Scopo del Blog
Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.
Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.
Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.
Ciao e grazie della visita.
Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:
http://indipezzenti.blogspot.ch/
https://www.facebook.com/Task-Force-Butler-868476723163799/
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Monday, February 15, 2016
Friday, November 21, 2014
Controversie cosmologiche
http://zret.blogspot.ch/2014/11/controversie-cosmologiche.html#.VG8PVMnN9HQ
Controversie cosmologiche

A
volte si ha l’impressione che la cosmologia abbia la stessa plausibilità
degli oroscopi pubblicati sui rotocalchi popolari. (1) Gli astronomi ed
i cosmologi studiano oggetti lontanissimi nello spazio e nel tempo e
solo in alcuni casi possono adottare con rigore i criteri del blasonato
“metodo scientifico”, sostituito dall’abduzione, se non da astruse
speculazioni. Stephen Hawking ha impiegato (sprecato?) anni ad
investigare i buchi neri, cui ha dedicato pure dei saggi incomprensibili
a partire dalla terza riga, per poi un bel giorno cambiare idea: i
buchi neri non esistono.
Probabilmente hanno ragione quei fisici quantistici che, ricordando come nell’universo nulla possa essere distrutto (tutto si crea e niente si distrugge) [eeeeeh? e chi lo crea?], contestano l’esistenza dei black holes, in quanto essi annichilirebbero l’informazione. Tuttavia nelle sue scorribande, forse Hawking non è lontano dal vero, quando ipotizza che il cosmo potrebbe essere originato dal nulla: è una concezione in fondo non molto dissimile da certe antiche dottrine gnostiche, secondo cui l’essenza ancestrale donde tutto promanò è un Abisso di Silenzio.
Per la coincidentia oppositorum Dio ed il Nulla potrebbero combaciare, almeno per le loro potenzialità creative: è quanto, mutatis mutandis, congetturano molti fisici quantistici che ritengono il nulla instabile, quindi misteriosamente in grado di generare qualcosa, in primis le particelle virtuali.
Dunque, quando lo scienziato britannico sostiene, con una certa sicumera, che l’Essere supremo non esiste, dal momento che la materia-energia è creata dal nulla, pur senza esserne consapevole, ammette anche il contrario.
Da queste considerazioni si evince come la cosmologia tenda ad infilarsi sovente in un cul de sac o a scivolare lungo il pendio delle questioni teologiche. In questi come in altri campi, bisognerebbe dimostrare onestà intellettuale, evitando di spacciare ipotesi e teorie per verità inconfutabili. Qui occorre rammentare che le stesse teorie sono schemi interpretativi della realtà, passibili di essere corretti e superati, falsificati per dirla alla Popper. Le teorie sono un po’ come le mappe rispetto al territorio che esse rappresentano. E’ corretto considerarle per quel che sono, ossia dei disegni concettuali anche raffinati, ma non esaustivi della realtà.
Del tutto archiviato il neo-darwinismo per le sue numerose e gigantesche falle, la stessa teoria della relatività di “Einstein” è contestata da alcuni specialisti: d’altronde la celebre equazione E=mc2 non si applica alle particelle prive di massa come i fotoni. Ciò non inficia il modello di Einstein, ma per lo meno ne suggerisce una rettifica.
In questi ultimi tempi la teoria del Big bang comincia a traballare: essa è in contrasto con un’altra, quella dell’inflazione, ossia l’universo pare ingrandirsi ad una velocità sempre maggiore. Ora, se l’idea della grande esplosione fosse corretta, il ritmo d’espansione del cosmo dovrebbe diminuire, per il principio dell’entropia. Se ciò non avviene, qualcosa non quadra ed un paradosso si aggiunge ad altri paradossi. Non solo, una deflagrazione iniziale dovrebbe aver prodotto un cosmo (dal greco kòsmos, ordine) caotico, non armonioso come quello esistente.
Gli scienziati si stanno ancora arrovellando per accordare l’elettromagnetismo, l’interazione nucleare debole e la nucleare forte con la gravità. Se si dovesse (ri)scoprire una quinta forza (l’etere), quale immane impegno concettuale attenderebbe i ricercatori!
Se infine si ammettesse che non tutto è materia-energia, ma che ad essa soggiace un quid spirituale, reputeremmo scienziati tanto esaltati come infanti che vagiscono.
(1) E’ naturale che non ci riferiamo qui all’astrologia vera, intesa come scienza simbolica e tradizionale, non vincolata alle coordinate empiriche.
Probabilmente hanno ragione quei fisici quantistici che, ricordando come nell’universo nulla possa essere distrutto (tutto si crea e niente si distrugge) [eeeeeh? e chi lo crea?], contestano l’esistenza dei black holes, in quanto essi annichilirebbero l’informazione. Tuttavia nelle sue scorribande, forse Hawking non è lontano dal vero, quando ipotizza che il cosmo potrebbe essere originato dal nulla: è una concezione in fondo non molto dissimile da certe antiche dottrine gnostiche, secondo cui l’essenza ancestrale donde tutto promanò è un Abisso di Silenzio.
Per la coincidentia oppositorum Dio ed il Nulla potrebbero combaciare, almeno per le loro potenzialità creative: è quanto, mutatis mutandis, congetturano molti fisici quantistici che ritengono il nulla instabile, quindi misteriosamente in grado di generare qualcosa, in primis le particelle virtuali.
Dunque, quando lo scienziato britannico sostiene, con una certa sicumera, che l’Essere supremo non esiste, dal momento che la materia-energia è creata dal nulla, pur senza esserne consapevole, ammette anche il contrario.
Da queste considerazioni si evince come la cosmologia tenda ad infilarsi sovente in un cul de sac o a scivolare lungo il pendio delle questioni teologiche. In questi come in altri campi, bisognerebbe dimostrare onestà intellettuale, evitando di spacciare ipotesi e teorie per verità inconfutabili. Qui occorre rammentare che le stesse teorie sono schemi interpretativi della realtà, passibili di essere corretti e superati, falsificati per dirla alla Popper. Le teorie sono un po’ come le mappe rispetto al territorio che esse rappresentano. E’ corretto considerarle per quel che sono, ossia dei disegni concettuali anche raffinati, ma non esaustivi della realtà.
Del tutto archiviato il neo-darwinismo per le sue numerose e gigantesche falle, la stessa teoria della relatività di “Einstein” è contestata da alcuni specialisti: d’altronde la celebre equazione E=mc2 non si applica alle particelle prive di massa come i fotoni. Ciò non inficia il modello di Einstein, ma per lo meno ne suggerisce una rettifica.
In questi ultimi tempi la teoria del Big bang comincia a traballare: essa è in contrasto con un’altra, quella dell’inflazione, ossia l’universo pare ingrandirsi ad una velocità sempre maggiore. Ora, se l’idea della grande esplosione fosse corretta, il ritmo d’espansione del cosmo dovrebbe diminuire, per il principio dell’entropia. Se ciò non avviene, qualcosa non quadra ed un paradosso si aggiunge ad altri paradossi. Non solo, una deflagrazione iniziale dovrebbe aver prodotto un cosmo (dal greco kòsmos, ordine) caotico, non armonioso come quello esistente.
Gli scienziati si stanno ancora arrovellando per accordare l’elettromagnetismo, l’interazione nucleare debole e la nucleare forte con la gravità. Se si dovesse (ri)scoprire una quinta forza (l’etere), quale immane impegno concettuale attenderebbe i ricercatori!
Se infine si ammettesse che non tutto è materia-energia, ma che ad essa soggiace un quid spirituale, reputeremmo scienziati tanto esaltati come infanti che vagiscono.
(1) E’ naturale che non ci riferiamo qui all’astrologia vera, intesa come scienza simbolica e tradizionale, non vincolata alle coordinate empiriche.
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Zret
Friday, February 14, 2014
Semantica dell'universo
http://zret.blogspot.it/2014/02/semantica-delluniverso.html
Semantica dell'universo

A
volte ci chiediamo quale sia l’etimologia di vocaboli particolarmente
significatiivi. Si può percorrere la storia a ritroso Si può, come carpe
o salmoni, risalire il fiume per giungere alla sorgente.
Alla fine reperiremo la radice da cui si è formato il tronco del valore principale, da cui si sono ramificate le accezioni, i sensi, i simboli. Tuttavia arriva il momento in cui bisogna fermarsi: ci ritroviamo con una sillaba, un paio di suoni impregnati di silenzio, quel silenzio infinito che vibra di voci. Invano cercheremo la genesi della scaturigine.
Stesso discorso vale per l’universo materiale, la vita, la coscienza: quando e da che cosa sono emersi?
Scrive un gigante del pensiero contemporaneo, Karl Jaspers: “L’essenza della materia permane inattingibile. Cosmo e materia trasformano la nostra conoscenza in un processo all’infinito; il cosmo ci dischiude l’infinitamente grande e perciò stesso inattingibile, la materia l’irragiungibile infinitamente piccolo. Il cosmo racchiude la nostra Terra, questo pulviscolo di materia in fuga nell’universo sul quale ha luogo la nostra esistenza. […] Il cosmo, tanto grande che rispetto ad esso tutto è nulla, non è per il nostro sapere che il deserto senza vita dei giganteschi movimenti della materia. Non di meno il nostro mondo, questo stupendo e crudele mondo, pur connesso con la materia, è infinitamente più che materia e non può essere compreso come alcunché di scaturito da essa. […] Noi diciamo con Kant: l’unità della vita, che permetterebbe di comprendere l’emergere della vita dall’inorganico, resta, qualora sussista, irraggiungibile all’infinito. Le nuove conoscenze non fanno che approfondire, con i loro stupefacenti risultati nel dominio del particolare, il mistero che si addensa quanto alla totalità”.
Siamo costretti ad arrestarci sull’orlo dell’illimitato, ma per muoverci subito dopo di un moto centrifugo: il pensiero si irradia in molteplici direzioni. Le intuizioni rimbalzano, come particelle di luce proiettate in ogni dove, dopo che hanno colpito un solido. Così immaginiamo altri universi oltre a questo, una sequela di conflagrazioni cosmiche, il cosmo che pulsa col suo ritmo incessante di espansioni e contrazioni.
L’avventura del pensiero è avventura del linguaggio e viceversa, poiché il pensiero si materializza nelle parole e le parole sono pensieri dissigillati. Siamo in cammino verso il linguaggio dell’essere, come ci insegna Heidegger. L’etimologia è scienza dell’essere, dei lessemi che si sfaccettano in significati ed in cose.
Ogni ricerca è viaggio in un oceano vasto, enigmatico: non bisogna temere né le burrasche né l’ignoto, ma solo le bonacce.
Alla fine reperiremo la radice da cui si è formato il tronco del valore principale, da cui si sono ramificate le accezioni, i sensi, i simboli. Tuttavia arriva il momento in cui bisogna fermarsi: ci ritroviamo con una sillaba, un paio di suoni impregnati di silenzio, quel silenzio infinito che vibra di voci. Invano cercheremo la genesi della scaturigine.
Stesso discorso vale per l’universo materiale, la vita, la coscienza: quando e da che cosa sono emersi?
Scrive un gigante del pensiero contemporaneo, Karl Jaspers: “L’essenza della materia permane inattingibile. Cosmo e materia trasformano la nostra conoscenza in un processo all’infinito; il cosmo ci dischiude l’infinitamente grande e perciò stesso inattingibile, la materia l’irragiungibile infinitamente piccolo. Il cosmo racchiude la nostra Terra, questo pulviscolo di materia in fuga nell’universo sul quale ha luogo la nostra esistenza. […] Il cosmo, tanto grande che rispetto ad esso tutto è nulla, non è per il nostro sapere che il deserto senza vita dei giganteschi movimenti della materia. Non di meno il nostro mondo, questo stupendo e crudele mondo, pur connesso con la materia, è infinitamente più che materia e non può essere compreso come alcunché di scaturito da essa. […] Noi diciamo con Kant: l’unità della vita, che permetterebbe di comprendere l’emergere della vita dall’inorganico, resta, qualora sussista, irraggiungibile all’infinito. Le nuove conoscenze non fanno che approfondire, con i loro stupefacenti risultati nel dominio del particolare, il mistero che si addensa quanto alla totalità”.
Siamo costretti ad arrestarci sull’orlo dell’illimitato, ma per muoverci subito dopo di un moto centrifugo: il pensiero si irradia in molteplici direzioni. Le intuizioni rimbalzano, come particelle di luce proiettate in ogni dove, dopo che hanno colpito un solido. Così immaginiamo altri universi oltre a questo, una sequela di conflagrazioni cosmiche, il cosmo che pulsa col suo ritmo incessante di espansioni e contrazioni.
L’avventura del pensiero è avventura del linguaggio e viceversa, poiché il pensiero si materializza nelle parole e le parole sono pensieri dissigillati. Siamo in cammino verso il linguaggio dell’essere, come ci insegna Heidegger. L’etimologia è scienza dell’essere, dei lessemi che si sfaccettano in significati ed in cose.
Ogni ricerca è viaggio in un oceano vasto, enigmatico: non bisogna temere né le burrasche né l’ignoto, ma solo le bonacce.
Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati
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Zret
Saturday, August 3, 2013
Il Nulla è Tutto: paradigmi e paradossi della cosmologia
http://zret.blogspot.it/2013/08/il-nulla-e-tutto-paradigmi-e-paradossi.html
Il Nulla è Tutto: paradigmi e paradossi della cosmologia

Si sta sgretolando un altro idolo: oggi non pochi cosmologi cominciano a dubitare che la teoria del Big bang sia plausibile; alcuni la rigettano in toto. Siamo prossimi al superamento – Kuhn docet
– di un paradigma scientifico. Così si cerca di comprendere che cosa
esistesse prima del principio. Gli scienziati, incapaci di scrollarsi di
dosso la logica aristotelica, rifiutano in genere l’idea che il Tutto
possa essere scaturito dal Nulla, sebbene alla fine questa sia l’unica
conclusione ammissibile, pur nel suo carattere paradossale. Perciò
certuni ipotizzano che questo universo sia stato generato da un altro
universo, a sua volta prodotto da un altro e così all’infinito. Il
problema non è risolto, ma solamente spostato.
Altri cosmologi stanno elaborando diversi sistemi più o meno complessi, persuasi che un giorno o l’altro formuleranno l’equazione tale da spiegare la genesi del cosmo. E’ palese che sono elucubrazioni talora eleganti, ma sterili. Nessuno mai, soprattutto attraverso la matematica e la logica, strumenti razionali, potrà dar conto di ciò che razionale non è.
Forse pochi pensatori come Leopardi si sono accostati ad una possibile verità: il poeta recanatese sentì che la realtà è un “solido nulla”. Se cancelliamo la venatura esistenziale di questa intuizione, possiamo isolare una potente idea: l’universo è nulla e, nel contempo, tutto. Esso origina dalla negazione di sé stesso. La solidità si abbraccia all’inconsistenza. Leopardi avvertì la sostanziale illogicità dell’essere e, rinunciando a chiarirla, preferì ostentarla con la sua arte interrogativa e tetramente umoristica.
Che pensare allora dei conati concettuali con cui qualcuno tenta di ottenere la quadratura del cerchio? Il fisico Mikio Kaku riconosce che il nulla assoluto è inconcepibile per cui abdica, accontentandosi di un nulla relativo, il vuoto in cui aleggia l’energia prima di tramutarsi in materia (massa). E’ un arretramento speculativo, neppure al riparo da sfide teoriche abnormi.
E’ evidente che, quando ci si imbatte in questioni refrattarie alla logica, è insensato ostinarsi ad usarla. Sarebbe più onesto ammettere che il cosmo è autocontradittorio, “enigma a sé stesso” per riprendere una celebre espressione di Agostino d’Ippona. Invece assistiamo all’apoteosi della logica e della matematica, le discipline che, quanto più sono congruenti in sé stesse, tanto più si allontanano dalla realtà. Non saranno i rompicapo dialettici a motivare il mondo, a consentirci di conoscere anche solo un’ombra della sua elusiva, evanescente essenza.
Mi lasciano dunque perplesso quei sistemi con cui si decifra l’essere con i soliti ingredienti: una spruzzata di matrici, un briciolo di formule, una buona dose degli immancabili capisaldi appartenenti alla fisica quantistica. Mi pare che il libro “Godman”, pur pregevole, rientri in codesto orientamento. E’ una tendenza che si gloria di offrire una visione esaustiva del Reale. In verità, quando si spiega tutto, non si spiega alcunché.
Concediamo pure che qualcuno un giorno riesca a conciliare la fisica del macrocosmo con quella del microcosmo: bisognerà poi non solo illustrare come e perché lo zero diventi uno, ma pure esporre per quale ragione in questo enigmatico, sconfinato universo, popolato da miliardi di galassie erranti nelle tenebre, sia sorta la vita. La vedo molto, molto grama. Non basta! Bisognerà pure definire per quale ragione ed in che maniera si sia insinuato il male, l’ingiustizia primigenia che intrappola le cose nel loro incomprensibile destino di nascita, dolore, decadenza e morte.
Di fronte a tali quesiti vertiginosi, stordenti, tace la “nostra povera ragione”. Resta solo il silenzio, ancora più nudo e gelido di quello che schiaccia una notte vuota e buia.
Altri cosmologi stanno elaborando diversi sistemi più o meno complessi, persuasi che un giorno o l’altro formuleranno l’equazione tale da spiegare la genesi del cosmo. E’ palese che sono elucubrazioni talora eleganti, ma sterili. Nessuno mai, soprattutto attraverso la matematica e la logica, strumenti razionali, potrà dar conto di ciò che razionale non è.
Forse pochi pensatori come Leopardi si sono accostati ad una possibile verità: il poeta recanatese sentì che la realtà è un “solido nulla”. Se cancelliamo la venatura esistenziale di questa intuizione, possiamo isolare una potente idea: l’universo è nulla e, nel contempo, tutto. Esso origina dalla negazione di sé stesso. La solidità si abbraccia all’inconsistenza. Leopardi avvertì la sostanziale illogicità dell’essere e, rinunciando a chiarirla, preferì ostentarla con la sua arte interrogativa e tetramente umoristica.
Che pensare allora dei conati concettuali con cui qualcuno tenta di ottenere la quadratura del cerchio? Il fisico Mikio Kaku riconosce che il nulla assoluto è inconcepibile per cui abdica, accontentandosi di un nulla relativo, il vuoto in cui aleggia l’energia prima di tramutarsi in materia (massa). E’ un arretramento speculativo, neppure al riparo da sfide teoriche abnormi.
E’ evidente che, quando ci si imbatte in questioni refrattarie alla logica, è insensato ostinarsi ad usarla. Sarebbe più onesto ammettere che il cosmo è autocontradittorio, “enigma a sé stesso” per riprendere una celebre espressione di Agostino d’Ippona. Invece assistiamo all’apoteosi della logica e della matematica, le discipline che, quanto più sono congruenti in sé stesse, tanto più si allontanano dalla realtà. Non saranno i rompicapo dialettici a motivare il mondo, a consentirci di conoscere anche solo un’ombra della sua elusiva, evanescente essenza.
Mi lasciano dunque perplesso quei sistemi con cui si decifra l’essere con i soliti ingredienti: una spruzzata di matrici, un briciolo di formule, una buona dose degli immancabili capisaldi appartenenti alla fisica quantistica. Mi pare che il libro “Godman”, pur pregevole, rientri in codesto orientamento. E’ una tendenza che si gloria di offrire una visione esaustiva del Reale. In verità, quando si spiega tutto, non si spiega alcunché.
Concediamo pure che qualcuno un giorno riesca a conciliare la fisica del macrocosmo con quella del microcosmo: bisognerà poi non solo illustrare come e perché lo zero diventi uno, ma pure esporre per quale ragione in questo enigmatico, sconfinato universo, popolato da miliardi di galassie erranti nelle tenebre, sia sorta la vita. La vedo molto, molto grama. Non basta! Bisognerà pure definire per quale ragione ed in che maniera si sia insinuato il male, l’ingiustizia primigenia che intrappola le cose nel loro incomprensibile destino di nascita, dolore, decadenza e morte.
Di fronte a tali quesiti vertiginosi, stordenti, tace la “nostra povera ragione”. Resta solo il silenzio, ancora più nudo e gelido di quello che schiaccia una notte vuota e buia.
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Tuesday, December 11, 2012
Minatori (ecco: va' a spaccar pietre con la testa in cava, parassita)
http://zret.blogspot.com/2012/12/minatori_11.html
Minatori
“Come andrà a finire?”. E’ la domanda che si pone John Polkinghorne, già docente di Fisica matematica ed ora teologo anglicano, nel libretto “Quark, caos e cristianesimo. Domande a scienza e fede”. Il quesito “Come andrà a finire?”, che può apparire accademico, ozioso, riguarda il destino ultimo dell’universo.Scrive l’autore: “La storia dell’universo è il racconto di un gigantesco tiro alla fune. Da un lato c’è l’effetto del Big Bang che spinge alla separazione la materia dell’universo. Dall’altra parte c’è l’inesorabile forza di attrazione che cerca di ricongiungere le cose. Se prevale l’espansione, le galassie continueranno ad allontanarsi le une dalle altre per sempre. […] Si formeranno grandi buchi neri che decadranno infine in una radiazione di bassa frequenza. Non è una prospettiva molto allegra. Andranno meglio le cose, se vincerà la gravità? Temo di no. In questo caso, un giorno l’attuale espansione si arresterà e sarà rovesciata nel suo contrario. Quel che ebbe inizio con il Big Bang finirà nel Big Crunch, poiché tutta la materia precipiterà indietro in un crogiolo cosmico. […] In entrambi i casi, tutto è inutilità e vanità”.
Il duplice scenario delineato da Polkinghorne, nonostante appartenga ad un futuro lontanissimo, ci tocca da vicino, poiché il fato dell’universo dilata la sorte individuale. Si annida un senso dietro la spudorata incoerenza dei fenomeni? Che cosa ci attende? Il nulla o qualcosa di noi sopravvivvrà oltre la fine del percorso tereno e persino di tutte le cose? Lo scrittore solleva le questioni giuste, anche se le risposte che prova ad offrire sono talora di sconcertante banalità, con la solita spiegazione tappabuchi del libero arbitrio.
Tuttavia in modo opportuno il teologo evidenzia che non siamo in grado di comprendere come la sfera quantistica e la realtà di ogni giorno siano collegate tra loro: una profonda faglia spacca le due zolle tettoniche. Si intuisce che un senso nascosto trascende la concezione puramente meccanicista (e desolante) di un universo-orologio che un giorno remoto si incepperà per la ruggine che mangia gli ingranaggi. La coscienza non si riduce al cervello, la vita non è solo una chimica complessa. Anche l’assurdità si radica in un senso e l’abisso ha un fondo luminoso. Illusioni o indizi di un mondo vivo, pulsante, compenetrato da un soffio spirituale?
Si apre dunque una fessura oltre la quale si intravede il barlume della speranza: che sotto la crosta granitica e spessa del male, sia incastrata una ragione. Scaviamo proprio per tentare di portarla alla luce. Siamo minatori che cercano la vena d’oro ed è per questo che dobbiamo percorrere cunicoli freddi, umidi e bui.
Polkinghorne sdrucciola, quando si cimenta nella palestra dell’esegesi biblica per trovare un avallo alle sue ipotesi. Le traduzioni errate e la scarsa (o inesistente?) conoscenza del contesto storico in cui germinarono i Vangeli lo portano a conclusioni grossolane. Pure l’ingenuo realismo ed il convincimento che la natura è intelligibile sono limiti, a parere di chi scrive, di una Weltanschauung in fondo ancora non del tutto svecchiata, per cui la scienza e la fede diventano approdi rassicuranti, invece che porti donde salpare per navigazioni perigliose.
Del breve saggio, vorremmo salvare soprattutto i titoli dei capitoli, simili a quei segni sugli alberi che nei boschi indicano il sentiero da percorrere: “Realtà o opinione?” “C’è qualcuno lì?” “Chi siamo noi?” “Che cosa sta accadendo?”... Siano stimoli per indagini personali, molto più aleatorie ed avventurose rispetto alle prudenti congetture ventilate dal Nostro.
Sono enigmi più che interrogativi, poiché invero tutto è un enigma. La realtà stessa è un enigma: essa è e resta inintelligibile. E' una Sfinge che risponde con una domanda a chi le pone una domanda [ha parlato il Marzullo degli straccioni].
Pubblicato da Zret si faccia una domanda idiota e si dia una risposta cretina
Tuesday, October 30, 2012
Che cosa cela il cielo? Celo, manca, celo, manca...
http://zret.blogspot.it/2012/10/che-cosa-cela-il-cielo.html
Che cosa cela il cielo?
Un universo fantasmaChe cosa cela il cielo? Il firmamento crivellato di stelle e la volta diurna sono proprio quel che sembrano? La descrizione della cosmologia ufficiale ha delle zone d’ombra, ma ciò non autorizza a pensare che non sia plausibile. Eppure…
L’ingegnere minerario ed inventore austriaco Hans Horbiger (1860-1931) elaborò la teoria del ghiaccio cosmico. Horbiger sosteneva che, durante la sua storia geologica, la Terra aveva catturato in sequenza quattro lune. Ciascuna di esse, inclusa l’attuale, nonché tutti i pianeti del sistema solare erano globi di roccia coperta da uno strato di ghiaccio spesso centinaia di chilometri. Gli astri erano dei blocchi di ghiaccio che riflettevano i raggi del Sole. Ognuno dei satelliti, nel corso di migliaia di anni, attratto dalla gravità terrestre, si era avvicinato al nostro pianeta, gelando gradualmente gli oceani e provocando lunghe ere glaciali, finché l’interazione delle forze gravitazionali avevano frantumato la luna. Cadde una pioggia di pietre e ghiaccio, seguìta dall’inondazione dovuta al disgelo dei mari. La distruzione della terza luna aveva segnato la fine dell’ultima glaciazione ed era stata l’origine della leggenda del diluvio universale (qui Horbiger anticipò Immanuel Velikovsky, autore di “Mondi in collisione”): i superstiti del cataclisma erano stati venerati come i progenitori dell’umanità.
Il tedesco Peter Bender, richiamandosi alle idee dello statunitense Cyrus Teed, desunte soprattutto da “The cellular cosmogony or the Earth a concave sphere”, disegnò, dopo aver semplificato le leggi ottiche e le polarità planetarie di Teed, un cosmo che definì “universo fantasma”. Al centro della Terra concava, Bender sospese una grande sfera azzurra, intorno alla quale il Sole, una massa di roccia fusa con un diametro di circa 250 chilometri, la luna e le stelle, masse più piccole, ruotavano a velocità e distanze diverse. Il globo era costellato di minuscoli punti che apparivano come astri. L’atmosfera, spessa poco più di sessanta chilometri, defletteva i raggi luminosi, dando l’impressione che gli astri si muovessero nel cielo, laddove l’alternarsi di giorno e notte erano determinati dalle rispettive posizioni dell’universo fantasma e del Sole. Se questo si interponeva tra noi e la sfera scura, era giorno; quando si trovava dietro, era notte. Il cosmo teorizzato da Bender prelude alla concezione, per così dire, olografica, di Giannini.
F. Amedeo Giannini fu autore di “World beyond the poles”(1959), un testo che andava oltre Horbiger. L’ingegnere, infatti, delineava un modello in contrasto con la scienza ufficiale, ma non rinunciando a considerare i corpi celesti degli oggetti concreti; invece Giannini li smaterializzava, trasformandoli in immagini ingannevoli.
Giannini descriveva una Terra che non è sferica, ma a forma di fuso con i Poli Nord e Sud illusori. La superficie del pianeta non termina alle estremità della “conocchia”, poiché prosegue nello spazio, curvando all’indietro sopra le nostre teste (?). Le stelle, i pianeti, le galassie e le comete sono “aree globulari ed isolate di una superficie esterna, continua ed ininterrotta”. Ciò significa che i corpi celesti non sono affatto tali, bensì punti sulla vasta estensione dell’universo, parte del quale è costituita dalla superficie terrestre. Lo spazio è un’illusione creata dal cristallino dei nostri occhi, dalle lenti dei telescopi e delle macchine fotografiche.
Alice nel paese dei miraggi
E’ curioso che un paradigma cosmologico di tipo olografico, pur nelle inevitabili differenze, sia stato valorizzato recentemente dall’astrofisica Giuliana Conforto. La Conforto ritiene che le stelle non siano sono corpi massicci, a differenza di quanto credono gli astronomi, ma immagini olografiche proiettate sul gigantesco schermo tridimensionale che avvolge il pianeta, il campo magnetico terrestre, a forma di mela. Il campo elettromagnetico intrappola due schermi al plasma: le fasce di Van Allen che sono oggi in via di dissoluzione. L’universo come ci appare è una matrice, una pellicola digitale che abbiamo scambiato per realtà: la vera realtà dunque è occultata dietro parvenze fallaci.
Si chiede la Conforto: “E se la luna, visibile in cielo, fosse non un corpo reale, ma un ologramma, un’immagine del vero satellite, forse molto più piccolo, il luogo extraterrestre dove si sono recati gli astronauti delle Missioni Apollo? […] Gli astronauti delle Missioni Apollo non sono rimasti a terra: sono andati su un satellite artificiale, immerso in una ‘zona’ senza campo magnetico, quindi invisibile, ma qui vicino, forse dietro l’angolo, ‘dietro’ la prima fascia di Van Allen, fuori dalla consueta visuale che chiamiamo “cielo”. […]
Se il campo magnetico si rovescia, come è già successo tante altre volte, il ‘cielo’ cambia, per il semplice fatto che il ‘cielo’ è un insieme di schermi al plasma, specchi curvi che amplificano e distorcono le immagini. La terra è circondata da una mela: è il campo magnetico terrestre, a sua volta immerso in una mela ancora più grossa, una Big apple, che è il campo magnetico solare, percorso da fiumi di particelle ad alta energia”. […]
Siamo come Alice nel paese delle meraviglie: gli specchi restituiscono immagini di immagini. Nulla è come appare ed i fenomeni si sovrappongono, si intersecano, si sfaccettano per ricomporsi. Chi abbia osservato il firmamento in questi ultimi decenni avrà notato particolari configurazioni, dimensioni inusitate, inattesi splendori, malgrado… È possibile che un indebolimento del campo elettromagnetico terrestre implichi una disgregazione degli aspetti tridimensionali, quasi fossero i fotogrammi tremolanti di un canale televisivo fuori sintonia. Il tempo subisce un collasso. Le forme quindi si disintegrano progressivamente. Il velo si assottiglia, si strappa, lascia intravedere l’invisibile. Possiamo escludere che le operazioni di Geoingegneria non siano pure volte a ricucire il tessuto che si sta per lacerare?
Comprendiamo che scenari come quelli cui si è accennato collidono sia con il senso comune sia con le “certezze” dell’astronomia, ma parecchi rompicapi ancora assillano i cosmologi accademici, perplessi di fronte alla cosiddetta materia oscura, ai buchi neri etc. E’ un campo dove le sorprese sono quotidiane. Oggigiorno, almeno le frange pionieristiche del pensiero scientifico sono meno recalcitranti ad accogliere sistemi che prescindono da una presunta oggettività assoluta, grazie segnatamente al modello interpretativo di David Bohm e di fisici che hanno elaborato ipotesi simili. E’ errato chiudersi a riccio al cospetto di teorie eccentriche, di mitologie ancestrali, oggi rilette e riproposte.
Se esiste una saggezza nella lingua, ricordando che il termine latino “caelum” (cielo) è probabilmente legato al verbo “celare”(nascondere, occultare), siamo tentati di pensare che gli antichi avessero intuito la verità. Il cielo eclissa qualcosa: dimensioni parallele, cavità atemporali, meandri siderei, universi secanti… Che cosa di preciso non è dato sapere… almeno per ora.
Libri consultati:
G. Conforto, Baby sun, Diegaro di Cesena, 2008
W. Kafton-Minkel, Mondi sotterranei, il mito della Terra cava, Roma, 2012
C. Paglialunga, Alla scoperta della Terra cava, Diegaro di Cesena, 2010
Pubblicato da Zret chiuso a riccio con le sue vaccate
Friday, October 5, 2012
Il Sole sotto accusa (e Straker sotto processo)
http://www.tankerenemy.com/2012/10/il-sole-sotto-accusa.html
Il Sole sotto accusa
Un
recente documentario della BBC è imperniato sulle tempeste solari ed i
rischi associati a tali fenomeni. I toni della produzione televisiva
sono piuttosto allarmistici. Esagerazioni? Catastrofismo? Molti
scienziati interpellati palesano una certa inquietudine, dichiarando che
un’enorme eiezione di massa coronale è possibile e forse imminente.
Essa fonderebbe i trasformatori, scaraventando la “civiltà” del XXI
secolo, che dipende pressoché in toto dalla disponibilità di energia
elettrica, in un’età buia. Disinformazione? Sì, tuttavia… Sì, perché
questi luminari si preoccupano (o fingono di preoccuparsi) per le
conseguenze che potrebbe provocare il Sole con le sue bizze, mentre
ignorano del tutto le diuturne e parossistiche attività di geoingegneria
clandestina che stanno desertificando la Terra. La nostra stella
scoccherebbe i suoi dardi infuocati su un pianeta ormai prossimo al
collasso.
E’ evidente poi il depistaggio: la nasuta N.A.S.A. ed altri enti sedicenti scientifici da alcuni anni pubblicano studi circa le tempeste geomagnetiche, ma l’insistenza è sospetta. Si pianifica probabilmente, come abbiamo scritto, un black out regionale o continentale per cui si è trovato il capro espiatorio, il Sole, quando è probabile che il nuovo “effetto Carrington” sarà scatenato - se succederà - ricorrendo a qualche diavoleria tecnologica. Non si può escludere che si creerà una sinergia tra fenomeni naturali ed interventi “umani” in modo da spegnere la luce. Già è occorso qualche episodio (sono prodromi?), tra cui il colossale oscuramento in India. Domani forse…
Intanto i furbi si cautelano, cominciando a “legitttimare” i riscaldatori ionosferici. Infatti, dopo aver ammannito paludate dissertazioni sul “clima solare”, il documento della BBC, dal minuto 52:30, lancia il sasso: gli scienziati asseriscono che, non essendo in grado di prevedere il periodo in cui una tempesta geomagnetica colpirà Gaia, hanno progettato e costruito degli apparati che riscaldano l’atmosfera ad alta quota, provocandone l’espansione. Ciò è ufficialmente volto ad analizzare gli esiti dell’espansione sui satelliti in orbita attorno alla Terra, simulando le ripercussioni di un flare. Il tutto per tentare di prevenire la distruzione dei satelliti. Tra parentesi, se fossero danneggiati o neutralizzati i satelliti militari e quelli usati per la Geoingegneria, non sarebbe poi un evento tanto funesto, anzi… Si noti nel filmato l’uso dell’espressione generica “alta atmosfera”, invece del termine ionosfera, ma è presumibile che vogliano andare a parare lì. Tra un po’ ci racconteranno che non solo le scie, piene di metalli neurotossici, sono diffuse per il nostro bene, ma che anche gli impianti H.A.A.R.P. sono la salvezza.
Insomma la BBC, rete televisiva del sistema, è come la RAI: se lascia filtrare una mezza verità, è solo per occultare una verità scomoda, inconfessabile.
Un particolare ringraziamento va all’amico Wlady che ha reperito il documento, evidenziandone la parte degna di nota.
E’ evidente poi il depistaggio: la nasuta N.A.S.A. ed altri enti sedicenti scientifici da alcuni anni pubblicano studi circa le tempeste geomagnetiche, ma l’insistenza è sospetta. Si pianifica probabilmente, come abbiamo scritto, un black out regionale o continentale per cui si è trovato il capro espiatorio, il Sole, quando è probabile che il nuovo “effetto Carrington” sarà scatenato - se succederà - ricorrendo a qualche diavoleria tecnologica. Non si può escludere che si creerà una sinergia tra fenomeni naturali ed interventi “umani” in modo da spegnere la luce. Già è occorso qualche episodio (sono prodromi?), tra cui il colossale oscuramento in India. Domani forse…
Intanto i furbi si cautelano, cominciando a “legitttimare” i riscaldatori ionosferici. Infatti, dopo aver ammannito paludate dissertazioni sul “clima solare”, il documento della BBC, dal minuto 52:30, lancia il sasso: gli scienziati asseriscono che, non essendo in grado di prevedere il periodo in cui una tempesta geomagnetica colpirà Gaia, hanno progettato e costruito degli apparati che riscaldano l’atmosfera ad alta quota, provocandone l’espansione. Ciò è ufficialmente volto ad analizzare gli esiti dell’espansione sui satelliti in orbita attorno alla Terra, simulando le ripercussioni di un flare. Il tutto per tentare di prevenire la distruzione dei satelliti. Tra parentesi, se fossero danneggiati o neutralizzati i satelliti militari e quelli usati per la Geoingegneria, non sarebbe poi un evento tanto funesto, anzi… Si noti nel filmato l’uso dell’espressione generica “alta atmosfera”, invece del termine ionosfera, ma è presumibile che vogliano andare a parare lì. Tra un po’ ci racconteranno che non solo le scie, piene di metalli neurotossici, sono diffuse per il nostro bene, ma che anche gli impianti H.A.A.R.P. sono la salvezza.
Insomma la BBC, rete televisiva del sistema, è come la RAI: se lascia filtrare una mezza verità, è solo per occultare una verità scomoda, inconfessabile.
Un particolare ringraziamento va all’amico Wlady che ha reperito il documento, evidenziandone la parte degna di nota.
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Zret col fratello sotto accusa ma lui se ne sbatte da gran vigliacco (il DNA non è un'opinione) quale è
Thursday, June 28, 2012
Lacerazione
http://zret.blogspot.co.uk/2012/06/lacerazione.html
Lacerazione

Le presenti note saranno meglio comprese, se prima si leggeranno “Peccato originale” e gli articoli correlati.
Se pensiamo all’incidente primigenio, dobbiamo risalire ad un’era antecedente la storia, ad un tempo che precede il tempo stesso. Lo intuisce Simone Weil nei “Quaderni” dove scrive: “L’Agnello è stato sgozzato sin dalla fondazione del mondo: è il rapporto con lo spazio-tempo a costituire la lacerazione”. Lo sgozzamento è quindi contemporaneo, anzi consustanziale alla “fondazione del mondo”. L’essenza alogica (non aristotelica) del mondo è poi espressa dalla pensatrice cristiana con parole ancora più forti: “La Creazione, l’Incarnazione, la Passione costituiscono la follia di Dio.”
La stessa nascita dell’uomo implica lo strappo: infatti l’uomo è letteralmente un “simbolo”, ossia metà di un uomo (si pensi anche a Platone che considera gli esseri umani dimidiati ed alla ricerca della metà che li reintegri, acquietando la loro angoscia). Il simbolo (Σύμβολον) per gli Elleni era una "tessera di riconoscimento" o "tessera ospitale": l'usanza voleva che due individui, due famiglie o anche due città spezzasero una tessera, di solito fittile, per conservare una delle due parti a conclusione di un accordo o di un'alleanza. Il perfetto combaciare delle due parti provava l'esistenza dell'accordo. Quindi siamo frammenti staccati dall’Essere, schegge proiettate ai confini del cosmo. Cerchiamo di ricongiuncerci all’Origine, ma le correnti ci hanno spinto e ci trascinano alla deriva.
Ogni creazione implica un cambiamento, un movimento entropico, persino una distruzione: forse nell’atto creativo è la scaturigine del male? Sempre la Weil si chiede: “L’universo è un’opera d’arte: quale artista ne è l’autore?”
Alla visione religiosa e mistica della Weil (di un misticismo tormentato), vorrei accostare le riflessioni di un laico, Sebastiano Vassalli che, nel romanzo “Marco e Mattio”, si perde negli abissali pensieri del protagonista, mentre contempla il pulviscolo delle stelle: “Camminava su quei pianeti sconosciuti e vedeva che gli esseri che li popolavano, gli animali forniti di ragione che avevano talvolta forma di ragno o di scimmia, talvolta erano piccoli come formiche oppure grandi come montagne, però sempre e dappertutto nascevano e morivano, gioivano e soffrivano e vivevano lacerati dai contrari che non riuscivano a compensare in loro e tra loro, fino a comporre un vero equilibrio… Dovunque nell’universo la colpa originaria doveva ancora essere patita ed espiata, in tutti i mondi doveva ancora compiersi la redenzione anche là dove già s’era compiuta una volta. Che follia credere che per un milione di mondi o per un mondo solo bastasse un solo redentore! La redenzione – pensò Mattio - era la sofferenza di Dio che avrebbe voluto riunire in sé tutte le sue parti divise e non ci riusciva, era il rimorso che lacerava il suo pensiero, d’essere lui stesso imperfetto”.
Anche qui è proclamato lo squarcio che è, in primo luogo, lo slittamento nella temporalità. E’ vero che il tempo è un’llusione, ma è pure lo spazio in cui pare crocifissa l’esistenza del cosmo, uno spazio in cui “sùbito” è già tardi.
Se pensiamo all’incidente primigenio, dobbiamo risalire ad un’era antecedente la storia, ad un tempo che precede il tempo stesso. Lo intuisce Simone Weil nei “Quaderni” dove scrive: “L’Agnello è stato sgozzato sin dalla fondazione del mondo: è il rapporto con lo spazio-tempo a costituire la lacerazione”. Lo sgozzamento è quindi contemporaneo, anzi consustanziale alla “fondazione del mondo”. L’essenza alogica (non aristotelica) del mondo è poi espressa dalla pensatrice cristiana con parole ancora più forti: “La Creazione, l’Incarnazione, la Passione costituiscono la follia di Dio.”
La stessa nascita dell’uomo implica lo strappo: infatti l’uomo è letteralmente un “simbolo”, ossia metà di un uomo (si pensi anche a Platone che considera gli esseri umani dimidiati ed alla ricerca della metà che li reintegri, acquietando la loro angoscia). Il simbolo (Σύμβολον) per gli Elleni era una "tessera di riconoscimento" o "tessera ospitale": l'usanza voleva che due individui, due famiglie o anche due città spezzasero una tessera, di solito fittile, per conservare una delle due parti a conclusione di un accordo o di un'alleanza. Il perfetto combaciare delle due parti provava l'esistenza dell'accordo. Quindi siamo frammenti staccati dall’Essere, schegge proiettate ai confini del cosmo. Cerchiamo di ricongiuncerci all’Origine, ma le correnti ci hanno spinto e ci trascinano alla deriva.
Ogni creazione implica un cambiamento, un movimento entropico, persino una distruzione: forse nell’atto creativo è la scaturigine del male? Sempre la Weil si chiede: “L’universo è un’opera d’arte: quale artista ne è l’autore?”
Alla visione religiosa e mistica della Weil (di un misticismo tormentato), vorrei accostare le riflessioni di un laico, Sebastiano Vassalli che, nel romanzo “Marco e Mattio”, si perde negli abissali pensieri del protagonista, mentre contempla il pulviscolo delle stelle: “Camminava su quei pianeti sconosciuti e vedeva che gli esseri che li popolavano, gli animali forniti di ragione che avevano talvolta forma di ragno o di scimmia, talvolta erano piccoli come formiche oppure grandi come montagne, però sempre e dappertutto nascevano e morivano, gioivano e soffrivano e vivevano lacerati dai contrari che non riuscivano a compensare in loro e tra loro, fino a comporre un vero equilibrio… Dovunque nell’universo la colpa originaria doveva ancora essere patita ed espiata, in tutti i mondi doveva ancora compiersi la redenzione anche là dove già s’era compiuta una volta. Che follia credere che per un milione di mondi o per un mondo solo bastasse un solo redentore! La redenzione – pensò Mattio - era la sofferenza di Dio che avrebbe voluto riunire in sé tutte le sue parti divise e non ci riusciva, era il rimorso che lacerava il suo pensiero, d’essere lui stesso imperfetto”.
Anche qui è proclamato lo squarcio che è, in primo luogo, lo slittamento nella temporalità. E’ vero che il tempo è un’llusione, ma è pure lo spazio in cui pare crocifissa l’esistenza del cosmo, uno spazio in cui “sùbito” è già tardi.
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Monday, March 12, 2012
Kòsmos
http://zret.blogspot.com/2012/03/kosmos.html
Kòsmos

“Cosmo” - dal greco kòsmos
- significa “ordine”, eppure se contempliamo dalla terra un angolo di
universo in una notte limpida, più che restare ammirati per l’armonia
con cui le costellazioni trapuntano il firmamento, siamo presi dalla
vertigine, quasi dall'angoscia.
Astri, galassie, nebulose, ammassi…: se potessimo veleggiare lungo i meandri intersiderali, il senso di stupefazione che proviamo dinanzi alla notte stellata si accentuerebbe sino a tramortirci. Si è che la bellezza dell’universo è spaventevole ed i fenomeni che occorrono negli "interminati spazi" hanno alcunché di terribile nella loro grandiosità: ora nasce una stella, ora un corpo celeste deflagra, ora un buco nero divora la luce; qui glauchi pianeti, là cadaveri di astri…
Si ha l’impressione che il cosmo sia un gigantesco diorama, un sogno rutilante sognato da chissà chi. Può apparire paradossale, ma questo spettacolo mirabile e sublime più che lasciare intuire una presenza divina, ci getta nella più abissale solitudine, ricordandoci la nostra piccolezza di esseri aggrappati ad un piccolo, insignificante atomo che ruota nell’infinito.
E’ il mare dove Leopardi “naufraga” dolcemente, la dimensione in cui Tommaseo scorge l’impronta della Provvidenza e, di converso, Pascoli avverte solo un glaciale silenzio.
L’infinito, però, è anche in un granello di sabbia o in una goccia d’acqua. L’infinito si espande nell’anima che inspira, con un brivido, l’eco del tempo e dell’eterno.
Astri, galassie, nebulose, ammassi…: se potessimo veleggiare lungo i meandri intersiderali, il senso di stupefazione che proviamo dinanzi alla notte stellata si accentuerebbe sino a tramortirci. Si è che la bellezza dell’universo è spaventevole ed i fenomeni che occorrono negli "interminati spazi" hanno alcunché di terribile nella loro grandiosità: ora nasce una stella, ora un corpo celeste deflagra, ora un buco nero divora la luce; qui glauchi pianeti, là cadaveri di astri…
Si ha l’impressione che il cosmo sia un gigantesco diorama, un sogno rutilante sognato da chissà chi. Può apparire paradossale, ma questo spettacolo mirabile e sublime più che lasciare intuire una presenza divina, ci getta nella più abissale solitudine, ricordandoci la nostra piccolezza di esseri aggrappati ad un piccolo, insignificante atomo che ruota nell’infinito.
E’ il mare dove Leopardi “naufraga” dolcemente, la dimensione in cui Tommaseo scorge l’impronta della Provvidenza e, di converso, Pascoli avverte solo un glaciale silenzio.
L’infinito, però, è anche in un granello di sabbia o in una goccia d’acqua. L’infinito si espande nell’anima che inspira, con un brivido, l’eco del tempo e dell’eterno.
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Sunday, December 27, 2009
Pulsar: messaggi da civiltà dello spazio?
http://zret.blogspot.com/2009/12/pulsar-messaggi-da-civilta-dello-spazio.html
Pulsar: messaggi da civiltà dello spazio?

Nel 2006 lo scienziato statunitense Paul A. La Violette, in un saggio intitolato Decoding the message of the pulsars, Intelligent communication from the galaxy, ha riproposto la teoria secondo la quale le onde radio delle pulsar sarebbero comunicazioni di popoli delle stelle. Andrew Collins in Segnali dallo spazio profondo, 2009, ipotizza che questi astri di neutroni siano delle creature senzienti in grado di alterare frequenza, forza e natura delle loro emissioni elettromagnetiche: infatti, secondo Collins, la vita nel cosmo potrebbe non essere basata solo sul carbonio (e sul silicio, aggiungo), ma pure sul plasma.
Come si accennava, La Violette opina che la vera natura di questi oggetti celesti sia stata grossolanamente fraintesa. Egli avrebbe scoperto, con uno studio durato ventisette anni, che un numero di singolari pulsar è distribuito in modo non casuale: si tratterebbe di una dislocazione significativa secondo il punto di vista di una civiltà aliena. Nel suo libro, il ricercatore "illustra l'evidenza di inusuali allineamenti tra le pulsar ed interessanti correlazioni tra i periodi degli impulsi. Importante è il messaggio che gli extraterrestri stanno inviando, un avvertimento su un cataclisma dovuto ad un'esplosione del nucleo della Galassia. Questa ammonizione potrebbe aiutare l'umanità ad evitare una futura tragedia di proporzioni globali. Il titolo di La Violette contiene analisi approfondite delle pulsar, con nuove idee sulla loro genesi e sulle loro funzioni, fornisce prove di una rete extraterrestre di comunicazione, include informazioni sui crop circles e sulla tecnologia con cui vengono disegnati."
L'autore ritiene che le pulsar siano nane bianche dotate di generatori di sincrotroni creati da una società galattica intenta a trasmettere messaggi a noi terrestri.
Come valutare l'ipotesi sopra riassunta? Appare bizzarra, benché La Violette sia studioso di valore, abituato a condurre indagini rigorose con l'ausilio di dati e di fonti che spaziano dall'Archeoastronomia alla Fisica, dalla Storia alla Cosmologia... Più che altro il presunto proposito di inviare una comunicazione alla Terra per opera di una star nation, sembra il canovaccio di un romanzo fantascientifico: sappiamo quanto sovente la fantascienza sia illuminata da folgoranti intuizioni sul destino e la storia segreta dell'umanità. Tuttavia credo che l'origine artificiale delle pulsar non sia stata ancora dimostrata in modo incontrovertibile, anche se forse in futuro ciò avverrà. L’universo è più misterioso di quanto immagini la più fervida fantasia.
La congettura di La Violette non è comunque priva di un suo fascino abissale, apocalittico: civiltà sideree inviano messaggi attraverso gli spazi gelidi del cosmo per avvisare dei rischi che incombono su un'umanità distratta ed incamminata fatalmente verso l'autodistruzione.
Su un pianeta defunto e freddo, fra cumuli di macerie fumanti e foschi bagliori di incendi, echeggia un segnale che nessuno ormai può più udire.
Fonti:
A. Collins, Segnali dallo spazio profondo, in X Times n. 14, dicembre 2009
Enciclopedia dell’Astronomia e della Cosmologia, a cura di John Gribbin, Milano, 2006, s.v. pulsar
P. A. La Violette, Decoding the message of the pulsars, Intelligent communication from the galaxy, 2006
Pubblicato da Zret
Friday, October 23, 2009
Un messaggio da un pianeta morente
http://zret.blogspot.com/2009/10/un-messaggio-da-un-pianeta-morente.html
Un messaggio da un pianeta morente

Benché il titolo di Compassi sia molto scadente, contiene un'informazione che, se fosse autentica e riscontrabile, sarebbe notevole. L'autore scrive: "Osservatorio astronomico di Minsk (Russia Bianca): nel 1991, astronomi dell'Osservatorio decifrarono un messaggio proveniente dallo spazio e lanciato da una civiltà stellare in pericolo, circa 100.000 anni fa.
Il Professor Gregor Kosygina ha affermato: 'L'enorme tempo trascorso prima che il disperato S.O.S. arrivasse a noi, lascia pensare che non esiste alcun probabilità che la civiltà aliena che lo ha inviato possa essere sopravvissuta. Gli scienziati di quel lontano pianeta hanno ripetuto il messaggio a lungo nella speranza che qualcuno potesse accorrere in aiuto, ma dalla nostra Terra nessuno sarebbe potuto intervenire. Quel pianeta si trova di là dalla nostra Galassia'. [...] La comunicazione dava anche le coordinate astronomiche del pianeta e continuò ad essere registrata sino alla fine".
Non si comprende come gli scienziati russi poterono decodificare il messaggio, attribuendogli il valore riportato da Compassi. E' un'invenzione o il travisamento di una notizia circa una sorgente naturale proveniente dagli spazi siderali? E' arduo stabilirlo, ma la notizia fornita da Compassi trova un pendent in un episodio risalente al 15 agosto 1977, quando "un radioastronomo dell’Ohio gridò «Wow!» dopo aver registrato un segnale di 37 secondi e concentrato sui 1.420 megahertz, frequenza non usata per le trasmissioni sulla Terra. I segnali dallo spazio sono sempre su uno spettro più ampio e dai bordi frastagliati". Chiosa Luigi Grassia: "Questa «pallottola radio» è la cosa più simile ad un messaggio di extraterrestri che abbiamo mai ricevuto".
Se altri segnali siano stati captati in questi decenni per mezzo di impianti radioastronomici, è probabile che gli enti spaziali abbiano nascosto tali ricezioni. Certo, cercare forme di vita extraterrestre con sistemi come il S.E.T.I. è per lo più un modo per stornare l'attenzione da altre prove ed indizi di una presenza aliena sul nostro pianeta [1].
Essi sono tra noi, anche se ben mimetizzati o invisibili.
[1] Come è noto, S.E.T.I. sta per "Search for extra-terrestrial intelligence". E' l'istituto statunitense fondato nel 1960, ufficialmente impegnato nella ricerca di un segnale radio proveniente dalle profondità del cosmo. Il sistema si avvale del radiotelescopio di Arecibo, ubicato nell'isola di Puerto Rico.
Fonti:
V. Compassi, Ipotesi ufologiche, trattato universale di socioufologia, Bologna, 1993
L. Grassia, Dalla Terra al cosmo: 13 beffe mandano in tilt gli scienziati, 2009
R. Malini, U.F.O. il dizionario enciclopedico, Firenze-Milano, s.v. S.E.T.I.
Pubblicato da Zret
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Wednesday, October 7, 2009
Ruote nelle ruote
http://zret.blogspot.com/2009/10/ruote-nelle-ruote.html
Nostradamus è il nome latinizzato di Michel de Notre Dame (1503-1566), noto medico ed astrologo francese, di origine ebraica. Dal 1550, dopo molti viaggi, pubblicò almanacchi con previsioni meteorologiche e di eventi che sarebbero occorsi nell'anno. Nel 1555 comparvero le famose "Centurie", quartine con profezie, peraltro astruse e di difficilissima interpretazione, ottenute sulla base di visioni e di ispirazioni.
Esiste, però, un altro libro attribuito a Nostradamus, conosciuto come “Libro Perduto” o “L’ultimo libro di Nostradamus” o “Vaticinia di Nostradamus”.
Si tratta di una raccolta di ottanta immagini acquerellate, rilegate sotto forma di codice e scoperte nel 1982 dai giornalisti Enza Massa e Roberto Pinotti, nella Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Fondo Vittorio Emanuele 307). Il codice è stato attribuito a Nostradamus. In una scheda originale dei padri cartusiani allegata al manoscritto, si afferma che il codice venne portato in Roma dal figlio del veggente di Salon, César de Notre Dame, affinché fosse donato al cardinale Maffeo Barberini, futuro papa, con il nome di Urbano VIII dal 1623 al 1644. Un manoscritto simile a questo è il Marston MS 225 ed è custodito nella biblioteca della Università di Yale, a New Haven (Connecticut, Stati Uniti). [1]
Nelle ultime pagine di questo manoscritto sono raffigurate scene riguardanti la Fine dei Tempi in cui gli avvenimenti sono correlati ad una simbologia per lo più astrologica e biblica, desunta soprattutto da Rivelazione: in molte pagine è effigiato il Libro. E' un riferimento al Libro della Vita che il Cristo Pantocrator tiene in mano ed in cui sono segnate tutte le azioni degli uomini. E' significativo che le ultime pagine del codice mostrino un volume squadernato senza alcun contenuto vergato: un’allusione alla fine della storia come scrittura degli eventi? In alto è rappresentata la Ruota circondata da cartigli: l’emblema delle Ruota, i cui valori sono molteplici, qui assume significato cosmico e cronologico, adombrando, come i rosoni delle chiese gotiche, il ciclo precessionale. E’ pure palese il richiamo all’Arcano dei Tarocchi, la Ruota della Fortuna, che indica la mutevolezza della sorte, il destino, l’ineluttabilità. La Ruota di pagina 72 è senza gli otto raggi [2]: l’assenza dei raggi esprime la cessazione del moto, il punto d'arrivo.
E’ notevole che siano dipinti il segno dello Scorpione e del Sagittario: il pungiglione dell’Aracnide punta, come il dardo del Sagittario verso un punto importante dell’universo. Questa sinopia del firmamento è stata interpretata dallo scienziato statunitense Paul La Violette come una segnalazione iconografica del centro della Galassia, da cui sarebbe provenuta, stando a La Violette, una superonda di raggi cosmici. Tale superonda avrebbe colpito la Terra nell’XI millennio a.C., causando immani cataclismi. Il centro della Via lattea, definito Hunab ku dai Maya, era per il popolo mesoamericano, il luogo da cui si sprigiona il tempo. La Violette, pur all’oscuro del codice in esame, interpreta le costellazioni zodiacali, attribuendo loro un significato identico a quello che paiono assumere nei "Vaticinia".
Le corrispondenze non finiscono qui: infatti Jay Weidner e Vincent Bridges, nel loro saggio, "Monument of the end of time", decifrano le iscrizioni ed i bassorilievi di un enigmatico monumento che sorge in un sagrato della cittadina francese di Hendaye, individuando la previsione di un cataclisma celeste proveniente dal centro della Galassia.
Infine, da un punto di vista formale e semantico, si nota un altro parallelismo con l'ultima lama che compone le infami Illuminati cards: qui la ruota è sostituita dalle bobine di un registratore e l’epilogo della storia è evocato dal nastro spezzato e dalla didascalia.
Closing time.
[1] Non so se siano stati condotti studi filologici per stabilire la paternità del codice, ma, qualora il testo non fosse dovuto a Nostradamus o al figlio César, resta la sua importanza sotto il profilo culturale e, in parte, predittivo.
[2] Gli otto raggi sono, secondo vari studiosi, la somma dei raggi appartenenti alla croce cosmica nel centro galattico con quelli della croce solstiziale ed equinoziale.
Fonti:
A. Anzaldi, B. Bazzoli, Dizionario di astrologia, Milano, 1988, s.v. Nostradamus
R. Buccellani, Le grandi profezie, Milano, 1995
Majuro.it, Nostradamus 2012
Paul La Violette, Earth under fire, Padova, 2006
Ruote nelle ruote

Esiste, però, un altro libro attribuito a Nostradamus, conosciuto come “Libro Perduto” o “L’ultimo libro di Nostradamus” o “Vaticinia di Nostradamus”.
Si tratta di una raccolta di ottanta immagini acquerellate, rilegate sotto forma di codice e scoperte nel 1982 dai giornalisti Enza Massa e Roberto Pinotti, nella Biblioteca Nazionale Centrale di Roma (Fondo Vittorio Emanuele 307). Il codice è stato attribuito a Nostradamus. In una scheda originale dei padri cartusiani allegata al manoscritto, si afferma che il codice venne portato in Roma dal figlio del veggente di Salon, César de Notre Dame, affinché fosse donato al cardinale Maffeo Barberini, futuro papa, con il nome di Urbano VIII dal 1623 al 1644. Un manoscritto simile a questo è il Marston MS 225 ed è custodito nella biblioteca della Università di Yale, a New Haven (Connecticut, Stati Uniti). [1]
Nelle ultime pagine di questo manoscritto sono raffigurate scene riguardanti la Fine dei Tempi in cui gli avvenimenti sono correlati ad una simbologia per lo più astrologica e biblica, desunta soprattutto da Rivelazione: in molte pagine è effigiato il Libro. E' un riferimento al Libro della Vita che il Cristo Pantocrator tiene in mano ed in cui sono segnate tutte le azioni degli uomini. E' significativo che le ultime pagine del codice mostrino un volume squadernato senza alcun contenuto vergato: un’allusione alla fine della storia come scrittura degli eventi? In alto è rappresentata la Ruota circondata da cartigli: l’emblema delle Ruota, i cui valori sono molteplici, qui assume significato cosmico e cronologico, adombrando, come i rosoni delle chiese gotiche, il ciclo precessionale. E’ pure palese il richiamo all’Arcano dei Tarocchi, la Ruota della Fortuna, che indica la mutevolezza della sorte, il destino, l’ineluttabilità. La Ruota di pagina 72 è senza gli otto raggi [2]: l’assenza dei raggi esprime la cessazione del moto, il punto d'arrivo.
E’ notevole che siano dipinti il segno dello Scorpione e del Sagittario: il pungiglione dell’Aracnide punta, come il dardo del Sagittario verso un punto importante dell’universo. Questa sinopia del firmamento è stata interpretata dallo scienziato statunitense Paul La Violette come una segnalazione iconografica del centro della Galassia, da cui sarebbe provenuta, stando a La Violette, una superonda di raggi cosmici. Tale superonda avrebbe colpito la Terra nell’XI millennio a.C., causando immani cataclismi. Il centro della Via lattea, definito Hunab ku dai Maya, era per il popolo mesoamericano, il luogo da cui si sprigiona il tempo. La Violette, pur all’oscuro del codice in esame, interpreta le costellazioni zodiacali, attribuendo loro un significato identico a quello che paiono assumere nei "Vaticinia".
Le corrispondenze non finiscono qui: infatti Jay Weidner e Vincent Bridges, nel loro saggio, "Monument of the end of time", decifrano le iscrizioni ed i bassorilievi di un enigmatico monumento che sorge in un sagrato della cittadina francese di Hendaye, individuando la previsione di un cataclisma celeste proveniente dal centro della Galassia.
Infine, da un punto di vista formale e semantico, si nota un altro parallelismo con l'ultima lama che compone le infami Illuminati cards: qui la ruota è sostituita dalle bobine di un registratore e l’epilogo della storia è evocato dal nastro spezzato e dalla didascalia.
Closing time.
[1] Non so se siano stati condotti studi filologici per stabilire la paternità del codice, ma, qualora il testo non fosse dovuto a Nostradamus o al figlio César, resta la sua importanza sotto il profilo culturale e, in parte, predittivo.
[2] Gli otto raggi sono, secondo vari studiosi, la somma dei raggi appartenenti alla croce cosmica nel centro galattico con quelli della croce solstiziale ed equinoziale.
Fonti:
A. Anzaldi, B. Bazzoli, Dizionario di astrologia, Milano, 1988, s.v. Nostradamus
R. Buccellani, Le grandi profezie, Milano, 1995
Majuro.it, Nostradamus 2012
Paul La Violette, Earth under fire, Padova, 2006
Pubblicato da Zret
Friday, October 2, 2009
2012 e dintorni
http://zret.blogspot.com/2009/10/2012-e-dintorni.html
2012 e dintorni

Ad esempio, Panizza scrive: "Secondo la più scientifica delle teorie ‘eretiche’, quella di Robert Schoch, la Sfinge potrebbe risalire al 5-7000 a.C., periodo di piogge torrenziali atte ad erodere il corpo della struttura. Riflettiamo un attimo. E' plausibile che nel 7000 a.C. si inizi un progetto che si riferisce al 10.450 a.C. (ed in questi 3000 anni come si è conservata notizia?) ma venga completato solo nel 2.450 a.C., dopo cioè 5000 anni? Ed il tutto allo scopo di avvisare le antiche generazioni? Considerando come gli Egizi trattavano gli altri, francamente risulta alquanto sospetta questa premura per il prossimo". Qui si può osservare che la cronologia suggerita da Schoch è dettata da prudenza, essendo una retrodatazione minima: il geologo statunitense, infatti, non nega che la Sfinge potrebbe essere più vetusta e rimontare all'XI millennio a.C.[1] Il complesso fu presumibilmente modificato più che completato da Chefren, faraone della IV dinastia sotto il cui regno fu riscolpito il volto della statua. Questo non è poi così strano: quante chiese medievali furono trasformate nei secoli successivi, in età rinascimentale e barocca! In verità è difficile pensare che nell'XI millennio già esistesse il popolo degli Egizi, semmai i superstiti di Atlantide erano approdati in varie regioni della Terra e, a conoscenza del fenomeno precessionale e dei suoi influssi sui cicli storici, intesero forse avvertire non i posteri tout court di futuri cambiamenti, ma alcune confraternite che trasmisero una tradizione sapienziale di generazione in generazione. E' assodato che i popoli antichi, ossessionati dal moto precessionale del sole (si legga almeno G. De Santillana, E. Von Echend, Il mulino di Amleto), ne codificarono le principali cifre nei miti e nell'arte (vedi 23 gradi e 5). Gli stessi monumenti megalitici sono probabilmente giganteschi orologi precessionali. E' poi indiscutibile che, sebbene con una banda di oscillazione di alcuni decenni, siamo ormai verso la fine dell'età dominata dal segno dei Pesci, epoca coincidente con la diffusione del Cristianesimo, tra i cui emblemi si annovera il pesce (Ichtys in greco).
Tralascio altre coordinate del tema, limitandomi a rilevare che, se non sappiamo che cosa accadrà nei prossimi anni, possiamo asserire, però, che il 3113 a.C., anno in cui cominciò il Quinto sole per i Maya, combacia con una svolta decisiva tanto è vero che in quel periodo si colloca, grosso modo, il confine tra preistoria e storia, con lo sviluppo delle "prime" civiltà fluviali. Non è una differenza di poco conto. Sui fenomeni riguardanti la migrazione dei poli, l'attività della nostra stella, le anomalie gravitazionali ai confini del sistema solare, l’allineamento della terra con il centro della galassia… si pronunceranno gli esperti, ma è evidente che assistiamo a sconvolgimenti atmosferici e tettonici sempre più frequenti e disastrosi. Qualcuno forse ritiene che tutto ciò sia normale? Ritengo siano manifestazioni di origine per lo più artificiale, ma, ammesso che siano naturali o il risultato di una sinergia tra natura e tecnologie militari, sembrano preludere a cataclismi ancora più rovinosi. Questo non significa accodarsi ai catastrofisti, tra i quali si annidano moltissimi disinformatori che ci tormentano con la storiella dei cambiamenti climatici, ma sarebbe ipocrita nascondere che siamo prossimi ad una fase spaventosa e necessaria, sebbene ne possa scaturire una palingenesi. Il parto è doloroso, ma poi viene alla luce una nuova vita.
Il 2012: eliminiamo pure tutta l'enfasi su questo anno, ridimensionando o azzerando retaggi ed indizi culturali che comunque non mancano. Resta la potente (e nera) valenza simbolica della data 21-12-2012, da cui, anche se con calcoli macchinosi, si può ricavare il 666, ma che è soprattutto legata al numero 236, la cui somma è 11. Consideriamo pure tutte queste cifre delle mere combinazioni: non si può dimenticare che moltissime scadenze ed innovazioni decise dai governi, pròtesi dell'esecutivo mondiale occulto, si riferiscono al fatidico anno. Ricordando che la Cabal sceglie spesso delle date significative per indicare le "stazioni" verso il Nuovo ordine mondiale, non mi stupirei se, basandosi su una martellante ed astuta campagna mediatica, gli Ottenebrati decidessero di usare il 21-12-2012 come linea di confine, forse con l'instaurazione di una dittatura planetaria, preparata con studiata gradualità.
Se si definisse simbolismo la banale, ma sinistra lotteria degli Oscurati, si oltraggerebbero tutti gli studiosi di esoterismo e di tradizioni: nondimeno è ancora un giorno eloquente sotto il profilo numerico quello scelto per bombardare la Luna, ufficialmente alla ricerca di acqua nel sottosuolo selenico. E' il 9-10-2009: tolti gli zeri e sommando le cifre dell'anno, otteniamo 9 11... un'inquietante evocazione.
Alla fine, omettendo di sfiorare altri addentellati tradizionali, mitologici, astronomici ed emblematici circa il 2012 (in parte sono stati già toccati, ad esempio, in Assenzio), si deve individuare nell'articolo di Panizza un approccio piuttosto equilibrato, ma empirico e, in quanto tale, riduttivo.[2] La sonda di Panizza va poco in profondità e non esplora territori di frontiera, indagati, invece, con acume, ad esempio, da Angelo Ciccarella nell’articolo Il varco tra i mondi, in X Times n. 11, settembre 2009. Benché Il varco tra i mondi non si riferisca esplicitamente al 2012, capta i segnali di una prossima transizione. Dunque lo studio di Panizza è rassicurante, poiché inscritto nel piccolo e confortevole cerchio dell’empiria e soprattuto del "va tutto bene". Se solo si osasse oltrepassare la circonferenza della scienza ortodossa, si scoprirebbero interessanti correlazioni.
Così tutte le interpretazioni pionieristiche ed eccentriche (le verità sono sempre oltre) sono escluse, come se il cosmo fosse confinato al visibile, come se esistessero solo l'archeologia e la storia accademiche, magari timidamente aggiornate da Schoch, come se gli enigmi ed i paradossi di un universo multidimensionale potessero essere spiegati, affidandosi ai comunicati ufficiali della N.A.S.A.
[1] Di recente Schoch, in base allo studio degli antichissimi resti appartenenti alla città di Gobekli Tepe (nell’attuale Turchia), ha deciso di retrodatare il monumento leonino ad un periodo oscillante tra il 10.000 ed il 12.000 a.C. Vedi R.M. Schoch, Una civiltà di dodicimila anni fa, 2009
[2] Pur rimanendo in campo scientifico, soprattutto inerente a cosmologia e paleontologia, ma con qualche apertura verso la storia dell’arte ed il simbolismo, Paul La Violette, in Earth under fire, approda a conclusioni molto diverse.
Pubblicato da Zret
Wednesday, July 8, 2009
Il mondo, la coscienza, il nulla (prima parte)
http://zret.blogspot.com/2009/07/il-mondo-la-scoscienza-il-nulla-prima.html
Il mondo, la coscienza, il nulla (prima parte)

Niente e nessuno ci può garantire che esiste il mondo fuori di noi. Si racconta che Pirrone, filosofo greco, andasse a sbattere contro gli alberi, poiché non poteva essere sicuro che l'albero fosse un oggetto "esterno", "concreto" e "reale". Da un punto di vista filosofico non aveva torto, sebbene dovesse procurarsi, a causa del suo ostinato scetticismo, dei forti mal di capo: la "realtà" è il risultato di una fede. Noi crediamo che l'albero continui ad esserci, anche quando non lo percepiamo, laddove il fenomeno è letteralmente ciò che appare ai nostri sensi. Fondamentale fu la rivoluzione copernicana con cui Immanuel Kant trasferì lo spazio ed il tempo all'interno dell'io legislatore, della coscienza cui il mondo fenomenico deve adattarsi affinché sia esperito. Tuttavia se, grazie alle filosofie orientali, a Platone, a Berkeley ed all'Idealismo, abbiamo spostato il baricentro dell'essere dall'"esterno" verso l'"interno", restano molti problemi irrisolti.
Orbene riconosciamo, sulla base di acquisizioni antiche e recenti, che l'universo è una proiezione, generata da un oloprogramma. Ricordiamo che energia, spazio e tempo sono "condensazioni" di atti percettivi, provvisorie ed illusorie immagini dinamiche create dal cervello-mente-coscienza. Rammentiamo pure che l'abitudine e schemi a priori producono da un lato la sequenza lineare del tempo, dall'altro la collocazione spaziale degli oggetti, senza che tali caratteristiche ineriscano al mondo in sé. Non è forse un caso se queste forme a priori della sensibilità si strutturano, se consideriamo la linea ontogenetica (lo sviluppo dell'individuo) gradatamente affinché l'individuo possa organizzare la visione dell'universo, secondo un modello empiricamente funzionale, sebbene non veritiero. Sicuramente ci è capitato di sentire dei bimbi che impiegano i tempi verbali in modo contraddittorio. Ad esempio, dicono: "Domani sono andato all'asilo". Questo uso disinvolto e paradossale degli indicatori cronologici sembra denotare una non-oggettività delle relazioni temporali: passato, presente e futuro coesistono nella mente del bambino (diagramma ontogenetico) come nell'età del Sogno appartenente alla mitologia degli Aborigeni australiani. Pare che si possa inferire dalla non-sostanzialità dei rapporti temporali una non-sostanzialità del tempo tout court.
Esterno ed interno sono due aspetti inscindibili: solo per convenzione li distinguiamo, perché è nella coscienza che si configura quel che esiste. L’unitarietà del tutto, l’atemporalità dell’eterno è il fiume eracliteo in cui non è possibile immergersi due volte.
La concezione idealistica del reale sconfina nel solipsismo, poiché, l'universo è in quanto ipse fecit. Il sole sorge comunque anche senza l'io che lo percepisca e lo coaguli in un crogiolo fenomenico? A rigore, no. No, il sole non può sorgere, se l'io non lo percepisce e coagula. Si evita il solipsismo o postulando, con Kant, un noumeno inconoscibile, ma che è il substrato del mondo fenomenico, o ricorrendo ad una Mente che proietta e, nel contempo, esperisce l'universo. Tale Mente, un io penso trascendentale ed ontologico concepito non solo come attività ma anche come sostanza, può essere anche definita Dio, di cui gli io individuali partecipano, come le onde dello stesso mare. Sennonché, a differenza del Dio delle religioni positive, questa Mente non pare coincidere con un Creatore consapevole, ma con una specie di Narratore-Descrittore di possibilità di esistenza (gli enti non necessari), avulse da un fine preciso. Questa Mente è simile ad un sognatore che tesse e disfa racconti ed immagini oniriche e che, solo nel caso dei rari sogni lucidi, riesce a definire l'intreccio ed i ruoli dei personaggi.
Pubblicato da Zret
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