L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

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Thursday, December 12, 2013

The Sirius connection

http://zret.blogspot.it/2013/12/the-sirius-connection_9.html

The Sirius connection



Marina Tonini appartiene al drappello di coloro [o meglio, al drappello di svitati] che, nell’ambito dell’ufologia, affermano di essere in contatto con i visitatori di Sirio. Da tempo immemorabile l’umanità volge lo sguardo a questa stella (in realtà un sistema ternario): scintillante e bellissima, Sirio è al centro della cultura egizia e degli arcani miti elaborati dai Dogon. Il filo luminoso della Stella del Cane si intreccia a molti ambiti culturali sino al Corano per giungere alle odierne avventure di David Sereda e di Federico Bellini.

La dottoressa Marina Tonini è perito grafologo presso il Tribunale di Verona. E’ divenuta un personaggio pubblico nel momento in cui ha deciso di esporsi sui media, raccontando i suoi incontri con esseri extraterrestri. Il primo risale al 2008.

Così si esprime l’experiencer: “I contatti con le popolazioni di Sirio B continuano. Comunico i loro messaggi in una serie di conferenze e attraverso un video-blog su Youtube denominato ‘In-coscienza aliena’ [...] La diminuzione del campo magnetico terrestre sta intensificando alcune frequenze che espongono il nostro pianeta, il sistema solare e l’intera galassia ad una svolta energetica. Tale fenomeno libera e cambia la frequenza degli esseri umani e di tutto ciò che è sottoposto a questa forza”.

Di recente la donna è stata interpellata sulla rivista “X Times”: nell’intervista, rilasciata a Giovanna Lombardi ed intitolata “In viaggio tra i Siriani”, la Tonini ripercorre le sue singolari esperienze. Ella descrive gli alieni di Sirio che non provengono da un pianeta del lontanissimo sistema solare, ma da una dimensione in qualche modo legata ad esso. E’ un piano di realtà che gli uomini, incistati in una visione meccanicistica, neppure riescono a concepire.

Le informazioni della grafologa combaciano quasi sempre con le notizie apprese da altri testimoni in contatto con i Siriani: essi sono visitatori saggi che intendono stimolare l’evoluzione dell’umanità, senza, però, interferire in modo sensibile. Appartengono all’arcinota Federazione galattica, una sorta di confraternita extraplanetaria, cui non aderiscono, però, le genie malevole che, come è facile immaginare, sono confederate con i poteri forti della Terra.

Non crediamo che le convergenze sopra indicate dipendano da una cognizione per opera della Tonini di altri vissuti inerenti ai contatti con Sirio. Significa che veramente esiste una Sirius connection genuina, frutto non di fantasie, ma di un agente esterno, i cui veri scopi sono poco nitidi.

La contattata offre il repertorio tipico dell’ufologia “ottimista”: la necessità del risveglio per opera di un’umanità ottenebrata, l’ascensione, il potere dell’intenzione, il cambio di frequenza, preludio della palingenesi...

Eppure questo quadro idilliaco è incrinato dall’accenno ai microprocessori. Racconta la Tonini: “Mi è successo due volte di svegliarmi la mattina con uno strano, piccolo rigonfiamento sul braccio.[...] Dopo qualche giorno, ho scoperto da loro che erano dei microchip biologici che servivano a localizzarmi meglio e che poi erano riassorbiti naturalmente”. Sarà... ma, quando leggiamo di impianti sottocutanei, il pensiero corre a rapimenti, controllo mentale, implicazioni militari e via discorrendo.

E’ difficile pronunciarsi sulla vexata quaestio degli ufonauti bendisposti: fatto sta che, mentre la masnada degli Alienati ci sta cucendo la morte addosso, duriamo fatica a confidare in “salvatori” dello spazio. Da almeno cinquant’anni, dai tempi di Adamski, i visitatori promettono mari e monti, con il risultato che ci ritroviamo con un pugno di mosche. Ci attenderemmo qualcosa di più dei soliti proclami cosmico-umanitari e di qualche volgarizzamento relativo alla Fisica quantistica.

Nota: l’intervista a Marina Tonini è apparsa sui numeri 58 e 59 di "X Times" cui rinviamo i lettori che intendono avere un quadro esauriente di un caso comunque interessante e degno di essere approfondito.

Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati

Friday, October 18, 2013

Sira e Sirio

http://zret.blogspot.it/2013/10/sira-e-sirio.html

Sira e Sirio

Gli U’wa sono un’etnia americana i cui superstiti vivono in Colombia. Orgogliosi della loro veneranda tradizione, gli U’wa tentano di difendere il loro territorio e la loro cultura dall’uomo bianco che essi chiamano “riowa”. Rapaci e spregiudicate compagnie petrolifere, con l’avallo del governo colombiano, mirano a costruire pozzi per l’estrazione del greggio nella regione abitata dagli U’wa. E’ una triste vicenda che purtroppo si ripete spesso: multinazionali che mirano al profitto distruggono gli ecosistemi, mentre i nativi tentano di preservare la propria identità dall’aggressione e dallo snaturamento che la “civiltà occidentale” reca con sé.

È curioso che questa tribù pre-colombiana veneri il Creatore con il nome di Sira. Leggiamo nella carta del popolo U’wa.

La legge del nostro popolo si differenzia da quella dei bianchi, perché la legge del ‘riowa’ (bianco) viene dagli uomini e sta scritta su un foglio di carta, mentre la legge del nostro popolo viene da Sira (Dio). Fu Sira (Dio) che la dettò e la scrisse nel cuore dei nostri sapienti Werjayas (sciamani). Il rispetto verso i viventi ed i non viventi, ciò che si conosce e quello che non si conosce, appartiene alla nostra legge: la nostra missione nel mondo è quella di raccontarla, cantarla e metterla in pratica per sostenere l’equilibrio dell’universo. La nostra legge U’wa sostiene il mondo. La nostra legge è antica quanto la stessa terra. La nostra cultura si è organizzata seguendo il modello della creazione, per questo la nostra legge della terra e la terra stessa sono una cosa sola. La nostra legge non morirà”.

E’ possibile che il nome Sira sia in qualche modo legato alla pristina radice che significa “luminoso”, da cui il termine Sirio che identifica l’astro (in realtà un sistema ternario) più fulgido del firmamento? [1] “Sira” potrebbe significare “radioso”, essendo la luce in senso lato attributo divino. D’altronde nelle lingue indoeuropee la base deiwo rappresenta la più antica denominazione della divinità ed è collegata con la nozione di luce. Tale morfema si conserva nelle aree più marginali, come nel sanscrito deva, nel lituano diévas, ma è pure rintracciabile nel latino deus (con la variante divus) e nell’inglese devil, con palese scivolamento semantico.

L’analisi linguistica ci conduce a cercare addentellati tra Sirio, i numi ancestrali, enigmatiche provenienze sideree. Ci porta dai miti antichi con eroi che attraversano il cielo e la terra sino al Medioevo: nel Sacro Corano, infatti, reperiamo un misterioso versetto della sura n. 53, nota come An-Najm النّجْم, “la Stella”. Il versetto recita: “Egli (Allah) è il Signore di Sirio”.

Vero è che gli U’wa vivono in una plaga assai distante dal Medio Oriente dove i culti stellari incentrati su Sirio erano assai diffusi (si pensi agli Egizi, ma pure ai Dogon ed alle loro sorprendenti conoscenze astronomiche). Tuttavia l’ipotesi secondo cui le culture del passato ebbero un’origine comune è plausibile: ciò motiva le profonde somiglianze tra popoli tra loro discosti nel tempo e nello spazio. D’altronde le narrazioni magico - religiose manifestano una straordinaria persistenza: anche se cambiano dei particolari, anche se si agglutinano nuovi racconti ed esegesi, la sostanza della Tradizione resta ed è trasmessa lungo le generazioni. Così saremmo propensi a vedere nel Creatore degli U”wa una divinità originata da un’unica sorgente cui attinsero molte genti del passato.

A proposito di dei e di etimologie, vorremmo concludere questo breve articolo, soffermandoci sulla controversa etimologia dell’ebraico Eloha-Elohim. A nostro avviso, ha ragione il Professor Mauro Biglino che traduce Elohim con “splendenti” e non chi lo rende con “legislatori”. Infatti è parola confrontabile con il greco “helios”, sole, da un ceppo linguistico che designa probabilmente di nuovo la luce.

Insomma, la luce è divina, comunque sia definita nelle varie lingue.

Ringrazio l’amico Corrado Penna per la preziosa segnalazione.

[1] Il vocabolo Sirio contiene una radice “svar” che vale “scintillante”.
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Tuesday, September 28, 2010

Johnny Saints ed i Siriani

http://zret.blogspot.com/2010/09/johnny-saints-ed-i-siriani.html

Johnny Saints ed i Siriani

Era il 1976. Johnny Saints, cantante country, stava viaggiando con la sua auto verso Las Vegas, quando vide nel cielo un raggio ed un oggetto a forma di sigaro. Di botto il motore della vettura si spense, mentre due figure (Saints nei suoi racconti li definì "alieni) si avvicinarono all’auto. Spaventato, l'uomo tentò di rimettere in moto la vettura per allontanarsi, ma invano. I due esseri, dagli occhi luminosi, la bocca rugosa, il naso grosso e con strane protuberanze ai lati del viso, comunicarono con Saints, ma senza muovere le labbra. Gli rivelarono di venire da lassù. Infine le creature sparirono in un bagliore.

Qualche giorno dopo, il testimone, in occasione di una conferenza al Sahara Hotel, ebbe l'opportunità di commissionare ad un artista il ritratto degli ufonauti scorti nel deserto attorno a Las Vegas: il disegnatore ritrasse, seguendo le indicazioni di Saints, un essere con il naso e le branchie. Il disegnatore chiese per quale motivo avesse dovuto fissare nella ricostruzione lo strano particolare delle branchie: in quella un individuo rispose che gli extraterrestri provenivano da un pianeta del sistema di Sirio. Su quel pianeta, infatti, vivevano essere "anfibi". Lo sconosciuto che aveva dato la spiegazione, in compagnia di un altro uomo vestito di nero come lui, era un tipo goffo nei movimenti, legnoso, con gli occhi strabici, il naso camuso ed il mento un po' sporgente. Era il classico man in black.

Il caso di Saints suscitò non poco scalpore: se ne occupò la stampa ed il testimone acconsentì a sottoporsi all'esame del poligrafo nonché all’analisi dello stress vocale. Entrambi i test dimostrarono che Saints era sincero.

L’incontro ravvicinato del terzo tipo, di cui fu protagonista Saints, manifesta molti aspetti notevoli: i cosmonauti dalle singolari sembianze, la visita dei Men in black che – affermò il cantante – continuarono a pedinarlo per molti anni dopo l’avvistamento. Il tratto più interessante riguarda la descrizione dei presunti alieni di Sirio, le cui caratteristiche anatomiche ricordano quelle riportate dai Dogon circa i Nommo.

I Dogon, popolazione africana del Mali, raccontano che i Nommo approdarono sulla Terra con un’arca accompagnata da un rumore di tuono. Dal veicolo uscirono strani esseri anfibi con tre occhi e chele da granchio.

I Dogon, riportando antiche tradizioni, asseriscono che i Nommo nel loro pianeta, ruotante attorno a Sirio, vivono nell’acqua. E’ inevitabile un collegamento con il mito precolombiano di Orejona, la creatura anfibia di origine celeste apparsa nel lago Titicaca e caratterizzata da mani palmate. Più recentemente in Giappone, nell’era Heian (IX –IX sec. d.C.) si manifestarono i misteriosi Kappa, gli “uomini dei canneti”: erano esseri anfibi usciti da mezzi “simili a grosse conchiglie, capaci di muoversi a grande velocità sia sulle acque sia in cielo.”

Forse non hanno torto gli studiosi di Paleoastronautica e quegli ufologi che individuano un legame tra Sirio e la Terra.

Fonti:

Investigazione condotta da Bill Birnes, Kevin Cook, Pat Uskert
R. Malini, U.F.O. il dizionario enciclopedico, Firenze, Milano, 2002, s.v. Men in black.
R. Temple, Il mistero di Sirio, Casale Monferrato, 2001



Tuesday, September 22, 2009

I Dogon e la presunta ingegneria genetica

A quanto pare anche o'professore ha guardato Boyager.
E a quanto pare ci ha creduto...

http://zret.blogspot.com/2009/09/i-dogon-e-la-presunta-ingegneria.html

I Dogon e la presunta ingegneria genetica

Sono molto istruttivi i miti dei Dogon. I Dogon, popolazione africana del Mali, raccontano che i Nommo arrivarono sulla Terra con un’arca accompagnata da un rumore di tuono. Dall'ordigno uscirono strani esseri anfibi con tre occhi e chele da granchio.

Oltre a Robert Temple, anche Marcel Griaule, nel suo più celebre titolo, Dio d'acqua, si interessò dei Dogon e delle loro tradizioni. Egli ricorda l'antefatto degli eventi raccontati da Temple, ossia che il dio Amma, Creatore del cosmo, per riparare l'errore compiuto da uno dei suoi figli della prima generazione, appartenente alla stirpe semi-anfibia dei Nommo, decise di dar vita ad una coppia primordiale di uomini, da cui nacquero otto capostipiti dell'etnia: quattro maschi e quattro femmine che, per autogenerazione, procrearono il successivo lignaggio degli uomini. Quando i Nommo approdarono sulla Terra, il mondo era già popolato da uomini, da alcune piante ed animali, ma solo quando il demiurgo tradusse le idee in esseri, il pianeta pullulò di vita. In seguito il più vecchio degli uomini, di nome Lebè, morì e fu inumato con il capo rivolto verso settentrione, in un campo. Nel frattempo, uno dei Nommo fu ucciso ed il suo corpo offerto agli uomini, affinché essi se ne potessero cibare. La sua testa fu sepolta sotto il sedile del fabbro primigenio. Costui cominciò a percuotere il martello sull'incudine. La testa decapitata del Nommo si rianimò ed assunse un nuovo corpo, serpentiforme dalla cintola in giù. Poi il Nommo resuscitato si accostò al cadavere di Lebè per ingerirlo.

Questa antichissima leggenda è stata interpretata, evidenziando i valori simbolici e cosmogonici di cifre e personaggi, nell’ambito di un mito di fondazione. Ora, senza dubbio tale esegesi è più che legittima, ma credo che un'ermeneutica siffatta, se esclude in toto altre spiegazioni, sia riduttiva non meno delle interpretazioni esclusivamente clipeologiche. A ben vedere, infatti, il mito sopra riportato pare trasfigurare l'arrivo di visitatori celesti ed anche un'ancestrale ingegneria genetica.

Lo scenario delineato nel mito Dogon non è poi così differente dalle saghe dei Sumeri che potrebbero custodire delle tracce riconducibili, in qualche caso, a manipolazioni genetiche volte alla creazione di una specie, il Sapiens, per opera di scienziati extraterrestri, gli Anunnaki. Nel racconto africano, tra i vari aspetti che si possono riferire a tale quadro biologico ed esobiologico, in particolare sono interessanti la commistione tra il Nommo ed il Lebè e le sembianze serpentiformi del Nommo dalla vita in giù. L’unione tra i due esseri è forse un riferimento ad un D.N.A. umano che contiene sia i geni dei visitatori (gli "dèi") sia quelli dell'Erectus o di un altro ominide, come delineato in certe tavolette sumeriche. La natura serpentina del Nommo allude alla doppia spirale della macromolecola, alla kundalini o ad esseri rettiliani? Il tema della testa decollata, che evoca il mito di Orfeo, il cui capo spiccato dal tronco, continuò a cantare, è adombramento del pensiero e dell'intelligenza.

Questi ed altri motivi sembrano condensare in sé sia valenze emblematiche sia avvenimenti studiati dalla paleoastronautica. Spesso il confine tra gli eventi e le loro molteplici interpretazioni è labile. Anche nel caso della civiltà che creò i grandiosi templi di Ankgor Wat, in Cambogia, testimonianze clipeologiche e valori simbolici si sovrappongono. Leggende khmer narrano di una scintillante luce azzurra che tagliava in due il cielo da cui discese il dio Indra. Dal dio piovvero dei fiori sulla regina che poi partorì un figlio cui fu dato il nome di Preah Ketomealea. Egli ascese al trono nel 78 d.C. ed il suo regno durò quattrocento anni. A questa saga si collega il racconto di Preah Pisnokar, essere metà divino e metà umano. Figlio di Sota Chan, dea lunare decaduta, e Loem Seng, un terrestre. Preah fu portato su un carro di fuoco nella dimora celeste di Indra, da cui fu istruito in molte branche del sapere.

Si è tentati di leggere anche in queste narrazioni khmer l’unione tra una progenie esterna ed una stirpe della Terra. Forse veramente, come è scritto in certi documenti mesopotamici, l’Homo sapiens è un lulu, un mescolato.


Fonti:

R. Eckardt, Le navi celesti di Angkor, 2009
M. Griaule, Dio d'acqua, 1996
C. Rossetti, La croce, il cranio, la maschera, 2009
R. Temple, Il mistero di Sirio, Casale Monferrato, 2001