L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Thursday, October 30, 2014

Paralogismi

http://zret.blogspot.ch/2014/10/paralogismi.html

Paralogismi


Chi accetta senza porsi domande le versioni ufficiali degli eventi è definito “convenzionalista”. E’ un termine che ci sembra inadeguato: non si tratta, infatti, di aderire ad un’interpretazione convenzionale, ordinaria del mondo, ma di introiettare le menzogne del sistema per creare il proprio sistema di vita. Meglio sarebbe designare le persone che accettano le “verità” di regime con l’epiteto di “sprovveduti” o “babbei”.

I tratti psicologici di costoro sono pochi e facilmente individuabili, mentre sono numerose le categorie cui appartengono i grulli: si spazia dagli pseudo-intellettuali convinti che il 9 11 è un attentato dei “terroristi islamici” ai peones che si emozionano solo per il calcio e due poppe televisive, passando per la zona grigia di chi a volte è pure sfiorato da qualche dubbio o pungolato da una curiosità, ma che alla fine sprofonda nelle solite idiozie governative e nel soffice divano davanti allo schermo.

Il carattere distintivo di quest’accozzaglia è la pigrizia mentale associata talora ad arrogante sicumera.

L’establishment ha escogitato mille espedienti per tenere a bada i polli che si credono aquile reali: uno dei più efficaci è l’uso del paralogismo, in luogo del sillogismo. Com’è noto, il paralogismo è un procedimento deduttivo dall’apparenza logica, in cui, però, un’antinomia, una lacuna concettuale, una generalizzazione portano ad un esito errato [cioe' se ho capito bene e' come il discorso degli arcobaleni con i colori invertiti?]. Il paralogismo è percepito come un argomento solido ed irrefragabile. Il gonzo è gabbato a suon di logica pseudo-aristotelica.

La retorica è davvero arma potente, sia pure la dialettica strapaesana e rionale di un Matteo Renzi qualunque che sa come abbindolare il popolino, a colpi di anafore, di paragoni plebei e, appunto, di paralogismi. Sono poche le persone corazzate di fronte agli strali dell’ars dicendi: decodificare i messaggi impliciti, intuire i fini occulti della comunicazione, cogliere il paratesto e l’incidenza del rumore non è agevole, ma chi non è ne è capace è destinato ad essere invischiato nella colla della disinformazione e della pseudo-scienza... angelicata.

E’ incredibile quanti cittadini istruiti, spesso laureati si lascino ipnotizzare da codesti incantatori di... deficienti.

Possedere una laurea, persino insegnare all’università non è una garanzia contro la credulità e l’ignoranza. Gli atenei pullulano di cattedratici che vivono in un universo cartaceo, fittizio, all’oscuro dei veri processi che attraversano (e dilaniano) la storia. Sono gli stessi che poi sciamano nei simposi dove, quando non si prefiggono fini di propaganda, tediano un pubblico fatuo con le dissertazioni più improbabili e bislacche. Fuori il mondo crolla, ma la conferenza è stata “molto interessante”.

Insomma, siamo assediati da paralogismi e da para...

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Tuesday, September 2, 2014

L'equazione

il cretino non crede a formule e diagrammi (tipo Appleman) e vuole trovare le equazioni per spiegare eventi caotici.
zretino, il tuo neurone e' la dimostrazione lampante del moto browniano

http://zret.blogspot.ch/2014/09/lequazione.html

L'equazione


Esisterà pure un’equazione per predire in che modo le singole gocce di uno zampillo, istante dopo istante, si dispongono nella loro caduta. Di volta in volta, molteplici fattori influiscono sulla configurazione, sulla velocità e la traiettoria delle stille d’acqua: l’energia cinetica, la gravità, l’attrito dell’aria, il rimbalzo delle gocce sulla conca della fontana, il cozzo tra le stille stesse, un improvviso soffio di vento, i granelli del pulviscolo atmosferico…: sono tutti parametri e variabili che è necessario calcolare per costruire il diagramma di un fenomeno tanto complicato, solo in apparenza casuale.

Non so se qualcuno si sia mai cimentato in un’impresa così ingrata: d’altronde a chi interesserebbe poter descrivere la conformazione degli spruzzi nell’istante x1, x2, x3 etc.? Quale vantaggio pratico se ne potrebbe ricavare?

La vita umana assomiglia al getto d’acqua: ha una sua logica, una sua compagine persino matematica, ma destinate a rimanere inconoscibili. Per conoscerle, infatti, dovremmo sapere le caratteristiche precise di tutti gli stati e gli istanti che compongono l’esistenza. Le correlazioni, le “cause”, gli incastri, i rapporti non sono infiniti, ma comunque ammontano ad un numero esorbitante.

E’ singolare che ogni vita, pur nella sua inesorabile finitezza, contenga in sé quasi l’infinito.

La vita è dunque un’equazione, la cui mirabile complessità pare celare una ratio. La vita è un’equazione di cui non conosciamo la risoluzione.

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Wednesday, October 9, 2013

L’assurda razionalità del Tutto


http://zret.blogspot.com/2013/10/lassurda-razionalita-del-tutto.html

L’assurda razionalità del Tutto

Il reale è irrazionale e l’irrazionale è reale… purtroppo.

Gli atei ed i razionalisti affermano che il male non esiste. Hanno perfettamente ragione, se si analizza la realtà solo attraverso strumenti razionali. E’ singolare che gli spiritualisti ed i materialisti, pur agli antipodi, concordino su tale punto, adducendo diverse motivazioni: il mysterium iniquitatis non sussiste. Logici e matematici pensano che il mondo possa essere compreso per mezzo della logica. Essa dimostra che il male non è nelle cose, ma nelle interpretazioni. Peccato che l’universo non sia logico, essendo autocontraddittorio.

Certo, il bene ed il male sono categorie umane, valori che gli uomini attribuiscono agli enti. La Natura di per sé non è (o pare?) né malvagia né benevola: essa è quella che è. Siamo noi a vedere in un terremoto il male e in un tramonto dai colori rutilanti il bene. Il ghepardo che caccia e divora la gazzella non è malvagio: è nella sua natura predare degli erbivori di cui si ciba.

Tuttavia il male ed il bene non risiedono tanto in un’esegesi antropocentrica e negli influssi deleteri o benefici che gli eventi esercitano su ognuno di noi. Il male è anche nella mancanza di senso, nell’irrazionalità dell’essere. Qual è lo scopo di tutto questo? Che fine hanno il cosmo, l’esistenza, il dolore? La domanda metafisica per miscredenti e scienziati razionalisti è priva di significato. Essi si richiamano a tutti quei filosofi antichi e moderni che hanno constatato la verità effettuale, ponendo dinanzi all’uomo lo spettacolo di un universo la cui unica giustificazione è nell’assenza di ogni giustificazione.

Spesso gli irreligiosi celebrano Lucrezio che nel “De rerum natura” distrugge le illusioni umane: la chimera dell’immortalità, della Provvidenza, di un premio per i giusti e di una punizione per i reprobi... La Natura è indifferente alla condizione delle sue creature, siano piante, animali, uomini. I cicli cosmici sono una perenne aggregazione e disgregazione di atomi. Dopo la morte si sprofonda nel nulla, lo stesso nulla da cui si proviene.

Eppure Lucrezio sembra a tratti ribellarsi a questa raggelante visione o, meglio, denunciarne l’assurda razionalità. Se il poema si apre con l’inno a Venere, immagine della vita e dell’energia, si conclude con la drammatica descrizione della “pestilenza” che dilagò ad Atene durante la prima fase della Guerra del Peloponneso. La morte e la distruzione paiono abitare nel cuore dell’universo, essere il sigillo di una realtà votata all’insignificanza, al disfacimento.

E’ appunto nella gratuità, nel gioco assurdo del caso che si incarna il male. E’ veramente così? Non lo sappiamo. E’ indubbio che spesso così ci sembra. Per questo motivo il poeta e romanziere Marino Moretti può suggellare una sua accorata e bellissima lirica con il verso: “Così parve la vita, senza scopo”.

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Tuesday, August 6, 2013

Concreto-astratto

http://zret.blogspot.it/2013/08/concreto-astratto.html

Concreto-astratto


Ancora oggi le grammatiche insistono, allorquando è illustrato il sostantivo, sulla distinzione tra concreto ed astratto. E’ in primo luogo una dicotomia e, come tutte le dicotomie, presuppone una concezione dualistica. Non solo, tale divisione è di natura ontologica e non linguistica. Vero è che la lingua è lo strumento in cui la realtà è interpretata e persino “creata”, poiché un fenomeno si sporge nell’esistenza, nel momento in cui è denotato.

Tuttavia l’antitesi astratto – concreto, inserita ex abrupto in un discorso morfologico, è forviante. Ad essa soggiace una complessa valenza filosofica e non può essere proposta come un’ovvietà. Che cosa significa “concreto”? La materia è “concreta”? Ne siamo certi? Il nome “Dio” è collegato ad un referente concreto o astratto? “Amore” è un sostantivo astratto, poiché il denotatum non è tangibile? E’ evidente che questa opposizione, più di molte altre, è non solo di sconvolgente superficialità, ma pure propaga la faciloneria fra gli studenti già vittime di plagi quotidiani.

Semmai bisogna indugiare sulle ragioni per cui i sistemi linguistici tendono a costruire delle coppie: attivo – passivo; singolare – plurale; maschile – femminile; transitivo – intransitivo etc. Quest’impianto dicotomico probabilmente rispecchia l’attuale funzionamento della mente umana, la contrapposizione tra emisfero destro e sinistro. [1]

L’architettura dualista dei codici, lungi dall’essere connaturata all’uomo, è il risultato di un processo con cui si è persa una duttilità linguistico-cognitiva nonché la ricchezza dell’espressione poetica. Molti idiomi antichi (si pensi, ad esempio, al greco ed al sassone) erano triadici. Tra singolare e plurale esisteva il trait d’union del duale; fra attivo e passivo si poneva il congiungimento del medio. Tracce di un’ossatura tripartita oggi sono disseminate nelle lingue contemporanee, come fossili, come relitti morfologici. Tra gli idiomi indoeuropei solo lo sloveno ha conservato il duale.

Il movimento involutivo che ha condotto all’estinzione del tertium datur pare, allo stesso tempo, “causa” e “conseguenza” di una regressione concettuale. Tale declino spinge gli uomini di oggi a “pensare” in modo manicheo, ad escludere dal ragionamento l’eventualità di una terza via, le sfumature, le gradazioni… [2]

Il “pensiero” si è divaricato in una “logica” che non coincide con una forma mentis aristotelica, piuttosto con un infantile e del tutto emotivo “mi piace vs. non mi piace” (Facebook docet) o anche “ci credo vs. non ci credo”. Ecco che ci schiera con una parte o con un’altra, in un aut aut che ricorda le veementi ed irrazionali partigianerie “sportive”. Dalla glottologia alle reazioni pavloviane in àmbito “politico” il passo è breve.

Tanti secoli di filosofia si sono inceneriti in bambinesche attrazioni-repulsioni. Come si può ritenere che si generino forme di consapevolezza e brilli qualche intuizione, se la ri-flessione si è tanto appannata? L’intelletto tende a distanziare, a separare, smarrendo l’unità. L’emisfero destro ed il sinistro non comunicano, non interagiscono: si rimane scissi, la concettualizzazione diventa schizofrenica. Il linguaggio dia-bolico si è incantato con il suo “nel senso che”.

Il lògos si è plastificato nell’incastro dei mattoncini Lego.

[1] La dualità in oggetto ri-specchia e pro-duce una dualità che inerisce a molti aspetti del mondo fenomenico, mentre l’anello di congiunzione è un ri-flesso dell’essenza.

[2] L’altra faccia di questo non-pensiero è l’assenza totale di discernimento per cui vero e falso sono intercambiabili, anzi confusi nella stessa grisaille.



Saturday, August 3, 2013

Il Nulla è Tutto: paradigmi e paradossi della cosmologia

http://zret.blogspot.it/2013/08/il-nulla-e-tutto-paradigmi-e-paradossi.html

Il Nulla è Tutto: paradigmi e paradossi della cosmologia

Wednesday, August 17, 2011

Paradossi

http://zret.blogspot.com/2011/08/paradossi.html

Paradossi

E’ possibile ricondurre il mondo entro semplici modelli interpretativi? E’ una domanda retorica. Il mondo è come una sfera che avvolgiamo con un foglio: si formano delle grinze.[1] Il senso comune imperniato su concezioni convenzionali e, pur nella loro complessiva comodità, arbitrarie può ambire solo ad una scarsissima validità filosofica.[2]

Il reale è autocontradditorio ed inconoscibile nella sua essenza: per questo motivo alcuni indirizzi logici l’hanno escluso dall’indagine o collocato sullo sfondo, concentrandosi sulla natura del linguaggio e sulla formalizzazione del metodo. E’ quindi un lavoro di chiarificazione concettuale, più che un’elaborazione di visioni della realtà. L’impegno dei neo-empiristi nel tentativo di costruire un sistema “scientifico” ed “esatto”, con l’obiettivo di rifondare la conoscenza su basi puramente empiriche, previa strutturazione di un linguaggio unificato ed univoco della scienza, si scontra con l’impossibilità di razionalizzare del tutto il mondo “là fuori”.

I logici privilegiano giudizi analitici, come “I corpi sono estesi”: sono enunciati che non implicano un accrescimento di conoscenza e contenenti comunque un residuo empirico, nella fattispecie l’esperienza dei corpi e dell’estensione nello spazio. Così il filosofo e logico statunitense W. O. O. Quine nega che si sia riusciti ad indicare criteri capaci di condurre ad una sicura individuazione delle pretese asserzioni analitiche, giungendo a teorizzare un empirismo senza dogmi, secondo il quale non esistono proposizioni prive di contenuto empirico e “vere” unicamente in virtù del significato delle parole che vi compaiono. Sono dunque contestate sia l’esistenza di “verità” analitiche sia la base logica delle “verità” logico-matematiche. Ne consegue un ridimensionamento del carattere “oggettivo” reputato intrinseco alle concezioni scientifiche.

In altre parole: allontanarsi del tutto dall’esperienza è impossibile e, quanto più ce ne discostiamo, tanto più ci si avvicina alla tautologia. Jorge Luis Borges, che non è filosofo né logico, intuisce la natura intransitiva, autoreferenziale del linguaggio, quando scrive: “Parlare significa incorrere in tautologie”.[3]

Uscire dal circolo della tautologia significa affrontare o riaffrontare le grandi questioni su cui cozza il pensiero, con la coscienza che non possono essere esaurite e definite, perché, se si presumesse di poterle circoscrivere e spiegare in toto, si cadrebbe nel dogmatismo che è in antitesi al pensiero.

La riflessione non può atrofizzarsi in schemi, ma neppure adagiarsi sul giudizio verosimile, sul principio consolidato. Così è necessario abituarsi a sovvertire i termini di ciascun problema: l’effetto può precedere la causa, la materia può non essere concreta, il libero arbitrio può essere un’idea fallace, il tempo e lo spazio possono non essere costanti universali, l’idea può essere anteriore all’oggetto, le leggi fisiche possono non essere normative… Mettere in discussione i pre-concetti è il punto di partenza; la meta è solo una tappa. Bisogna ricordare che, se l’universo è di per sé, contro-intuitivo, qualsiasi indagine, anche la più sistematica e formale, è destinata ad imbattersi nella contraddittorietà. Una traccia di incongruenza è ineliminabile: come quando si crea il vuoto in un contenitore, resta sempre un residuo di energia. Molte situazioni, un po’ come le proposizioni di Gödel,
sono indecidibili, poiché la realtà è simile ad un ipertesto in continua espansione.

Il filosofo serbo, naturalizzato statunitense, Thomas Nagel, elenca i principali nodi del pensiero contemporaneo: il problema delle altre menti (come sappiamo che esistono altre menti oltre la nostra?), la relazione tra mente e corpo, l’essenza del significato linguistico, la libertà, il tema della giustizia…

E’ arduo fornire delle risoluzioni di tali interrogativi, ma è più importante il fuoco delle domande che l’acqua estinguente delle presunte, ipotetiche risposte.

[1] L’efficace immagine non è mia, ma di un amico. Tempo fa, esaminando un soggetto affine, ricorsi alla metafora delle formelle che, a causa di una loro non perfetta configurazione, non si incastrano negli spazi relativi.

[2] Sarebbe interessante discernere quanto di questo ragionamento comune cui soggiace una logica binaria dipenda da fattori culturali e quanto dalla struttura bipartita del cervello, ma è argomento che esula dai confini del presente articolo. Inoltre tale domanda replica un’articolazione binaria che è proprio quella da cui si dovrebbe tentare di rifuggire.

[3] Giudizi analitici e tautologie tendono ad assomigliarsi: si pensi all’enunciato “Se piove, allora piove” che è un’asserzione analitica, come “E’ vero solo ciò che è vero”, l’originale ed arguto motto dell’eccelso Romeo, il guitto del Colosseo.