L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Sunday, June 29, 2014

Jacques Bordas: il preludio del Contattismo (prima parte)

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Jacques Bordas: il preludio del Contattismo (prima parte)


La storia

Iniziatore del Contattismo è reputato lo statunitense di origini polacche George Adamski, ma alcune esperienze e figure precedono la saga di Adamski. Ci si può riferire in particolare alla singolare storia di Jacques Bordas.

Nato il 20 luglio del 1911, Bordas ebbe parecchi incontri con esseri straordinari: sono incontri che gli cambiarono la vita. Da bambino, fino all’età di dodici anni, Jacques fu cagionevole, a causa di una disfunzione ormonale che gli causò obesità con conseguente difficoltà di deambulazione.

Nell’agosto del 1923, il ragazzo era coricato nel suo letto, quando sentì l’impulso irrefrenabile ad uscire sulla terrazza. Vide dei piccoli apparecchi metallici di forma triangolare, simili ad aeromodelli. Tre dei velivoli atterrarono vicino al ragazzo. Uno si aprì come un ventaglio: ne uscì una creatura che indossava una tuta bianca ed un lucente mantello bianco.

L’essere, che era alto all’incirca quanto il ragazzo, disse: “Siamo venuti a trovarti, perché ti abbiamo preso sotto la nostra protezione. Sappiamo quanto soffri e conosciamo il tuo sogno di diventare un uomo forte, un atleta. Lo diventerai. Ora che ti abbiamo adottato, non ti abbandoneremo mai.”

Lo strano messaggero poi diede a Jacques una specie di candito scuro e cubico, ordinandogli di mangiarlo: in questo modo avrebbe cominciato una nuova vita. L’araldo rientrò nel suo aereo triangolare che decollò dirigendosi verso il Monte Tidibaro.

Bordas, nei quattro anni successivi al singolare rendez-vous, si irrobustì e sviluppò un interesse per la scienza e l’alpinismo. Fu il primo spagnolo a scalare il Green Needle nel 1934. Poco prima che divampasse la guerra civile spagnola, si iscrisse ad un corso per diventare meteorologo presso l’osservatorio di Turo, sulla cima del Montseny. Superato brillantemente l’esame, andò a lavorare nel centro meteorologico ubicato sul Montseny. Di quel periodo i biografi ricordano un curioso avvenimento: una notte qualcuno bussò all’uscio della sua casupola isolata. Bordas si alzò ed andò ad aprire: ad una certa distanza scorse una forma umana: era immobile su una sporgenza sopra uno strapiombo. L’umanoide si mosse verso l’abisso, ma, invece di cadere, continuò a procedere orizzontalmente.

Durante il conflitto civile, Bordas si schierò con i Franchisti, ma entrato in attrito con i superiori per i modo sbrigativo in cui erano eliminati i prigionieri repubblicani, fu rapito da tre uomini assoldati da un ufficiale cui si era opposto. L’uomo fu portato in una baracca isolata per essere fuciliato, ma all’improvviso i soldati fuggirono in preda al terrore, come di fronte ad un fenomeno soprannaturale.

Negli anni ‘50 del XX secolo Bordas diventò albergatore e guida alpina in un piccolo hotel a Casteil sul Monte Vernet. Fu in quegli anni che l’uomo ebbe un altro incontro con un messaggero dell’altrove: alto un metro ed ottanta, occhi azzurri, lunghi capelli biondi, corporatura atletica. Gli occhi erano leggermente oblunghi e le mani bianchissime. Lo straniero chiese a Bordas del pane e del latte. Nei giorni successivi i due si videro ancora ed il forestiero affermò di trovarsi là per uno studio topografico del monte Carigou di cui mostrò una pergamena dove la montagna era riprodottta nei particolari più minuti. Bordas pedinò il visitatore e scoprì che egli dimorava insieme con una donna in un rifugio di forma conica. Il misterioso ospite disquisì a lungo su argomenti di matematica e di politica, dimostrando conoscenze scientifiche notevoli. Prima di congedarsi, il visitatore volle donare a Bordas delle rocce contenenti pagliuzze d’oro. Erano frammenti litici provenienti dal greto del fiume Cadi.

In seguito il contattato si trasferì ad Andorra dove diventò un eccellente ebanista. Acquisì poteri particolari: ritrovava oggetti perduti e praticò con successo la pranoterapia.

Nell’estate del 1971, l’uomo ricevette una telefonata dal visitatore del Cadigou: gli fu preannunciato che sarebbe stato reso partecipe di verità universali.

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Friday, June 6, 2014

Il crepuscolo del contattismo

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Il crepuscolo del contattismo


E’ deprimente constatare quanto sia decaduto il contattismo. Fenomeno disdegnato, ma non scevro di un suo fascino pop, la grande stagione del contattismo, gli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, ha coinciso con l’acme della letteratura e del cinema fantascientifico. Oggi, però, a distanza di mezzo secolo e più, è rimasto ben poco di quell’epos ingenuo (a ragione Vallée lo giudica pericoloso, anche se l'autore sbanda verso una forma di scientismo) popolato di fratelli dello spazio, astronavi tirate a lucido, messaggi di amore universale.

Si prenda come piccolo ma significativo saggio di un declino inglorioso l’intervista all’experiencer (oggi è à la page chiamare così quelli che in modo più prosaico si definivano “rapiti”) Cinzia Molettieri, in “Frammenti di memoria ET” (X Times, n. 67, maggio 2014). Forse quello che più urta in questi resoconti propalati dagli stanchi epigoni di Adamski è la spocchia intellettuale: non è più sufficiente raccontare esperienze meravigliose e trasmettere comunicazioni edificanti, perché ci si cimenta in disquisizioni pseudo-filosofiche. Si leggano le farraginose interpretazioni che la Molettieri svolge circa il suo vissuto. Bene e male non esistono o, meglio, sono intercambiabili: “Non c’è positivo o negativo, tutto è funzionale per il nostro percorso di riacquisizione della consapevolezza [...] Abbiamo passato tante ere e tante tappe evolutive, ma siamo arrivati in un periodo in cui le risorse si stanno esaurendo (sic), quindi è necessario che ci sia una trasformazione, un’evoluzione, ma ciò non riguarda solo noi terrestri, ma anche altri esseri extraterrestri. Siamo tutti nella stessa situazione. L’universo intero si deve evolvere. Noi non siamo su un gradino inferiore. Anche noi siamo funzionali a loro per l’evoluzione così come loro lo sono per noi. A noi sembra di subirli, ma anche a loro sembra di subire noi. La legge funzionale funziona (sic) per tutti”.[1]

Insomma siamo al cospetto del Malanga-pensiero volgarizzato. Riconosciamo al chimico pisano meriti investigativi e persino talora filosofici, ma non si comprende perché egli non ammetta il suo enorme debito nei confronti dell’Idealismo tedesco, visto che, piaccia o no, la concezione del professor Malanga ricorda molto Fichte, un Fichte in salsa quantistica. La Coscienza che pone innanzi a sé degli ostacoli per acquisire consapevolezza, non assomiglia all’Io di Fichte? L’io pone il non-Io, il mondo materiale, per realizzare la sua piena facoltà creativa, per affermare la sua libertà. Affinché l'Io si realizzi, abbisogna di un'opposizione, di una resistenza. Orbene, questo retroterra culturale si è diluito in alcune esegesi attuali a cavallo tra scienza e filosofia. Appunto, si è diluito, come un vino annacquato: così la forza speculativa del filosofo tedesco, si condivida o no il suo approccio, è stata imbolsita in modo spaventoso, perdendo di vista le situazioni contingenti, storiche ed individuali.

Se è vero che sul piano metafisico la differenza tra bene e male non ha ragion d’essere, nel mondo caduto e caduco, tale divario ha implicazioni di non poco conto. Eppure un’indebita trasposizione non solo esclude l’intervento di alieni carnefici (di solito è questa la visione del contattismo tradizionale), ma per giunta trasforma gli intrusi in salvatori, in latori di esperienze che, anche se terribili, permettono di crescere. Giusto! “Ciò che non uccide fortifica”, ci rammenta Nietzsche. Tuttavia sono situazioni che molti, se potessero, eviterebbero, come pochi agognano di soffrire le pene dell’inferno per concludere che la gioia è preferibile al dolore.

Infine l’insistenza sull’idea di “evoluzione”, oltre ad essere stucchevole ed a ricordare lo screditato Darwin, apparenta il fosco autunno del contattismo con Teillhard de Chardin, bislacco pensatore gesuita. Dietro tutta questa fumosa nebbia evoluzionista, si deve intravedere l’ombra dei Gesuiti? Dietro i Gesuiti, poi qualcun altro? Troverà le risposte chi manterrà integro un salutare dubbio. Gli altri saliranno sull’ascensore per l’Inferno, pardon per le stelle...

[1] Tra l’altro, non si intende che cosa c’entri il presunto esaurimento delle risorse naturali con la dissertazione a proposito di una palingenesi spirituale. Questa confusione è indizio dell’ignoranza in cui si sono impantanate certe frange ufologiche.

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Monday, April 14, 2014

I Pleiadiani di Patrizia Cinotti: ombre sul contattismo

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I Pleiadiani di Patrizia Cinotti: ombre sul contattismo

Patrizia Cinotti è una naturopata. Vive e lavora a Verona.

La sua vita conobbe una svolta la notte del 31 gennaio 2009, quando una luce inondò la camera in cui la donna dormiva. La Cinotti si accorse che il suo corpo stava ascendendo, avvolto in quel bagliore ed in una sensazione di beatitudine. Si avvide poi di trovarsi in un’astronave dove fu accolta da tre creature di notevole statura e fasciate in tute color cobalto dai riflessi argentei. Fra gli anfitrioni una donna con i capelli a caschetto e sulla cui uniforme facevano bella mostra di sé degli alamari. Ella accolse la Cinotti con un affabile: “Ben tornata a casa, diletta. Siamo Pleiadiani”. Il dialogo continuò: l’extraterrestre, di nome Mara, chiese all’ospite se volesse restare con loro. Le fu poi mostrata su uno schermo una visione del futuro, con la Terra radicalmente trasformata ed immersa nelle tenebre. Infine le fu chiesto se volesse diventare un’ambasciatrice della Federazione galattica, il cui leader è l'inossidabile Ashtar Sheran. La Cinotti accettò, dunque i Pleiadiani le iniettarono un liquido nell’arteria femorale della gamba destra: attraverso questa iniezione ella sarebbe rimasta in contatto telepatico con gli ufonauti.

Da allora la contattata riceve quotidianamente dei messaggi telepatici per mezzo della scrittura automatica. Inoltre ha fotografato in varie circostanze i vascelli spaziali dei Pleiadiani. Gli scatti, secondo il parere degli esperti, sono genuini.

Storia emblematica quello della Cinotti: si inquadra a pieno titolo nel fenomeno noto come “contattismo”. Il contattismo, i cui giganti sono George Adamski e Billy Meier, araldo dei Pleiadiani proprio come la Cinotti, sebbene abbia vissuto la sua stagione d’oro negli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, séguita a stupire e ad inquietare, soprattutto perché oggi è talora innestato nella casistica dei rapimenti.

Caso da manuale, si diceva, per la presenza di alcune invarianti. Elenchiamole per poi soffermarci sugli aspetti salienti dell’esperienza.

• Il contatto
• Il breve soggiorno in un’astronave
• L’anticipazione di eventi futuri sotto forma di immagini che mostrano calamità
• Il congedo preceduto da un intervento invasivo sul corpo dell’experiencer
• Il proseguimento dei contatti per lo più attraverso la scrittura automatica

Come giudicare il racconto della Cinotti? Siamo propensi a ritenere che la donna abbia raccontato un vissuto realmente occorsole. I problemi sorgono, allorquando si analizzano le comunicazioni ricevute, ogni volta in cui si considerano risvolti che, visti sotto una luce adeguata, risultano sinistri. Il commiato da interlocutori all’apparenza tanto saggi e benevoli è, come nel caso di Sixto Paz Wells e di altri, suggellato dall’impianto di un microprocessore oppure è seguito dall’individuazione di cicatrici.

I discorsi, anzi le omelie, dei Pleiadiani traboccano di tutto quel bric à brac pseudo-ecologista cui purtroppo siamo avvezzi: se l’umanità (i criminali governi non sono menzionati) non cambierà rotta, il pianeta sarà devastato da inondazioni, incendi, sismi, quantunque alla fine i Pleiadiani, pur senza interferire con il nostro libero arbitrio, metteranno in salvo i superstiti, portandoli sulle loro navi spaziali. Ci sembra di aver già letto da qualche parte questa sceneggiatura.

Ad onor del vero, bisogna riconoscere che le informazioni della Cinotti esulano da codesto arcinoto canovaccio per toccare altri argomenti, ad esempio il tema delle sfere, le stesse che non di rado si vedono saettare attorno agli aerei chimici. Scrive la naturopata: “Sono sfere di luce. Essi usano vari mezzi per farsi vedere: astronavi, ricognitori e ultimamente le sfere di luce. Si tratta di plasma. Le chiamano ‘sentinelle’: sono un tramite tra noi e loro”.

Sono notizie interessanti: da un lato si raccordano ad Adamski ed alle sue “anie”, dall’altro confermano quanto ipotizzato da alcuni ricercatori, ossia che i globi sono formati da plasma.

A differenza di altri contactees che ignorano entità malevole, la Cinotti accenna ad esseri negativi, i Rettiliani. Essi sono descritti come aggressori notturni intenti ad interferire con il percorso evolutivo degli uomini.

La nostra impressione è la seguente: l’esperienza della Cinotti è autentica, ma adombra quasi certamente il solito inganno. Anche solo la citazione di Ashtar Sheran, strenuo sostenitore di Barack Obama, e l’evocazione della sedicente Federazione galattica dovrebbero farci drizzare le antenne. [1] Non è una coincidenza se la donna sfiora il soggetto par excellence, la geoingegneria clandestina, quando indugia sul ruolo delle sfere, ma poi ci delude, poiché non fornisce neppure un ragguaglio sulle chemtrails. E’ come se un visitatore si recasse al Louvre ed ammirasse tutte le opere di artisti “minori”, non degnando neppure di uno sguardo la “Gioconda” leonardesca. [2]

Misteri del contattismo e dell’ufologia ottimista…

Fonti:

Associazioneoperativaet.it
G. Lombardi, Avvertimento dalle Pleiadi, in X Times n. 66, aprile 2014


[1] E’ sufficiente osservare i simboli associati all’iconografia di Ashtar Sheran per comprendere che questo “angelo tecnologico” è il frutto velenoso di un’abile impostura.

[2] Che la mistificazione possa annidarsi in ogni dove è dimostrato anche dall’edificante storia di “Amicizia”: si veda di Sebastian D.F. Cescato, “Dietro le quinte”, in X Times n. 66, aprile 2014. In generale si potrebbe concludere che accade con certo contattismo quanto avviene con le sedute medianiche, abissi sull’inferno scambiati per sentieri verso il Cielo.

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Thursday, December 12, 2013

The Sirius connection

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The Sirius connection



Marina Tonini appartiene al drappello di coloro [o meglio, al drappello di svitati] che, nell’ambito dell’ufologia, affermano di essere in contatto con i visitatori di Sirio. Da tempo immemorabile l’umanità volge lo sguardo a questa stella (in realtà un sistema ternario): scintillante e bellissima, Sirio è al centro della cultura egizia e degli arcani miti elaborati dai Dogon. Il filo luminoso della Stella del Cane si intreccia a molti ambiti culturali sino al Corano per giungere alle odierne avventure di David Sereda e di Federico Bellini.

La dottoressa Marina Tonini è perito grafologo presso il Tribunale di Verona. E’ divenuta un personaggio pubblico nel momento in cui ha deciso di esporsi sui media, raccontando i suoi incontri con esseri extraterrestri. Il primo risale al 2008.

Così si esprime l’experiencer: “I contatti con le popolazioni di Sirio B continuano. Comunico i loro messaggi in una serie di conferenze e attraverso un video-blog su Youtube denominato ‘In-coscienza aliena’ [...] La diminuzione del campo magnetico terrestre sta intensificando alcune frequenze che espongono il nostro pianeta, il sistema solare e l’intera galassia ad una svolta energetica. Tale fenomeno libera e cambia la frequenza degli esseri umani e di tutto ciò che è sottoposto a questa forza”.

Di recente la donna è stata interpellata sulla rivista “X Times”: nell’intervista, rilasciata a Giovanna Lombardi ed intitolata “In viaggio tra i Siriani”, la Tonini ripercorre le sue singolari esperienze. Ella descrive gli alieni di Sirio che non provengono da un pianeta del lontanissimo sistema solare, ma da una dimensione in qualche modo legata ad esso. E’ un piano di realtà che gli uomini, incistati in una visione meccanicistica, neppure riescono a concepire.

Le informazioni della grafologa combaciano quasi sempre con le notizie apprese da altri testimoni in contatto con i Siriani: essi sono visitatori saggi che intendono stimolare l’evoluzione dell’umanità, senza, però, interferire in modo sensibile. Appartengono all’arcinota Federazione galattica, una sorta di confraternita extraplanetaria, cui non aderiscono, però, le genie malevole che, come è facile immaginare, sono confederate con i poteri forti della Terra.

Non crediamo che le convergenze sopra indicate dipendano da una cognizione per opera della Tonini di altri vissuti inerenti ai contatti con Sirio. Significa che veramente esiste una Sirius connection genuina, frutto non di fantasie, ma di un agente esterno, i cui veri scopi sono poco nitidi.

La contattata offre il repertorio tipico dell’ufologia “ottimista”: la necessità del risveglio per opera di un’umanità ottenebrata, l’ascensione, il potere dell’intenzione, il cambio di frequenza, preludio della palingenesi...

Eppure questo quadro idilliaco è incrinato dall’accenno ai microprocessori. Racconta la Tonini: “Mi è successo due volte di svegliarmi la mattina con uno strano, piccolo rigonfiamento sul braccio.[...] Dopo qualche giorno, ho scoperto da loro che erano dei microchip biologici che servivano a localizzarmi meglio e che poi erano riassorbiti naturalmente”. Sarà... ma, quando leggiamo di impianti sottocutanei, il pensiero corre a rapimenti, controllo mentale, implicazioni militari e via discorrendo.

E’ difficile pronunciarsi sulla vexata quaestio degli ufonauti bendisposti: fatto sta che, mentre la masnada degli Alienati ci sta cucendo la morte addosso, duriamo fatica a confidare in “salvatori” dello spazio. Da almeno cinquant’anni, dai tempi di Adamski, i visitatori promettono mari e monti, con il risultato che ci ritroviamo con un pugno di mosche. Ci attenderemmo qualcosa di più dei soliti proclami cosmico-umanitari e di qualche volgarizzamento relativo alla Fisica quantistica.

Nota: l’intervista a Marina Tonini è apparsa sui numeri 58 e 59 di "X Times" cui rinviamo i lettori che intendono avere un quadro esauriente di un caso comunque interessante e degno di essere approfondito.

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Tuesday, October 9, 2012

Dagli U.F.O. nazionalsocialisti a H.A.A.R.P. (seconda parte)


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Dagli U.F.O. nazionalsocialisti a H.A.A.R.P. (seconda parte)

Leggi qui la prima parte.

Tra i ghiacci dell’Antartide

Era stato Karl Haushofer nel 1919 a fondare la Vril Gesellschaft, la confraternita iniziatica al cui interno operarono due sensitivi, la croata Maria Orsic, ed un certo Sigrun. Essi ricevettero una comunicazione telepatica in cui si fornivano istruzioni per costruire una macchina del tempo o un ordigno volante. L’informazione, che veniva da Aldebaran, comprendeva pure la storia di due razze abitanti su pianeti orbitanti attorno a questa stella. Quando quelle civiltà vennero a sapere che il loro sole si sarebbe espanso, organizzarono, 500 milioni di anni fa, un’evacuazione di massa e si diressero verso il pianeta Mallona, di cui rimane la fascia degli asteroidi tra Marte e Giove, poi si trasferirono su Marte, infine sulla Terra, dove incivilirono le popolazioni presumeriche. [1]

Certuni si avventurano in congetture estreme: i Nazionalsocialisti avvrebbero pure costruito delle basi sotterranee sulla Luna già nel 1942. Inoltre la loro struttura segreta nell’Antartico spiegherebbe gli avvistamenti di U.F.O. nel secondo dopoguerra: dall’installazione nel continente ghiacciato, i transfughi del Terzo Reich vagheggiavano di conquistare il mondo.

È evidente che siamo di fronte ad uno scenario in cui le ricostruzioni storiche sfumano in elucubrazioni in buona misura fantasiose, sennonché il nazionalsocialismo esoterico, con tutti i suoi miti e tutte le sue missioni, è una realtà: la storia stessa, dietro le normalizzanti pagine dei manuali e delle fonti ufficiali, è simile ad un palinsesto. Così, scorticandone la superficie, si scoprono sotto il primo strato, inopinati scritti. Dunque non ci sentiamo di liquidare certe supposizioni come fantasticherie.

Vediamo in primo luogo di chiarire le affinità morfologiche tra i dischi tedeschi ed i ricognitori di Adamski. Scartiamo l’ipotesi terrestre nella sua declinazione radicale, per cui tutti gli U.F.O. sarebbero velivoli militari dalle performances avvveniristiche, senza escludere, però, che certi O.V.N.I. lo siano. E’, invece, possibile che una fazione, presentatasi come pleiadiana, si fosse alleata con la Germania di Hitler cui cedette conoscenze e tecnologie. In seguito, i sedicenti alieni, dopo aver abbandonata (almeno all’apparenza) per qualche motivo la Germania, inscenò la pantomima con Adamski, i cui amici sostenevano di provenire da Venere e Saturno. Se così fosse, si comprenderebbero le analogie di cui sopra. Il periodo in cui Adamski visse le sue avventure con esseri interplanetari è immediatamente susseguente alla fine della conflagrazione mondiale e copre un arco di tempo che va dal 1946 al 1961. Si ha quasi l’impressione che gli ufonauti avessero deciso, dopo il 1945, di spostare il baricentro dei loro piani dal’Europa centrale agli Stati Uniti. Sebbbene l’intera storia dell’astrofilo polacco-statunitense sia stata quasi sempre respinta come una colossale impostura, va ricordato che essa contiene particolari che depongono a favore dell’autenticità di almeno alcuni episodi. Non solo, U.F.O. adamskiani sono stati avvistati in alquanti paesi, anche negli ultimi anni.

I Pleiadiani sono anche i protagonisti degli incontri con il controverso Billy Meier, il contattista svizzero che comunicò con l’avvenente Semjase, la donna che capitanava i visitatori (sul nome Semjase si potrebbe disquisire a lungo…). Ora, gli oggetti volanti immortalati da Meier non sono così differenti dalle navicelle di Adamski, di cui paiono, sotto il profilo estetico, una versione più moderna dalle linee squadrate.

Un altro addentellato merita qualche postilla. Ci riferiamo alla misteriosa base germanica in Antartide.

[1] Il termine “vril” risale al letterato ed uomo poitico britannico, Edward Bulwer-Lytton (1803-1873). Bulwer Lytton nell’opera “Vril: la razza a venire”, descrive una specie di uomini molto più avanzata della nostra, con poteri tali da renderli virtualmente divini. Questi esseri, alati e vegetariani, possiedono airboats (navi aeree) energia elettrica, nucleare e persino qualcosa di analogo al laser. Essi vivono nascosti in caverne sotterranee situate al centro della Terra, ma hanno intenzione di uscirne per governare il mondo. Lytton aggiunge che questa civiltà è depositaria di una conoscenza segreta che permetterà di cambiare la specie umana, trasformandola in una simile agli uomini celesti.

Articolo correlato: La base tedesca Alpha sulla Luna (ah beh, se caliamo il carico con wlady il poveraccio...)

Monday, October 1, 2012

Dagli U.F.O. nazionalsocialisti a H.A.A.R.P. (Prima parte)

http://zret.blogspot.co.uk/2012/09/dagli-ufo-nazionalsocialisti-haarp.html

Dagli U.F.O. nazionalsocialisti a H.A.A.R.P. (Prima parte)

I dischi del Terzo Reich

Alcuni studiosi hanno evidenziato la somiglianza tra i cosiddetti U.F.O. del Terzo Reich ed i ricognitori di George Adamski, concludendo che i dischi volanti avvistati e fotografati dal corifeo del contattismo (e da qualcun altro) erano macchine del nostro pianeta, la cui tecnologia era stata messa a punto nella Germania nazionalsocialista. E’ questa la cosiddetta ipotesi terrestre propugnata in Italia soprattutto da Renato Vesco, ufologo genovese della prima generazione: Vesco, tra il 1968 ed il 1972, pubblicò tre volumi in cui sosteneva che i flying saucers erano velivoli progettati e costruiti segretamente in Canada da scienziati e tecnici britannici.

E’ indubbio: gli oggetti adamskiani mostrano un aspetto pressoché sovrapponibile a quello dei prototipi tedeschi. Sono navicelle con abitacolo e scafo pressappoco a forma di campana e con tre semisfere nella parte inferiore. Cercheremo di spiegare le ragioni di questa analogia nella prossima tranche dell’articolo.

Tra i vari ricercatori, Alfredo Lissoni ha indugiato con particolare pazienza sul tema dell’aviazione segreta appartenente al Terzo Reich, dunque, per un’analisi del soggetto, rinviamo al suo recente saggio, “U.F.O., i dossier top secret”. Qui ci limitiamo ad indicare alcune coordinate.

Gli U.F.O. nazionalsocialisti (in tedesco Haunebu, Hauneburg-Geräte o Reichsflugscheiben, ossia “dischi volanti del Reich”), talvolta definiti V7, sono presunti velivoli dalla sofisticata tecnologia, la cui realizzazione è collegata ad alcune forme di esoterismo, inteso come contatto medianico con entità di altri mondi o dimensioni.

Le rivelazioni sugli U.F.O. tedeschi si inquadrano nell’effettivo sviluppo di velivoli a reazione per opera della Germania: si pensi all'Me 262, ai missili guidati o balistici come il V1 ed il V2, la cui tecnologia gettò le basi per i primi programmi missilistici e spaziali sia dell'Unione Sovietica sia degli Stati Uniti.

I resoconti sugli U.F.O. nazionalsocialisti si situano nel contesto di alcuni avvenimenti storici: la Germania di Hitler, dopo aver rivendicato il territorio della Nuova Svevia in Antartide, vi inviò una spedizione nel 1938. Progettò anche altre esplorazioni. Inoltre lo scienziato Viktor Schauberger condusse esperimenti su una turbina di sua invenzione: ne scaturirono ricerche riguardanti una tecnica di propulsione avanzata. Infine, durante la Seconda guerra mondiale, furono avvistati da aviatori sia tedeschi sia alleati degli oggetti sferici, i famosi foo fighters, che i piloti dell’una e dell’altra parte credettero aerei nemici.

Nel 1950 l’esperto italiano di turbine, Giuseppe Belluzzo, pubblicò degli articoli in cui si avallavano le voci sui dischi nazionalsocialisti: l’ingegnere descrisse apparecchi circolari che erano stati concepiti a partire dal 1942 contemporaneamente da Italia e Germania. A questi prototipi si interessarono i rispettivi capi di stato. Stando a Belluzzo, erano state applicate tecnologie convenzionali, come la turbina a combustione interna ed il turboreattore per aerei. Poco tempo dopo, lo scienziato germanico, Rudolph Schriever, confermò di aver disegnato dischi volanti durante il periodo nazionalsocialista.

L'ingegnere aeronautico Roy Fedden asserì che i Tedeschi stavano lavorando, sul finire del conflitto, a svariati progetti aeronautici piuttosto inconsueti. Egli dichiarò: “Ho visto abbastanza dei loro progetti e piani di produzione da comprendere che se i Tedeschi fossero riusciti a prolungare la guerra solo per alcuni mesi, avremmo dovuto reggere il confronto con una serie di sviluppi nel combattimento aereo del tutto nuovi e mortali”.

Il capitano Edward J. Ruppelt, a capo del Progetto di investigazione ufologica, noto come "Blue Book", nel 1956 affermò: "Alla fine della Seconda guerra mondiale, i Tedeschi stavano sviluppando molti tipi innovativi di aerei e missili balistici. La maggior parte dei progetti si trovava per lo più allo stadio preliminare, ma si trattava degli unici velivoli conosciuti che avrebbero potuto anche solo avvicinarsi alle prestazioni degli oggetti cui si riferiscono i testimoni degli U.F.O."

Con il celeberrimo libro “Il mattino dei maghi” di Pauwels e Bergier ci si interna in sinistri e fantastici meandri: ivi gli U.F.O. sono collegati alla società Vril. La Vril, secondo gli autori succitati ed altri scrittori successivi, prese contatto con una stirpe aliena, da cui ricevette il know how per costruire, con la cooperazione della società Thule, delle navicelle spaziali dalle sbalorditive funzioni. Dopo la sconfitta dell’Asse, alcuni esponenti della Vril ripararono in un’installazione nell'Antartico.

Tuesday, August 23, 2011

Perché approdarono?

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Perché approdarono?

George Adamski, nel volume “I dischi volanti torneranno”, scrive: “Nell’ottobre 1946 gli Stati Uniti inviarono il loro primo segnale radar in direzione della Luna. Il bersaglio era il centro della faccia visibile della Luna, poiché i nostri scienziati intendevano calcolare accuratamente la distanza tra il nostro pianeta ed il suo satellite per mezzo della misurazione del tempo impiegato dal segnale a percorrerla, attraversando lo spazio esterno ed a ritornare sulla Terra. … Secondo gli extraterrestri con i quali ebbi il piacere di discutere questo argomento, il segnale radar emesso colpi la Luna ai margini della faccia rivolta verso la Terra e fu riecheggiato nello spazio, mettendo in allarme le sentinelle che lo percepirono, attraverso i loro strumenti su Venere e su Marte. Per la sua stranezza esso fu interpretato come una richiesta di soccorso. Immediatamente furono trasmessi segnali in risposta e, quando a questi non seguì alcuna reazione, furono inviate alcune astronavi ad investigare che si diressero verso la parte del nostro pianeta da cui era partito il segnale originario. […]

Poiché gli astronauti non avevano familiarità con la conformazione del terreno e con la nostra atmosfera (i Terrestri avevano compiuto alcuni esperimenti con ordigni nucleari ed alcune bombe atomiche erano state fatte esplodere non molto tempo prima verso la fine della guerra, creando condizioni innaturali) o con l’intensità del campo magnetico terrestre, gli atterraggi conclusisi tragicamente furono più numerosi di quanto si possa immaginare. Frank Scully cita diversi di questi casi nel suo libro ‘Behind flying saucers’. … Nel 1946 i nostri scienziati cominciarono a captare strani segnali in codice che essi non furono in grado di interpretare. Dai calcoli emerse che le trasmissioni provenivano dai pianeti nostri vicini, a dispetto delle teorie scientifiche accettate fino a quel momento e che affermavano con dovizia di motivazioni che la vita vi era impossibile. Altri segnali parevano provenire dallo spazio aperto, uno stato di cose inspiegabile ed incredibile, a meno che non si prendesse in considerazione l’esistenza di veicoli spaziali. Questi segnali sono captati tuttora!”

L’informazione riportata dal controverso Adamski dovrebbe riferirsi alla prima registrazione termica della Luna risalente al 1946 ed eseguita dai radioastronomi Dicke e Beringer, alla frequenza di 24 GHz. Robert Henry Dicke (1916-1997) fu un fisico statunitense noto soprattutto per i suoi studi sulla radiazione cosmica di fondo. Durante la Seconda guerra mondiale lavorò allo sviluppo del radar al Massachusets Institute of Technology (M.I.T.). Quivi progettò uno strumento per misurare la radiazione nelle microonde. Lo strumento, noto come radiometro di Dicke, fu puntato verso il cielo alla ricerca di una radiazione proveniente dalle galassie: l’esito fu negativo e portò alla conclusione, poi rivelatasi corretta, che, se esisteva tale radiazione, essa doveva avere una temperatura inferiore a 20 gradi Kelvin.

Da quanto riferito, si evince che Adamski attribuisce l’ondata di avvistamenti U.F.O., peculiare degli anni ‘40 del XX secolo (specialmente dal 1945 al 1948) non alle esplosioni nucleari, che per le loro sconvolgenti conseguenze sugli equilibri fisici ed eterici del sistema solare, allarmarono, secondo altri contattisti, le civiltà dello spazio, ma al segnale irradiato nel 1946. Forse fu la concomitanza dei due eventi a determinare il fenomeno descritto dal celebre astrofilo, ossia la comparsa nei cieli statunitensi e di altre nazioni di navicelle provenienti da mondi lontani. Ad ogni modo una situazione di armonia era stata infranta; fu l’avvento di una nuova epoca, nel bene e nel male.[1]

L’informazione di Adamski non è da sottovalutare: “I dischi volanti torneranno” è un’opera ricca di notizie interessanti, lontana dal sensazionalismo che connota le frange esaltate del contattismo.[2] Sebbene alcune parti siano infirmate dall’ingenua fede nel progresso e nella scienza, uno studioso paziente potrà a distanza di circa mezzo secolo – il testo apparve nel 1959 – reperirvi anticipazioni, spunti e persino conferme. E’ vero che l’autore offre una visione probabilmente edulcorata ed unilaterale degli incontri con i "Fratelli dello spazio", ma non manca in lui la pur embrionale coscienza delle trame tessute da una struttura di potere segreta che egli chiama il “Gruppo del silenzio”.

Come è risaputo, Adamski, insieme con altri ricercatori e contattati, contribuì a definire, si accetti o si rifiuti la sua visione della questione extraterrestre in tutto o in parte, un’ufologia empirica e con ambizioni umanitarie. Oggi ci sembra che i suoi libri, oltre a rivestire un interesse antropologico, delineino, tra luci ed ombre, i capisaldi di una disciplina che si è poi arenata o ha subìto uno snaturamento. L’approccio strumentale, per quanto limitato, è preferibile alle elucubrazioni fantasiose e totalizzanti.

A tale proposito, osserva Angelo Ciccarella: “Oggi l'ufologo si cimenta in campi sdrucciolevoli, quelli dell'interpretazione del fenomeno, della sua natura e si appiattisce, senza uno straccio di verifica, sui racconti dei presunti rapiti sotto stato alterato di coscienza. Da qui reinventa una nuova cosmovisione dell'uomo e della vita, riempie il pantheon di antichi dèi e prevede disastri immani”.

Di fronte allo scadimento di un’ufologia ibrida con velleità filosofiche (si lasci la Filosofia ai pensatori) e persino onnicomprensive, si è tentati di rivisitare i classici degli anni ’50, ’60 e ‘70, per evitare di accodarsi ad esegesi demoniache o, di converso, salvifiche di sapore New age. Forse si riuscirà ad intravedere un barlume nei tenebrosi meandri di in cui ci aggiriamo.

[1] Carlo Barbera ricorda che le bombe nucleari del 1945 su Hiroshima e Nagasaki e tutti gli esperimenti nucleari successivi causarono uno strappo nell'aura del pianeta donde l'incidente di Roswell, i numerosi avvistamenti di U.F.O., le prime intrusioni aliene. Esistono ponti tra una dimensione ed un'altra, attraverso cui passano esseri, verso cui si accalcano creature imprigionate in un livello basso, anelanti ad entrare in questa realtà? Barbera ci ricorda che Aleister Crowley, con i suoi rituali, evocò inquietanti creature di altri piani dimensionali: tra queste Lam, un essere macrocefalo simile ai Grigi, protagonisti dell’ufologia a partire dagli anni '60 del XX secolo. Lo scienziato Jack Parsons e lo scrittore di fantascienza, Ron Hubbard, seguaci di Crowley, attuarono nel 1946 le Operazioni Babalon. La loro intenzione era quella di usare la magia sessuale per generare un figlio nei reami spirituali. Tali sinistri rituali furono compiuti nello stesso periodo in cui l’aura del pianeta era lacerata dalle esplosioni atomiche. Numerosi contattisti tra gli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, riportando le ammonizioni di presunti extraterrestri, insistettero sui pericoli connessi all’uso dell’energia nucleare non solo per Gaia, ma anche per i fragili equilibri del sistema solare e della nostra galassia.

[2] Tra le varie indicazioni rilevanti, accenno qui solo alla rarefazione delle nuvole cui Adamski attribuisce un accorciamento della vita media.


Fonti:

G. Adamski, I dischi volanti torneranno, Roma, 1978 pp. 21-23 e passim
Enciclopedia dell’Astronomia e della Cosmologia, Milano, 2005, s.v. Dicke



Friday, July 2, 2010

Astronavi madre nel Nuovo Mondo (articolo di Milton Brener)

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Astronavi madre nel Nuovo Mondo (articolo di Milton Brener)

Milton Brener ha scovato un testo risalente alla prima metà del XVIII secolo. Nel libro Le Page Du Pratz, viaggiatore francese, riporta un avvistamento di una presunta astronave-madre da cui esce una sfera. La descrizione precisa ed obiettiva, come osserva Brener, rammenta da vicino i giganteschi oggetti volanti, discoidali o sigariformi, scorti anche recentemente da piloti e passeggeri di aerei civili nei cieli sul Canale della Manica. Sono enormi ordigni da cui fuoriescono oggetti più piccoli, forse sonde: il tutto evoca pure le esperienze di George Adamski, il celebre contattista, che fu tra i primi a descrivere astronavi madri e ricognitori.

Quasi trecento anni fa, un esploratore che evidentemente non aveva alcuna dimestichezza con gli U.F.O., scrisse un resoconto su un avvistamento di anomale luci nel cielo.

L'anno era il 1730 e l'esploratore fu il francese Le Page Du Pratz. Il teatro del suo avvistamento fu il territorio della Louisiana, nella terra dei Natchez, con i quali aveva appena stipulato un accordo di collaborazione. La sua relazione è contenuta nel libro "La storia della Louisiana o delle parti occidentali della Virginia e Carolina", in particolare alla fine del capitolo VII.

La narrazione di Du Pratz è oggettiva, anche se disseminata di qualche opinione. Egli riporta le sue osservazioni sulla vita delle piante e la morfologia del Nuovo Mondo, indugia sulla vita e sulle caratteristiche delle tribù native americane. Dopo aver riferito dei suoi negoziati con i Natchez, narra il seguente episodio:

"Verso l'autunno di quest'anno vidi un fenomeno che ha colpito i superstiziosi, con grande terrore: era in effetti così straordinario che non mi ricordo di aver mai sentito accennare a qualcosa di simile... Il mio viso era rivolto ad ovest: mi ero seduto davanti al mio tavolo per esaminare alcuni pianeti che erano già apparsi. Notai una luce scintillante e, alla elevazione di circa 45 gradi sopra l'orizzonte, che quella luce procedeva da sud. Era della larghezza di tre centimetri, si diresse verso nord, mentre produceva un sibilo... Ad un certo punto, la luce si fermò di colpo e cessò di ingrossarsi: in quel luogo sembrava essere delle dimensioni apparenti di una ventina di centimetri di larghezza. Nel suo moto, che era stato molto rapido, formò la figura di una tromba marina e lasciò, durante il suo passaggio molte vivide scintille, più luminose di quelle che schizzano da sotto il martello di un fabbro, ma le faville sparirono velocemente come rapidamente si erano sprigionate.

Se questo primo paragrafo è sconcertante, il prossimo potrebbe essere una rivelazione.

'Dal quadrante nord che ho appena citato, udii provenire un forte rumore dovuto ad una sfera infuocata: questo globo era di circa sei pollici di diametro. Scese sotto l'orizzonte a nord ed emise per circa un minuto un rumore basso e sordo che sembrava venire da una grande distanza. La luce cominciò ad affievolirsi, mentre si dirigeva verso sud. Dopo aver rilasciato la sfera, scomparve'.

Du Pratz ovviamente non è superstizioso né si può pensare ad un'allucinazione. Dunque che cosa furono questi oggetti? Nel 1730, non potevano ovviamente essere aerei o elicotteri. Quindi forse gas di palude? Un fenomeno ottico dovuto all'inversione termica? Il pianeta Venere? Comete? Stelle in allineamenti insoliti? Fu una frode? Sono tutto orecchi".

Fonte: ufodigest




Tuesday, March 30, 2010

Continuità e discontinuità nella fenomenologia ufologica

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Continuità e discontinuità nella fenomenologia ufologica

Nel numero 17 di "Fenix", il direttore Adriano Forgione dedica l'editoriale Siamo vittime di un inganno. Sveglia! alla fenomenologia ufologica. L'approccio al problema è accorto. Forgione scrive: "Durante la puntata speciale di Voyager del 15 febbraio scorso ho posto sul tavolo quella che è la mia visione del fenomeno U.F.O., riferendomi alla multidimensionalità... Le caratteristiche solide, le astronavi metalliche, le tracce al suolo, le strane interazioni che questo fenomeno presenta con gli esseri umani sia in caso di incontro ravvicinato singolo sia di gruppo o addirittura di massa, sembrano essere un inganno... Gli U.F.O. sembrano mutare nel corso della storia per assumere sembianze e caratteristiche assimilabili alla consapevolezza scientifica del periodo".

Sfiorai il tema delle forme relative agli U.F.O. che paiono adattarsi agli schemi percettivi e gnoseologici degli osservatori, oltre che al loro immaginario scientifico-tecnologico nell'articolo Percezione e realtà. Forse l'argomento più forte che depone a favore di questa tesi è l'insieme delle testimonianze raccolte da vari autori, tra cui l'intelligente Johannes Fiebag, a proposito delle navi aeree che verso la fine del XIX secolo furono avvistate negli Stati Uniti. Erano simili ad improbabili mongolfiere o a dirigibili con eliche, ali battenti e fari: soprattutto ricordavano le sbalorditive macchine volanti concepite dall'infrenabile fantasia di Jules Verne in un romanzo coevo come "Robur il Conquistatore". Veramente quelle airships parevano modellate sul modus percipiendi dei testimoni dell'epoca. Dopo l'ondata del 1897, non furono quasi mai più scorte (per quanto mi consta) aeronavi di quel genere: negli anni 40 del XX secolo si passò dai piatti volanti di Kenneth Arnold (in verità degli oggetti quasi a forma di rondine), agli U.F.O. campaniformi di Adamski, del caso "Amicizia" etc. sino alle navicelle dal profilo affilato di Meier, Lazar et al. per finire con l'invasione delle sfere "plasmatiche" di questi ultimi anni. Ho naturalmente semplificato, trascurando innumerevoli fogge degli O.V.N.I. avvistati o immortalati in istantanee e video. [1]

Davvero, come notò l'ottimo Fiebag, siamo al cospetto di un'Intelligenza che proietta immagini, manipola e controlla. E' un'Intelligenza i cui fini non sono chiari, ma che pare prendersi giuoco di un'umanità adusa a credere all'esteriorità, a fidarsi di sensi spesso fallaci. Osserva Forgione: "Sembra che la fonte del fenomeno si diverta a camuffarsi, interagendo con noi in modo subdolo ed ingannevole... Sono convinto che si tratta di intelligenze che sono sempre state qui, ma provenienti da una realtà parallela."

Il discorso si può estendere anche agli occupanti degli U.F.O.: un tempo si incontravano alieni "kaloi kai agathoi" o simili ad astronauti con tanto di tuta e casco, oggi, per lo più, esili creature macrocefale o sinistri Insettoidi.

Eppure, nonostante il caleidoscopio sempre cangiante delle apparizioni, pare che resti agglutinata alla causa formale una causa materiale, per dirla con Aristotele. Meglio, le forme non prescindono da un sinolo: già i graffiti preistorici contemplano un'iconografia di presunti oggetti volanti a forma di disco, di piatto, di globo etc. Si pensi, verbigrazia, alle opere rupestri studiate da Aime Michel.

Di là dal mascheramento dunque si intravede una seppur labile continuità formale che si cristallizza di solito nella forma del disco e del globo, forse perché, come ipotizzò Jung, il cerchio e la sfera sono archetipi solari e simboli di perfezione. Non di meno, tale Leit-motiv potrebbe essere l'indizio di uno "zoccolo duro" di tipo tecnologico (e sia pure di una tecnologia avveniristica) che trova in specifiche morfologie degli aspetti inerenti ai viaggi nello spazio (e nel tempo?).

Gli antichi Romani usarono il termine "clipeus" per designare ordigni di forma circolare, il vocabolo "trabes" per denotare i "moderni sigari": le scelte linguistiche tendono a confermare una costanza nelle manifestazioni.

Infine le caratteristiche somatiche del Grigio paiono un'altra invariante che accomuna, mutatis mutandis, l'antichità e l'età contemporanea, passando per il Medioevo. Insomma, in qualche caso è possibile che U.F.O. ed extraterrestri possiedano una natura “concreta” ed appaiano più o meno come sono.

Non è tutto miraggio quel che vola.


[1] Anche recentemente sono stati avvistati U.F.O. di tipo adamskiano.

Friday, August 7, 2009

Menger su Venere

http://zret.blogspot.com/2009/08/menger-su-venere.html

Menger su Venere

E' recentemente scomparso Edward Menger (1922-2009), il noto contattista statunitense, protagonista, stando al suo racconto, di una serie di eccezionali esperienze che costellarono la sua vita. Menger, ancor più di George Adamski, può essere considerato il corifeo del controverso contattismo, poiché i suoi presunti incontri con i fratelli dello spazio sono antecedenti di circa due decenni agli abboccamenti di Adamski con i Venusiani. Infatti il primo rendez-vous di Menger con una bellissima donna dello spazio risale al 1932.

Ricorderei, in primo luogo, un episodio raccontato da Menger. Egli nell'aprile del 1945 si trovava ad Okinawa, dove prestava servizio con il settecentesimo e decimo terzo battaglione di carri armati: nell'isola giapponese ebbe un contatto con un uomo molto alto che indossava la divisa color kaki dell'esercito. L'uomo gli disse di provenire da Venere e preannunciò a Menger che ben presto l'Impero del Sol Levante si sarebbe arreso, perché i Nipponici stavano per essere annientati da un potere che avrebbe sconvolto il mondo intero. I giorni 6 ed 8 agosto del 1945 furono sganciate le micidiali bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.

Il blog
Noi e gli extraterrestri ha pubblicato un ricordo di Menger ed un'intervista. L'intervista contiene spunti per alcune considerazioni, anche alla luce di recenti studi ed ipotesi in ambito ufologico e non solo.

Nel 1956, l'uomo ricevette un messaggio che si può reputare, con il senno di poi, piuttosto attuale. Un essere di alta statura così si espresse: "Voi vivete in un mondo d’illusione: non comprendete che siete esseri quadridimensionali, in quanto possedete il pensiero che è il vostro sesto senso. Sappiate bene che lo spirito pensa sempre, anche dopo la morte che, in realtà, non è la fine di tutto. Conosciamo il vostro concetto errato sulla natura di Dio. L’intelligenza Suprema non ha forma. Dio non è un uomo. Dio è l’universo stesso. L’uomo è limitato, ma Dio è senza limiti, è infinito. Egli si esprime in tutti gli uomini, in tutte le forme. Gli uomini sono dei che si formano alla scuola della vita, su questo e su altri pianeti, che ricercano il Sapere e la Saggezza per servire i loro fratelli e il Creatore. L’uomo avanza continuamente sulla scala che porta alla perfezione e, anche se un gradino si rompe sotto il peso dei suoi errori, il suo scopo è sempre quello di diventare perfetto, una sola cosa con Dio. La sua Anima registra i suoi errori, le sue esperienze, i suoi pensieri. L’anima di un uomo come nel caso delle forme di vita inferiori, cani, gatti, mucche, cavalli etc. è il risultato del processo di evoluzione di una Coscienza. Quella che voi chiamate reincarnazione è preceduta da un processo di transizione che voi chiamate morte, ma questa non rappresenta la fine della Coscienza, ma la continuazione delle esperienze vissute senza l’aiuto del corpo fisico. La morte è solo un’illusione: tu sei sempre esistito ed esisterai sempre, tu sei eterno come l’Universo, come Dio. I vostri scienziati non sono ancora abbastanza aperti, poiché rifiutano quanto non riescono a spiegare con l’aiuto del cosiddetto metodo scientifico, ma un giorno dovranno imparare ad elaborare una nuova scienza”.

Sono asserzioni in parte opinabili ed un po' fumose che riporto a titolo di cronaca, ma si può condividere la diagnosi circa la scienza terrestre atrofizzata dal culto del "metodo scientifico" che è, invero, il paravento dietro cui si nasconde una perversa volontà di dominio. Anche il riferimento all'universo come maya, sebbene sia un caposaldo della Tradizione e concetto di alcuni indirizzi filosofici, nel 1956 era del tutto estraneo alla fisica ed alla cosmologia che, solo negli ultimi decenni, hanno cominciato ad accoglierlo per merito di qualche pionieristico autore.

Sempre al 1956 rimonta un'altra avventura:
"Il primo settembre ebbi l’invidiabile possibilità di viaggiare a bordo di una delle loro astronavi. Mi fecero entrare in una grande sala circolare al centro della quale si trovava una sorta di macchinario a forma di spirale, apparentemente d’oro. Mi fecero sedere mentre uno dei tre uomini che costituivano l’equipaggio si sedette davanti al pannello di controllo. Un altro essere si mise accanto a lui, mentre il terzo rimase vicino a me. Improvvisamente lo schermo si illuminò ed io vidi pianeti grandissimi su uno sfondo di stelle. Sorpassammo la luna ed osservammo il passaggio di alcune meteore e, infine, raggiungemmo Venere. Sorvolammo il pianeta ed io scorsi delle magnifiche costruzioni a forma di cupola con pianerottoli a spirale in mezzo a boschi e giardini. Vidi foreste, vaste distese d’acqua e persone in abiti dalle tinte pastello. Notai anche la presenza di animali che non mi erano familiari e di veicoli privi di ruote che sembravano fluttuare sul suolo. Quando ritornai sulla terra mi sembrò di entrare in una prigione."

In questo brano dell'intervista due aspetti si agganciano a situazioni posteriori: il macchinario a forma di spirale ricorda il congegno osservato da Adamski all'interno dei ricognitori venusiani su cui asserì di aver viaggiato. Si trattava del sistema propulsivo. La pur inverosimile descrizione del pianeta ciprigno con gli edifici sormontati da cupole richiama le ricerche eretiche di Matteo Agosti. Egli, dopo aver analizzato numerose immagini scattate dalle sonde, ha stabilito che su Venere sorgono strutture artificiali (torri, complessi megalitici, pseudo-piramidi, costruzioni simili a castelli e dalle forme bizzarre). L'esobiologo è convinto che il corpo celeste ospita la vita, nonostante le affermazioni dell'astronomia ufficiale secondo cui, come è risaputo, le condizioni climatiche ed atmosferiche di Venere sono proibitive [1]. L'ufologo si basa anche sulle dichiarazioni di John Lear, ex pilota ed agente della C.I.A.: Lear ribadisce che su Luna, Marte e Venere esistono la vita e basi aliene. Secondo Agosti, sia i Russi sia gli Statunitensi con la famigerata N.A.S.A., occultano molte scoperte imbarazzanti a proposito del sistema solare. Con le sue indagini evidenzia incongruenze, censure, distorsioni nelle fonti ufficiali, per concludere che la verità è diversa da quella ammannita dalle blasonate agenzie spaziali.

Agosti, che tende a correlare la sua scoperta ad antiche tradizioni riferite a visitatori provenienti da Venere e da Marte, potrebbe confermare le incredibili dichiarazioni di Menger sulle abitazioni da lui scorte, mentre la navicella sorvolava "lo bel pianeta che amar conforta"?

A volte è più facile reperire qualche frammento di verità nei "fantasiosi" messaggi dei contattisti che nei paludati (e non di rado menzogneri) studi degli accademici.


[1] L’atmosfera di Venere è la più densa fra quella dei pianeti terrestri, con una pressione al suolo di 90 atmosfere ed una temperatura di 480 gradi C. E’ costituita per lo più da biossido di carbonio (96 per cento) e da azoto (3,5 per cento), con tracce di vapore acqueo, argo ed anidride solforosa. Vedi Enciclopedia di Astronomia e di Cosmologia, Milano, 2005, s.v. Venere


Fonti:

M. Agosti, Strutture megalitiche su Venere
Id., Le torri di Venere
Id., Dimore venusiane
Id., I Venusiani all’interno dei numeri di X Times



A.M., Apocalissi aliene, 2008

Articolo correlato: A. Ciccarella, E' morto John Keel, l'antipinotti, 2009