioni non potrebbero certo permettersi di confessare di fronte al popolo che consentono ai visitatori di condurre esperimenti sugli uomini in cambio di dispositivi tecnologici. Così ai nostri politici non resta che sollevare una cortina di fumo. Chiedono poi a qualche professore di scrivere libri che gettino nel ridicolo chiunque sostenga tesi diverse in modo da corroderne la credibilità. Così riescono ad insabbiare la verità”.
Willie Joe, pur non essendo un ricercatore nel campo della xenologia, offre uno spaccato che coincide con quello delineato da alcuni perspicaci investigatori. Il Navajo colloca pure gli eventi a lui occorsi in un quadro interpretativo con profondi risvolti: egli ritiene, infatti, che gli Altri clonino i corpi, ma non l’anima. Gli ufonauti, privi essi stessi di un’essenza spirituale, si limiterebbero a produrre dei sosia forse con lo scopo di sostituire in modo progressivo ed inavvertito l’umanità per mezzo di una progenie clonata: dalla clonazione all’infiltrazione quindi, in una sorta di stratagemma “cavallo di Troia”. Anche il retroscena esopolitico suggerito dall’experiencer (tecnologia in cambio della possibilità per gli intrusi di rapire e mutilare esseri umani ed animali) è plausibile nonché corroborato da non poche testimonianze esterne.
E’ lo scenario che era già stato evocato nella cupa, sinistra pellicola “L’invasione degli ultracorpi” (1956), per la regia di Don Siegel (1912-1991). Nella produzione, “tappa fondamentale nella storia della fantascienza”(G. Canova), gli Stranieri si prefiggono di invadere la Terra, sostituendo agli uomini delle copie.
Willie Joe reputa gli alieni (almeno quelli da lui incontrati) animati da intenzioni malevole. L’uomo avverte: quando un bambino racconta di estranei che nottetempo entrano nella camera, è bene che i genitori diano ascolto ai figli.
E’ veramente opportuno non sottovalutare certe relazioni che alludono a “patti scellerati”, a collusioni cosmiche ai danni di una popolazione ignara. Sapere potrà forse aiutarci a schivare qualche proditorio fendente…
Fonti:
Enciclopedia del cinema, Milano, 2002, s.v. Siegel Don.
A. Sixkiller Clarke, Il ritorno dei popoli delle stelle, Venezia, 2015, pp. 91-97
Clonazione, infiltrazione

L’avvincente saggio di Ardy Sixkiller Clarke, Il ritorno dei popoli delle stelle, dedicato agli incontri dei Nativi americani con presunti alieni sia ostili sia benevoli, comprende un’ampia gamma di disparati episodi: si va dal contatto con esploratori non terrestri alle abductions, dall’avvistamento di gigantesche aeronavi agli schianti di U.F.O. nei deserti del Nord America. Tra i vari resoconti, uno dei più inquietanti e singolari concerne le esperienze di Willie Joe, un Navajo con alle spalle un’educazione universitaria. L’autrice del volume intervistò Willie Joe nella primavera del 1987 e questa è la sua storia.
“La mia vita non mi è mai appartenuta. Ho un gemello dalla nascita, ma non si tratta di un fratello normale. Gli alieni lo hanno creato a partire dal mio sangue e lo hanno cresciuto in un pianeta lontano, da qualche parte nello spazio. Quando ero piccolo, venivano a prendermi ogni anno e mi portavano da lui. Ci lasciavano giocare un po’insieme, poi ci conducevano in una stanza e ci collegavano ad un macchinario. Ho sempre pensato che trasferissero al gemello le mie conoscenze. Sono cresciuto, sapendo che si sarebbero potuti presentare da un giorno all’altro. Non so a che cosa servisse loro un mio doppio. Forse ognuno di noi possiede un gemello alieno e, prima o poi, l’umanità sarà sostituita da replicanti. Da piccolo li credevo capaci di qualsiasi cosa. Avevano rapito e clonato anche altri bambini. Quando venivano a prelevarmi nell’astronave vedevo altri bambini della mia età. Credo che negli anni ne abbiano sequestrati a centinaia, se non a migliaia, di tutte le razze. Sono convinto che il governo è a conoscenza di tutto. Forse ci considerano cittadini sacrificabili... Se gli alieni sono più forti dell’uomo, è naturale che l’esecutivo è disposto a collaborare con loro, magari per paura o per ottenere benefici, ad esempio tecnologie avanzate. Il che spiegherebbe perché il governo sia così irremovibile nel negare l’esistenza degli extraterrestri. Le istituzioni non potrebbero certo permettersi di confessare di fronte al popolo che consentono ai visitatori di condurre esperimenti sugli uomini in cambio di dispositivi tecnologici. Così ai nostri politici non resta che sollevare una cortina di fumo. Chiedono poi a qualche professore di scrivere libri che gettino nel ridicolo chiunque sostenga tesi diverse in modo da corroderne la credibilità. Così riescono ad insabbiare la verità”.
Willie Joe, pur non essendo un ricercatore nel campo della xenologia, offre uno spaccato che coincide con quello delineato da alcuni perspicaci investigatori. Il Navajo colloca pure gli eventi a lui occorsi in un quadro interpretativo con profondi risvolti: egli ritiene, infatti, che gli Altri clonino i corpi, ma non l’anima. Gli ufonauti, privi essi stessi di un’essenza spirituale, si limiterebbero a produrre dei sosia forse con lo scopo di sostituire in modo progressivo ed inavvertito l’umanità per mezzo di una progenie clonata: dalla clonazione all’infiltrazione quindi, in una sorta di stratagemma “cavallo di Troia”. Anche il retroscena esopolitico suggerito dall’experiencer (tecnologia in cambio della possibilità per gli intrusi di rapire e mutilare esseri umani ed animali) è plausibile nonché corroborato da non poche testimonianze esterne.
E’ lo scenario che era già stato evocato nella cupa, sinistra pellicola “L’invasione degli ultracorpi” (1956), per la regia di Don Siegel (1912-1991). Nella produzione, “tappa fondamentale nella storia della fantascienza”(G. Canova), gli Stranieri si prefiggono di invadere la Terra, sostituendo agli uomini delle copie.
Willie Joe reputa gli alieni (almeno quelli da lui incontrati) animati da intenzioni malevole. L’uomo avverte: quando un bambino racconta di estranei che nottetempo entrano nella camera, è bene che i genitori diano ascolto ai figli.
E’ veramente opportuno non sottovalutare certe relazioni che alludono a “patti scellerati”, a collusioni cosmiche ai danni di una popolazione ignara. Sapere potrà forse aiutarci a schivare qualche proditorio fendente…
Fonti:
Enciclopedia del cinema, Milano, 2002, s.v. Siegel Don.
A. Sixkiller Clarke, Il ritorno dei popoli delle stelle, Venezia, 2015, pp. 91-97
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Zret
Thursday, April 9, 2015
Il misconosciuto caso di Vittorio Brancatelli ed il destino dell’anima
http://zret.blogspot.ch/2015/04/il-misconosciuto-caso-di-vittorio.html

Il misconosciuto caso di Vittorio Brancatelli ed il destino dell’anima

Il
misconosciuto incontro del terzo tipo di cui fu protagonista il
siciliano Vittorio Brancatelli conferma un’ipotesi divergente circa il
destino post-mortem. Questa congettura peregrina è stata
ventilata da taluni ufologi e rilanciata, sotto il pretesto della
finzione, nel romanzo di Valerio Pedretti, “Oblion, la cospirazione”.
Nel 2002 Brancatelli pubblicò un libro intitolato “L’aliena. Messaggi dalla galassia - Cronaca di un incontro ravvicinato”. Nel volume l’autore rievoca la sua avventura ed il rendez vous con un’aliena che lo rese edotto a proposito del significato inerente alla vita umana, in una prospettiva cosmica.
Prealpi lombarde, Rifugio Grassi, a ridosso di Lecco. Vittorio stava compiendo un’escursione, quando vide in cielo una scia ed un oggetto volante che, sorvolato lo spartiacque, scomparve dietro le cime brianzole. Udì poi una deflagrazione, mentre il terreno sotto di lui tremò. Pensando che fosse precipitato un aereo, l’uomo, spinto dalla curiosità, s’inoltrò verso il luogo donde proveniva un bagliore. Giuntovi, egli scorse un enorme ordigno di forma ovale che irradiava una luce molte intensa. Quindi decise di entrare nel velivolo attraverso un portellone che si richiuse subito dopo il suo ingresso. Proseguendo all’interno della nave spaziale, si ritrovò in una sala di comando, dove giaceva, pallida e sofferente, una creatura dai capelli biondi ricadenti sugli omeri.
A questo punto cominciò un dialogo in italiano con la pilota dell’astronave. Ella gli palesò di chiamarsi Arvea e di essere un’Ispettrice dell’Impero galattico. In seguito si intrattenne con l’inatteso ospite su vari temi concernenti le relazioni tra la Terra e gli altri pianeti, le federazioni galattiche, gli extraterrestri e la sorte dell’anima individuale dopo il decesso.
Alcune “rivelazioni” di Arvea meritano particolare attenzione. Ne riportiamo qualche stralcio saliente, tratto dalla conversazione intercorsa con Vittorio Brancatelli.
Vittorio (d’ora in poi V.) “Da dove vieni e chi sei?”
(Arvea, d’ora in avanti A.) “Vengo dal centro della galassia cui appartiene anche questo sistema solare. Esiste un Impero che dirige i sistemi solari ormai da millenni. Io sono una pedina dell’Impero, mi occupo di esplorazioni e supervisiono l’amministrazione nei suoi confini”.
(V) “Perché la Terra è all’oscuro di tutto questo? Perché non vi rivelate e non integrate noi terrestri nel vostro sistema?”
(A) “Vuoi proprio saperlo?” mi scrutava valutandomi. “Non ti piacerà questa mia risposta! Voi terrestri siete integrati nell’Impero [...] La vostra Terra è la prigione dell’Impero!”
Ero confuso: pensavo che ciò che lei diceva potesse esser vero, ma non riuscivo a capire come io e tutta l’umanità potessimo essere prigionieri. Quando eravamo stati deportati e come?
(A) “Devi sapere prima un’altra cosa, che non rientra nelle vostre conoscenze, anche se qualche barlume a volte affiora. Noi – ed includo anche voi terrestri, poiché siete, almeno nella parte essenziale, uguali a tutti gli altri esseri dell’universo – noi, ripeto, non siamo esseri materiali. Siamo degli esseri immateriali! Voi direste, spirituali! Non siamo corpi né siamo costituiti di materia. [...] Noi tutti, siamo esseri eterni ed immortali che vivono fin dall’inizio del tempo.
Nella mia classe sociale siamo soliti, ormai da molto, usare corpi come quelli umani e lo facciamo introducendoci in essi e cambiandoli a piacimento, senza dover morire per questo o avere sensazione di morte. Gli altri, che non hanno e non avranno mai il potere, devono morire per reincarnarsi e sono contenti di dimenticare le esistenze precedenti, in modo da cominciare ogni nuova vita con slanci rinnovati e nuovo vigore.
Per voi terrestri è diverso! Voi, almeno una parte, eravate come me di classe superiore, ma non avete accettato l’Impero, le sue usanze, le sue tradizioni: le avete contestate mettendo in discussione le basi stesse dell’Impero che si fonda su una conoscenza millenaria e sulla fiducia nelle istituzioni. Voi terrestri siete in parte i contestatori scomodi dell’Impero. Le autorità, non potendo più fidarsi di voi né potendo uccidervi, poiché distruggerebbero solo un corpo, vi condannano all’oblio ed all’ignoranza, mischiati coi delinquenti comuni. Questa è la vera morte dell’anima: l’ignoranza! […]
Ladri, assassini, contestatori, sognatori petulanti, attaccabrighe, oppositori politici sono catturati ed uccisi, spogliati del proprio corpo, trattati affinché dimentichino ogni cosa, surgelati e spediti, con apposite navi, sul pianeta Gea, la vostra Terra. Siete iniettati in corpi appena partoriti da donne che saranno le vostre madri. Siete partoriti nel dolore e nell’incertezza. Ciò rappresenta per voi la nascita. Siete così soggetti alle leggi di questo pianeta, alla sua ignorante brutalità, alle malattie, all’invecchiamento ed alla morte.
Voi, però, in quanto esseri spirituali, non potete morire né essere costretti in alcun luogo. Ad ogni morte fisica, che rende libera l’essenza vitale che siete voi stessi, siete ancora catturati con apposite trappole poste intorno alla Terra stessa. Siete processati ancora una volta, condannati e quindi trattati per dimenticare.
Il ciclo si ripete: venite re-iniettati in nuovi corpi appena partoriti. Continuate così a reincarnarvi vita dopo vita, senza che vi sia permesso di ricordare alcunché, senza avere altre conoscenze oltre quelle che riuscite a scoprire con la vostra intelligenza e forse grazie a qualche ricordo che riesce a trapelare, malgrado i trattamenti.
Nessuno ricorda le vite precedenti!”
(V) “La Terra è dunque una prigione! Io sono un deportato! Ecco il grande segreto della Terra. Altro che le religioni, con le loro risposte piene di mistero. Altro che misteri! Non si vuole che noi sappiamo!”
(A) “L’Impero galattico si fonda su gerarchie assegnate ed immutabili in cui gli stessi esseri sono al potere da millenni e difficilmente avvengono cambiamenti. La forma di governo attuale è frutto di esperienze e modifiche avvenute secolo dopo secolo, che hanno affinato e reso sempre più perfetto il meccanismo burocratico e di governo stesso, per cui ogni possibile variante operativa diversa da quella attuale è già stata precedentemente sperimentata.
Gli esseri al potere conoscono tutto ciò che ti ho rivelato. Le masse, invece, sono tenute nell’ignoranza per meglio guidarle e mantenere l’ordine e lo status quo. Ogni tanto qualcuno, più irrequieto o più abile, riesce a ricordare. Vorrebbe modificare qualcosa, si agita, diventa irrefrenabile nel suo intento di cambiare; quando diventa palesemente pericoloso per il sistema, il suo corpo viene ucciso. Il suo essere spirituale è addormentato e catturato, trattato per dimenticare. Imprigionato in un cubetto di ghiaccio, è poi trasportato insieme con altri sul pianeta Gea, la vostra Terra. Sarà scaricato in mare in prossimità di uno dei poli del pianeta: quando il ghiaccio si scioglierà, sarà di nuovo libero. Al risveglio non ricorderà nulla, non riconoscerà neanche il pianeta, non potrà comunicare con alcuno; si lascerà quindi guidare dall’impulso che sente prepotente e cercherà un nuovo corpo per rinascere”.
Come giudicare queste informazioni? Sono le fantasie di un aspirante contattista o se ne può enucleare qualche verità? Oggettivamente l’episodio e la conversazione possiedono alcunché di fumettistico. Tuttavia il riferimento alle anime che sono intrappolate e costrette a riprendere un involucro corporeo lungo un ciclo di innumerevoli esistenze, oltre ad adombrare l’antica dottrina della metempsicosi (o metensomatosi), si allaccia alla supposizione nata nel campo di un’ufologia di frangia, secondo cui, dopo il trapasso, l’essenza spirituale dell’individuo è in qualche modo imprigionata ed obbligata a proseguire in un itinerario ciclico. Rispetto alla credenza orfica, però, non si intravede, nell’ambito delle ricerche xenologiche, per gli esseri psichici una liberazione, garantita agli iniziati da una progressiva crescita e presa di coscienza: la successione delle vite sembrerebbe non avere fine, in una specie di eterno ritorno dell’uguale.
Per quale scopo le anime sono “accalappiate” non è ben delucidato nel libro: si può ipotizzare che la psyché sia usata da creature mortali che, parassitando gli esseri dotati di una natura pneumatica, possono così sopravvivere ed accumulare conoscenze lungo la catena delle varie “reincarnazioni”. E’, più o meno, l’ipotesi malanghiana delle memorie aliene attive. Mutatis mutandis, ricorda pure un celebre aforisma del filosofo gnostico Basilide che scrisse: “L’uomo è un accampamento di demoni”. Il che è grave; ancora più grave perché, non sapendo di esserlo, l’uomo rischia di rimanere alla mercé di esseri che controllano la vita e la morte. Ad libitum?
Fonte: V. Brancatelli, L’aliena. Messaggi dalla galassia – Cronaca di un incontro ravvicinato, 2002
Nel 2002 Brancatelli pubblicò un libro intitolato “L’aliena. Messaggi dalla galassia - Cronaca di un incontro ravvicinato”. Nel volume l’autore rievoca la sua avventura ed il rendez vous con un’aliena che lo rese edotto a proposito del significato inerente alla vita umana, in una prospettiva cosmica.
Prealpi lombarde, Rifugio Grassi, a ridosso di Lecco. Vittorio stava compiendo un’escursione, quando vide in cielo una scia ed un oggetto volante che, sorvolato lo spartiacque, scomparve dietro le cime brianzole. Udì poi una deflagrazione, mentre il terreno sotto di lui tremò. Pensando che fosse precipitato un aereo, l’uomo, spinto dalla curiosità, s’inoltrò verso il luogo donde proveniva un bagliore. Giuntovi, egli scorse un enorme ordigno di forma ovale che irradiava una luce molte intensa. Quindi decise di entrare nel velivolo attraverso un portellone che si richiuse subito dopo il suo ingresso. Proseguendo all’interno della nave spaziale, si ritrovò in una sala di comando, dove giaceva, pallida e sofferente, una creatura dai capelli biondi ricadenti sugli omeri.
A questo punto cominciò un dialogo in italiano con la pilota dell’astronave. Ella gli palesò di chiamarsi Arvea e di essere un’Ispettrice dell’Impero galattico. In seguito si intrattenne con l’inatteso ospite su vari temi concernenti le relazioni tra la Terra e gli altri pianeti, le federazioni galattiche, gli extraterrestri e la sorte dell’anima individuale dopo il decesso.
Alcune “rivelazioni” di Arvea meritano particolare attenzione. Ne riportiamo qualche stralcio saliente, tratto dalla conversazione intercorsa con Vittorio Brancatelli.
Vittorio (d’ora in poi V.) “Da dove vieni e chi sei?”
(Arvea, d’ora in avanti A.) “Vengo dal centro della galassia cui appartiene anche questo sistema solare. Esiste un Impero che dirige i sistemi solari ormai da millenni. Io sono una pedina dell’Impero, mi occupo di esplorazioni e supervisiono l’amministrazione nei suoi confini”.
(V) “Perché la Terra è all’oscuro di tutto questo? Perché non vi rivelate e non integrate noi terrestri nel vostro sistema?”
(A) “Vuoi proprio saperlo?” mi scrutava valutandomi. “Non ti piacerà questa mia risposta! Voi terrestri siete integrati nell’Impero [...] La vostra Terra è la prigione dell’Impero!”
Ero confuso: pensavo che ciò che lei diceva potesse esser vero, ma non riuscivo a capire come io e tutta l’umanità potessimo essere prigionieri. Quando eravamo stati deportati e come?
(A) “Devi sapere prima un’altra cosa, che non rientra nelle vostre conoscenze, anche se qualche barlume a volte affiora. Noi – ed includo anche voi terrestri, poiché siete, almeno nella parte essenziale, uguali a tutti gli altri esseri dell’universo – noi, ripeto, non siamo esseri materiali. Siamo degli esseri immateriali! Voi direste, spirituali! Non siamo corpi né siamo costituiti di materia. [...] Noi tutti, siamo esseri eterni ed immortali che vivono fin dall’inizio del tempo.
Nella mia classe sociale siamo soliti, ormai da molto, usare corpi come quelli umani e lo facciamo introducendoci in essi e cambiandoli a piacimento, senza dover morire per questo o avere sensazione di morte. Gli altri, che non hanno e non avranno mai il potere, devono morire per reincarnarsi e sono contenti di dimenticare le esistenze precedenti, in modo da cominciare ogni nuova vita con slanci rinnovati e nuovo vigore.
Per voi terrestri è diverso! Voi, almeno una parte, eravate come me di classe superiore, ma non avete accettato l’Impero, le sue usanze, le sue tradizioni: le avete contestate mettendo in discussione le basi stesse dell’Impero che si fonda su una conoscenza millenaria e sulla fiducia nelle istituzioni. Voi terrestri siete in parte i contestatori scomodi dell’Impero. Le autorità, non potendo più fidarsi di voi né potendo uccidervi, poiché distruggerebbero solo un corpo, vi condannano all’oblio ed all’ignoranza, mischiati coi delinquenti comuni. Questa è la vera morte dell’anima: l’ignoranza! […]
Ladri, assassini, contestatori, sognatori petulanti, attaccabrighe, oppositori politici sono catturati ed uccisi, spogliati del proprio corpo, trattati affinché dimentichino ogni cosa, surgelati e spediti, con apposite navi, sul pianeta Gea, la vostra Terra. Siete iniettati in corpi appena partoriti da donne che saranno le vostre madri. Siete partoriti nel dolore e nell’incertezza. Ciò rappresenta per voi la nascita. Siete così soggetti alle leggi di questo pianeta, alla sua ignorante brutalità, alle malattie, all’invecchiamento ed alla morte.
Voi, però, in quanto esseri spirituali, non potete morire né essere costretti in alcun luogo. Ad ogni morte fisica, che rende libera l’essenza vitale che siete voi stessi, siete ancora catturati con apposite trappole poste intorno alla Terra stessa. Siete processati ancora una volta, condannati e quindi trattati per dimenticare.
Il ciclo si ripete: venite re-iniettati in nuovi corpi appena partoriti. Continuate così a reincarnarvi vita dopo vita, senza che vi sia permesso di ricordare alcunché, senza avere altre conoscenze oltre quelle che riuscite a scoprire con la vostra intelligenza e forse grazie a qualche ricordo che riesce a trapelare, malgrado i trattamenti.
Nessuno ricorda le vite precedenti!”
(V) “La Terra è dunque una prigione! Io sono un deportato! Ecco il grande segreto della Terra. Altro che le religioni, con le loro risposte piene di mistero. Altro che misteri! Non si vuole che noi sappiamo!”
(A) “L’Impero galattico si fonda su gerarchie assegnate ed immutabili in cui gli stessi esseri sono al potere da millenni e difficilmente avvengono cambiamenti. La forma di governo attuale è frutto di esperienze e modifiche avvenute secolo dopo secolo, che hanno affinato e reso sempre più perfetto il meccanismo burocratico e di governo stesso, per cui ogni possibile variante operativa diversa da quella attuale è già stata precedentemente sperimentata.
Gli esseri al potere conoscono tutto ciò che ti ho rivelato. Le masse, invece, sono tenute nell’ignoranza per meglio guidarle e mantenere l’ordine e lo status quo. Ogni tanto qualcuno, più irrequieto o più abile, riesce a ricordare. Vorrebbe modificare qualcosa, si agita, diventa irrefrenabile nel suo intento di cambiare; quando diventa palesemente pericoloso per il sistema, il suo corpo viene ucciso. Il suo essere spirituale è addormentato e catturato, trattato per dimenticare. Imprigionato in un cubetto di ghiaccio, è poi trasportato insieme con altri sul pianeta Gea, la vostra Terra. Sarà scaricato in mare in prossimità di uno dei poli del pianeta: quando il ghiaccio si scioglierà, sarà di nuovo libero. Al risveglio non ricorderà nulla, non riconoscerà neanche il pianeta, non potrà comunicare con alcuno; si lascerà quindi guidare dall’impulso che sente prepotente e cercherà un nuovo corpo per rinascere”.
Come giudicare queste informazioni? Sono le fantasie di un aspirante contattista o se ne può enucleare qualche verità? Oggettivamente l’episodio e la conversazione possiedono alcunché di fumettistico. Tuttavia il riferimento alle anime che sono intrappolate e costrette a riprendere un involucro corporeo lungo un ciclo di innumerevoli esistenze, oltre ad adombrare l’antica dottrina della metempsicosi (o metensomatosi), si allaccia alla supposizione nata nel campo di un’ufologia di frangia, secondo cui, dopo il trapasso, l’essenza spirituale dell’individuo è in qualche modo imprigionata ed obbligata a proseguire in un itinerario ciclico. Rispetto alla credenza orfica, però, non si intravede, nell’ambito delle ricerche xenologiche, per gli esseri psichici una liberazione, garantita agli iniziati da una progressiva crescita e presa di coscienza: la successione delle vite sembrerebbe non avere fine, in una specie di eterno ritorno dell’uguale.
Per quale scopo le anime sono “accalappiate” non è ben delucidato nel libro: si può ipotizzare che la psyché sia usata da creature mortali che, parassitando gli esseri dotati di una natura pneumatica, possono così sopravvivere ed accumulare conoscenze lungo la catena delle varie “reincarnazioni”. E’, più o meno, l’ipotesi malanghiana delle memorie aliene attive. Mutatis mutandis, ricorda pure un celebre aforisma del filosofo gnostico Basilide che scrisse: “L’uomo è un accampamento di demoni”. Il che è grave; ancora più grave perché, non sapendo di esserlo, l’uomo rischia di rimanere alla mercé di esseri che controllano la vita e la morte. Ad libitum?
Fonte: V. Brancatelli, L’aliena. Messaggi dalla galassia – Cronaca di un incontro ravvicinato, 2002
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Wednesday, February 4, 2015
220 parole (escluso il titolo) per non dire N I E N T E ! ! !

Weird world

Sono
ormai lontani gli anni ‘50 del XX secolo, il decennio glorioso della
Xenologia, con gli spettacolari avvistamenti e le avventurose escursioni
dei contattisti. E’ vero: già su quell’epoca di rock’n’roll, di filanti
vetture tutte pinne, di bionde mozzafiato, si allungavano alcune ombre,
ma erano ben poca cosa per una generazione scintillante e spensierata.
A distanza di tanto tempo, i ricercatori seri, volenti o nolenti, hanno dovuto cambiare paradigma ed accettare che quasi tutti gli avvistamenti e gli incontri con gli Altri implicano sinistre intenzioni, progetti inconfessabili.
Si moltiplicano le testimonianze a proposito di U.F.O. che sorvolano crateri vulcanici, centrali elettriche, piattaforme missilistiche, città, zone rurali, persino di oggetti che volano presso il Sole. Si moltiplicano le testimonianze di rendez vous con creature dalle sembianze più disparate.
Tuttavia ormai in pochissimi credono nella fola degli extraterrestri salvatori, anzi le sempre più frequenti mutilazioni animali, le sparizioni, i sabotaggi alle infrastrutture ed altre sinistre operazioni, in cui spesso il pesante intervento militare si intreccia e si confonde con l’interferenza allotria, hanno portato ad una “strage delle illusioni”.
La situazione internazionale precipita, giorno dopo giorno, in ogni campo, politico, socio-economico, ambientale. I governi – tutti – sanno solo mentire. Gli oscuri bagliori di un conflitto planetario si accendono in un cielo di pece e le stelle stanno a guardare… e non solo le stelle.
A distanza di tanto tempo, i ricercatori seri, volenti o nolenti, hanno dovuto cambiare paradigma ed accettare che quasi tutti gli avvistamenti e gli incontri con gli Altri implicano sinistre intenzioni, progetti inconfessabili.
Si moltiplicano le testimonianze a proposito di U.F.O. che sorvolano crateri vulcanici, centrali elettriche, piattaforme missilistiche, città, zone rurali, persino di oggetti che volano presso il Sole. Si moltiplicano le testimonianze di rendez vous con creature dalle sembianze più disparate.
Tuttavia ormai in pochissimi credono nella fola degli extraterrestri salvatori, anzi le sempre più frequenti mutilazioni animali, le sparizioni, i sabotaggi alle infrastrutture ed altre sinistre operazioni, in cui spesso il pesante intervento militare si intreccia e si confonde con l’interferenza allotria, hanno portato ad una “strage delle illusioni”.
La situazione internazionale precipita, giorno dopo giorno, in ogni campo, politico, socio-economico, ambientale. I governi – tutti – sanno solo mentire. Gli oscuri bagliori di un conflitto planetario si accendono in un cielo di pece e le stelle stanno a guardare… e non solo le stelle.
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Zret
Saturday, April 19, 2014
Blue planet project
http://zret.blogspot.it/2014/04/blue-planet-project.html
Blue planet project

Il documento “Blue planet project” è un testo attribuito ad alcuni scienziati statunitensi (Jefferson Souza in primis)
che avrebbero raccolto testimonianze ed indizi in merito ad
avvistamenti di U.F.O., contatti con alieni e via discorrendo. E’ arduo
stabilire se il dossier sia genuino o no: comunque, anche qualora si
trattasse di un libro spurio del tutto o in parte, delinea un quadro che
globalmente conferma le conclusioni cui sono giunti decine di
ricercatori in più di mezzo secolo.
“Blue planet project” è una summa della Xenologia: spazia dagli schianti di velivoli non terrestri al Majestic 12, dalla battaglia di Dulce alle basi sotterranee, dalle razze esterne alle misteriose mutilazioni animali, dai rapimenti agli impianti... Dati, ricostruzioni, resoconti, analisi, ipotesi sono passati in rassegna in questo dossier spiazzante, per la mole di informazioni che offre e per la loro straordinarietà.
Dal documento è stata tratta una serie televisiva, dall’omonimo titolo, i cui autori cercano di trovare il bandolo della matassa, di districarsi tra scenari e congetture spesso divergenti. Il programma è pregevole soprattutto sotto il profilo stilistico: post-produzione accattivante, montaggio serrato, interviste efficaci, immagini che rincalzano i contenuti letti dalla voce narrante.
A nostro parere, il prodotto è soltanto incrinato dal tentativo di formulare una spiegazione onnicomprensiva, ossia gli Altri sono malvagi o benevoli? Se si enfatizza la prima ipotesi, escludendo la seconda, si rischia di coagulare il consenso della popolazione mondiale attorno agli scellerati governi che non intendono certo proteggerci da minacce esterne, ma trarre il maggior profitto possibile dalla “congiura del silenzio” nonché neutralizzare eventuali civiltà evolute. Se si abbraccia, invece, la seconda eventualità, ci si infila in un cul de sac, l’analisi si avvita su sé stessa e non si sa più a chi attribuire gli evidenti influssi deleteri delle specie allotrie sull’umanità. Sono influssi plurimillenari di entità carnefici, non necessariamente creature di altri pianeti. E’ plausibile che esistano visitatori indifferenti ed altri benevoli, ancorché defilati, ma il complesso militare-industriale si è alleato con farabutti cosmici.
Se si usa il discernimento, evitando la generalizzazione per imparare a distinguere i vari casi, a raccordare i diversi addentellati, il quadro complessivo risulterà complesso ma non sfocato e distorto, come quando ci si ostina in un’interpretazione unilaterale di fenomeni spesso incerti, controversi.
La messa in onda di “Blue planet project” ci offre la ghiotta occasione per rispolverare alcuni capitoli di una disciplina tanto negletta quanto istruttiva: la verità a volte passa per la stretta cruna di ciò che disdegniamo.
Peter Pasini, il marchio di un rapito, 2009
La strage degli ufologi, 2010
Il rapimento di Myrna Hansen, 2010
Il codice binario di Rendlesham, 2011
Messaggi dall'universo, 2011
Karla Turner: quando il dubbio scotta più della verità, 2012
“Blue planet project” è una summa della Xenologia: spazia dagli schianti di velivoli non terrestri al Majestic 12, dalla battaglia di Dulce alle basi sotterranee, dalle razze esterne alle misteriose mutilazioni animali, dai rapimenti agli impianti... Dati, ricostruzioni, resoconti, analisi, ipotesi sono passati in rassegna in questo dossier spiazzante, per la mole di informazioni che offre e per la loro straordinarietà.
Dal documento è stata tratta una serie televisiva, dall’omonimo titolo, i cui autori cercano di trovare il bandolo della matassa, di districarsi tra scenari e congetture spesso divergenti. Il programma è pregevole soprattutto sotto il profilo stilistico: post-produzione accattivante, montaggio serrato, interviste efficaci, immagini che rincalzano i contenuti letti dalla voce narrante.
A nostro parere, il prodotto è soltanto incrinato dal tentativo di formulare una spiegazione onnicomprensiva, ossia gli Altri sono malvagi o benevoli? Se si enfatizza la prima ipotesi, escludendo la seconda, si rischia di coagulare il consenso della popolazione mondiale attorno agli scellerati governi che non intendono certo proteggerci da minacce esterne, ma trarre il maggior profitto possibile dalla “congiura del silenzio” nonché neutralizzare eventuali civiltà evolute. Se si abbraccia, invece, la seconda eventualità, ci si infila in un cul de sac, l’analisi si avvita su sé stessa e non si sa più a chi attribuire gli evidenti influssi deleteri delle specie allotrie sull’umanità. Sono influssi plurimillenari di entità carnefici, non necessariamente creature di altri pianeti. E’ plausibile che esistano visitatori indifferenti ed altri benevoli, ancorché defilati, ma il complesso militare-industriale si è alleato con farabutti cosmici.
Se si usa il discernimento, evitando la generalizzazione per imparare a distinguere i vari casi, a raccordare i diversi addentellati, il quadro complessivo risulterà complesso ma non sfocato e distorto, come quando ci si ostina in un’interpretazione unilaterale di fenomeni spesso incerti, controversi.
La messa in onda di “Blue planet project” ci offre la ghiotta occasione per rispolverare alcuni capitoli di una disciplina tanto negletta quanto istruttiva: la verità a volte passa per la stretta cruna di ciò che disdegniamo.
Peter Pasini, il marchio di un rapito, 2009
La strage degli ufologi, 2010
Il rapimento di Myrna Hansen, 2010
Il codice binario di Rendlesham, 2011
Messaggi dall'universo, 2011
Karla Turner: quando il dubbio scotta più della verità, 2012
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Zret
Monday, April 14, 2014
I Pleiadiani di Patrizia Cinotti: ombre sul contattismo
http://zret.blogspot.it/2014/04/i-pleiadiani-di-patrizia-cinotti-ombre.html
I Pleiadiani di Patrizia Cinotti: ombre sul contattismo
Patrizia Cinotti è una naturopata. Vive e lavora a Verona.
La sua vita conobbe una svolta la notte del 31 gennaio 2009, quando una luce inondò la camera in cui la donna dormiva. La Cinotti si accorse che il suo corpo stava ascendendo, avvolto in quel bagliore ed in una sensazione di beatitudine. Si avvide poi di trovarsi in un’astronave dove fu accolta da tre creature di notevole statura e fasciate in tute color cobalto dai riflessi argentei. Fra gli anfitrioni una donna con i capelli a caschetto e sulla cui uniforme facevano bella mostra di sé degli alamari. Ella accolse la Cinotti con un affabile: “Ben tornata a casa, diletta. Siamo Pleiadiani”. Il dialogo continuò: l’extraterrestre, di nome Mara, chiese all’ospite se volesse restare con loro. Le fu poi mostrata su uno schermo una visione del futuro, con la Terra radicalmente trasformata ed immersa nelle tenebre. Infine le fu chiesto se volesse diventare un’ambasciatrice della Federazione galattica, il cui leader è l'inossidabile Ashtar Sheran. La Cinotti accettò, dunque i Pleiadiani le iniettarono un liquido nell’arteria femorale della gamba destra: attraverso questa iniezione ella sarebbe rimasta in contatto telepatico con gli ufonauti.
Da allora la contattata riceve quotidianamente dei messaggi telepatici per mezzo della scrittura automatica. Inoltre ha fotografato in varie circostanze i vascelli spaziali dei Pleiadiani. Gli scatti, secondo il parere degli esperti, sono genuini.
Storia emblematica quello della Cinotti: si inquadra a pieno titolo nel fenomeno noto come “contattismo”. Il contattismo, i cui giganti sono George Adamski e Billy Meier, araldo dei Pleiadiani proprio come la Cinotti, sebbene abbia vissuto la sua stagione d’oro negli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, séguita a stupire e ad inquietare, soprattutto perché oggi è talora innestato nella casistica dei rapimenti.
Caso da manuale, si diceva, per la presenza di alcune invarianti. Elenchiamole per poi soffermarci sugli aspetti salienti dell’esperienza.
• Il contatto
• Il breve soggiorno in un’astronave
• L’anticipazione di eventi futuri sotto forma di immagini che mostrano calamità
• Il congedo preceduto da un intervento invasivo sul corpo dell’experiencer
• Il proseguimento dei contatti per lo più attraverso la scrittura automatica
Come giudicare il racconto della Cinotti? Siamo propensi a ritenere che la donna abbia raccontato un vissuto realmente occorsole. I problemi sorgono, allorquando si analizzano le comunicazioni ricevute, ogni volta in cui si considerano risvolti che, visti sotto una luce adeguata, risultano sinistri. Il commiato da interlocutori all’apparenza tanto saggi e benevoli è, come nel caso di Sixto Paz Wells e di altri, suggellato dall’impianto di un microprocessore oppure è seguito dall’individuazione di cicatrici.
I discorsi, anzi le omelie, dei Pleiadiani traboccano di tutto quel bric à brac pseudo-ecologista cui purtroppo siamo avvezzi: se l’umanità (i criminali governi non sono menzionati) non cambierà rotta, il pianeta sarà devastato da inondazioni, incendi, sismi, quantunque alla fine i Pleiadiani, pur senza interferire con il nostro libero arbitrio, metteranno in salvo i superstiti, portandoli sulle loro navi spaziali. Ci sembra di aver già letto da qualche parte questa sceneggiatura.
Ad onor del vero, bisogna riconoscere che le informazioni della Cinotti esulano da codesto arcinoto canovaccio per toccare altri argomenti, ad esempio il tema delle sfere, le stesse che non di rado si vedono saettare attorno agli aerei chimici. Scrive la naturopata: “Sono sfere di luce. Essi usano vari mezzi per farsi vedere: astronavi, ricognitori e ultimamente le sfere di luce. Si tratta di plasma. Le chiamano ‘sentinelle’: sono un tramite tra noi e loro”.
Sono notizie interessanti: da un lato si raccordano ad Adamski ed alle sue “anie”, dall’altro confermano quanto ipotizzato da alcuni ricercatori, ossia che i globi sono formati da plasma.
A differenza di altri contactees che ignorano entità malevole, la Cinotti accenna ad esseri negativi, i Rettiliani. Essi sono descritti come aggressori notturni intenti ad interferire con il percorso evolutivo degli uomini.
La nostra impressione è la seguente: l’esperienza della Cinotti è autentica, ma adombra quasi certamente il solito inganno. Anche solo la citazione di Ashtar Sheran, strenuo sostenitore di Barack Obama, e l’evocazione della sedicente Federazione galattica dovrebbero farci drizzare le antenne. [1] Non è una coincidenza se la donna sfiora il soggetto par excellence, la geoingegneria clandestina, quando indugia sul ruolo delle sfere, ma poi ci delude, poiché non fornisce neppure un ragguaglio sulle chemtrails. E’ come se un visitatore si recasse al Louvre ed ammirasse tutte le opere di artisti “minori”, non degnando neppure di uno sguardo la “Gioconda” leonardesca. [2]
Misteri del contattismo e dell’ufologia ottimista…
Fonti:
Associazioneoperativaet.it
G. Lombardi, Avvertimento dalle Pleiadi, in X Times n. 66, aprile 2014
[1] E’ sufficiente osservare i simboli associati all’iconografia di Ashtar Sheran per comprendere che questo “angelo tecnologico” è il frutto velenoso di un’abile impostura.
[2] Che la mistificazione possa annidarsi in ogni dove è dimostrato anche dall’edificante storia di “Amicizia”: si veda di Sebastian D.F. Cescato, “Dietro le quinte”, in X Times n. 66, aprile 2014. In generale si potrebbe concludere che accade con certo contattismo quanto avviene con le sedute medianiche, abissi sull’inferno scambiati per sentieri verso il Cielo.
La sua vita conobbe una svolta la notte del 31 gennaio 2009, quando una luce inondò la camera in cui la donna dormiva. La Cinotti si accorse che il suo corpo stava ascendendo, avvolto in quel bagliore ed in una sensazione di beatitudine. Si avvide poi di trovarsi in un’astronave dove fu accolta da tre creature di notevole statura e fasciate in tute color cobalto dai riflessi argentei. Fra gli anfitrioni una donna con i capelli a caschetto e sulla cui uniforme facevano bella mostra di sé degli alamari. Ella accolse la Cinotti con un affabile: “Ben tornata a casa, diletta. Siamo Pleiadiani”. Il dialogo continuò: l’extraterrestre, di nome Mara, chiese all’ospite se volesse restare con loro. Le fu poi mostrata su uno schermo una visione del futuro, con la Terra radicalmente trasformata ed immersa nelle tenebre. Infine le fu chiesto se volesse diventare un’ambasciatrice della Federazione galattica, il cui leader è l'inossidabile Ashtar Sheran. La Cinotti accettò, dunque i Pleiadiani le iniettarono un liquido nell’arteria femorale della gamba destra: attraverso questa iniezione ella sarebbe rimasta in contatto telepatico con gli ufonauti.
Da allora la contattata riceve quotidianamente dei messaggi telepatici per mezzo della scrittura automatica. Inoltre ha fotografato in varie circostanze i vascelli spaziali dei Pleiadiani. Gli scatti, secondo il parere degli esperti, sono genuini.
Storia emblematica quello della Cinotti: si inquadra a pieno titolo nel fenomeno noto come “contattismo”. Il contattismo, i cui giganti sono George Adamski e Billy Meier, araldo dei Pleiadiani proprio come la Cinotti, sebbene abbia vissuto la sua stagione d’oro negli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, séguita a stupire e ad inquietare, soprattutto perché oggi è talora innestato nella casistica dei rapimenti.
Caso da manuale, si diceva, per la presenza di alcune invarianti. Elenchiamole per poi soffermarci sugli aspetti salienti dell’esperienza.
• Il contatto
• Il breve soggiorno in un’astronave
• L’anticipazione di eventi futuri sotto forma di immagini che mostrano calamità
• Il congedo preceduto da un intervento invasivo sul corpo dell’experiencer
• Il proseguimento dei contatti per lo più attraverso la scrittura automatica
Come giudicare il racconto della Cinotti? Siamo propensi a ritenere che la donna abbia raccontato un vissuto realmente occorsole. I problemi sorgono, allorquando si analizzano le comunicazioni ricevute, ogni volta in cui si considerano risvolti che, visti sotto una luce adeguata, risultano sinistri. Il commiato da interlocutori all’apparenza tanto saggi e benevoli è, come nel caso di Sixto Paz Wells e di altri, suggellato dall’impianto di un microprocessore oppure è seguito dall’individuazione di cicatrici.
I discorsi, anzi le omelie, dei Pleiadiani traboccano di tutto quel bric à brac pseudo-ecologista cui purtroppo siamo avvezzi: se l’umanità (i criminali governi non sono menzionati) non cambierà rotta, il pianeta sarà devastato da inondazioni, incendi, sismi, quantunque alla fine i Pleiadiani, pur senza interferire con il nostro libero arbitrio, metteranno in salvo i superstiti, portandoli sulle loro navi spaziali. Ci sembra di aver già letto da qualche parte questa sceneggiatura.
Ad onor del vero, bisogna riconoscere che le informazioni della Cinotti esulano da codesto arcinoto canovaccio per toccare altri argomenti, ad esempio il tema delle sfere, le stesse che non di rado si vedono saettare attorno agli aerei chimici. Scrive la naturopata: “Sono sfere di luce. Essi usano vari mezzi per farsi vedere: astronavi, ricognitori e ultimamente le sfere di luce. Si tratta di plasma. Le chiamano ‘sentinelle’: sono un tramite tra noi e loro”.
Sono notizie interessanti: da un lato si raccordano ad Adamski ed alle sue “anie”, dall’altro confermano quanto ipotizzato da alcuni ricercatori, ossia che i globi sono formati da plasma.
A differenza di altri contactees che ignorano entità malevole, la Cinotti accenna ad esseri negativi, i Rettiliani. Essi sono descritti come aggressori notturni intenti ad interferire con il percorso evolutivo degli uomini.
La nostra impressione è la seguente: l’esperienza della Cinotti è autentica, ma adombra quasi certamente il solito inganno. Anche solo la citazione di Ashtar Sheran, strenuo sostenitore di Barack Obama, e l’evocazione della sedicente Federazione galattica dovrebbero farci drizzare le antenne. [1] Non è una coincidenza se la donna sfiora il soggetto par excellence, la geoingegneria clandestina, quando indugia sul ruolo delle sfere, ma poi ci delude, poiché non fornisce neppure un ragguaglio sulle chemtrails. E’ come se un visitatore si recasse al Louvre ed ammirasse tutte le opere di artisti “minori”, non degnando neppure di uno sguardo la “Gioconda” leonardesca. [2]
Misteri del contattismo e dell’ufologia ottimista…
Fonti:
Associazioneoperativaet.it
G. Lombardi, Avvertimento dalle Pleiadi, in X Times n. 66, aprile 2014
[1] E’ sufficiente osservare i simboli associati all’iconografia di Ashtar Sheran per comprendere che questo “angelo tecnologico” è il frutto velenoso di un’abile impostura.
[2] Che la mistificazione possa annidarsi in ogni dove è dimostrato anche dall’edificante storia di “Amicizia”: si veda di Sebastian D.F. Cescato, “Dietro le quinte”, in X Times n. 66, aprile 2014. In generale si potrebbe concludere che accade con certo contattismo quanto avviene con le sedute medianiche, abissi sull’inferno scambiati per sentieri verso il Cielo.
Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati
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Zret
Friday, October 18, 2013
Sira e Sirio
http://zret.blogspot.it/2013/10/sira-e-sirio.html
Sira e Sirio
Gli
U’wa sono un’etnia americana i cui superstiti vivono in Colombia.
Orgogliosi della loro veneranda tradizione, gli U’wa tentano di
difendere il loro territorio e la loro cultura dall’uomo bianco che essi
chiamano “riowa”. Rapaci e spregiudicate compagnie petrolifere, con
l’avallo del governo colombiano, mirano a costruire pozzi per
l’estrazione del greggio nella regione abitata dagli U’wa. E’ una triste
vicenda che purtroppo si ripete spesso: multinazionali che mirano al
profitto distruggono gli ecosistemi, mentre i nativi tentano di
preservare la propria identità dall’aggressione e dallo snaturamento che
la “civiltà occidentale” reca con sé.
È curioso che questa tribù pre-colombiana veneri il Creatore con il nome di Sira. Leggiamo nella carta del popolo U’wa.
“La legge del nostro popolo si differenzia da quella dei bianchi, perché la legge del ‘riowa’ (bianco) viene dagli uomini e sta scritta su un foglio di carta, mentre la legge del nostro popolo viene da Sira (Dio). Fu Sira (Dio) che la dettò e la scrisse nel cuore dei nostri sapienti Werjayas (sciamani). Il rispetto verso i viventi ed i non viventi, ciò che si conosce e quello che non si conosce, appartiene alla nostra legge: la nostra missione nel mondo è quella di raccontarla, cantarla e metterla in pratica per sostenere l’equilibrio dell’universo. La nostra legge U’wa sostiene il mondo. La nostra legge è antica quanto la stessa terra. La nostra cultura si è organizzata seguendo il modello della creazione, per questo la nostra legge della terra e la terra stessa sono una cosa sola. La nostra legge non morirà”.
E’ possibile che il nome Sira sia in qualche modo legato alla pristina radice che significa “luminoso”, da cui il termine Sirio che identifica l’astro (in realtà un sistema ternario) più fulgido del firmamento? [1] “Sira” potrebbe significare “radioso”, essendo la luce in senso lato attributo divino. D’altronde nelle lingue indoeuropee la base deiwo rappresenta la più antica denominazione della divinità ed è collegata con la nozione di luce. Tale morfema si conserva nelle aree più marginali, come nel sanscrito deva, nel lituano diévas, ma è pure rintracciabile nel latino deus (con la variante divus) e nell’inglese devil, con palese scivolamento semantico.
L’analisi linguistica ci conduce a cercare addentellati tra Sirio, i numi ancestrali, enigmatiche provenienze sideree. Ci porta dai miti antichi con eroi che attraversano il cielo e la terra sino al Medioevo: nel Sacro Corano, infatti, reperiamo un misterioso versetto della sura n. 53, nota come An-Najm النّجْم, “la Stella”. Il versetto recita: “Egli (Allah) è il Signore di Sirio”.
Vero è che gli U’wa vivono in una plaga assai distante dal Medio Oriente dove i culti stellari incentrati su Sirio erano assai diffusi (si pensi agli Egizi, ma pure ai Dogon ed alle loro sorprendenti conoscenze astronomiche). Tuttavia l’ipotesi secondo cui le culture del passato ebbero un’origine comune è plausibile: ciò motiva le profonde somiglianze tra popoli tra loro discosti nel tempo e nello spazio. D’altronde le narrazioni magico - religiose manifestano una straordinaria persistenza: anche se cambiano dei particolari, anche se si agglutinano nuovi racconti ed esegesi, la sostanza della Tradizione resta ed è trasmessa lungo le generazioni. Così saremmo propensi a vedere nel Creatore degli U”wa una divinità originata da un’unica sorgente cui attinsero molte genti del passato.
A proposito di dei e di etimologie, vorremmo concludere questo breve articolo, soffermandoci sulla controversa etimologia dell’ebraico Eloha-Elohim. A nostro avviso, ha ragione il Professor Mauro Biglino che traduce Elohim con “splendenti” e non chi lo rende con “legislatori”. Infatti è parola confrontabile con il greco “helios”, sole, da un ceppo linguistico che designa probabilmente di nuovo la luce.
Insomma, la luce è divina, comunque sia definita nelle varie lingue.
Ringrazio l’amico Corrado Penna per la preziosa segnalazione.
[1] Il vocabolo Sirio contiene una radice “svar” che vale “scintillante”.
È curioso che questa tribù pre-colombiana veneri il Creatore con il nome di Sira. Leggiamo nella carta del popolo U’wa.
“La legge del nostro popolo si differenzia da quella dei bianchi, perché la legge del ‘riowa’ (bianco) viene dagli uomini e sta scritta su un foglio di carta, mentre la legge del nostro popolo viene da Sira (Dio). Fu Sira (Dio) che la dettò e la scrisse nel cuore dei nostri sapienti Werjayas (sciamani). Il rispetto verso i viventi ed i non viventi, ciò che si conosce e quello che non si conosce, appartiene alla nostra legge: la nostra missione nel mondo è quella di raccontarla, cantarla e metterla in pratica per sostenere l’equilibrio dell’universo. La nostra legge U’wa sostiene il mondo. La nostra legge è antica quanto la stessa terra. La nostra cultura si è organizzata seguendo il modello della creazione, per questo la nostra legge della terra e la terra stessa sono una cosa sola. La nostra legge non morirà”.
E’ possibile che il nome Sira sia in qualche modo legato alla pristina radice che significa “luminoso”, da cui il termine Sirio che identifica l’astro (in realtà un sistema ternario) più fulgido del firmamento? [1] “Sira” potrebbe significare “radioso”, essendo la luce in senso lato attributo divino. D’altronde nelle lingue indoeuropee la base deiwo rappresenta la più antica denominazione della divinità ed è collegata con la nozione di luce. Tale morfema si conserva nelle aree più marginali, come nel sanscrito deva, nel lituano diévas, ma è pure rintracciabile nel latino deus (con la variante divus) e nell’inglese devil, con palese scivolamento semantico.
L’analisi linguistica ci conduce a cercare addentellati tra Sirio, i numi ancestrali, enigmatiche provenienze sideree. Ci porta dai miti antichi con eroi che attraversano il cielo e la terra sino al Medioevo: nel Sacro Corano, infatti, reperiamo un misterioso versetto della sura n. 53, nota come An-Najm النّجْم, “la Stella”. Il versetto recita: “Egli (Allah) è il Signore di Sirio”.
Vero è che gli U’wa vivono in una plaga assai distante dal Medio Oriente dove i culti stellari incentrati su Sirio erano assai diffusi (si pensi agli Egizi, ma pure ai Dogon ed alle loro sorprendenti conoscenze astronomiche). Tuttavia l’ipotesi secondo cui le culture del passato ebbero un’origine comune è plausibile: ciò motiva le profonde somiglianze tra popoli tra loro discosti nel tempo e nello spazio. D’altronde le narrazioni magico - religiose manifestano una straordinaria persistenza: anche se cambiano dei particolari, anche se si agglutinano nuovi racconti ed esegesi, la sostanza della Tradizione resta ed è trasmessa lungo le generazioni. Così saremmo propensi a vedere nel Creatore degli U”wa una divinità originata da un’unica sorgente cui attinsero molte genti del passato.
A proposito di dei e di etimologie, vorremmo concludere questo breve articolo, soffermandoci sulla controversa etimologia dell’ebraico Eloha-Elohim. A nostro avviso, ha ragione il Professor Mauro Biglino che traduce Elohim con “splendenti” e non chi lo rende con “legislatori”. Infatti è parola confrontabile con il greco “helios”, sole, da un ceppo linguistico che designa probabilmente di nuovo la luce.
Insomma, la luce è divina, comunque sia definita nelle varie lingue.
Ringrazio l’amico Corrado Penna per la preziosa segnalazione.
[1] Il vocabolo Sirio contiene una radice “svar” che vale “scintillante”.
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Wednesday, July 24, 2013
Salvator Rosa: le porte della percezione
http://zret.blogspot.co.uk/2013/07/salvator-rosa-le-porte-della-percezione.html
Salvator Rosa: le porte della percezione
Salvator
Rosa (Napoli, 1615 – Roma 1673) pittore e poeta, è una tra le figure
più insigni dell’arte secentesca. Formatosi nella bottega di J. de
Ribera, nel 1635 si stabilì a Roma al servizio del cardinale Brancaccio.
Qui partecipò alla vita intellettuale della città, divenendo
popolarissimo come attore ed ideatore di farse e di spettacoli
carnascialeschi. Partito per Firenze (1639 – 1645), vi fu accolto con
grandi onori alla corte medicea. In seguito tornò nell’Urbe dove morì.
L’arte del Maestro, dagli esordi nella pittura di battaglia e di paesaggio, cui l’aveva iniziato A. Falcone, maturò poi un cambiamento in senso classicista sotto l’influsso di Testa, Lorrain e Van Swanewelt. Virò quindi verso una concezione “pittoresca”, di taglio “preromantico”. Infine l’artista definì una cifra solenne e nostalgica dell’antico, ricorrendo pure a motivi emblematici come teschi e scheletri. Il repertorio di severi temi mitologici e biblici, sostanziati da ideali moralizzanti, contribuisce a creare nelle sue opere atmosfere cupe e misteriose, di “orrida bellezza”. La raffigurazione della natura, deserta e selvaggia, esalta la solitudine ed i turbamenti dell’uomo. Discusso nel suo tempo, magnificato dalla critica (soprattutto britannica) del secolo XIX e considerato in Italia, fin quasi ai giorni nostri, un precursore della sensibilità romantica (anche per gli aspetti ribelli ed anticonformistici del suo carattere), Rosa esercitò un forte influsso sulla pittura partenopea, sebbene non gli si possano attribuire veri e propri allievi. Il paesaggio e le rappresentazioni di combattimenti furono i soggetti che più spesso furono imitati.
Al
soggiorno fiorentino del pittore risale il capolavoro “Le tentazioni di
Sant’Antonio” (Firenze, Galleria palatina di Palazzo Pitti). E’
un’opera che incarna l’ispirazione visionaria di Rosa. L’anacoreta
egiziano è raffigurato in atto di brandire il crocifisso per stornare da
sé delle creature terrifiche. Queste, emerse da uno scenario fosco e
plumbeo, incombono sull’eremita, appiattito sul giaciglio, e sono quasi
sul punto di ghermirlo. [1]
“Nulla di mistico né di austero in questo vegliardo che, distolto dalla meditazione, si rotola e si torce all’assalto di iperbolici mostri che, partoriti dalle elucubrazioni medievali, ma poi confinati nell’iconografia nordica, di là tornano a sostituire la bella donna cui la tradizione nostrana affida volentieri il compito di rappresentare in sé tutte le tentazioni. Nessuno spirito religioso e nessuna seducente nudità, ma incubo notturno, pauroso, ossessivo: una di quelle ‘stregonerie’ delle quali il Rosa ebbe a compiacersi e che furono ambitissime dagli amatori”. (G. V. Castelnovi)
La possente, bizzarra fantasia di Rosa è all’origine della spaventevole allucinazione né difettavano gli antecedenti iconografici per la pittura delle macabre entità che assediano il santo. Il gusto barocco per l’eccentrico ed il cupo contribuiscono all’orrida visione. Nondimeno rimane forse in questo quadro stravagante l’impronta di una percezione di là dalle parvenze: così il demonio ossuto che, in primo piano sovrasta l’asceta, pare davvero essere uscito da una plaga infernale, da un mondo popolato di esseri malefici. La testa rostrata, dagli occhi corruschi, l’orrido collo arcuato, gli arti magri e nervosi, tesi sino allo spasmo, nell’approssimarsi dello scatto letale, evocano simili figure che brulicano nelle avventate escursioni spiritiche e persino in certi resoconti xenologici.
Un’analogia (fortuita?) ci conduce, oltre che all’immaginario cinematografico degli alieni scottiani, al gigante del più che controverso caso materializzatosi in quel di Mortegliano.
L’immaginazione come finestra sull’ignoto.
[1] Una copia del quadro è custodita nella Pinacoteca Rambaldi di Coldirodi (Sanremo). E’ una riproduzione che, per quanto più sommaria nell’esecuzione rispetto all’originale, è di fattura decorosa.
Fonti:
AA. VV. La raccolta Rambaldi a Coldirodi, Sanremo, 2012
A. Chiumento, La creatura di Mortegliano, 2013
Enciclopedia dell’Arte, Milano, 2005, s.v. Rosa Salvatore
L’arte del Maestro, dagli esordi nella pittura di battaglia e di paesaggio, cui l’aveva iniziato A. Falcone, maturò poi un cambiamento in senso classicista sotto l’influsso di Testa, Lorrain e Van Swanewelt. Virò quindi verso una concezione “pittoresca”, di taglio “preromantico”. Infine l’artista definì una cifra solenne e nostalgica dell’antico, ricorrendo pure a motivi emblematici come teschi e scheletri. Il repertorio di severi temi mitologici e biblici, sostanziati da ideali moralizzanti, contribuisce a creare nelle sue opere atmosfere cupe e misteriose, di “orrida bellezza”. La raffigurazione della natura, deserta e selvaggia, esalta la solitudine ed i turbamenti dell’uomo. Discusso nel suo tempo, magnificato dalla critica (soprattutto britannica) del secolo XIX e considerato in Italia, fin quasi ai giorni nostri, un precursore della sensibilità romantica (anche per gli aspetti ribelli ed anticonformistici del suo carattere), Rosa esercitò un forte influsso sulla pittura partenopea, sebbene non gli si possano attribuire veri e propri allievi. Il paesaggio e le rappresentazioni di combattimenti furono i soggetti che più spesso furono imitati.

“Nulla di mistico né di austero in questo vegliardo che, distolto dalla meditazione, si rotola e si torce all’assalto di iperbolici mostri che, partoriti dalle elucubrazioni medievali, ma poi confinati nell’iconografia nordica, di là tornano a sostituire la bella donna cui la tradizione nostrana affida volentieri il compito di rappresentare in sé tutte le tentazioni. Nessuno spirito religioso e nessuna seducente nudità, ma incubo notturno, pauroso, ossessivo: una di quelle ‘stregonerie’ delle quali il Rosa ebbe a compiacersi e che furono ambitissime dagli amatori”. (G. V. Castelnovi)
La possente, bizzarra fantasia di Rosa è all’origine della spaventevole allucinazione né difettavano gli antecedenti iconografici per la pittura delle macabre entità che assediano il santo. Il gusto barocco per l’eccentrico ed il cupo contribuiscono all’orrida visione. Nondimeno rimane forse in questo quadro stravagante l’impronta di una percezione di là dalle parvenze: così il demonio ossuto che, in primo piano sovrasta l’asceta, pare davvero essere uscito da una plaga infernale, da un mondo popolato di esseri malefici. La testa rostrata, dagli occhi corruschi, l’orrido collo arcuato, gli arti magri e nervosi, tesi sino allo spasmo, nell’approssimarsi dello scatto letale, evocano simili figure che brulicano nelle avventate escursioni spiritiche e persino in certi resoconti xenologici.
Un’analogia (fortuita?) ci conduce, oltre che all’immaginario cinematografico degli alieni scottiani, al gigante del più che controverso caso materializzatosi in quel di Mortegliano.
L’immaginazione come finestra sull’ignoto.
[1] Una copia del quadro è custodita nella Pinacoteca Rambaldi di Coldirodi (Sanremo). E’ una riproduzione che, per quanto più sommaria nell’esecuzione rispetto all’originale, è di fattura decorosa.
Fonti:
AA. VV. La raccolta Rambaldi a Coldirodi, Sanremo, 2012
A. Chiumento, La creatura di Mortegliano, 2013
Enciclopedia dell’Arte, Milano, 2005, s.v. Rosa Salvatore
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Zret
Tuesday, June 4, 2013
La pista sumera (prima parte)
http://zret.blogspot.it/2013/06/la-pista-sumera-prima-parte.html
La pista sumera (prima parte)

Nella pellicola “Il quarto tipo”, (The fourth kind, 2009) per la regia di Olatunde Osunsanmi,
la dottoressa Abigail Tyler indaga sulla morte del marito
misteriosamente ucciso una notte mentre dorme accanto a lei. La Tyler
scopre che a Nome, in Alaska, dove si è recata per compiere la sua
ricerca, alcuni abitanti soffrono di persistenti disturbi del sonno. Si
svegliano di soprassalto e ricordano d'aver scorto un gufo alla
finestra. La Tyler ipnotizza uno di loro, Tommy, per portarne alla luce i
ricordi sedimentati nell’inconscio. Quelle reminiscenze sono, però,
così atroci che il paziente dura fatica a recuperarle. Un giorno Tommy
prende in ostaggio moglie e figli, minacciando di ucciderli. Vuole che
la psicologa gli sveli il significato di alcune parole in una strana
lingua. Poiché Abbey non è in grado di decifrarle, Tommy stermina la
famiglia e si toglie la vita. Grazie ad uno specialista, il glottologo
Odusami, Abbey scopre che quelle frasi sono in sumero. Con l'aiuto del
collega dottor Campos, la donna cerca di venire a capo dell’enigma.
La produzione, ricorrendo nei momenti topici alla tecnica dello split, affianca la ricostruzione dei fatti a materiale “autentico”, in una sorta di metacinema. Gli eventi “reali” sono affidati alla finzione (?) ed agli attori proprio come il rifacimento, con effetto straniante, talora cerebrale. Le immagini sgranate e vacillanti delle videocamere offrono un’illusione di verosimiglianza, ma sùbito sembrano smentirla nel gioco narrativo. Si rischia così di ignorare il messaggio che si è inteso forse veicolare con il film: alludiamo alla “questione sumera”. Gli spaventevoli alieni, che rapiscono alcuni residenti di Nome e la stessa figlia della psicologa, si esprimono nell’antico idioma parlato in Mesopotamia. Questo riferimento non sembra fortuito, ma un indizio che qualcuno ha voluto lasciare.
Da alcuni decenni, il “problema sumero” è diventato decisivo, oltre che nell’archeologia (ufficiale e no), nella linguistica, nella storia… persino in campi in cui non ci saremmo attesi che acquisisse particolare aggetto. Si pensi alle speculazioni sul Pianeta X identificabile con Nibiru, l’enigmatico corpo celeste della mitologia mesopotamica. L’astronomia e la cultura sumere non catalizzarono l’interesse soltanto del controverso Zecharia Sitchin e dei suoi epigoni, ma anche del cosmologo Sagan.
Carl Edward Sagan (1934-1996), noto soprattutto per aver indagato con zelo il tema della possibile esistenza di civiltà tecnologiche nel cosmo e l’eventualità di comunicare con loro, partecipò a questo fine, con esperimenti e progetti, ai programmi spaziali Mariner, Viking e Voyager. Questi programmi della N.A.S.A. erano volti all’esplorazione dei pianeti e dei satelliti. Sagan studiò anche l’evoluzione(?) della vita sulla Terra fino all’uomo tecnologico. Ispirò pure il film “Contact”, con protagonista l’attrice Jodie Foster. La sceneggiatura della pellicola dipende dall’omonimo romanzo scritto dal cosmologo.
Sagan era un uomo che sapeva assai più di quanto osasse ammettere di fronte alla comunità degli scienziati(?) ed all’opinione pubblica. Negli anni ’70 del XX secolo, lo studioso predispose per la sonda Pioneer 10 un messaggio destinato a civiltà stellari. La comunicazione comprendeva musiche di un complesso mariachi ed auguri scritti in sumero, per illustrare a nazioni extraterrestri i caratteri precipui della vita sul nostro pianeta.
Infatti, reputando che anche altre civiltà stessero compiendo le stesse ricerche, ebbe l'idea di collocare sulla Pioneer 10, attualmente ancora in viaggio fuori dal sistema solare verso la stella Proxima Centauri, una targa d'oro con incisi i simboli della Terra, dell'uomo e della donna, del D.N.A. ed altre informazioni sul nostro pianeta, affinché un giorno qualche intelligenza aliena potesse scoprire da dove proveniva la sonda.
La produzione, ricorrendo nei momenti topici alla tecnica dello split, affianca la ricostruzione dei fatti a materiale “autentico”, in una sorta di metacinema. Gli eventi “reali” sono affidati alla finzione (?) ed agli attori proprio come il rifacimento, con effetto straniante, talora cerebrale. Le immagini sgranate e vacillanti delle videocamere offrono un’illusione di verosimiglianza, ma sùbito sembrano smentirla nel gioco narrativo. Si rischia così di ignorare il messaggio che si è inteso forse veicolare con il film: alludiamo alla “questione sumera”. Gli spaventevoli alieni, che rapiscono alcuni residenti di Nome e la stessa figlia della psicologa, si esprimono nell’antico idioma parlato in Mesopotamia. Questo riferimento non sembra fortuito, ma un indizio che qualcuno ha voluto lasciare.
Da alcuni decenni, il “problema sumero” è diventato decisivo, oltre che nell’archeologia (ufficiale e no), nella linguistica, nella storia… persino in campi in cui non ci saremmo attesi che acquisisse particolare aggetto. Si pensi alle speculazioni sul Pianeta X identificabile con Nibiru, l’enigmatico corpo celeste della mitologia mesopotamica. L’astronomia e la cultura sumere non catalizzarono l’interesse soltanto del controverso Zecharia Sitchin e dei suoi epigoni, ma anche del cosmologo Sagan.
Carl Edward Sagan (1934-1996), noto soprattutto per aver indagato con zelo il tema della possibile esistenza di civiltà tecnologiche nel cosmo e l’eventualità di comunicare con loro, partecipò a questo fine, con esperimenti e progetti, ai programmi spaziali Mariner, Viking e Voyager. Questi programmi della N.A.S.A. erano volti all’esplorazione dei pianeti e dei satelliti. Sagan studiò anche l’evoluzione(?) della vita sulla Terra fino all’uomo tecnologico. Ispirò pure il film “Contact”, con protagonista l’attrice Jodie Foster. La sceneggiatura della pellicola dipende dall’omonimo romanzo scritto dal cosmologo.
Sagan era un uomo che sapeva assai più di quanto osasse ammettere di fronte alla comunità degli scienziati(?) ed all’opinione pubblica. Negli anni ’70 del XX secolo, lo studioso predispose per la sonda Pioneer 10 un messaggio destinato a civiltà stellari. La comunicazione comprendeva musiche di un complesso mariachi ed auguri scritti in sumero, per illustrare a nazioni extraterrestri i caratteri precipui della vita sul nostro pianeta.
Infatti, reputando che anche altre civiltà stessero compiendo le stesse ricerche, ebbe l'idea di collocare sulla Pioneer 10, attualmente ancora in viaggio fuori dal sistema solare verso la stella Proxima Centauri, una targa d'oro con incisi i simboli della Terra, dell'uomo e della donna, del D.N.A. ed altre informazioni sul nostro pianeta, affinché un giorno qualche intelligenza aliena potesse scoprire da dove proveniva la sonda.
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Saturday, June 1, 2013
Alien nation
http://zret.blogspot.it/2013/05/alien-nation.html
Alien nation

30 maggio 2013, ore 13:00. Va in onda il TG2,
la solita propaganda spacciata con infinita improntitudine per
notiziario. Nel corso di un servizio sulla Siria, dove facinorosi armati
da Sion e dall'Impero di U.S.A.tana perpetrano stragi indicibili,
tentando di rovesciare il governo del presidente Assad, il "giornalista"
accenna alle iniziative diplomatiche in corso.
Mentre sono inquadrati dei papaveri europei, per qualche istante è anche immortalata una guardia del corpo dalle bislacche sembianze. Il bodyguard, somigliante ad un satellite di Barry Soetoro alias Barack Obama, ha fronte sfuggente, arcate sopraciliari molto pronunciate, naso vestigiale, mento piccolo. Sul capo del terreo personaggio ricadono dei capelli che paiono posticci.
Un ibrido? Un clone? Un mostro partorito in qualche laboratorio militare? Un essere senz'anima, quindi incapace di provare empatia, adatto per i compiti più turpi e spietati? Una specie di androide al servizio dei criminali mondialisti? No, niente di tutto ciò: è solo un tipo un po' bruttino...
Mentre sono inquadrati dei papaveri europei, per qualche istante è anche immortalata una guardia del corpo dalle bislacche sembianze. Il bodyguard, somigliante ad un satellite di Barry Soetoro alias Barack Obama, ha fronte sfuggente, arcate sopraciliari molto pronunciate, naso vestigiale, mento piccolo. Sul capo del terreo personaggio ricadono dei capelli che paiono posticci.
Un ibrido? Un clone? Un mostro partorito in qualche laboratorio militare? Un essere senz'anima, quindi incapace di provare empatia, adatto per i compiti più turpi e spietati? Una specie di androide al servizio dei criminali mondialisti? No, niente di tutto ciò: è solo un tipo un po' bruttino...
Wednesday, May 8, 2013
Bambini del futuro
http://zret.blogspot.co.uk/2013/05/bambini-del-futuro.html
Bambini del futuro

“Siamo
al cospetto di un’intelligenza dietro alla quale qualcosa sta in
agguato: questi esseri sono parte di una realtà abnorme e sconcertante
per la nostra percezione individuale”. (Anonimo)
Il desolante scenario attuale è rischiarato dalla possibilità che siano nati negli ultimi decenni dei bambini dalle doti straordinarie. Questi bambini, definiti “indaco” e “cristallo”, sarebbero l’avanguardia di una generazione più evoluta.
Nel libro “Awakening: how alien can trasform your life”, Mary Rodwell collega il tema del vagheggiato salto evolutivo alle esperienze di contatto. La Rodwell crede che gli star kids (i bimbi delle stelle) siano il risultato di influssi esterni: esisterebbero delle intelligenze all’origine dell’avvento di un nuovo tipo umano, dotato di maggiori intuizione e consapevolezza. I bambini studiati dalla Rodwell descrivono incontri con creature dai grandi occhi magnetici, senza orecchie e glabre. La loro pelle è grigia, talora azzurrognola, in casi eccezionali verde.
Queste entità trasmettono conoscenze e messaggi inerenti al futuro del pianeta. Talune affermazioni degli star children sono sbalorditive: uno di loro, dieci anni, britannico, ha raccontato che aveva scaricato (?!) nella sua mente una tecnologia complessa per creare portali, varchi verso altri universi. Un altro, australiano, otto anni, ha riferito che sulla Terra esistono degli stargates. Ha aggiunto che egli, periodicamente, sale su un’astronave con due compagni di scuola: nel vascello spaziale i tre si ritrovano in capsule dove non possono muoversi (sic). Vengono sottoposti a visite mediche, su di loro sono eseguiti dei controlli.
Il Dottor William Brown, biologo molecolare, reputa che si stiano verificando dei cambiamenti nel D.N.A. di questi bambini. Egli opina che il D.N.A. silente sia integrato nel corredo genetico della specie ventura, homo novus. Se Essi stessero, invece, compiendo una subdola ibridazione volta a creare un genere degenerato?
Come valutare tali esperienze? Che pensare dell’eventualità di un balzo evolutivo? Notiamo che le circostanze (esami medici, cilindri, U.F.O. triangolari…) e l’iconografia delineate dagli star kids combaciano con quelle riferite da molti rapiti. Ciò non basta a dimostrare che i bambini sono vittime di sequestri, interpretati come emozionanti avventure, tuttavia…
Le conoscenze acquisite dagli experiencers – così ama definirli la Rodwell – potrebbero essere l’effetto collaterale positivo di un’interferenza, di un rapimento. Il diavolo si nasconde nei particolari… e nelle parole: termini, sintagmi ed enunciati usati dai piccoli testimoni come “programmare”, “scaricare le informazioni” “esseri dagli occhi enormi che indossano mantelli” … hanno alcunché di meccanico e di sinistro. Eppure la sensibilità che i bambini dimostrano, l’inclinazione a comunicare con gli animali, le piante, l’acqua persino, sono gemme, anche se forse mal incastonate.
La Rodwell dimostra una certa duttilità. Pur essendo un’esponente dell’ufologia “ottimista”, la ricercatrice non esclude l’azione di civiltà ostili. Ipotizza: “Forse all’interno di una stessa specie esistono gruppi diversi ed agende diverse”.
Intanto sappiamo che è in corso un’operazione di modificazione genetica, ma con fini degenerativi… Può essere che tale attività sia finalizzata proprio a contrastare, ad inibire una crescita dell’umanità. Di passaggio, osserviamo che la metanoia e la palingenesi prescindono da una mera spinta biologica, sebbene essa possa essere di giovamento.
Realtà o illusione? E’ sempre meglio essere guardinghi, pur senza chiudere la porta sull’impossibile che si proietta sull’effettuale. Da troppo tempo si fantastica di mirabili cambiamenti (si pensi alla storia circa gli arresti di massa o all’energia panacea di Keshe): alla fine è il solito nulla di fatto. Dunque a proposito della questione per ora sospendiamo il giudizio: non scartiamo l’evenienza di una svolta né accettiamo a scatola chiusa i doni di Danai, in sembianze di salvatori.
Per approfondire si leggano i seguenti testi: B. Chalker, Hair of the alien, D.N.A. and other forensic evidence of alien abduction, 2005; P. Harris, Gli umani del mondo nuovo, 2013 in X Times n. 54, aprile 2013; M. Rodwell, Awakening: how alien can trasform your life, 2012
Il desolante scenario attuale è rischiarato dalla possibilità che siano nati negli ultimi decenni dei bambini dalle doti straordinarie. Questi bambini, definiti “indaco” e “cristallo”, sarebbero l’avanguardia di una generazione più evoluta.
Nel libro “Awakening: how alien can trasform your life”, Mary Rodwell collega il tema del vagheggiato salto evolutivo alle esperienze di contatto. La Rodwell crede che gli star kids (i bimbi delle stelle) siano il risultato di influssi esterni: esisterebbero delle intelligenze all’origine dell’avvento di un nuovo tipo umano, dotato di maggiori intuizione e consapevolezza. I bambini studiati dalla Rodwell descrivono incontri con creature dai grandi occhi magnetici, senza orecchie e glabre. La loro pelle è grigia, talora azzurrognola, in casi eccezionali verde.
Queste entità trasmettono conoscenze e messaggi inerenti al futuro del pianeta. Talune affermazioni degli star children sono sbalorditive: uno di loro, dieci anni, britannico, ha raccontato che aveva scaricato (?!) nella sua mente una tecnologia complessa per creare portali, varchi verso altri universi. Un altro, australiano, otto anni, ha riferito che sulla Terra esistono degli stargates. Ha aggiunto che egli, periodicamente, sale su un’astronave con due compagni di scuola: nel vascello spaziale i tre si ritrovano in capsule dove non possono muoversi (sic). Vengono sottoposti a visite mediche, su di loro sono eseguiti dei controlli.
Il Dottor William Brown, biologo molecolare, reputa che si stiano verificando dei cambiamenti nel D.N.A. di questi bambini. Egli opina che il D.N.A. silente sia integrato nel corredo genetico della specie ventura, homo novus. Se Essi stessero, invece, compiendo una subdola ibridazione volta a creare un genere degenerato?
Come valutare tali esperienze? Che pensare dell’eventualità di un balzo evolutivo? Notiamo che le circostanze (esami medici, cilindri, U.F.O. triangolari…) e l’iconografia delineate dagli star kids combaciano con quelle riferite da molti rapiti. Ciò non basta a dimostrare che i bambini sono vittime di sequestri, interpretati come emozionanti avventure, tuttavia…
Le conoscenze acquisite dagli experiencers – così ama definirli la Rodwell – potrebbero essere l’effetto collaterale positivo di un’interferenza, di un rapimento. Il diavolo si nasconde nei particolari… e nelle parole: termini, sintagmi ed enunciati usati dai piccoli testimoni come “programmare”, “scaricare le informazioni” “esseri dagli occhi enormi che indossano mantelli” … hanno alcunché di meccanico e di sinistro. Eppure la sensibilità che i bambini dimostrano, l’inclinazione a comunicare con gli animali, le piante, l’acqua persino, sono gemme, anche se forse mal incastonate.
La Rodwell dimostra una certa duttilità. Pur essendo un’esponente dell’ufologia “ottimista”, la ricercatrice non esclude l’azione di civiltà ostili. Ipotizza: “Forse all’interno di una stessa specie esistono gruppi diversi ed agende diverse”.
Intanto sappiamo che è in corso un’operazione di modificazione genetica, ma con fini degenerativi… Può essere che tale attività sia finalizzata proprio a contrastare, ad inibire una crescita dell’umanità. Di passaggio, osserviamo che la metanoia e la palingenesi prescindono da una mera spinta biologica, sebbene essa possa essere di giovamento.
Realtà o illusione? E’ sempre meglio essere guardinghi, pur senza chiudere la porta sull’impossibile che si proietta sull’effettuale. Da troppo tempo si fantastica di mirabili cambiamenti (si pensi alla storia circa gli arresti di massa o all’energia panacea di Keshe): alla fine è il solito nulla di fatto. Dunque a proposito della questione per ora sospendiamo il giudizio: non scartiamo l’evenienza di una svolta né accettiamo a scatola chiusa i doni di Danai, in sembianze di salvatori.
Per approfondire si leggano i seguenti testi: B. Chalker, Hair of the alien, D.N.A. and other forensic evidence of alien abduction, 2005; P. Harris, Gli umani del mondo nuovo, 2013 in X Times n. 54, aprile 2013; M. Rodwell, Awakening: how alien can trasform your life, 2012
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Xenologia
Monday, April 29, 2013
Defiance
http://zret.blogspot.co.uk/2013/04/defiance.html
Defiance

"Defiance"
è una serie televisiva statunitense di fantascienza trasmessa dal
canale via cavo Syfy, a partire dal 15 aprile 2013.
Il telefilm, ambientato nel 2046, descrive una nuova Terra, radicalmente cambiata con nuove prospettive e nuove regole. La metamorfosi avviene in seguito all’approdo per opera di alieni, i Votans, che, a causa della distruzione del loro sistema stellare, cercano un luogo in cui insediarsi. Pensando che Gaia sia disabitata, i Votans la scelgono per colonizzarla, ma trovano chi tenta di impedirlo loro.
L'unico aspetto degno di interesse del prodotto è l'allusione al terraforming nei primi cento secondi: infatti già l'episodio pilota, dopo un emozionante prologo, si avvita in un canovaccio macchinoso e sconclusionato. Nelle prime sequenze è inquadrato un aereo a bassa quota che rilascia la sua bella scia chimica, mentre in cielo incombe un'enorme astronave. Subito dopo appare l'eloquente didascalia: "Terra terraformata".
L’introduzione, dalla notevole forza visiva, ma che è un deja-vu, mette in scena una famigliola il cui tranquillo dejeuner sur l’herbe è sconvolto dall’apparizione in cielo del vascello stellare.
Belle, anche se accademiche, le inquadrature iniziali: il campo e controcampo, le panoramiche, il dettaglio del grappolo d’uva, l’ombra minacciosa della nave intergalattica, un’ombra che sovrasta il ragazzo, il futuro protagonista della strenua lotta contro gli invasori... trentatré anni dopo. Dopodiché, il racconto si sfibra nell’intreccio più banale ed enfatico, con gli attori la cui recitazione è tutto un aggrottare fronti e strabuzzare gli occhi, per l’incapacità di esprimere diversamente le emozioni stereotipate dei personaggi. La sceneggiatura poi è più infantile dei dialoghi di una recita allestita da bambini dell'asilo.
"Defiance" significa "opposizione", "resistenza": è come se le eminenze grigie, dietro le principali produzioni televisive e cinematografiche, gabbassero il pubblico, illudendolo che è ancora possibile una resistenza. Pochi sanno che i governi terrestri sono collaborazionisti. Pochi sanno che l’umanità è stata svenduta in cambio di qualche diavoleria tecnologica. E’ in atto una fatale terraformazione... ma ovviamente è solo fiction televisiva.
Fonti:
Defiance, 2013 su Tanker enemy tv
D. Castelli, Defiance: altro buco nell’acqua, 2013
Il telefilm, ambientato nel 2046, descrive una nuova Terra, radicalmente cambiata con nuove prospettive e nuove regole. La metamorfosi avviene in seguito all’approdo per opera di alieni, i Votans, che, a causa della distruzione del loro sistema stellare, cercano un luogo in cui insediarsi. Pensando che Gaia sia disabitata, i Votans la scelgono per colonizzarla, ma trovano chi tenta di impedirlo loro.
L'unico aspetto degno di interesse del prodotto è l'allusione al terraforming nei primi cento secondi: infatti già l'episodio pilota, dopo un emozionante prologo, si avvita in un canovaccio macchinoso e sconclusionato. Nelle prime sequenze è inquadrato un aereo a bassa quota che rilascia la sua bella scia chimica, mentre in cielo incombe un'enorme astronave. Subito dopo appare l'eloquente didascalia: "Terra terraformata".
L’introduzione, dalla notevole forza visiva, ma che è un deja-vu, mette in scena una famigliola il cui tranquillo dejeuner sur l’herbe è sconvolto dall’apparizione in cielo del vascello stellare.
Belle, anche se accademiche, le inquadrature iniziali: il campo e controcampo, le panoramiche, il dettaglio del grappolo d’uva, l’ombra minacciosa della nave intergalattica, un’ombra che sovrasta il ragazzo, il futuro protagonista della strenua lotta contro gli invasori... trentatré anni dopo. Dopodiché, il racconto si sfibra nell’intreccio più banale ed enfatico, con gli attori la cui recitazione è tutto un aggrottare fronti e strabuzzare gli occhi, per l’incapacità di esprimere diversamente le emozioni stereotipate dei personaggi. La sceneggiatura poi è più infantile dei dialoghi di una recita allestita da bambini dell'asilo.
"Defiance" significa "opposizione", "resistenza": è come se le eminenze grigie, dietro le principali produzioni televisive e cinematografiche, gabbassero il pubblico, illudendolo che è ancora possibile una resistenza. Pochi sanno che i governi terrestri sono collaborazionisti. Pochi sanno che l’umanità è stata svenduta in cambio di qualche diavoleria tecnologica. E’ in atto una fatale terraformazione... ma ovviamente è solo fiction televisiva.
Fonti:
Defiance, 2013 su Tanker enemy tv
D. Castelli, Defiance: altro buco nell’acqua, 2013
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Tuesday, April 23, 2013
Gobekli Tepe: il santuario degli esseri senza volto
http://zret.blogspot.it/2013/04/gobleki-tepe-il-santuario-degli-esseri.html
Gobekli Tepe: il santuario degli esseri senza volto

La
città-tempio di Gobekli Tepe è ubicata ad otto miglia a nord est di
Sanliurfa, in Turchia. Gobekli Tepe risale a circa a 12.000 anni
addietro, ma certe sue opere suggeriscono addentellati con culture
posteriori. Ad esempio, vi si può ammirare un pilastro lapideo su cui è
scolpito un volatile con le ali spiegate, insieme con un oggetto
circolare. Tale raffigurazione evoca il simbolo egizio “shen “,
risalente grosso modo a 7000 anni più tardi.
L’effigie con il disco potrebbe essere associata a Nekhbet, dea dalle sembianze di avvoltoio bianco, che di solito era riprodotto con le ali spiegate, nell’atto di stringere un geroglifico “shen” fra gli artigli. “Shen” deriva dall’antica parola egizia “shenu”, ossia “circondare."[1]
Lo “shen” è simbolo di eternità, d'infinito e di protezione: è per questo che diventò un cartiglio contenente un nome. Nell'antico Egitto, si riteneva che senza un nome, una persona fosse incompleta ed una persona incompleta non poteva inoltrarsi nell'oltretomba con successo. I nomi reali dovevano essere protetti per tutta l'eternità, dunque lo shen salvaguardava il faraone nel suo transito verso il duat. Gli antichi Egizi possedevano due nomi, uno essoterico, noto a tutti, ed uno esoterico, conosciuto da pochi. Il nome segreto proteggeva l’identità, l’essenza di chi lo portava.
In un’antica città della Turchia, Catal Huyuk, si può ammirare un affresco che mostra avvoltoi appollaiati sulla cima di alte torri di legno il cui fastigio è delimitato da cornici. In una torre, due avvoltoi sono tratteggiati con le ali piegate su una testa umana.
Un certo numero di specialisti ipotizza che gli avvoltoi siano all’origine di una lunga tradizione rintracciabile ancora oggi fra i Parsi (Zoroastriani), seguaci della religione fondata dal profeta persiano Zarathustra. I Parsi, presenti in India ed Iran, compiono il rituale funerario della scarnificazione. La scarnificazione consiste nell’abbandonare il corpo del defunto sulla sommità di una torre circolare in pietra chiamata “dakhma”, attendendo che gli avvoltoi si nutrano della carne. In questo modo la terra non è contaminata dalla salma. Gli edifici di Catal Huyuk probabilmente sono una versione precedente delle dakhma, note come “Torri del silenzio”.
Andrew Collins ritiene che l’avvoltoio sia un animale psicopompo, ossia atto a condurre l’anima nell’aldilà. Non solo, lo studioso, autore del saggio “Il mistero del Cigno”, reputa che altri pennuti, ossia la cicogna ed il cigno, trasferiscano l’anima disincarnata in un altro soma lungo l’itinerario della metempsicosi.
In varie parti d'Europa e dell’Asia è la cicogna a portare i neonati. Il Cigno è anche una magnifica costellazione: agli astri che la formano sono allineati alcuni siti archeologici. Al Cigno si collega pure presumibilmente la visione di Costantino.
In alcune rappresentazioni del Neolitico gli avvoltoi hanno degli ovali sulla schiena: all’interno degli ovali sono delineati feti o infanti che rappresentano, secondo Collins, gli spiriti destinati ad essere ricondotti sulla Terra. Collins pensa che l’avvoltoio sia un simbolo fondamentale. Tale emblema riecheggiò attraverso i millenni fino a quando fu adottato dagli antichi Egizi.
In altri contesti culturali, l'avvoltoio è un emblema di guerre e battaglie. Tra i Sumeri e gli Amorrei (volgarmente noti come Babilonesi) era l’animale che portava via l’anima dei combattenti morti sul campo.
La giornalista investigativa Linda Moulton Howe, analizzando i singolari manufatti di Gobekli Tepe, comparati con altre testimonianze iconografiche, soprattutto dei Nativi americani, si spinge a congetturare che essi alludano alla procreazione di uomini per opera di esseri allotri. Ella esamina, tra le altre, una sorprendente opera custodita nel museo di Urfa (Turchia): è una sorta di totem alto otto piedi con una testa non umana e priva di volto. Ai lati sono scalpellati dei serpenti: questa inquietante creatura sembra essere descritta mentre è in procinto di dare alla luce un bambino umano. Viene in mente il celebre passo biblico del Genesi, dove sono menzionati “i figli degli dei”…
Non si comprende per quale motivo questa ed altre figure antropomorfe siano scolpite senza viso. Inintelligibili risultano anche molti glifi sbalzati sui caratteristici pilastri a T di Gobekli Tepe. Le opere litiche hanno alcunché di ieratico, ma soprattutto di sinistro, come se il sacro fosse velato da un’ombra sacrilega.
La Moulton Howe azzarda la seguente supposizione: i vari monumenti megalitici (menhir, dolmen, cromlech) sarebbero le vestigia di un’intelligenza non terrestre che interagisce in modo occulto con l’umanità da tempo immemorabile. Forse Gobekli Tepe era un luogo cosmopolita dove gli anziani, gli sciamani, i guerrieri di culture diverse si incontrarono per far scoccare la scintilla della civiltà. Forse la misteriosa città-santuario fu edificata da un popolo proveniente dalla costellazione del Cigno.
Gobekli Tepe è un luogo di morte, ma pure di rinascita. Il suo simbolismo sembra riflettere questa duplicità. Era ed è – suggeriscono alcuni - anche un portale cosmico, uno stargate. E’ un posto in cui la linea dello spazio-tempo si spezza e dove si può essere proiettati verso le stelle.
[1] Nekhbet era raffigurata ovunque il faraone fosse presente: nella tomba reale e nei templi. La sua immagine ornava anche i pettorali ed i gioielli del re. Ella, insieme con la dea Uto, nutriva il sovrano alla nascita e lo proteggeva per tutta la vita. Con la democratizzazione del culto, la divinità divenne nutrice di ogni defunto che rinasceva a nuova vita.
Fonti:
Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto, a cura di E. Bresciani, Novara, 2009, s.v. Nekhbet
L. Moulton Howe, Gobekli Tepe: was it a soul recycling machine?, 2013
L’effigie con il disco potrebbe essere associata a Nekhbet, dea dalle sembianze di avvoltoio bianco, che di solito era riprodotto con le ali spiegate, nell’atto di stringere un geroglifico “shen” fra gli artigli. “Shen” deriva dall’antica parola egizia “shenu”, ossia “circondare."[1]
Lo “shen” è simbolo di eternità, d'infinito e di protezione: è per questo che diventò un cartiglio contenente un nome. Nell'antico Egitto, si riteneva che senza un nome, una persona fosse incompleta ed una persona incompleta non poteva inoltrarsi nell'oltretomba con successo. I nomi reali dovevano essere protetti per tutta l'eternità, dunque lo shen salvaguardava il faraone nel suo transito verso il duat. Gli antichi Egizi possedevano due nomi, uno essoterico, noto a tutti, ed uno esoterico, conosciuto da pochi. Il nome segreto proteggeva l’identità, l’essenza di chi lo portava.
In un’antica città della Turchia, Catal Huyuk, si può ammirare un affresco che mostra avvoltoi appollaiati sulla cima di alte torri di legno il cui fastigio è delimitato da cornici. In una torre, due avvoltoi sono tratteggiati con le ali piegate su una testa umana.
Un certo numero di specialisti ipotizza che gli avvoltoi siano all’origine di una lunga tradizione rintracciabile ancora oggi fra i Parsi (Zoroastriani), seguaci della religione fondata dal profeta persiano Zarathustra. I Parsi, presenti in India ed Iran, compiono il rituale funerario della scarnificazione. La scarnificazione consiste nell’abbandonare il corpo del defunto sulla sommità di una torre circolare in pietra chiamata “dakhma”, attendendo che gli avvoltoi si nutrano della carne. In questo modo la terra non è contaminata dalla salma. Gli edifici di Catal Huyuk probabilmente sono una versione precedente delle dakhma, note come “Torri del silenzio”.
Andrew Collins ritiene che l’avvoltoio sia un animale psicopompo, ossia atto a condurre l’anima nell’aldilà. Non solo, lo studioso, autore del saggio “Il mistero del Cigno”, reputa che altri pennuti, ossia la cicogna ed il cigno, trasferiscano l’anima disincarnata in un altro soma lungo l’itinerario della metempsicosi.
In varie parti d'Europa e dell’Asia è la cicogna a portare i neonati. Il Cigno è anche una magnifica costellazione: agli astri che la formano sono allineati alcuni siti archeologici. Al Cigno si collega pure presumibilmente la visione di Costantino.
In alcune rappresentazioni del Neolitico gli avvoltoi hanno degli ovali sulla schiena: all’interno degli ovali sono delineati feti o infanti che rappresentano, secondo Collins, gli spiriti destinati ad essere ricondotti sulla Terra. Collins pensa che l’avvoltoio sia un simbolo fondamentale. Tale emblema riecheggiò attraverso i millenni fino a quando fu adottato dagli antichi Egizi.
In altri contesti culturali, l'avvoltoio è un emblema di guerre e battaglie. Tra i Sumeri e gli Amorrei (volgarmente noti come Babilonesi) era l’animale che portava via l’anima dei combattenti morti sul campo.
La giornalista investigativa Linda Moulton Howe, analizzando i singolari manufatti di Gobekli Tepe, comparati con altre testimonianze iconografiche, soprattutto dei Nativi americani, si spinge a congetturare che essi alludano alla procreazione di uomini per opera di esseri allotri. Ella esamina, tra le altre, una sorprendente opera custodita nel museo di Urfa (Turchia): è una sorta di totem alto otto piedi con una testa non umana e priva di volto. Ai lati sono scalpellati dei serpenti: questa inquietante creatura sembra essere descritta mentre è in procinto di dare alla luce un bambino umano. Viene in mente il celebre passo biblico del Genesi, dove sono menzionati “i figli degli dei”…
Non si comprende per quale motivo questa ed altre figure antropomorfe siano scolpite senza viso. Inintelligibili risultano anche molti glifi sbalzati sui caratteristici pilastri a T di Gobekli Tepe. Le opere litiche hanno alcunché di ieratico, ma soprattutto di sinistro, come se il sacro fosse velato da un’ombra sacrilega.
La Moulton Howe azzarda la seguente supposizione: i vari monumenti megalitici (menhir, dolmen, cromlech) sarebbero le vestigia di un’intelligenza non terrestre che interagisce in modo occulto con l’umanità da tempo immemorabile. Forse Gobekli Tepe era un luogo cosmopolita dove gli anziani, gli sciamani, i guerrieri di culture diverse si incontrarono per far scoccare la scintilla della civiltà. Forse la misteriosa città-santuario fu edificata da un popolo proveniente dalla costellazione del Cigno.
Gobekli Tepe è un luogo di morte, ma pure di rinascita. Il suo simbolismo sembra riflettere questa duplicità. Era ed è – suggeriscono alcuni - anche un portale cosmico, uno stargate. E’ un posto in cui la linea dello spazio-tempo si spezza e dove si può essere proiettati verso le stelle.
[1] Nekhbet era raffigurata ovunque il faraone fosse presente: nella tomba reale e nei templi. La sua immagine ornava anche i pettorali ed i gioielli del re. Ella, insieme con la dea Uto, nutriva il sovrano alla nascita e lo proteggeva per tutta la vita. Con la democratizzazione del culto, la divinità divenne nutrice di ogni defunto che rinasceva a nuova vita.
Fonti:
Grande enciclopedia illustrata dell’antico Egitto, a cura di E. Bresciani, Novara, 2009, s.v. Nekhbet
L. Moulton Howe, Gobekli Tepe: was it a soul recycling machine?, 2013
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Monday, April 8, 2013
Silicon aliens
http://zret.blogspot.co.uk/2013/04/silicon-aliens_6.html
Silicon aliens

Gli Arconti nei manoscritti di Nag Hammadi e gli alieni nella xenologia
Il mondo antico offre sovente delle risposte a noi uomini d’oggi, ma preferiamo pascerci di illusioni, indulgere all’ignoranza ed all’inerzia.
I codici di Nag Hammâdi sono una raccolta di testi gnostici, rinvenuti nei pressi di Nag Hammâdi (Alto Egitto) nel 1946. Sono tredici papiri reperiti in una giara di terracotta da un abitante del villaggio di al Qasr, presso un monastero pacomiano nell'isola di Nag Hammâdi, nota anche come Isola elefantina. I documenti sono, per la maggior parte, scritti gnostici, ma includono anche tre opere appartenenti al Corpus hermeticum ed una traduzione parziale della “Politeia” di Platone. Così alle tendenziose testimonianze degli scrittori “cristiani” (Ireneo, Ippolito, Epifanio etc.) ed agli scarsi testi originali si sono aggiunte quarantaquattro opere gnostiche.
Nonostante il carattere talora frammentario e l’oscurità che esaspera anche gli studiosi più pazienti, i testi in oggetto sono una miniera di preziose notizie. Si pensi ai Vangeli e agli altri libercoli che evocano il dominio degli Arconti. Essi sono dipinti come una progenie imitatrice. “Arconti” significa sia “reggitori” sia “esseri del principio”, giacché nacquero prematuramente, donde l’analogia con l’aborto spontaneo nei papiri di Nag Hammâdi. Questa genia deviante venne alla luce prima che si formasse la Terra: a differenza degli uomini e delle altre specie, gli Arconti non originarono dalla Luce, ma dalla materia inorganica.
In principio gli Arconti non possedevano un habitat, ma brulicavano attorno alla Terra a guisa di cavallette fameliche, attratti da Sophia, da cui furono respinti. Queste creature sono prive di ennoia, ossia volontà ed intenzione, rappresentando un’aberrazione cosmica.
Nei codici sono tratteggiate le loro sembianze: assomigliano a feti prematuri o ad insetti dagli occhi abnormi. Dalla legione degli Arconti, attraverso una mutazione, eruppe poi una razza leonino-draconiana. I due generi di Arconti purtroppo sono appena delineati nei manoscritti, da cui comunque si evince che le creature draconiane, dal temperamento aggressivo, tendono a dominare il gruppo dei “feti” di indole passiva.[1]
Gli Arconti non possono creare alcunché, ma solo scimmiottare: la loro capacità mimetica è definita “phantasia”, cioè immaginazione delirante, distinta dall’”ennoia”. Nel “Vangelo apocrifo di Giovanni” le dimore celesti generate dagli spiriti menzogneri sono riproduzioni tridimensionali, simili ad un ologramma. Su questo regno fittizio impera il Demiurgo, Yaldalbaoth. I codici spiegano che il cosmo proiettato dal Demiurgo è virtuale, una simulazione meccanica, priva di vita, affine ad una rappresentazione di un paesaggio formata da pixel. Usando la parola HAL, “contraffazione” in copto, gli autori degli opuscoli gnostici, sottolineano il carattere spurio dell’universo arcontico. Singolare: HAL è pure il nome del dispotico elaboratore nella nota pellicola “2001, Odissea nello spazio”.
Nell’Apocrifo di Giovanni leggiamo: “Il Signore Arconte ordinò tutto nel suo mondo, seguendo il modello degli Eoni primari, fornitogli, secondo lui, per vedere se fosse in grado di riprodurli, non perché avesse visto gli Eoni imperituri, (grazie al suo potere, scil.), ma per mezzo del potere che aveva dentro di sé, preso da sua Madre (Sophia, n.d.r.) che gli permise di creare per somiglianza”.
Non saranno sfuggite ai lettori certe “coincidenze” tra alcuni aspetti della “demonologia” gnostica da un lato, la tassonomia xenologica dall’altro. Più, però, delle somiglianze fisiognomiche tra Arconti ed Alieni, colpiscono i parallelismi psicologico-comportamentali, spie di una natura bionica. Fu già il colonnello Philip J. Corso a rivelare che i Grigi sono androidi. Alla stessa conclusione sono giunti diversi ufologi: tra costoro il britannico Nigel Kerner ha inquadrato la questione dei Grigi macrocefali, dai grandi occhi ipnotici, in una cornice che si riferisce alla tradizione biblica e gnostica. William Henry, nel saggio “Oracle of the Illuminati”, identifica Arconti ed Anunnaki.
Naturalmente queste congruenze tra l’antico ed il moderno sono reputate accidenti o, nella migliore della ipotesi, sono riguardate quali fragili indizi. Eppure chi rifletta sull’idolatria della tecnica in cui si è sclerotizzata la nostra società, sul culto per il Moloch informatico, silicea religione del “mondo nuovo”, non mancherà di riconoscere in codeste degenerazioni il marchio di una stirpe votata all’algida esecuzione di un programma.
La voce di queste entità ha timbro metallico, lo sguardo è asettico, l’incarnato siliconico.
[1] Non mancano testimonianze all’interna dell’Ufologia circa visitatori di fisionomia leonina. Quasi sempre sono individuati nei Siriani. Si veda D. Bortoluzzi, Alla ricerca dei libri di Thot, 2005
Fonti:
Philip J. Corso, Il giorno dopo Roswell, 2008
Dizionario di antichità classica, Milano, 2009, s.v. Gnosticismo
J. Lamb Nash, Non a sua immagine, 2013, pp. 267-278
N. Kerner, The song of Greys, 2008
Il mondo antico offre sovente delle risposte a noi uomini d’oggi, ma preferiamo pascerci di illusioni, indulgere all’ignoranza ed all’inerzia.
I codici di Nag Hammâdi sono una raccolta di testi gnostici, rinvenuti nei pressi di Nag Hammâdi (Alto Egitto) nel 1946. Sono tredici papiri reperiti in una giara di terracotta da un abitante del villaggio di al Qasr, presso un monastero pacomiano nell'isola di Nag Hammâdi, nota anche come Isola elefantina. I documenti sono, per la maggior parte, scritti gnostici, ma includono anche tre opere appartenenti al Corpus hermeticum ed una traduzione parziale della “Politeia” di Platone. Così alle tendenziose testimonianze degli scrittori “cristiani” (Ireneo, Ippolito, Epifanio etc.) ed agli scarsi testi originali si sono aggiunte quarantaquattro opere gnostiche.
Nonostante il carattere talora frammentario e l’oscurità che esaspera anche gli studiosi più pazienti, i testi in oggetto sono una miniera di preziose notizie. Si pensi ai Vangeli e agli altri libercoli che evocano il dominio degli Arconti. Essi sono dipinti come una progenie imitatrice. “Arconti” significa sia “reggitori” sia “esseri del principio”, giacché nacquero prematuramente, donde l’analogia con l’aborto spontaneo nei papiri di Nag Hammâdi. Questa genia deviante venne alla luce prima che si formasse la Terra: a differenza degli uomini e delle altre specie, gli Arconti non originarono dalla Luce, ma dalla materia inorganica.
In principio gli Arconti non possedevano un habitat, ma brulicavano attorno alla Terra a guisa di cavallette fameliche, attratti da Sophia, da cui furono respinti. Queste creature sono prive di ennoia, ossia volontà ed intenzione, rappresentando un’aberrazione cosmica.
Nei codici sono tratteggiate le loro sembianze: assomigliano a feti prematuri o ad insetti dagli occhi abnormi. Dalla legione degli Arconti, attraverso una mutazione, eruppe poi una razza leonino-draconiana. I due generi di Arconti purtroppo sono appena delineati nei manoscritti, da cui comunque si evince che le creature draconiane, dal temperamento aggressivo, tendono a dominare il gruppo dei “feti” di indole passiva.[1]
Gli Arconti non possono creare alcunché, ma solo scimmiottare: la loro capacità mimetica è definita “phantasia”, cioè immaginazione delirante, distinta dall’”ennoia”. Nel “Vangelo apocrifo di Giovanni” le dimore celesti generate dagli spiriti menzogneri sono riproduzioni tridimensionali, simili ad un ologramma. Su questo regno fittizio impera il Demiurgo, Yaldalbaoth. I codici spiegano che il cosmo proiettato dal Demiurgo è virtuale, una simulazione meccanica, priva di vita, affine ad una rappresentazione di un paesaggio formata da pixel. Usando la parola HAL, “contraffazione” in copto, gli autori degli opuscoli gnostici, sottolineano il carattere spurio dell’universo arcontico. Singolare: HAL è pure il nome del dispotico elaboratore nella nota pellicola “2001, Odissea nello spazio”.
Nell’Apocrifo di Giovanni leggiamo: “Il Signore Arconte ordinò tutto nel suo mondo, seguendo il modello degli Eoni primari, fornitogli, secondo lui, per vedere se fosse in grado di riprodurli, non perché avesse visto gli Eoni imperituri, (grazie al suo potere, scil.), ma per mezzo del potere che aveva dentro di sé, preso da sua Madre (Sophia, n.d.r.) che gli permise di creare per somiglianza”.
Non saranno sfuggite ai lettori certe “coincidenze” tra alcuni aspetti della “demonologia” gnostica da un lato, la tassonomia xenologica dall’altro. Più, però, delle somiglianze fisiognomiche tra Arconti ed Alieni, colpiscono i parallelismi psicologico-comportamentali, spie di una natura bionica. Fu già il colonnello Philip J. Corso a rivelare che i Grigi sono androidi. Alla stessa conclusione sono giunti diversi ufologi: tra costoro il britannico Nigel Kerner ha inquadrato la questione dei Grigi macrocefali, dai grandi occhi ipnotici, in una cornice che si riferisce alla tradizione biblica e gnostica. William Henry, nel saggio “Oracle of the Illuminati”, identifica Arconti ed Anunnaki.
Naturalmente queste congruenze tra l’antico ed il moderno sono reputate accidenti o, nella migliore della ipotesi, sono riguardate quali fragili indizi. Eppure chi rifletta sull’idolatria della tecnica in cui si è sclerotizzata la nostra società, sul culto per il Moloch informatico, silicea religione del “mondo nuovo”, non mancherà di riconoscere in codeste degenerazioni il marchio di una stirpe votata all’algida esecuzione di un programma.
La voce di queste entità ha timbro metallico, lo sguardo è asettico, l’incarnato siliconico.
[1] Non mancano testimonianze all’interna dell’Ufologia circa visitatori di fisionomia leonina. Quasi sempre sono individuati nei Siriani. Si veda D. Bortoluzzi, Alla ricerca dei libri di Thot, 2005
Fonti:
Philip J. Corso, Il giorno dopo Roswell, 2008
Dizionario di antichità classica, Milano, 2009, s.v. Gnosticismo
J. Lamb Nash, Non a sua immagine, 2013, pp. 267-278
N. Kerner, The song of Greys, 2008
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Tuesday, March 12, 2013
Mondi cibernetici ed iperdimensionali: da Philip K. Dick a Giorgio Grati (terza ed ultima parte delle solite coglionate di un professoruncolo frustrato)
http://zret.blogspot.com/2013/03/mondi-cibernetici-ed-iperdimensionali.html
Mondi cibernetici ed iperdimensionali: da Philip K. Dick a Giorgio Grati (terza ed ultima parte)
Leggi qui la seconda parte di queste cazzate.Si pensi alla strana visione di Uri Geller, il famoso presunto sensitivo israeliano. Geller asserì di aver ricevuto alcune delucidazioni dagli abitanti di un pianeta extragalattico chiamato Hoova. Gli alieni di Hoova sarebbero capaci di agire sulla materia subatomica, per far apparire e sparire gli oggetti, sarebbero in grado di controllare il tempo. Inoltre gli ufonauti di Geller opererebbero con l’ausilio di androidi, unità bioniche attive all’interno di enormi astronavi, di cui l’ammiraglia è la “Spectra”.
Nel 2009 era stato pubblicato uno strano libro, a firma di Maja Ricci Andreini, “Il plico misterioso”. Preceduto da un insistente battage, il volume, che delineava uno scenario in cui la Terra è gestita da una piattaforma informatica nello spazio, si è dissolto nel nulla come la sua autrice.
Alcuni archetipi di questa concezione sono l’episodio della serie “Star Trek”, “Il ritorno degli Arconti” ed una novella di Fredric Brown, “La risposta”.
Di recente l’architetto Giorgio Grati ha esposto una teoria, per certi versi, simile. Stando a Grati, la vita sulla Terra è originata e preservata dall’Informazione, un segnale che proviene da un generatore ubicato a Nord ed allineato alla Stella polare. Per cause non chiare, tale segnale si starebbe indebolendo e Grati ha fantasticato che le scie chimiche servirebbero a mappare le zone del pianeta in cui è in atto un processo di deterioramento del segnale. Le anomale morie di pesci e volatili sono occorse giacché il segnale si è affievolito soprattutto nelle zone a nord del trentacinquesimo parallelo. L’architetto, che ha assicurato di essere in possesso di tecnologie per rafforzare il segnale, reputa che lo spirito coincida con l’informazione. “Esso è la nostra memoria, un programma informatico della quarta(?!) dimensione”.
Rispetto a tale Weltanschauung tecno-informatica, è più elevata la concezione di Dick. Egli considera il cosmo come la conseguenza del pensiero di una Mente che si è scissa in due diverse entità, dando luogo a due livelli di realtà, superiore ed inferiore, la Forma I e la Forma II di Parmenide (oppure, rispettivamente, Yang e Yin). L'umanità sarebbe intrappolata nell'universo inferiore, meccanico e deterministico ed un Velo di Maya occulterebbe il regno superiore, la vera realtà. La scissione della Mente divina sarebbe la causa di una sospensione del tempo intorno al 100 d. C., per cui solo un’immagine illusoria, trasformando lo spazio circostante, imiterebbe il flusso cronologico.
Il narratore statunitense, con il suo dualismo di origine gnostica, assegnando solo al mondo sublunare caratteristiche meccaniche, ci emancipa da una teoria tecnotronica del cosmo che, invece, è proposta da chi identifica la Mente con un software, riducendo materia, energia e coscienza ad una serie di bit.
Vero è che nessuno sa quale sia la quintessenza né della materia né della coscienza e così ogni supposizione è possibile, anche la più peregrina e bislacca.
Fonti: [FONTI??? AHAHAHAHAH]
M. R. Andreini, Il plico misterioso, 2009
Enciclopedia della fantascienza, Milano, s.v. Dick
G. Lombardi, 2013, l’uomo nuovo, dai creatori alieni al primo contatto, 2013
A. Marcianò, Apocalissi aliene, 2008 [AHAHAHAHAH]
Pubblicato da Zret ma vHgare
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