L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Thursday, April 9, 2015

Il misconosciuto caso di Vittorio Brancatelli ed il destino dell’anima

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Il misconosciuto caso di Vittorio Brancatelli ed il destino dell’anima


Il misconosciuto incontro del terzo tipo di cui fu protagonista il siciliano Vittorio Brancatelli conferma un’ipotesi divergente circa il destino post-mortem. Questa congettura peregrina è stata ventilata da taluni ufologi e rilanciata, sotto il pretesto della finzione, nel romanzo di Valerio Pedretti, “Oblion, la cospirazione”.

Nel 2002 Brancatelli pubblicò un libro intitolato “L’aliena. Messaggi dalla galassia - Cronaca di un incontro ravvicinato”. Nel volume l’autore rievoca la sua avventura ed il rendez vous con un’aliena che lo rese edotto a proposito del significato inerente alla vita umana, in una prospettiva cosmica.

Prealpi lombarde, Rifugio Grassi, a ridosso di Lecco. Vittorio stava compiendo un’escursione, quando vide in cielo una scia ed un oggetto volante che, sorvolato lo spartiacque, scomparve dietro le cime brianzole. Udì poi una deflagrazione, mentre il terreno sotto di lui tremò. Pensando che fosse precipitato un aereo, l’uomo, spinto dalla curiosità, s’inoltrò verso il luogo donde proveniva un bagliore. Giuntovi, egli scorse un enorme ordigno di forma ovale che irradiava una luce molte intensa. Quindi decise di entrare nel velivolo attraverso un portellone che si richiuse subito dopo il suo ingresso. Proseguendo all’interno della nave spaziale, si ritrovò in una sala di comando, dove giaceva, pallida e sofferente, una creatura dai capelli biondi ricadenti sugli omeri.

A questo punto cominciò un dialogo in italiano con la pilota dell’astronave. Ella gli palesò di chiamarsi Arvea e di essere un’Ispettrice dell’Impero galattico. In seguito si intrattenne con l’inatteso ospite su vari temi concernenti le relazioni tra la Terra e gli altri pianeti, le federazioni galattiche, gli extraterrestri e la sorte dell’anima individuale dopo il decesso.

Alcune “rivelazioni” di Arvea meritano particolare attenzione. Ne riportiamo qualche stralcio saliente, tratto dalla conversazione intercorsa con Vittorio Brancatelli.

Vittorio (d’ora in poi V.) “Da dove vieni e chi sei?”

(Arvea, d’ora in avanti A.) “Vengo dal centro della galassia cui appartiene anche questo sistema solare. Esiste un Impero che dirige i sistemi solari ormai da millenni. Io sono una pedina dell’Impero, mi occupo di esplorazioni e supervisiono l’amministrazione nei suoi confini”.

(V) “Perché la Terra è all’oscuro di tutto questo? Perché non vi rivelate e non integrate noi terrestri nel vostro sistema?”

(A) “Vuoi proprio saperlo?” mi scrutava valutandomi. “Non ti piacerà questa mia risposta! Voi terrestri siete integrati nell’Impero [...] La vostra Terra è la prigione dell’Impero!”

Ero confuso: pensavo che ciò che lei diceva potesse esser vero, ma non riuscivo a capire come io e tutta l’umanità potessimo essere prigionieri. Quando eravamo stati deportati e come?

(A) “Devi sapere prima un’altra cosa, che non rientra nelle vostre conoscenze, anche se qualche barlume a volte affiora. Noi – ed includo anche voi terrestri, poiché siete, almeno nella parte essenziale, uguali a tutti gli altri esseri dell’universo – noi, ripeto, non siamo esseri materiali. Siamo degli esseri immateriali! Voi direste, spirituali! Non siamo corpi né siamo costituiti di materia. [...] Noi tutti, siamo esseri eterni ed immortali che vivono fin dall’inizio del tempo.

Nella mia classe sociale siamo soliti, ormai da molto, usare corpi come quelli umani e lo facciamo introducendoci in essi e cambiandoli a piacimento, senza dover morire per questo o avere sensazione di morte. Gli altri, che non hanno e non avranno mai il potere, devono morire per reincarnarsi e sono contenti di dimenticare le esistenze precedenti, in modo da cominciare ogni nuova vita con slanci rinnovati e nuovo vigore.

Per voi terrestri è diverso! Voi, almeno una parte, eravate come me di classe superiore, ma non avete accettato l’Impero, le sue usanze, le sue tradizioni: le avete contestate mettendo in discussione le basi stesse dell’Impero che si fonda su una conoscenza millenaria e sulla fiducia nelle istituzioni. Voi terrestri siete in parte i contestatori scomodi dell’Impero. Le autorità, non potendo più fidarsi di voi né potendo uccidervi, poiché distruggerebbero solo un corpo, vi condannano all’oblio ed all’ignoranza, mischiati coi delinquenti comuni. Questa è la vera morte dell’anima: l’ignoranza! […]

Ladri, assassini, contestatori, sognatori petulanti, attaccabrighe, oppositori politici sono catturati ed uccisi, spogliati del proprio corpo, trattati affinché dimentichino ogni cosa, surgelati e spediti, con apposite navi, sul pianeta Gea, la vostra Terra. Siete iniettati in corpi appena partoriti da donne che saranno le vostre madri. Siete partoriti nel dolore e nell’incertezza. Ciò rappresenta per voi la nascita. Siete così soggetti alle leggi di questo pianeta, alla sua ignorante brutalità, alle malattie, all’invecchiamento ed alla morte.

Voi, però, in quanto esseri spirituali, non potete morire né essere costretti in alcun luogo. Ad ogni morte fisica, che rende libera l’essenza vitale che siete voi stessi, siete ancora catturati con apposite trappole poste intorno alla Terra stessa. Siete processati ancora una volta, condannati e quindi trattati per dimenticare.

Il ciclo si ripete: venite re-iniettati in nuovi corpi appena partoriti. Continuate così a reincarnarvi vita dopo vita, senza che vi sia permesso di ricordare alcunché, senza avere altre conoscenze oltre quelle che riuscite a scoprire con la vostra intelligenza e forse grazie a qualche ricordo che riesce a trapelare, malgrado i trattamenti.

Nessuno ricorda le vite precedenti!”

(V) “La Terra è dunque una prigione! Io sono un deportato! Ecco il grande segreto della Terra. Altro che le religioni, con le loro risposte piene di mistero. Altro che misteri! Non si vuole che noi sappiamo!”

(A) “L’Impero galattico si fonda su gerarchie assegnate ed immutabili in cui gli stessi esseri sono al potere da millenni e difficilmente avvengono cambiamenti. La forma di governo attuale è frutto di esperienze e modifiche avvenute secolo dopo secolo, che hanno affinato e reso sempre più perfetto il meccanismo burocratico e di governo stesso, per cui ogni possibile variante operativa diversa da quella attuale è già stata precedentemente sperimentata.

Gli esseri al potere conoscono tutto ciò che ti ho rivelato. Le masse, invece, sono tenute nell’ignoranza per meglio guidarle e mantenere l’ordine e lo status quo. Ogni tanto qualcuno, più irrequieto o più abile, riesce a ricordare. Vorrebbe modificare qualcosa, si agita, diventa irrefrenabile nel suo intento di cambiare; quando diventa palesemente pericoloso per il sistema, il suo corpo viene ucciso. Il suo essere spirituale è addormentato e catturato, trattato per dimenticare. Imprigionato in un cubetto di ghiaccio, è poi trasportato insieme con altri sul pianeta Gea, la vostra Terra. Sarà scaricato in mare in prossimità di uno dei poli del pianeta: quando il ghiaccio si scioglierà, sarà di nuovo libero. Al risveglio non ricorderà nulla, non riconoscerà neanche il pianeta, non potrà comunicare con alcuno; si lascerà quindi guidare dall’impulso che sente prepotente e cercherà un nuovo corpo per rinascere”.

Come giudicare queste informazioni? Sono le fantasie di un aspirante contattista o se ne può enucleare qualche verità? Oggettivamente l’episodio e la conversazione possiedono alcunché di fumettistico. Tuttavia il riferimento alle anime che sono intrappolate e costrette a riprendere un involucro corporeo lungo un ciclo di innumerevoli esistenze, oltre ad adombrare l’antica dottrina della metempsicosi (o metensomatosi), si allaccia alla supposizione nata nel campo di un’ufologia di frangia, secondo cui, dopo il trapasso, l’essenza spirituale dell’individuo è in qualche modo imprigionata ed obbligata a proseguire in un itinerario ciclico. Rispetto alla credenza orfica, però, non si intravede, nell’ambito delle ricerche xenologiche, per gli esseri psichici una liberazione, garantita agli iniziati da una progressiva crescita e presa di coscienza: la successione delle vite sembrerebbe non avere fine, in una specie di eterno ritorno dell’uguale.

Per quale scopo le anime sono “accalappiate” non è ben delucidato nel libro: si può ipotizzare che la psyché sia usata da creature mortali che, parassitando gli esseri dotati di una natura pneumatica, possono così sopravvivere ed accumulare conoscenze lungo la catena delle varie “reincarnazioni”. E’, più o meno, l’ipotesi malanghiana delle memorie aliene attive. Mutatis mutandis, ricorda pure un celebre aforisma del filosofo gnostico Basilide che scrisse: “L’uomo è un accampamento di demoni”. Il che è grave; ancora più grave perché, non sapendo di esserlo, l’uomo rischia di rimanere alla mercé di esseri che controllano la vita e la morte. Ad libitum?

Fonte: V. Brancatelli, L’aliena. Messaggi dalla galassia – Cronaca di un incontro ravvicinato, 2002

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Sunday, November 9, 2014

Truman Cash ed il destino dell’anima

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Truman Cash ed il destino dell’anima


La verità è eccentrica e non si abbassa al livello infimo dei normalizzatori.

Truman Cash è un ufologo misconosciuto, autore di due libri, "The programming of a planet" e "The eye of Ra". Entrambi i volumi risalgono alla metà degli anni ‘90 del XX secolo. Cash condivide molte delle sue intuizioni con William Cooper, Karla Turner, William Bramley, Simon Parkes, Corrado Malanga, Barbara Bartholic, Susan Reed e James Bartley. Nei suoi saggi il ricercatore si sofferma soprattutto su due temi: l'ipnoterapia ed i rapimenti.

L'approccio è inusuale, poiché Cash studia le abductions persino ai tempi di Atlantide e nell'antichità, in Egitto e Sumeria dove esseri non terrestri seminarono concetti e riti "religiosi" per soggiogare le masse. Idea centrale dei saggi vergati dallo studioso è quella delle implant stations, ossia centri per trasferire le anime nei corpi. Queste "stazioni" sono una chiave per comprendere i fenomeni di abduction. Le stazioni sono impiegate per catturare le anime, che sono "libere", e trapiantarle in un altro soma. Creature insettoidi generano un potente campo elettromagnetico che attira la psyché: essa, non potendo resistere all'attrazione di uno splendore caldo ed avvolgente, finisce in una "camera dalla luce bianca" per essere riprogrammata e preparata per un'altra esistenza. Gli involucri corporei sono altresì duplicati.

Stando a Cash, molte esperienze di pre-morte sono orchestrate da creature malevole in sembianze angeliche. Anche il fulgore alla fine del tunnel, chiarore scorto molto spesso dai morenti, è la luce intensa proveniente dalle camere di programmazione situate sulle astronavi e nelle installazioni degli alieni. Il tutto naturalmente avviene contro la volontà dei sequestrati.

Lo scenario è simile a quello descritto di William Bramley: egli ritiene che gli Altri abbiano bisogno di intrappolare e sedurre gli esseri spirituali che sono così condannati al ciclo della metempsicosi.

La situazione descritta da questa ufologia di frangia è già evocata in alcuni testi gnostici come l’”Apocalisse di Giacomo”, ove si legge: "Ora, quando Giacomo udì queste cose, si asciugò le lacrime dagli occhi e molto amaro [...] Il Signore disse a lui: 'Giacomo, ecco, ti rivelerò la redenzione. Quando sei afferrato e subisci queste sofferenze, una moltitudine si armerà contro di te per afferrarti. E in particolare tre di loro ti ghermiranno - coloro che siedono come esattori di pedaggio. Non solo chiedono il pedaggio, ma portano via le anime con un furto. Quando si cade in loro potere, uno di loro che è a guardia ti dirà: 'Chi sei tu e da dove vieni?' Gli risponderai: 'Io sono un figlio e sono dal Padre'. Egli ti chiederà: 'Che tipo di figlio sei ed a quale Padre appartieni?' Dirai: 'Vengo dal Padre pre-esistente e sono un figlio pre-esistente".

Alcuni investigatori, più che ad un “furto di anime”, come paventato dal sibillino e frammentario libello gnostico, pensano ad una sottrazione di energia per opera di vampiri psichici. In quel limbo, quella terra di nessuno che separa il mondo ilico dalle sfere ultraterrene, le coscienze potrebbero essere alla mercé di larve bisognose di nutrirsi con le energie dei defunti. È plausibile che queste entità siano in grado di generare visioni paradisiache con prati dal verde smagliante, giardini ameni, cieli tersi e luminosi? Sono i magnifici paesaggi che i protagonisti delle esperienze di pre-morte ricordano di aver ammirato estasiati, dopo aver di solito percorso una galleria il cui sbocco era inondato da una luce sfavillante. Codesti luoghi sono il frutto di un elaborato inganno teso ai danni di “anime” poi ghermite per essere incluse in contenitori atti ad ospitare memorie “esterne” o per altri fini?

Fiorella Rustici, nella sua ultima fatica, “Morte e dintorni”, tra le righe allude alla circostanza secondo cui qualcuno governerebbe per scopi non nobili l’avventura delle anime attraverso il tempo e le incarnazioni. Ciò si collega alla legge del karma, ritenuta dall’autrice iniqua e – si può aggiungere – suscettibile di limitare (o annullare?) in modo sensibile il “libero arbitrio”.

Il quadro sin qui delineato è molto controverso e bisogna chiedersi se il travaso delle anime sia associato anche alla clonazione dei corpi, inoltre ci si domanda che ruolo assumano, nell’ambito di queste interpretazioni, l’energia elettromagnetica e, a mo’ di antidoto contro gli inganni alieni, la DMT, cioè la dimetiltriptamina. La DMT è una triptamina psichedelica endogena, presente in molte piante e nel fluido cerebrospinale degli esseri umani, sintetizzata per la prima volta nel 1931 dal chimico Richard Manske. Strutturalmente la DMT è analoga al neurotrasmettitore serotonina, all'ormone melatonina e ad altre triptamine psicoattive come psilocibina, psilocina e bufotenina. Cash et altri opinano che la DMT, insieme con pratiche di meditazione, possa essere utile per mantenere vigile la coscienza. Il pensiero corre alle “pozioni” chimiche che sono somministrate agli esseri umani attraverso le chemtrails e non solo. Si va ben oltre gli obiettivi militari della geoingegneria clandestina...

A prescindere dagli interrogativi aperti, bisogna sottolineare le convergenze tra Cash e numerosi altri autori: essi, ad esempio, oltre a collocare al vertice del Collegio invisibile “visitatori” dall’aspetto di mantidi, adombrano una sorta di riciclaggio delle anime. Queste coincidenze reperibili negli studi di scrittori che spesso non si conoscono e non si conoscevano, corroborano la plausibilità delle loro ipotesi.

Intanto, da una sperduta lontananza simile ad un’eco fioca, provengono le ammonizioni della Gnosi antica circa i pericoli incombenti, una volta varcata la soglia... come se non bastassero i problemi che ci affliggono, mentre dimoriamo in questo “pianeta infelice”.

Fonti:

T. Cash, The programming of a planet, 1994
V. Petretto, Le scoperte di Truman Cash, 2014
Zret, Post mortem, 2011


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Friday, June 6, 2014

Il crepuscolo del contattismo

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Il crepuscolo del contattismo


E’ deprimente constatare quanto sia decaduto il contattismo. Fenomeno disdegnato, ma non scevro di un suo fascino pop, la grande stagione del contattismo, gli anni ‘50 e ‘60 del XX secolo, ha coinciso con l’acme della letteratura e del cinema fantascientifico. Oggi, però, a distanza di mezzo secolo e più, è rimasto ben poco di quell’epos ingenuo (a ragione Vallée lo giudica pericoloso, anche se l'autore sbanda verso una forma di scientismo) popolato di fratelli dello spazio, astronavi tirate a lucido, messaggi di amore universale.

Si prenda come piccolo ma significativo saggio di un declino inglorioso l’intervista all’experiencer (oggi è à la page chiamare così quelli che in modo più prosaico si definivano “rapiti”) Cinzia Molettieri, in “Frammenti di memoria ET” (X Times, n. 67, maggio 2014). Forse quello che più urta in questi resoconti propalati dagli stanchi epigoni di Adamski è la spocchia intellettuale: non è più sufficiente raccontare esperienze meravigliose e trasmettere comunicazioni edificanti, perché ci si cimenta in disquisizioni pseudo-filosofiche. Si leggano le farraginose interpretazioni che la Molettieri svolge circa il suo vissuto. Bene e male non esistono o, meglio, sono intercambiabili: “Non c’è positivo o negativo, tutto è funzionale per il nostro percorso di riacquisizione della consapevolezza [...] Abbiamo passato tante ere e tante tappe evolutive, ma siamo arrivati in un periodo in cui le risorse si stanno esaurendo (sic), quindi è necessario che ci sia una trasformazione, un’evoluzione, ma ciò non riguarda solo noi terrestri, ma anche altri esseri extraterrestri. Siamo tutti nella stessa situazione. L’universo intero si deve evolvere. Noi non siamo su un gradino inferiore. Anche noi siamo funzionali a loro per l’evoluzione così come loro lo sono per noi. A noi sembra di subirli, ma anche a loro sembra di subire noi. La legge funzionale funziona (sic) per tutti”.[1]

Insomma siamo al cospetto del Malanga-pensiero volgarizzato. Riconosciamo al chimico pisano meriti investigativi e persino talora filosofici, ma non si comprende perché egli non ammetta il suo enorme debito nei confronti dell’Idealismo tedesco, visto che, piaccia o no, la concezione del professor Malanga ricorda molto Fichte, un Fichte in salsa quantistica. La Coscienza che pone innanzi a sé degli ostacoli per acquisire consapevolezza, non assomiglia all’Io di Fichte? L’io pone il non-Io, il mondo materiale, per realizzare la sua piena facoltà creativa, per affermare la sua libertà. Affinché l'Io si realizzi, abbisogna di un'opposizione, di una resistenza. Orbene, questo retroterra culturale si è diluito in alcune esegesi attuali a cavallo tra scienza e filosofia. Appunto, si è diluito, come un vino annacquato: così la forza speculativa del filosofo tedesco, si condivida o no il suo approccio, è stata imbolsita in modo spaventoso, perdendo di vista le situazioni contingenti, storiche ed individuali.

Se è vero che sul piano metafisico la differenza tra bene e male non ha ragion d’essere, nel mondo caduto e caduco, tale divario ha implicazioni di non poco conto. Eppure un’indebita trasposizione non solo esclude l’intervento di alieni carnefici (di solito è questa la visione del contattismo tradizionale), ma per giunta trasforma gli intrusi in salvatori, in latori di esperienze che, anche se terribili, permettono di crescere. Giusto! “Ciò che non uccide fortifica”, ci rammenta Nietzsche. Tuttavia sono situazioni che molti, se potessero, eviterebbero, come pochi agognano di soffrire le pene dell’inferno per concludere che la gioia è preferibile al dolore.

Infine l’insistenza sull’idea di “evoluzione”, oltre ad essere stucchevole ed a ricordare lo screditato Darwin, apparenta il fosco autunno del contattismo con Teillhard de Chardin, bislacco pensatore gesuita. Dietro tutta questa fumosa nebbia evoluzionista, si deve intravedere l’ombra dei Gesuiti? Dietro i Gesuiti, poi qualcun altro? Troverà le risposte chi manterrà integro un salutare dubbio. Gli altri saliranno sull’ascensore per l’Inferno, pardon per le stelle...

[1] Tra l’altro, non si intende che cosa c’entri il presunto esaurimento delle risorse naturali con la dissertazione a proposito di una palingenesi spirituale. Questa confusione è indizio dell’ignoranza in cui si sono impantanate certe frange ufologiche.

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Wednesday, February 26, 2014

Morsi di Coscienza

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Morsi di Coscienza


Fissi alle eterne costellazioni, bisogna imparare nella sofferenza di ogni uomo il senso dell’apparire, il dolore di entrare e di uscire dalla scena. (G. Barbiellini Amidei)

Ormai molti ne sono convinti: è la Coscienza a proiettare questa allucinazione splendida e feroce che chiamiamo “realtà”. Per una ragione che resta inestricabile la Coscienza decide di mordere il mondo. Appena lo morde, però, ne è morsa. L’universo pare ritorcersi contro chi l’ha generato come un figlio parricida. E’ separazione, distacco, dimenticanza.

Nel suo recente libro, intitolato giustappunto “Coscienza”, Corrado Malanga scrive: “Quando l’essere umano vede le cose che si spostano, deve sapere che non sono le cose che si spostano, poiché è la coscienza che offre questo tipo di impressione. In verità tutto è fermo”. Questo discorso varrà anche per gli eventi: il cosmo e l’insieme di tutti i fatti che accaddero, accadono ed accadranno, sono congelati nell’istante senza tempo, impietriti nel volto impenetrabile di una Sfinge. Il libero arbitrio è poco più di un’illusione percettiva.

Viene in mente l’esperimento denominato “coscienza globale” con cui si cerca di comprendere in che modo la coscienza collettiva reagisca agli accadimenti, se essa riesca a presagirli. Se riesce a presagirli, significa che gli avvenimenti sono già lì in attesa di essere captati?

Vengono in mente quelle singolari teorie secondo cui la realtà si forma, non appena è osservata. Osservata da chi? Da occhi superiori? Prima che il reale sia percepito, si estende solo un interminato, profondissimo nulla.

La Coscienza è simile ad un serpente raggomitolato su sé stesso. Assomiglia ad un serpente che, uccidendo il suo vecchio io, rinasce. E’ così: death and life, side by side.

Alla fine sembra che la Coscienza si estruda fuor di sé stessa, condannandosi alla lacerazione ed alla sofferenza. Attraverso il dolore più acuto, il suo sguardo diventa acuto in modo eccezionale… salvo poi accorgersi che non c’è niente da guardare.


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Monday, October 7, 2013

Scritto nelle stelle

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Scritto nelle stelle

Alef

E’ noto che l’alfabeto, invenzione attribuita ai Cananei (progenitori, tra gli altri, dei Fenici), cui i Filistei per primi, non i Greci, aggiunsero le vocali, è composto da grafemi, segni indicanti un suono. La scrittura fenicia, risalente alla prima metà del I millennio a.C. consta di 22 consonanti. I Fenici sostituirono agli ideogrammi dei simboli fonetici puri, con la loro conseguente riduzione ad un numero esiguo. Per questo carattere pratico il sistema fenicio si diffuse tra i popoli circonvicini e diede origine a vari alfabeti, quasi tutti esclusivamente consonantici, ossia con le vocali sottintese nella grafia. Era un sistema funzionale alla trascrizione delle lingue semitiche. Quando l’alfabeto fenicio passò ai Greci (tra il XII e l’VIII sec. a.C.) fu necessario scrivere le vocali che nelle parole indoeuropee rivestono la stessa importanza delle consonanti.

Nella scrittura fenicia ogni grafema rende un oggetto stilizzato. Ad esempio, la prima lettera, la A, delinea la testa di un bue (o toro). Sarebbe, però, un errore vedervi soltanto la raffigurazione dell’animale, poiché l’alfabeto è in primo luogo un diagramma degli Archetipi universali.

“La Tradizione esoterica afferma che esistette un alfabeto primordiale i cui segni e suoni erano la diretta manifestazione del potere della Parola di Dio. Gli alfabeti contemporanei ne sono la derivazione: alcuni mantengono maggiormente le potenti vibrazioni originarie (alfabeti definiti sacri o magici), laddove altri le hanno in gran parte perdute, essendo spuri. L'esoterismo musulmano identifica nei segni dell'alfabeto il corpo di Dio e similmente la cultura indù attribuisce a ciascuna lettera alfabetica una parte del corpo di Saraswati, la manifestazione femminile, Shakti, di Brahma.

Il numero che identifica la manifestazione divina attraverso gli Archetipi presenti nelle lettere dell'alfabeto è il 22, sebbene, per riduzione o ampliamento, possa diventare 16, 20, 21, 24. Carattere mistico avevano pure la scrittura dei Celti (alfabeto ogamico) e le rune germaniche. L’alfabeto ebraico è composto di 22 segni che racchiudono ancora oggi un grande influsso sacro ed esoterico”.[1]

Il chimico Corrado Malanga correla i 22 grafemi dell’alfabeto ebraico ai 21 amminoacidi. La corrispondenza numerica tra le lettere e gli amminoacidi si ottiene aggiungendo alla ventesima e prima macromolecola l’immagine del D.N.A. adombrata dall’alef.

Accennato al valore segreto dell’alfabeto, secondo cui ciascun grafema-fonema non riproduce degli oggetti, ma alcune funzioni, ci concentriamo sul primo Archetipo, la A, per provare ad intravederne la filigrana astronomica.

Un alfabeto stellare

In un corposo ed istruttivo studio, Massimo Barbetta, prendendo le mosse da un’analisi della pellicola “Contact”, per la regia di Robert Zemeckis, osserva che la A potrebbe essere un glifo cosmico, l’immagine araldica della costellazione del Toro. L’autore ipotizza che i miti, le tradizioni, i termini, i simboli che evocano il Toro, con i gruppi stellari delle Pleiadi e delle Iadi, nonché l’astro Aldebaran, possano essere l’eredità iconica di visitatori provenienti dagli spazi siderali. Un filo sottile e quasi invisibile legherebbe le culture primordiali della Terra a retaggi successivi (si pensi al Nazionalsocialismo iniziatico). Alcuni significati occulti sarebbero stati criptati nel romanzo “Contact” di Carl Sagan, figura di scienziato che, dietro parvenze accademiche, celava conoscenze ed interessi eterodossi. L’opera è stata poi trasposta con alcune modifiche nell’omonima produzione cinematografica con protagonista Jodie Foster.

La congettura di Barbetta è suggestiva, ma soprattutto è suffragata da una notevole mole di indizi raccolti in un campo molto vasto che spazia dalla Linguistica all’Archeologia, dalla Storia dell’arte all’Ufologia. La sua ricostruzione si discosta dalle spiegazioni accademiche come l’esegesi dello scienziato Giovanni Sermonti che, in un suo celebre saggio, “investiga l’origine zodiacale degli alfabeti semitici, basandosi sulla comparazione formale, simbolica e sequenziale con gli antichissimi segni di raffigurazione delle costellazioni (databili a oltre 20.000 anni dal presente) e le lettere della nostra famiglia alfabetica, testimoniate già intorno al III millennio a.C.

L’ordine costante (A, B, C etc.) e la forma stessa delle lettere, che in versioni diversificate vediamo ripetersi in tutti gli alfabeti della nostra civiltà, dal sinaitico, al lineare B, al greco, all’etrusco, al latino, non sarebbero dunque del tutto convenzionali, ma avrebbero una radice rovesciata, che rivolgendosi verso l’alto affonderebbe nel cielo. L’alfabeto non sarebbe che un’immagine derivata delle forme delle costellazioni.

Sebbene la corrispondenza formale e sequenziale fra i segni alfabetici e le costellazioni sia effettivamente impressionante, l’idea genera sconcerto. Che cosa può mai esserci in effetti di più arbitrario, dunque variabile, delle forme che gli uomini hanno immaginato unendo dei puntini luminosi nel cielo stellato? Eppure, quelle ‘forme immaginate’ hanno una costanza plurimillenaria. Con uno studio di grande fascino, avvalendosi di contributi pressoché dimenticati di studiosi come Marcel Badouin, Sermonti ricostruisce la misteriosa antichità delle configurazioni del nostro zodiaco, ipotizzandone un’origine paleolitica.

Di più, egli è riuscito a trovare un terzo elemento di paragone, una logica di collegamento extra-formale tra le due classi di segni e cioè una dinamica astronomica dei miti più antichi della nostra civiltà. Le stesse radici semantiche che sovrintendono alle narrazioni antiche, non sarebbero che illustrazioni dei movimenti dei cieli, come aveva intuito il grande Giorgio De Santillana. Esse ci aiutano a comprendere l’ordine ed i sottogruppi (corrispondenti a cicli mitici) delle nostre lettere”.

E’ possibile conciliare l’ipotesi xenologica, ventilata da Barbetta, con l’approccio antropologico-archeoastronomico di Sermonti? Crediamo di sì. Fatto sta che a torto si ritengono i nomi ed i valori degli scintillanti disegni siderei del tutto fortuiti, come il risultato di immaginifici nomenclatori. I popoli antichi videro in quella particolare costellazione un toro, ma avrebbero potuto scorgervi una forca o un vaso? No! Quella particolare costellazione, per motivi che non ci sono ancora del tutto perspicui, è la sorgente di un’energia cosmica, è un incipit universale, come il toro è l’animale legato ai primordi dell’agricoltura, alle civiltà gilaniche ed a miti ancestrali taurini (si pensi alla saga del Minotauro cretese). Senza dubbio anche i cicli precessionali, che includono valori dello zodiaco, giocano il loro ruolo in questo fantasmagorico libro le cui pagine coincidono con il cielo e le lettere con le stelle.

[1] Alef o Alep – bue, toro, è l’unione, la duplicità che si trasforma in unità. E’ un radunare più elementi in modo da ridurli ad una cosa sola. Indica il Padre, l’energia divina, la potenza creatrice primigenia.

Fonti:

M. Barbetta, Contact, le informazioni criptate del film tra simbolismi e messaggi subliminali, 2009

Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2000, sv. alfabeto, Fenici

G. Garbini, I Filistei, gli antagonisti di Israele, Milano, 1997

M. Pincherle, Archetipi, le chiavi dell’universo

S. Serafini, Oltre il massone Darwin, la libera scienza di Giuseppe Sermonti


Ringrazio l'amico e collaboratore G. per la segnalazione da cui ho tratto spunto per l'articolo.

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Monday, June 24, 2013

Il quinto tipo

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Il quinto tipo

Un giovane autore, Giacomo Banchelli, ha deciso di cimentarsi nel tema delle interferenze aliene con un romanzo, “Il quinto tipo I capitoli del mutamento”. Prima di lui, già il disegnatore e sceneggiatore Giuseppe Di Bernardo aveva attinto all’immaginario malanghiano per “The secret”, la coinvolgente saga a fumetti con mattatore Adam Mack.

Banchelli dipana un intreccio dove il protagonista, Jonathan, entra in contatto con la realtà al tempo stesso più vicina all’uomo e più da lui ignorata, l’universo della Coscienza. Così i vari eventi, l’incontro con un bonario docente universitario, Roberto Montebelli, la storia d’amore con la sensibile Francesca, le peripezie nell’installazione extraterrestre in cui svolge un ruolo decisivo il militare Stefano… promuovono la catalisi dell’introspezione, spingendo il lettore ad interrogarsi su argomenti vertiginosi.

“Il quinto tipo” è un libro di fantascienza, ma sui generis, con l’ambizione a suggerire una ricostruzione del passato in modo da giustificare il nostro atroce presente ed un incerto futuro. Le implicazioni filosofiche sono, però, risolte nel racconto, spesso ipercinetico e convulso; sono proposte attraverso la prospettiva interna di Jonathan, adolescente inquieto e ribelle. Il suo rifiuto del sistema configura una sorta di Bildungsroman, ma la maturazione avviene in modo repentino, specialmente perché gli avvenimenti precipitano nel breve volgere di poche settimane. All’epifania interiore, che porta il ragazzo a scoprire il luminoso abisso dell’Anima, fa da contrappunto l’apocalissi nel cielo dove una malvagia entità si palesa, al culmine di un cataclisma che devasta un’ampia regione del Mediterraneo.

La tensione vibra un po’ in tutto il romanzo e solo brevi pause offrono un ritmo più disteso: le riposanti ore trascorse da Jonathan e Francesca sotto un ciliegio, il pranzo a casa del professore, la rigenerante sosta in campagna, dopo la fuga rocambolesca dalla base… E’ singolare: Banchelli, nonostante appartenga alla recente generazione tecnotronica, sa schiudersi, di quando in quando, alla natura, superando il solipsismo di tanti scrittori contemporanei, prigionieri delle loro snobistiche nevrosi.

Rinuncia poi ad un epilogo chiuso, lasciando in bilico il destino dei personaggi e dell’umanità, forse prossima ad essere annientata in una catastrofe di proporzioni cosmiche.

Nonostante qualche asperità linguistica, “Il quinto tipo” si gradisce soprattutto per l’incalzante montaggio e per l’asciuttezza dei dialoghi. La narrazione può essere ancora, in qualche caso, catartica o almeno consolatoria di una condizione umana del tutto disumana. D’altronde restano ormai solo le narrazioni e le illusioni… che sono in fondo la stessa cosa.


Sunday, May 19, 2013

Progetto Transgenesi

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Progetto Transgenesi

Le mutilazioni animali: quali sono gli scopi?

Le "mutilazioni animali" sono un fenomeno noto anche come "mysterious animals mutilations" (M.A.M.) e che occorre da circa quarant'anni anni negli Stati Uniti, in Canada, in America meridionale, Australia, Cina ed Europa. Qualche caso è stato segnalato pure in Africa. Nell'aprile del 1971, i casi di mutilazione di bestiame aumentarono improvvisamente negli Stati Uniti, specialmente nel Nuovo Messico ed in Colorado. Furono reperite all'interno di allevamenti e fattorie carcasse di bovini sgozzati, dissanguati, privi di occhi, di orecchie, degli organi (polmoni, fegato, milza, pancreas), dell’encefalo, delle ghiandole e via discorrendo. Le vittime sono spesso femmine gravide o fattrici.

Linda Moulton Howe, giornalista, scrittrice e regista di documentari scientifici, è la maggiore studiosa delle M.A.M.: ella ha passato in rassegna le principali ipotesi esplicative dell'inquietante fenomeno, contribuendo in parte a diffondere l'idea degli alieni macellai.

Secondo vari ricercatori, le mutilazioni del bestiame possono essere ricondotte alle seguenti cause: l'aggressione di animali selvatici; l'azione di roditori, corvidi ed altri volatili necrofagi su bovini ed ovini morti per malattia; riti satanici; messaggi cruenti legati ad organizzazioni criminali presenti nel mondo degli allevatori; mistificazioni. Alcuni studiosi scettici di fronte all'assenza degli organi interni, chiamano in causa l'autolisi, un processo decompositivo a causa del quale gli organi interni si trasformano in un fluido che si disperde all'interno del corpo degli animali. Costoro tendono a sorvolare sulle incisioni molto precise con cui è tagliata e staccata la pelle degli animali: paiono incisioni praticate con strumenti laser. La sofisticata tecnica chirurgica, la cauterizzazione, l'assenza di tracce attorno alle carcasse ed il non infrequente avvistamento di U.F.O. in concomitanza con le M.A.M. hanno indotto alcuni ufologi ad attribuirle ad extraterrestri carnefici.

Riteniamo che l’ipotesi secondo la quale le mutilazioni sono compiute da intrusi malevoli sia più che plausibile. Quali potrebbero essere, però, gli scopi di queste macabre asportazioni che, negli ultimi anni – come acclarato dalla sopra menzionata Moulton Howe - coinvolgono sempre più spesso specie animali, quali cani e gatti, un tempo immuni? Vediamo di indicare i possibili obiettivi all’origine del raccapricciante fenomeno per poi svolgere qualche breve riflessione conclusiva.

• Le mutilazioni sarebbero finalizzate ad estrarre campioni organici da cui evincere il livello di contaminazione ambientale.
• Gli organi sarebbero rescissi perché, una volta estratti gli ormoni e le proteine, diventerebbero nutrimento per gli alieni.
• Gli ormoni, le proteine ed il sangue sarebbero impiegati per compiere ibridazioni genetiche sia sugli animali prelevati ed uccisi sia sugli esseri umani.
• I liquidi biologici e gli ormoni sarebbero usati per la creazione di cloni (ipotesi Malanga): individui clonati starebbero gradatamente popolando il pianeta in modo del tutto inavvertito.

Ci sentiamo di scartare d’emblée la prima congettura, giacché, se ci si prefigge di stabilire il grado di intossicazione di un animale, è sufficiente portar via un lembo di pelle, un ciuffo di peli, estrarre un po’ di sangue etc., senza che sia necessario né torturare gli animali né trucidarli. Le ultime tre supposizioni risultano tra loro compatibili: è possibile che le entità biologiche extraterrestri si cibino di ormoni e di altre sostanze biologiche. Forse sono necessarie al loro metabolismo. Non si può poi escludere che sia in corso un vasto programma di incrocio cromosomico sia volto a degradare la specie Homo sapiens sapiens sia teso alla generazione di esseri clonati.

L’avvistamento di elicotteri neri privi di contrassegni in connessione con il prelievo del bestiame consente di arguire che i militari sono spesso coinvolti in queste abominevoli azioni, sulla base di “patti scellerati “conclusi con gli Altri, negli anni ’40 del XX secolo o forse prima. A tale proposito, si deve reputare che il fenomeno delle M.A.M. sia tipico dell’ultimo mezzo secolo: non sembra se ne trovi traccia tra gli scrittori antichi. Ad esempio, Giulio Ossequente nel Liber prodigiorum, riporta numerosi portenti e manifestazioni fortiane che talora anticipano la casistica dell’ufologia contemporanea, ma non accenna ad alcunché di confrontabile con le mutilazioni in oggetto. Ulteriori ricerche, estese alla letteratura ed al retaggio di pristine civiltà sparse nel globo, potrebbero tuttavia smentire tale asserzione.

Il Dottor Althuser, interpellato dalla Moulton Howe, ha eseguito esami istologici le cui sbalorditive conclusioni corroborano l’ipotesi di un’interferenza aliena. Egli ha enucleato i seguenti punti.

“Le escissioni delle mutilazioni animali non mostrano alcun residuo di carbonio. Eppure la vita della Terra è basata sul carbonio ed i tessuti esposti al calore di un laser dovrebbero evidenziare tracce di carbonio che sembrano grani di pepe nero sotto l’ingrandimento del microscopio”.

"Le analisi rivelano che le rescissioni sono state compiute in fretta e furia con uno strumento sprigionante energia termica".

“Le dissezioni sono avvenute con una precisione millimetrica ed una minima dissipazione di calore sulla linea di taglio”.

“I tessuti evidenziano l'esposizione a temperature elevate, probabilmente superiori a 300 gradi Fahrenheit”.

“"Per le escissioni deve essere stato usato un dispositivo che agisce molto rapidamente, ma non si può sapere di che apparecchio si tratti, perché nessun residuo microscopico di carbonio è stato trovato nei siti della mutilazione".

La monolitica censura dell’inquietante problema – sebbene rare, sono registrate anche orribili mutilazioni umane – spinge a pensare che il governo segreto conosca imbarazzanti ed inconfessabili verità circa la contropartita offerta agli Stranieri da cui, come ci informa Philip Corso, le superpotenze ottennero mirabolanti tecnologie. Insomma i “bravi ragazzi” ci vendettero e forse gli accordi non furono rispettati. Ormai, però, è tardi per tornare indietro: la situazione è da tempo fuori controllo. Il “Progetto Transgenesi” sta per essere completato soprattutto grazie alla famigerata Biogeoingegneria?

Nota: il presente articolo è nato mercé uno scambio di idee ed informazioni con Ghigo di Freeskies. A lui va il mio ringraziamento.

Articolo correlato: L. Moulton Howe, Citizens hearing disclosure: anomalies of animal excisions, 2013


Tuesday, May 14, 2013

Una Coscienza incosciente

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Una Coscienza incosciente

Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni. (E. Cioran)

La Coscienza che desidera essere infelice

Non di rado mi si chiede quale sia la mia opinione a proposito delle teorie elaborate dal professor Corrado Malanga. Come rispondere? Sarei propenso a distinguere tra le sue ricerche in campo xenologico ed il sistema che si è via via sviluppato per successive aggregazioni dalle indagini iniziali. Mentre le conclusioni cui il chimico toscano è giunto nell’ambito politico ed ufologico, mi trovano nel complesso concorde, il resto, invece, suscita in me qualche perplessità.[1]

In primo luogo mi sembra che egli metta troppo carne al fuoco, cercando di costruire un modello interpretativo del mondo dove numerose ed eterogenee discipline si sovrappongono, talora si contraddicono. L’intento di trovare la quadratura del cerchio è lodevole; il risultato forse inferiore all’impegno profuso. Bisogna, però, sottolineare che la contraddizione è segno di adesione al reale che è di per sé antinomico: nessun sistema può essere del tutto privo di incongruenze, pena la sua totale astrattezza. Va anche rilevato che il pensiero del chimico toscano è in fieri: presto uscirà un suo nuovo libro. Dunque le presenti riflessioni potranno essere in parte obsolete.

In estrema sintesi, Malanga distingue tra una realtà virtuale (olografica) ed una realtà reale, il mondo della Coscienza, avulso dallo spazio-tempo e dalle leggi fisiche. Questa idea dicotomica mi pare plausibile: si allinea, ad esempio, a quanto scrivevo in “Oltre i codici”, articolo cui rimando per una trattazione del tema. Ho anche spesso sostenuto che è inevitabile una forma di dualismo per quanto debole, dunque la distinzione malanghiana tra le due sfere del Tutto mi pare condivisibile.

Nel momento in cui si tenta di spiegare le ragioni che spingono la Coscienza a proiettarsi, a determinarsi nell’universo virtuale, sorgono, a mio avviso, alcune questioni. Non si comprende per quale ragione la Coscienza, che alla fine coincide con Dio, decida di maturare talune esperienze estreme. Che voglia conoscersi attraverso la morte, è concetto che si può ammettere, se accettiamo il dogma ossimorico di una Coscienza imperfetta, pur nella sua divinità. Tale bisogno di conoscersi implica anche l’immersione nella sofferenza: qui cominciano le note dolenti. Mi pare che si dipinga un Ente non solo di scarso acume (una sorta di dio avventato ed insipiente... un dio bambino?), ma pure un po’ masochista. Davvero era ed è necessario sprofondare nella voragine del tormento più atroce e disperato per acquisire consapevolezza? Di quanti vissuti, attraverso squartamenti, piaghe, mutilazioni, accecamenti, torture di ogni genere sia fisiche sia morali ha necessità Anima per conoscersi e per concludere che lo strazio non è poi una gran cosa? Non sarà un po’ ottusa? Per quante volte Anima dovrà immergere la mano nell’acqua bollente per inferirne che ci si ustiona? Quousque tandem? Intendiamoci: la vita nasce dal contrasto e senza le tenebre la luce non può risplendere. Una dose di male è necessaria e persino auspicabile: è la sua superfetazione sia pure “solo” nel livello del manifesto a lasciare impietriti.

Ora, di fronte al problema del male, sostanzialmente le posizioni sono due: o si nega che esso esista, anzi sia - il male come accidente o come privazione di bene (si pensi ad Agostino) - o ci si affanna per provare a giustificare il mysterium iniquitatis. Ecco allora che lo si considera connaturato all’Assoluto (Schelling) o agli uomini (Sartre) o a tutt’e due, in percentuali variabili, oppure lo si attribuisce ad un delirio di Sophia (Gnosi). Malanga aderisce alla prima versione: il male in sé è poco più che un’illusione ottica, anzi cerebrale, poiché dovuta alla contrapposizione tra emisfero destro e sinistro dell’encefalo.

La realtà è un ossimoro

Per quanto mi riguarda, credo che il male dipenda da un cedimento, da uno strappo, da un errore forse, se non ab origine, conseguente ad una delle manifestazioni o emanazioni del Principio. Potrei, però, sbagliarmi: d’altronde nessuno può dispensare la Verità a tale proposito, tanto meno chi si appella a motivazioni tradizionali, ricavate nella Bibbia.

In questo groviglio inestricabile di elucubrazioni ed ipotesi, vorrei rivalutare i “maestri del disincanto”, da Leopardi a Cioran, passando per Schopenauer e Nietzsche, solo per citare alcuni insigni pensatori. Questi filosofi, riluttanti ad offrire spiegazioni consolatorie ed a costruire sdolcinate teodicee, hanno il coraggio di guardare in faccia l’esistenza e la realtà, con tutto il suo pesante fardello di mali: la malattia, la decadenza, la scelleratezza, la noia, la disperazione… La filosofia “ottimista”, confrontata con l’impietosa sonda dei “pessimisti”, è simile all’arte di quei pittori della domenica che ritraggono cieli azzurri e tersi, campagne verdeggianti ed ameni villaggi, con il cavalletto piazzato di fronte ad una discarica.

Il problema conflagra quando ci si azzarda a dirimere ed a sublimare l'intrinseca contraddizione dell’esistenza e dell’universo. Allora preferisco i “sovrumani silenzi” del genio recanatese alle verbose ed astruse chiarificazioni di certuni. Preferisco l’assenza di qualsiasi risposta alla bolsa rivisitazione dell’Idealismo e ad un’etica che è, alla fine, quasi deamicisiana, con il suo richiamo alla volontà che tutto risolve. Se, invece, si fossero accostati maggiormente al vero quegli intellettuali che negano in toto o in parte l’assunto del libero arbitrio?[2]

Alla fine, quando ci si è infilati nel cul de sac, quasi sempre si ricorre alla fisica dei quanti che, a ben vedere, con la sua natura controintuitiva e paradossale, semmai conferma la profonda incongruità del cosmo. Fu dunque lungimirante Einstein, pur con tutti i suoi limiti, quando intuì che la meccanica quantistica rischiava di minare una visione coerente del Tutto. “Dio non gioca a dadi con l’universo”, dichiarò Einstein. Hawking decenni dopo replicò: “Non solo Dio gioca a dadi con l’universo, ma spesso li lancia dove non riesce più a vederli”. Credo che uno di questi dadi sia stato grosso come un macigno e che abbia colpito la zucca degli uomini, tramortendoli e soprattutto compromettendo gravemente le loro capacità intellettive.

[1] Merito indiscusso del professor Malanga è quello di aver denunciato le illusioni e gli inganni dell’ufologia fiduciosa, purtroppo preponderante, popolata di civiltà evolute e benevole, di Guardiani cosmici che ci proteggerebbero da un paio meteoriti, ma che ignorano la Geoingegneria assassina.

[2] So bene che la rivalutazione dei filosofi “pessimisti” sarà considerata segno di incoerenza, ma come si può evitare sempre e comunque un ondeggiamento tra ipotesi differenti, dacché la realtà è antinomia vivente e palese, violazione del principio del terzo escluso? Inoltre rileggere le pagine di certi autori non significa aderire in modo acritico alle loro concezioni, ma estrarre quanto di buono le loro opere possono trasmettere.

Wednesday, June 22, 2011

Sei giorni sulla Terra

Vi invito anche a leggere il post dedicato a questo capolavoro da Perle Complottiste


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Sei giorni sulla Terra

“Sei giorni sulla Terra” è la nuova pellicola di Varo Venturi. Il dottor Davide Piso è un professore universitario che si occupa di rapimenti. Isolato all’interno dell’ambiente accademico, Davide incontra persone possedute da extraterrestri che, sotto ipnosi, svelano la presenza di un parassita. Un giorno una giovane dai capelli rossi, la fascinosa Saturnia (la brava Laura Glavan), chiede all’ordinario di indagare sull’entità che si è intrusa in lei.

Piso così viene a conoscenza di una realtà inesplorata: la sua scoperta lo porta in rotta di collisione con l’aristocrazia nera nonché con la “cupola” di esseri provenienti da lontani pianeti e da conturbanti dimensioni.

Il regista, noto per l’atipico “Nazareno”, interpreta in modo persuasivo il protagonista, avvalendosi della fotografia gotica di Daniele Baldacci, ma non riesce a drammatizzare le tesi malanghiane: nel film latitano le emozioni e la suspense, mentre gli stessi luoghi in cui sono ambientare le scene clou sono illustrati freddamente.[1]

L’opera, più che una trasposizione in chiave cinematografica delle vicende legate ai rapimenti alieni, è una didascalica esposizione di quanto Corrado Malanga ha in questi anni elaborato. Vero è che il lungometraggio non appartiene al sottogenere fantascientifico, a differenza di quanto ha concluso qualche critico corrivo, ma il gusto del racconto è azzerato dall’esigenza di dichiarare le concezioni dell’ufologo di Pisa.

Non sono pochi i limiti della produzione: scansione rigida e sequenziale degli eventi nei sei giorni cui si riferisce il titolo, recitazione meccanica di molti attori, sceneggiatura piatta, intreccio che, nonostante l’originalità del retroterra ideologico (gli alieni cattivi che tentano di ghermire l’anima per accedere alla sfera divina), ricorda troppo da vicino cose già viste.

L’espediente narrativo (?) del 666, interpretato come frequenza che imprigiona l’umanità in una matrice – ma pare che in origine il numero della Bestia fosse il 616 – evoca l'originale trovata di “Essi vivono”. I rapiti che, quando sotto ipnosi, gracchiano i minacciosi messaggi dell'extraterrestre, ci paiono una ripresa involontariamente comica del celebre “L’esorcista”. Si obietterà, affermando che le idee xenologiche di Malanga sono imparentate con la demonologia, ma appunto ricalcarle in modo pedissequo non giova alla narrazione. Quello che più lascia perplessi è, però, il messaggio: inespressivo e quadrato come un codice a barre, con la risoluzione affidata ad un ambiguo Gesuita

Invano la regia cerca di sopperire, ad esempio con i frenetici movimenti di macchina, ad un racconto statico. Il risultato è un film che non avvince, ma che neppure convince. Compresso in poco tempo l’universo demiurgico ed oscuro di Malanga, lo si rende, nonostante il costante richiamo ad Anima, ancora più aritmetico ed antropocentrico. D’altronde Anima è solo una forma particolare di energia: se non è traducibile in numeri, poco ci manca.

“Questa non è ufologia”, protesta qualcuno, ancorato, a ragione o a torto, alla ricerca classica. “Questo non è cinema”, si potrebbe chiosare. Soprattutto dispiace che un film imperniato su Anima, ne sia del tutto privo.

[1] La presente recensione non è una disamina degli studi compiuti da Malanga sulle interferenze aliene, studi di cui alcune conclusioni sono interessanti.

Leggi qui la recensione di Lavinia Pallotta e qui la presentazione di Giuseppe Di Bernardo.


Sunday, June 19, 2011

Tutte le sfumature del Grigio (prima parte)

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Tutte le sfumature del Grigio (prima parte)

Qui non esiste il tempo: è come se le ere fossero cucite ed essi potessero attraversarle. (John)

Mary Rodwell è autrice di “Awakening: how extraterrestrial contact can transform your life", 2005. L’autrice, dopo aver esaminato circa novecento casi di abduction, conclude che i rapimenti, dipinti quasi sempre come esperienze traumatiche, sono, invece, spesso situazioni emozionanti preannunciatici di un risveglio spirituale.

La questione è molto spinosa: è necessario muoversi con i piedi di piombo su questo terreno; non si può né indulgere alla credulità né chiudersi in rigidi preconcetti. Ognuno, dopo aver analizzato il soggetto, si formerà il suo giudizio.

La ricerca della Rodwell merita attenzione, perché, accantonata la diatriba tra propugnatori dell’ipotesi monopolare e coloro che interpretano in maniera positiva (edulcorata?) la fenomenologia aliena, vi si possono individuare degli indizi preziosi e persino degli inattesi punti di collegamento tra le due concezioni.

Bisogna precisare che, come nel caso di un famoso ufologo italiano, i vissuti dei rapiti - la ricercatrice australiana preferisce chiamarli “experiencers”- sono esplorati per lo più tramite l’ipnosi regressiva, con tutti i limiti impliciti in tale prassi.[1]

Vediamo alcune interessanti testimonianze.

Un ragazzo britannico di quindici anni, John (pseudonimo) nel 2008, in regressione ipnotica, raccontò di aver incontrato i Grigi, insieme con alcuni parenti deceduti che descrisse come “globi di luce”. Le anime erano lì per sostenerlo ed aiutarlo a vincere la paura. John rammentò di essere in automobile con la madre verso le 5 e 30 del mattino, quando, mentre era intento a guardare dal finestrino i comignoli, le case ed i campi, vide due Grigi in mezzo alla strada: erano alti circa 90 centimetri. La loro pelle era liscia come quella dei delfini. Le creature sorridevano in modo amichevole. Poi l’adolescente si trovò in un’astronave da cui poteva contemplare le colline ed i villaggi della campagna inglese. Mentre il vascello spaziale si dirigeva verso Orione, gli ufonauti portarono il ragazzo in un luogo devastato, orribile, ammonendo l’ospite che glielo mostravano affinché l’umanità evitasse una fine analoga.

Fin qui nil novi sub sole. E’l’incontro ravvicinato con gli Altri dagli ingredienti più o meno tipici: viaggio in auto in un’ora antelucana, l’arrivo dei Grigi, la trasvolata nella nave spaziale, la visione di un calamitoso scenario futuro, presumibilmente olografico. Ecco, però, inopinato spuntare qualche altro ragguaglio: John riferì che i Grigi lo volevano rassicurare poiché esseri “robotici”, a bordo di un velivolo triangolare, indagavano su di lui. Questi automi, simili all’extraterrestre effigiato nella Crabwood farm house presso Sparsholt (Wiltshire), erano “le nuove anime”. Spiegò John: “Non provano emozioni e cercano di prenderti per condividere la tua esperienza… hanno un’energia oscura, perché sono appena agli inizi. Sono vuoti. Non hanno il permesso di spaventarti e neppure di venirti vicino”.

La Rodwell considera le informazioni ottenute da John stupefacenti per un quindicenne: ella si sofferma sul riferimento alle incarnazioni umane, alle anime di nuova formazione, sull’importanza di alcuni uomini che hanno un compito da adempiere in vista del cambiamento previsto per il 2012, sull’intersezione tra contatti con i visitatori e con i defunti, sotto forma di globi luminosi. La scrittrice reputa che gli orbs potrebbero essere intelligenze interdimensionali.[2]

Tra i molteplici aspetti del caso, uno trova molti addentellati all’interno dei vari filoni d’inchiesta ufologici: la citazione di androidi che agiscono contro l’umanità. Già negli ormai lontani anni 50 del XX secolo, i protagonisti di “Amicizia” accennavano ai Weiros, alieni-macchine “adoratori della scienza”, antagonisti degli evoluti Akrij. Né si può dimenticare che il colonnello Philip Corso riportò che le entità extraterrestri di Roswell erano degli individui bionici. Anche Nigel Kerner, tra gli altri, vede nei Grigi dei visitatori bioelettronici.

Dunque chi ha ragione? Siamo in presenza di varie specie di Greys o assistiamo alle metamorfosi di un’unica Intelligenza dai fini oscuri ed indecifrabili?

[1] Occorre puntualizzare che, negli ultimi tempi, Malanga ha abbandonato il metodo dell’ipnosi regressiva per le sue investigazioni.

[2] A proposito della strana liaison tra manifestazioni ufologiche e fenomeni metapsichici, si legga Viaggi astrali e presunti rapimenti alieni, 2011

Nota: le fonti del presente articolo saranno indicate in calce all’ultima parte.


Wednesday, April 21, 2010

La strage degli ufologi

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La strage degli ufologi

Susan Reed, il cui vero nome era Jennie Gosbell, è stata l'autrice di un libro, intitolato "Body snatchers". E’ un volume sui rapimenti e sui piani di dominio planetario per opera di esseri malevoli. Il corpo esanime della Reed è stato recuperato il giorno 8 ottobre del 2009 a Cable Beach (Inghilterra), dove la donna era in vacanza. La polizia, che ha escluso si sia trattato di omicidio, ha spiegato il decesso come annegamento accidentale.

La morte della Reed, che aveva 44 anni, segue di poco la scomparsa dell'ufologo francese Paul Vigay, anch'egli 44enne, morte occorsa nel febbraio del 2009. L'uomo fu trovato nelle acque di Portsmouth in Gran Bretagna. La fidanzata ed i familiari esclusero che Vigay, studioso di crop circles e che aveva pure collaborato alla realizzazione del film Signs, potesse essersi tolto la vita.

E' probabile che sia la Reed sia Vigay avessero sfiorato verità scottanti: accomunati dalle circostanze della morte e dall'età in cui sono immaturamente scomparsi, ci si deve chiedere se si tratti solo di coincidenze.

La ricercatrice, nel testo sopra citato, delinea uno sconvolgente scenario che altresì converge con le ipotesi formulate in modo (suppongo) indipendente da Corrado Malanga e da Nigel Kerner, congetture circa una dominazione aliena preceduta dall'instaurazione del Nuovo ordine mondiale. L'autrice si riferisce anche "a razze tra cui Grigi, Rettiliani ed Esseri di luce, interessati a prelevare, tramite una tecnologia molto avanzata, materiale genetico, ma soprattutto l'anima (la matrice anima-coscienza, come viene chiamata dalla testimone) umana, nonché ad "attaccare" (nel senso di agganciare) entità aliene nelle vittime prescelte." (L. Pallotta)

Sono evidenti le analogie con le ricostruzioni elaborate da Malanga e da Kerner a proposito di interferenze esterne che si traducono sovente in casi di parassitismo e di predazione dell'anima (?). Non è questa la sede per dibattere sulla questione dell'anima, su che cosa si debba intendere per essa e se sia realistico pensare ad una sua "cattura" per opera di visitatori indesiderati. E', invece, istruttivo enucleare alcuni aspetti su cui la Reed si sofferma: la creazione di ibridi umano-alieni (si vedano gli studi della Wilson, anche se il tema di una specie ibridata è considerato sotto un'altra angolazione, persino confortante); i piani delle élites per sfoltire la popolazione mondiale almeno dell'80 per cento, attraverso guerre infinite, epidemie, un'industria farmaceutica ed alimentare che uccide, gli organismi geneticamente modificati, un sistema bancario che depaupera ed affama le nazioni.

La storia è tenebrosa e culmina nel microprocessore sottopelle, sigillo di un soggiogamento definitivo e letale. Tuttavia ancora più raggelante è la descrizione di una rete creata dai Rettiliani per imprigionare l'anima (?) post mortem. Infatti, quando una persona muore, la sua anima (?) verrebbe confinata in un sistema di contenimento per impedirle di compiere il suo viaggio nelle sfere successive. Non solo, accedendo all'Akasha, le entità malvagie, introdurrebbero nella memoria di chi sta per incarnarsi nuovamente falsi ricordi per provocare sensi di colpa e per appesantire il karma. E' tema spinoso e controverso su cui si è in parte scritto nell'articolo Le esperienze di pre-morte nell'ambito dell'Ufologia cui dunque rimando. Qui sospendo il giudizio, essendo necessari approfondimenti multidsiciplinari per affrontare il soggetto in modo idoneo e soprattutto precisazioni terminologiche che richiederebbero amplissime disquisizioni.

Qualcosa nelle teorie testé accennate lascia perplessi: in particolare nell'enfasi sui Rettiliani perversi potrebbe annidarsi una parziale disinformazione, poiché altre razze potrebbero essere al vertice della piramide invisibile... gli Insettoidi? Infine, se il collasso storico pare imminente e fatale, la catastrofe metafisica implica una visione disperante che ognuno valuterà per quello che rappresenta.

Fonti:

J. Bartley, I ladri di anime, in X Times n. 18, aprile 2010
N. Kerner, Grey aliens and the harvesting of souls: the conspiracy to genetically tamper with humanity, 2010


Tuesday, December 29, 2009

Due

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Due

Il mondo materiale pare scisso da una dualità: in esso coesistono armonia e crudeltà, magnificenza e lordume. Giacomo Leopardi, nel celebre passo dello Zibaldone in cui descrive il "giardino delle sofferenze", osserva, con sguardo che potremmo definire gnostico, la natura in cui, di là dalle parvenze amene, si consuma una lotta per la sopravvivenza senza esclusione di colpi.

La riflessione sull'intima natura della natura ha impegnato profeti, filosofi, scienziati, artisti: alcuni vedono nel creato il sigillo divino, altri ritengono che in un mondo voluto da Dio si sia poi infiltrato un sabotatore per deturparlo [1], altri concepiscono la materia come antitesi pura dello Spirito, una "morta gora".

Nel Leopardi maturo l'immagine della natura si sdoppia: da un lato essa ostenta un'immagine gradevole, dall'altro affiora la sua essenza di forza cieca, di volontà tesa solo a perpetuare sé stessa, senza curarsi del destino delle creature, dei loro inani patimenti. Ecco allora la potente e solenne immagine della Natura: nella sua glaciale imperturbabilità, risponde alle domande sgomente dell'Islandese sul non-senso dell'esistenza.

E' quella del poeta recanatese una concezione anti-cosmica non molto distante dalle dottrine dualiste (dagli gnostici ai Catari) che vedono nella creazione ilica una caduta, benché Leopardi non creda in un principio spirituale contrapposto all'universo mosso da forze meramente meccanicistiche.

Il dualismo, con le sue forme più o meno radicali (dal dualismo platonico e neoplatonico con cui il cosmo che è letteralmente "ordine"è salvato, benché sia considerato inferiore all'Idea del Bene o all'Uno, al dualismo temperato del Cristianesimo paolino etc.) ha conosciuto un'inaspettata reviviscenza per mezzo di alcuni orientamenti all'interno dell'Ufologia, anche in forme estreme. Mi riferisco qui, in particolar modo, a Corrado Malanga che si è convinto che esistono due generi di uomini: gli uomini con anima e quelli, invece, che ne sono privi, i cosiddetti umani. Tale dicotomia ontologica ricorda la
distinzione gnostica tra uomini pneumatici (spirituali) ed ilici (materiali). Bisogna ammettere che questa visione è impopolare, ma, a mio parere, potrebbe non essere del tutto infondata. Infatti, prescindendo dal significato che intendiamo attribuire alla parola "anima", sembra che un divario incolmabile separi le persone: da un lato uomini con coscienza, dall'altro esseri simili a vuoti involucri, ad automi. Nel celebre film Matrix tale dialettica è riproposta, quantunque in modo ambiguo, nell'antitesi tra gli uomini e le macchine. Tale contrapposizione è evocata da quei ricercatori che individuano negli extraterrestri conosciuti come Grigi delle unità bioniche.

Il discorso è complesso e costellato di aporie, poiché è pressoché impossibile accordarsi sul valore del termine "anima" e sulle sue caratteristiche. Resta l'impressione che non tutti gli uomini siano uguali sicché talora si è tentati di ventilare ipotesi audaci ed eretiche, ad esempio, ammettendo che le piante possiedano una forma di coscienza e, nel contempo, negando che talune persone siano dotate di interiorità, simili a burattini eterodiretti, a robot menomati. Ancora più ardua è la riflessione sulla possibilità che una macchina possa acquisire, insieme con un'autonomia di pensiero e di azione, un'ombra di io. Il paradosso sarebbe se, in futuro, come in alcuni racconti e romanzi di fantascienza, cominciasse a nascere una progenie di automi senzienti in grado di soppiantare un'umanità meccanizzata e "dis-animata".

Già oggi la differenza tra uomini massificati e computers "intelligenti" è minima.


[1] Gli storici delle religioni e gli antropologi lo denominano demiurgo-trickster.





Sunday, May 17, 2009

Oltre l'Ufologia: dall'anima alla creatura del Dottor Frankestein

http://zret.blogspot.com/2009/05/oltre-lufologia-dallanima-alla-creatura.html

Oltre l'Ufologia: dall'anima alla creatura del Dottor Frankestein

L'Ufologia è relegata tra le pseudo-scienze. Gli ufologi attirano la derisione dello "scienziato" e dell'uomo medio-basso. "E' un'accozzaglia di sciocchezze", si sente ripetere. Eppure, sfidando il dileggio e la sicumera degli accademici, alcuni ricercatori hanno imboccato strade che, dallo studio degli oggetti volanti non identificati, li hanno via via portati verso direzioni inattese. In genere si sono scoperte oscure trame , il coinvolgimento dei militari nei rapimenti. Si sono sfiorati altri temi spinosi come i black projects, le basi sotterranee segrete, esperimenti di ibridazione etc. Qualcuno, partendo da premesse ufologiche del tipo "viti e bulloni", si è avventurato ai confini della cosmologia e della filosofia.

Qui è d'obbligo il riferimento al chimico Corrado Malanga che, dopo anni di ricerche empiriche, si è inoltrato nell'insidioso territorio della fisica quantistica ed in quello ancora più insidioso della speculazione filosofica. Va rilevato che quasi tutte i capisaldi attuali del Malanga-pensiero sono desunti dalle dichiarazioni di presunti rapiti sottoposti a sedute di ipnosi regressiva. Non so fino a che punto tali dichiarazioni siano attendibili. Prescindendo dal loro grado di plausibilità, si deve comunque rilevare come il ricercatore toscano abbia introdotto idee nuove all'interno dell'esobiologia, soprattutto con la sua riflessione sull'anima. Che cosa Malanga intenda per anima non è a chi scrive molto perspicuo: un principio incorporeo ed eterno? Un sistema computazionale o che cos'altro? L'autore è altresì convinto, in una convergenza con la tradizione gnostica (credo di concordare anch'io), che non tutti gli uomini hanno un'anima.

La questione è complessa: esiste l'anima? In caso affermativo, come dobbiamo concepirla? Secondo la Bibbia, (almeno se ci limitiamo ad una lettura exoterica del Testo), l'anima è 'nèfesh': non è nulla di immortale e di spirituale. [1] Per Aristotele, l'anima è la forma del corpo: quando il corpo si disgrega, anche l'anima muore. Il filosofo rinascimentale Pietro Pomponazzi, suscitando le ire del clero, riaffermò la mortalità dell'anima sulla base dello Stagirita. Nel Cristianesimo paolino è esposta la dottrina della resurrezione dei corpi, forse mutuata da credenze persiane, non la sopravvivenza dell'anima dopo la morte, concetto della tradizione filosofica classica e non solo. Pertanto si può sempre pensare che l'immortalità sia garantita da una trasformazione della materia, liberata del suo carattere corruttibile.

Si può, invece, ritenere che la materia alla fine sia un non essere, rispetto all'essere vero, svincolato sia dallo spazio-tempo sia dai processi di degradazione che connotano il mondo ilico. In tal caso, il tentativo di predazione dell'anima per opera di esseri interdimensionali, come è descritto da Malanga avrebbe un suo senso, per quanto, a mio parere, paradossale. Infatti a questi “alieni” non interesserebbe soltanto controllare i corpi e le energie (delle energie anzi dimostrano uno sbalorditivo dominio), ma qualcos'altro. "Voi avete quella cosa che vi permette di andare di là, quella cosa che noi, invece, non abbiamo, quella cosa che permette all'uomo di andare di là, da Lui. Noi non possiamo andare da Lui. Alcuni di voi possono andare da Lui." In questo modo puerile e stentato, si esprime(rebbe) un'entità che si è incapricciata di un giocattolo, l'anima. Siamo al cospetto di una mitologia che non mi convince del tutto: tra l’altro, ritengo che il vero fine di presunti esseri interdimensionali sia la distruzione dei pianeti. Essi, simili a boa, causano la morte delle loro prede per soffocamento. Guardiamoci un attimo attorno: il pianeta è bruciato, sterile, desertificato. Gli Arconti hanno conseguito il loro scopo principale: devastare la terra ed inaridire le coscienze. Il loro sogno di immortalità è l’incubo della ripetizione: l’eterno ritorno dell’uguale.

Siamo seri: se l'anima esiste, essa è una scintilla divina e non credo che qualcuno la possa rubare, come fosse un diamante, un oggetto prezioso. Se, al contrario, l'anima è materiale (cervello o alcunché di simile), bastano delle onde elettromagnetiche per neutralizzarla ed ipotetici scienziati alieni possono, se vogliono, con le loro tecnologie, creare tutti i cervelli artificiali che desiderano, senza bisogno di trafugare niente a chicchessia. Forse chi è irretito in una concezione materialista può ritenere che sia possibile, con strumenti tecnologici, appropriarsi di un principio che collega alcuni esseri viventi alla Fonte. Che cosa, però, potranno ottenere? Una specie di creatura del Dottor Frankestein la cui larvale vita è data dall'energia elettrica. Non manca - è vero - chi incredibilmente ritiene che Dio coincida con il campo di Planck o con un campo magnetico, ma sono stravaganze e, come tali, le riporto senza commentarle.

Possiamo immaginare che anche l'anima sia un'energia elettromagnetica, ma allora dovremmo rallegrarci delle antenne che vengono da per tutto installate, perché ciò significherebbe che le anime si moltiplicano.

Non intendo affermare che la materia-energia sia priva di aspetti enigmatici e che sia del tutto inerte, ma credo essa sia comunque il segno di uno slittamento rispetto ad una perfezione originaria. Se la materia fosse perfetta, dovremmo immaginare che essa combaci con Dio: ciò mi pare una forma di panteismo, con tutti i limiti del panteismo. Nel sistema dualistico tanto connaturato al pensiero umano, siamo inclini a distinguere tra maschile e femminile, tra corpo e anima, tra bene e male… dimenticando che la realtà è molto più complessa e sfaccettata. E’ possibile che esistano enti di gradi diversi situati lungo una scala dal più denso al più etereo. Mente, coscienza, anima… non sono sinonimi, ma non si comprende bene quali differenze intercorrano tra questi enti. Alla sommità si trova lo Spirito puro di cui alcuni partecipano, anche se in minima misura? Ricondurre tutto alle dimensioni fisiche, per quanto sottili, mi sembra riduttivo.

Infine o l'anima, come ente immortale, non esiste ed ha ragione Epicuro, di cui non occorre ricordare le rassicuranti conclusioni, oppure esiste ed è immateriale. In quest'ultimo caso, non saranno le tecnologie più sofisticate a minacciarla, ad imprigionarla o a trasferirla in altri corpi.


[1] Nefesh è molto più che il nostro concetto di anima, non è una qualità che l’uomo ha, ma è quello che l’uomo è, così come l’uomo è soma e non ha soma. Si tratta di due modi di vedere la stessa cosa e non di due cose diverse. Per capire meglio il concetto, anche il corpo di un morto può essere nefesh, ma solo finché si trova nella socialità, dentro i confini fisici e della società, solo finché è ancora identificabile, ma quando ci si dìsfa del corpo, non è più nefesh. Nefesh è anche l’istinto, volontà e desiderio sessuale e potrebbe sorprenderci che la stessa parola viene usata per descrivere l’anelito del devoto a Dio. Dire che nefesh è la persona non è dire che l’anima è la persona, perché nefesh include e presuppone basar, il corpo. Gli antichi ebrei non potevano nemmeno concepire il pensiero dell’uno senza l’altro. Il corpo tiene l’uomo in terra e, grazie all’anima, l’uomo è capace di trascendere il corpo ed elevarsi sopra ed oltre il proprio ambiente. Quasi unanimemente gli studiosi biblici dicono che l’uso della parola psyche pre-platonica come traduzione di nefesh è insufficiente, se non addirittura ingannevole... Una breve parola sull’idea della risurrezione dei morti: secondo Paolo, il nefesh risorgerebbe con la Seconda Venuta di Cristo. Questo significherebbe che la persona si riunirebbe con il proprio corpo. Per Paolo, l’uomo è nefesh: anima e corpo sono inseparabili. (V. Evola)