http://zret.blogspot.it/2013/08/concreto-astratto.html
Concreto-astratto
Ancora
oggi le grammatiche insistono, allorquando è illustrato il sostantivo,
sulla distinzione tra concreto ed astratto. E’ in primo luogo una
dicotomia e, come tutte le dicotomie, presuppone una concezione
dualistica. Non solo, tale divisione è di natura ontologica e non
linguistica. Vero è che la lingua è lo strumento in cui la realtà è
interpretata e persino “creata”, poiché un fenomeno si sporge
nell’esistenza, nel momento in cui è denotato.
Tuttavia l’antitesi astratto – concreto, inserita ex abrupto in un discorso morfologico, è forviante. Ad essa soggiace una complessa valenza filosofica e non può essere proposta come un’ovvietà. Che cosa significa “concreto”? La materia è “concreta”? Ne siamo certi? Il nome “Dio” è collegato ad un referente concreto o astratto? “Amore” è un sostantivo astratto, poiché il denotatum non è tangibile? E’ evidente che questa opposizione, più di molte altre, è non solo di sconvolgente superficialità, ma pure propaga la faciloneria fra gli studenti già vittime di plagi quotidiani.
Semmai bisogna indugiare sulle ragioni per cui i sistemi linguistici tendono a costruire delle coppie: attivo – passivo; singolare – plurale; maschile – femminile; transitivo – intransitivo etc. Quest’impianto dicotomico probabilmente rispecchia l’attuale funzionamento della mente umana, la contrapposizione tra emisfero destro e sinistro. [1]
L’architettura dualista dei codici, lungi dall’essere connaturata all’uomo, è il risultato di un processo con cui si è persa una duttilità linguistico-cognitiva nonché la ricchezza dell’espressione poetica. Molti idiomi antichi (si pensi, ad esempio, al greco ed al sassone) erano triadici. Tra singolare e plurale esisteva il trait d’union del duale; fra attivo e passivo si poneva il congiungimento del medio. Tracce di un’ossatura tripartita oggi sono disseminate nelle lingue contemporanee, come fossili, come relitti morfologici. Tra gli idiomi indoeuropei solo lo sloveno ha conservato il duale.
Il movimento involutivo che ha condotto all’estinzione del tertium datur pare, allo stesso tempo, “causa” e “conseguenza” di una regressione concettuale. Tale declino spinge gli uomini di oggi a “pensare” in modo manicheo, ad escludere dal ragionamento l’eventualità di una terza via, le sfumature, le gradazioni… [2]
Il “pensiero” si è divaricato in una “logica” che non coincide con una forma mentis aristotelica, piuttosto con un infantile e del tutto emotivo “mi piace vs. non mi piace” (Facebook docet) o anche “ci credo vs. non ci credo”. Ecco che ci schiera con una parte o con un’altra, in un aut aut che ricorda le veementi ed irrazionali partigianerie “sportive”. Dalla glottologia alle reazioni pavloviane in àmbito “politico” il passo è breve.
Tanti secoli di filosofia si sono inceneriti in bambinesche attrazioni-repulsioni. Come si può ritenere che si generino forme di consapevolezza e brilli qualche intuizione, se la ri-flessione si è tanto appannata? L’intelletto tende a distanziare, a separare, smarrendo l’unità. L’emisfero destro ed il sinistro non comunicano, non interagiscono: si rimane scissi, la concettualizzazione diventa schizofrenica. Il linguaggio dia-bolico si è incantato con il suo “nel senso che”.
Il lògos si è plastificato nell’incastro dei mattoncini Lego.
[1] La dualità in oggetto ri-specchia e pro-duce una dualità che inerisce a molti aspetti del mondo fenomenico, mentre l’anello di congiunzione è un ri-flesso dell’essenza.
[2] L’altra faccia di questo non-pensiero è l’assenza totale di discernimento per cui vero e falso sono intercambiabili, anzi confusi nella stessa grisaille.
Tuttavia l’antitesi astratto – concreto, inserita ex abrupto in un discorso morfologico, è forviante. Ad essa soggiace una complessa valenza filosofica e non può essere proposta come un’ovvietà. Che cosa significa “concreto”? La materia è “concreta”? Ne siamo certi? Il nome “Dio” è collegato ad un referente concreto o astratto? “Amore” è un sostantivo astratto, poiché il denotatum non è tangibile? E’ evidente che questa opposizione, più di molte altre, è non solo di sconvolgente superficialità, ma pure propaga la faciloneria fra gli studenti già vittime di plagi quotidiani.
Semmai bisogna indugiare sulle ragioni per cui i sistemi linguistici tendono a costruire delle coppie: attivo – passivo; singolare – plurale; maschile – femminile; transitivo – intransitivo etc. Quest’impianto dicotomico probabilmente rispecchia l’attuale funzionamento della mente umana, la contrapposizione tra emisfero destro e sinistro. [1]
L’architettura dualista dei codici, lungi dall’essere connaturata all’uomo, è il risultato di un processo con cui si è persa una duttilità linguistico-cognitiva nonché la ricchezza dell’espressione poetica. Molti idiomi antichi (si pensi, ad esempio, al greco ed al sassone) erano triadici. Tra singolare e plurale esisteva il trait d’union del duale; fra attivo e passivo si poneva il congiungimento del medio. Tracce di un’ossatura tripartita oggi sono disseminate nelle lingue contemporanee, come fossili, come relitti morfologici. Tra gli idiomi indoeuropei solo lo sloveno ha conservato il duale.
Il movimento involutivo che ha condotto all’estinzione del tertium datur pare, allo stesso tempo, “causa” e “conseguenza” di una regressione concettuale. Tale declino spinge gli uomini di oggi a “pensare” in modo manicheo, ad escludere dal ragionamento l’eventualità di una terza via, le sfumature, le gradazioni… [2]
Il “pensiero” si è divaricato in una “logica” che non coincide con una forma mentis aristotelica, piuttosto con un infantile e del tutto emotivo “mi piace vs. non mi piace” (Facebook docet) o anche “ci credo vs. non ci credo”. Ecco che ci schiera con una parte o con un’altra, in un aut aut che ricorda le veementi ed irrazionali partigianerie “sportive”. Dalla glottologia alle reazioni pavloviane in àmbito “politico” il passo è breve.
Tanti secoli di filosofia si sono inceneriti in bambinesche attrazioni-repulsioni. Come si può ritenere che si generino forme di consapevolezza e brilli qualche intuizione, se la ri-flessione si è tanto appannata? L’intelletto tende a distanziare, a separare, smarrendo l’unità. L’emisfero destro ed il sinistro non comunicano, non interagiscono: si rimane scissi, la concettualizzazione diventa schizofrenica. Il linguaggio dia-bolico si è incantato con il suo “nel senso che”.
Il lògos si è plastificato nell’incastro dei mattoncini Lego.
[1] La dualità in oggetto ri-specchia e pro-duce una dualità che inerisce a molti aspetti del mondo fenomenico, mentre l’anello di congiunzione è un ri-flesso dell’essenza.
[2] L’altra faccia di questo non-pensiero è l’assenza totale di discernimento per cui vero e falso sono intercambiabili, anzi confusi nella stessa grisaille.
Moriremo tutti!!!!
ReplyDeletehttp://anonymouse.org/cgi-bin/anon-www_de.cgi/http://www.segnidalcielo.it/2013/08/05/edward-snowden-parla-di-disastrose-eruzioni-solari-a-settembre-2013/
Ma sto Snowden sa tutto....
Si, l'altro giorno mi ha detto dove andare in vacanza!
Deleteczretino ma non dovresti essere in vacanza?
ReplyDeleteInfatti, io sono appena uscito dall'acqua dopo un bagno di 3 ore e questo passa l'estate a farsi le pippe?
DeleteMa si può essere più falliti?
Zretino, sei un fallito.
Strakkino, sei un coglione.
Ubi maior, Strakkino cessat.
Dopo le prime righe m'ha preso una dicoglionia concreta e astratta, ma c'è qualcuno che riesce a leggere tutti i vaneggi del czretino per intero?
ReplyDeleteÉ un post talmente confuso, convoluto, arzigogolato, con un non necessario uso linguaggio barocco che penso solo zretino riesca a capirlo. Anzi penso che nemmeno lui l'abbia capito, in quanto mi sembra che abbia scritto mettendo insieme in modo casuale una sfilza di paorole, spesso desuete e fuori contesto
ReplyDeleteVero è che la lingua è lo strumento in cui la realtà è interpretata e persino “creata”, poiché un fenomeno si sporge nell’esistenza, nel momento in cui è denotato.
ReplyDeleteSe ho ben capito (e trattandosi di una zretaggine mai si può essere certi di ciò) in questa frase c'è molta della "filosofia" di zret.
"Sia la scia chimica". E la scia chimica fu.
E' un po' questa l'idea del professorucolo che mai ha messo il naso fuori di casa e non ha idea di cosa sia un prato se non per averlo letto in qualche libro.
A lui, e a quelli come lui è destinato l'invito di Galileo (che zret di sicuro non ha mai letto)
Però, signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta.
Al massimo c'è la concessione che per zret il mondo, oltre che essere quello di carta, è anche quello dei gigawatt di byte.
Non ho il tempo per farlo ma mi piacerebbe generare una grammatica simile a quella usata da Zret da usare nel programma Polygen:
ReplyDeletehttp://polygen.org/
Ricopio la definizione del Polygen:
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Cos'è il Polygen
Il Polygen è un programma che genera frasi casuali secondo una definizione grammaticale, ovvero seguendo un corpus programmabile di regole sintattiche e lessicali.
Formalmente è un interprete di un metalinguaggio che permette di definire linguaggi.
Interpretare, in generale, significa eseguire un programma ed infine riportarne il risultato; nel caso del Polygen il programma è una grammatica sorgente, l'esecuzione consiste nell'esplorazione di tale grammatica lungo un percorso casuale ed il risultato consiste in una frase.
Sebbene il Polygen sia quindi un programma abbastanza serio, in quale maniera più nobile potrebbe essere utilizzato se non come strumento di parodia di abitudini, stereotipi e trend di questa disgraziata epoca?
I principi della parodia sono, prima, mettere a fuoco una tematica ridicola, poi, astrarne regole e schemi (nella fattispecie in termini di una definizione grammaticale) tramite i quali riprodurla attraverso lo strumento della variazione.
E la casualità è perfetta a questo scopo grazie al suo comportamento imprevedibile e asemantico.
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Vero è che gli scritti di zret da comprendere difficili sono.
ReplyDeleteMaestro Yoda, sembra egli, per come frasi costruisce.
Non dai, non accostare il modo di parlare del Maestro Yoda agli sproloqui di zretino ;)
Deletema per carità Maestro Yoda quel che dice sa.
Deletezret non sa un accidente e sproloquia ancora peggio.
La mia più piena solidarietà agli studenti di zret che devono sopportare puttanate del genere quotidianamente.
Dalla discarica: un commento del pro-fesso-re
ReplyDeleteZret martedì, agosto 06, 2013 10:32:00 AM
Paolo, non se ne salva neanche uno o perché sono inetti o perché bricconi. Li condannerei TUTTI ai lavori forzati nelle miniere.
Lui che parla di lavoro...
A cominciare dal fratello Strakkino?
DeleteZretino, sei un fallito.
Strakkino, sei un coglione.
Ubi maior, Strakkino cessat.
Peró, mi dispiace per tutti i Rosario e Antonio Marcianó che si trovano ad avere come omonimi i due quaquaraqá zret e straker ...
ReplyDeleteQuando ho letto "forviante" non ce l'ho fatta a proseguire ...
ReplyDeleteSecondo me lo pagano un tanto a parola.
ReplyDeleteDiversamente non mi spiego lo scopo di queste supercazzole prive di senso. Oh dio, non che la stessa esistenza di un personaggio cosi' abbia un senso...
E chi sarebbe tanto demente da pagare il professoruncolo fallito per le vaccate che scrive ?
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