L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Friday, February 1, 2013

Appunti e disappunti e annesse idiozie di un frustrato


http://zret.blogspot.it/2013/02/appunti-e-disappunti.html

Appunti e disappunti

Qualcuno l’altro giorno mi ha chiesto se credo nel soprannaturale. [iniziamo bene... Il solito fake?] Credere... siamo costretti a credere, perché non riusciamo a vivere il sublime. Soprannaturale? Come se sapessimo che cosa sia la natura, di cui oggi aleggiano solo livide larve, come se sapessimo per quale ragione l’universo si sia paralizzato nel mutismo degli spazi vuoti, neri.

Il pianeta sta agonizzando: l’esistenza si consuma sotto un cielo acrilico. Ci hanno cancellato la luce, sottratto il tempo imprigionato nelle scadenze, nei ritmi aridi di giorni tutti uguali, uno più disgregato dell’altro. Ci intossicano la mente ed il corpo.

Di fronte all’enigma alcuni ci sanno solo ammannire teorie: buttano un’equazione qui, una matrice là; snocciolano astrusità e fumisterie e tutto è chiaro, spiegato, finalmente. Altri spiattellano elucubrazioni “esoteriche”, ma sono riti e concetti insulsi, cialtroneschi, [esatto. Come al solito, autoreferenziale] caricature di parodie.

Certi si angustiano perché l’umanità, di questo passo, si estinguerà, ma non si sono accorti che l’uomo si è già estinto.

Con chi coabiteremo nel deserto? [ma chi minchia vuoi che coabiti con un iettatore quale sei tu? Giusto un fratello minus habens]

Perché tutto questo? Perché il mondo è al contrario? E’ un luogo dove si è costretti a camminare capovolti. Né i dogmi né le astrazioni sono risposte. Cianfrusaglie: ne abbiamo a bizzeffe.

Forse soltanto chi non ha compreso ha intuito, ma la parola che definisca la terrificante meraviglia della vita non è stata ancora pronunciata. 


 

Monday, April 23, 2012

Lunatic moon

http://zret.blogspot.co.uk/2012/04/lunatic-moon.html

Lunatic moon

Vorrei valorizzare e ripristinare il semplice gesto di guardare in alto. (J. Hillmann)

Nel racconto intitolato “L’incantesimo della natura”, Dino Buzzati narra di Adolfo Lo Ritto, pittore e decoratore, il cui menage con la moglie Renata, molto più giovane di lui, è rovinato da continue liti ed incomprensioni. Una sera la donna rincasa tardi, dopo aver trascorso – a suo dire – la serata al cinematografo con un’amica. L’uomo, però, pensa che la consorte lo tradisca e la provoca: ella reagisce con volgari insulti. Quindi, per troncare l’alterco, va alla finestra e si affaccia al davanzale…

All’improvviso, sgomenta chiama Alfonso esortandolo a guardare: “Era la Luna, ma non la placida abitatrice delle notti, propizia agli incantesimi d’amore, discreta amica al cui lume favoloso le catapecchie diventano castelli, bensì uno smisurato mostro butterato di voragini. Per un ignoto cataclisma siderale, essa era paurosamente ingantita ed ora, silente, incombeva sul mondo, spandendovi un’immota ed allucinante luce, simile a quella dei bengala.”

Di fronte allo spaventevole spettacolo, mentre si odono schianti di imposte aperte e sbattute, richiami, urla d’orrore, Renata, stringendosi ad Adolfo, lo prega di perdonarla per la sua freddezza. Infine un infernale boato echeggia dalle viscere del mondo… [1]

La potente fantasia di Buzzati ci proietta in uno scenario forse non così implausibile: la Luna potrebbe deviare dalla sua orbita per accostarsi alla Terra o per allontanarsene. Di recente sono state osservate delle anomalie riguardanti Selene: stando ad osservazioni di astrofili, il “nostro” satellite avrebbe subito una rotazione di circa 20 gradi per disvelare parte del suo volto tenebroso. Fu nel gennaio del 2001 che si principiò a notare qualche stranezza: oltre alla rotazione, uno schiacciamento dei poli in concomitanza con un ulteriore indebolimento del campo magnetico terrestre, attenuazione che data dal I sec. d. C.. La N.A.S.A. stessa, quasi sempre incline a censurare ed a disinformare, ha comunicato che le dimensioni del disco lunare si sono accresciute. È’ dovuto ad un avvicinamento? [2]

Il fenomeno si nota soprattutto quando il corpo celeste si trova all’orizzonte: allora appare grosso modo più grande rispetto al normale del 14 per cento nonché più luminoso.

E’ facile intuire quali conseguenze potrebbe determinare una Super Moon: maree, terremoti, crescita delle piante, comportamento di uomini ed animali etc. dipendono dagli influssi del satellite e ci limitiamo alla Selene visibile… La coppia Terra-Luna può essere reputata come un microsistema planetario, viste la notevole mole del satellite che, per una serie di incredibili coincidenze, ruota attorno a Gaia in modo da mostrare sempre lo stesso lato.

Non è l’unico mistero che avvolge la Luna: satellite naturale o, come si azzarda, artificiale, una specie di Morte Nera, come nella saga fantascientifica “Star wars”? Landa disabitata o avamposto di civiltà esterne? Corpo “reale” o proiezione olografica, come sostiene qualcuno? Che cosa si cela poi sulla dark side? [3]

Non sappiamo se, per eventi siderei inattesi, la Luna stia mutando la sua posizione nel firmamento o se, in questo gioco di specchi che è l’universo, stiamo guardando riflessi di riflessi ed ombre di ombre. Resta un dato di fatto: qualcosa nel cosmo, in questo annus fatidicus, appare cambiato e forse tali cambiamenti, che non riguardano solo la Luna né solo i fenomeni, sono il preludio di una più profonda trasformazione.

La breve storia di Buzzati, oltre ad essere un mirabile saggio di bravura nel sapiente spartito narrativo e per l’incantato realismo, è un implicito monito a non indulgere alle ingombranti quisquilie della vita quotidiana, uno sprone a guardare oltre. Sempre.

[1] Il testo appartiene alla raccolta “Sessanta racconti”.

[2] Nella serie televisiva di fantascienza “Spazio 1999”, ideata nel 1973 da Gerry e Sylvia Anderson, si immagina che un’esplosione nucleare sbalza la Luna dalla sua orbita. La finzione talvolta si intreccia alla realtà.

[3] Alcuni ricercatori pensano che anche Phobos, uno dei due satelliti di Marte, sia artificiale… un’ipotesi lambiccata?

Articolo correlato: Freeskies, Rotazioni lunari, 2012

Monday, March 26, 2012

11 febbraio 2012: un monstrum a Mortegliano

http://zret.blogspot.co.uk/2012/03/11-febbraio-2012-un-monstrum.html

11 febbraio 2012: un monstrum a Mortegliano

11 febbraio 2012. Sabato sera. Leonard D’Andrea, ventiquattro anni, operaio chimico che vive a Codroipo, sta rientrando da Palmanova a Codropio. Sono le 23.20 – come racconta D’Andrea – quando arriva all’altezza della nuova rotatoria di Mortegliano. Vede alcune auto ferme. Il giovane scende dalla sua vettura e... "Davanti a me c’era una strana creatura che camminava lungo la strada. Era alta, molto alta, forse quatrro metri. Ho preso la torcia e l’ho illuminata e ho notato, essendo di schiena, che nella parte posteriore delle gambe c’era come un groviglio di tendini. La testa aveva una forma tondeggiante che terminava quasi a cono. Ho provato a telefonare ed a scattare foto, ma il cellulare era inservibile. Questa “creatura” camminava lungo la strada incurante delle auto. […]. All’improvviso, quando è sopraggiunta un’auto dalla direzione di Codroipo e ha cominciato a lampeggiare e a suonare il clacson, la ‘creatura’ si è dileguata nel buio. Spero che gli altri testimoni si facciano vivi”.

Del caso si è subito interessato l’ufologo Antonio Chiumento che ha raccolto la testimonianza del giovane e cercato riscontri: sembra ne abbia reperito uno, ossia un messaggio di posta elettronica ricevuto da un allevatore di struzzi abitante in zona. Costui avrebbe notato che il recinto del suo allevamento “era stato aperto e che una ‘persona’ molto, molto alta camminava nei campi adiacenti la casa. L’uomo ha girovagato per diversi minuti. Ho provato a telefonare al 113, ma la linea era muta. Poi ‘quello’ è scomparso in lontananza”.

Come avviene spesso in simili circostanze, le indagini successive, invece di gettare luce sull’incontro ravvicinato, hanno intorbidato le acque e prodotto una ridda di polemiche, sberleffi, speciosi dibattiti… Più il tempo passa e più l’episodio si complica con fantomatiche fotografie della creatura, depistaggi, accuse, smentite. Come è ovvio, l’attenzione si è focalizzata sul teste (ma pare che non sia l’unico ad aver visto il gigante) per tentare di stabilirne la sincerità. Addirittura sono state condotte analisi inerenti alla mimica ed al linguaggio del corpo del giovane: dalle controverse ricerche risulterebbe che il suo racconto è frutto di invenzione.

E’ difficile districarsi nel labirinto, ma un dato è certo: sulla vicenda di Mortegliano si sono slanciate le mute dei disinformatori, contigui al C.I.C.A.P. “L’essere era uno struzzo!” Conclude con sicumera qualcuno, oppure “un uomo sui trampoli”. Altri pensa ad un’entità frutto di sperimentazioni genetiche o ad un ufonauta – chissà per quale recondito motivo – approdato nella provincia friulana.

Secondo la maggior parte degli esperti, però, D’Andrea ha avuto le traveggole o è stato vittima di una burla carnascialesca. Può darsi, ma è noto che molti avvistamenti sono contraddistinti da un alto tasso di stranezza: nella fattispecie la gigantesca statura dell’alieno e le aberrazioni elettromagnetiche. La sfida alla logica è sempre in agguato, quando si rasenta il mondo dell’ignoto. E’ plausibile che il testimone abbia deciso di esporsi alla gogna mediatica ed al ludibrio dei negazionisti per quindici minuti di popolarità televisiva?

L’accanimento dimostrato dagli insabbiatori di regime se non depone a favore del’autenticità del caso, conferma che le strategie della disinformazione si appuntano su temi il cui approfondimento potrebbe portare a scoprire qualche brandello di verità. L’ufologia è un campo che gli occultatori disseminano di mine.

Un ruolo poi potrebbe essere giocato pure dai militari: nel Friuli si trovano basi storiche della N.A.T.O. – famigerata quella di Aviano - e forse lo scenario delineato nella pellicola “The mist”, produzione in cui temerarie sperimentazioni compiute dall’esercito, aprono dei varchi interdimensionali attraverso cui penetrano creature spaventose, non appartiene solo alla fantasia più sbrigliata.

Il “Philadelphia experiment” è un imbroglio? Non lo sappiamo, ma siamo al corrente di esperimenti che vertono sulla manipolazione dei segmenti spazio-temporali. I sempre più frequenti boati che echeggiano in ogni parte del mondo sono da alcuni ricercatori correlati a sinistri test. Le tecnologie segrete spaziano negli ambiti più disparati e non si può scartare a priori l’idea che qualcosa di molto singolare sia stato concepito nei laboratori militari.

Si bollino pure queste congetture come fantasie o vaniloqui, ma il cittadino ignora che cosa si investighi davvero nei centri di ricerca. Altro che neutrini! O meglio, alla materia-energia sono carpiti segreti per fini oscuri. D’altronde gli studi che portarono alla fissione nucleare dapprincipio erano circonfusi da un alone occulto, quasi magico: fatto sta che quegli studi culminarono tragicamente nell’invenzione dell’arma nucleare. Arthur C. Clarcke ha scritto che “la scienza più avanzata è indistinguibile dalla magia”. Se è vero, è magia nera.

A proposito di nero… qualcuno a Mortegliano ha per avventura ricevuto la visita degli algidi Men in black?

Nota: il caso, con i vari sviluppi, è stato seguito in maniera meticolosa da Freeanimals. Si leggano gli articoli Il bestione ed Intervista con l’alieno, 2012.

Wednesday, March 7, 2012

Landscape (ovvero "La Vita è Bella")

http://zret.blogspot.com/2012/03/lanscape.html

Landscape


I cipressi stanno morendo: come tristi vegliardi scrutano rassegnati il cielo vuoto, opaco. Con volo ebbro, sola una rondine sega il cielo arido, sfregiato da bianche cicatrici. La luce soffoca dietro un velo: ansima debole sui declivi. Rotola un tuono metallico sulla città, cimitero dei vivi. Serrati nella notte di piombo, si sbriciola la cenere dei nostri sogni.

Saturday, January 14, 2012

Agenda

http://zret.blogspot.com/2012/01/agenda.html

Agenda

Non uso agende da anni. Quando le impiegavo, tendevo a dimenticarle in ogni dove o a smarrirle: sintomo freudiano... “Agenda” vale letteralmente “cose che devono essere fatte”: è un significato che implica una coercizione insopportabile. Altri tenga con sé codesti taccuini cartacei o elettronici per annotare impegni, appuntamenti, scadenze. Per quanto mi riguarda, ritengo che la condizione di grave schiavitù che schiaccia l’umanità odierna cominci dalle piccole costrizioni. Le catene ed i ceppi, prima di diventare tali, erano lacci. Le incombenze sono già insopportabili: non attribuiamo loro l’importanza che non meritano. I conformisti sono tali, non in quanto si sono adeguati all’ideologia imperante, ma giacché ne condividono i disvalori che hanno introiettato.

Non ci si può certo aspettare che l’uomo medio cominci a ragionare in modo autonomo e ad agire in maniera consapevole. Non basta! Oggigiorno sono rarissimi atti ed i discorsi che dipendono, non da coscienza, ma anche solo da una posa anticonformista. Chissà, potrebbe essere l’abbrivo per qualcosa di più sostanzioso.

Sono soprattutto le nuove generazioni ad essere irretite, ad essere vittime dell’omologazione: la mente di adolescenti e giovani è assemblata nelle fabbriche scolastiche. Gli “studenti” non hanno scampo: nella maggioranza dei casi sono plagiati da insegnanti a loro volta già condizionati. E’ un circolo vizioso. I pochi allievi che manifestano un barlume di personalità sono deviati verso lo scientismo, spacciato per strumento rivoluzionario, di critica dell’esistente. Negli istituti e negli atenei ormai imperversa la “scienza”, a danno delle discipline umanistiche. Reputate inutili, le humanae litterae sono state snaturate in decenni di didattica pseudo-strutturalista.

Si forgiano le leve destinate ad ingrossare le coorti degli apologeti del sistema: tanto ignoranti quanto tracotanti, essi subito indispongono a causa della loro morbosa passione per le formule, per l’ossessione per la retorica fine a sé stessa, per la mania della furbizia dialettica, soprattutto per l’abitudine ad evitare i problemi per concentrarsi sulle quisquilie. Non pensiamo, però, che costoro si distinguano dalla massa: non appena smettono i loro abiti “scientifici”, si confondono nel mucchio. Il conformismo e l’acquiescenza all’ideologia del potere sono la grigia sostanza di chi non ha materia grigia. La loro preparazione evapora, non appena il sito cui attingono a piene mani, per un motivo o per un altro, non è consultabile. All’apparenza liberi pensatori fno alla dissacrazione, sono, invece, integrati nella struttura dominante, più realisti del re.

Dove troveremo chi si ribelli? La ribellione è il rifiuto di accordare il proprio consenso al potere, anche quando si è costretti a subirne le angherie. Per ribellione non intendo una rivoluzione plateale, ma soprattutto l’ironia implacabile che denuncia e mette a nudo le ipocrisie degli apparati. L’ironia sia il pungiglione che resta conficcato nel corpo dell’aggressore, anche se l’imenottero cessa di vivere.

Tuesday, December 20, 2011

Natale a Sanremo: oscuramento globale

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Natale a Sanremo: oscuramento globale

Wednesday, November 30, 2011

Differenza, decadenza

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Differenza, decadenza

Si suole ripetere che il futuro appartiene alle nuove generazioni. E’ affermazione in parte retorica, sebbene sia vero che i giovani sono gli eredi, volenti o nolenti, di un mondo costruito (o distrutto) da chi li ha preceduti. Se si considerano in modo spassionato le nuove leve, bisogna, però, ammettere che se ne traggono ben poche ragioni di speranza in un futuro migliore.

Non sarà neanche del tutto colpa degli adolescenti e dei giovani attuali, ma, se solo confrontati con quelli di qualche decennio passato, si rileva una spaventosa decadenza. Non è un discorso da laudator temporis acti, bensì una constatazione.

Un esempio può essere sintomatico. Nel 1969 a Woodstock, cittadina degli Stati Uniti (stato di New York) si svolse nel 1969 un grande festival di musica rock, assurto a simbolo dell'aggregazione giovanile. L'evento fu contraddistinto da una pioggia torrenziale che fu scatenata attraverso la dispersione di composti chimici nelle nubi con il ricorso ad appositi aerei.

Un giovane, nell'ambito del documentario sul concerto tenutosi a Woodstock, così si espresse: "Ho qualcosa da dire: vorrei sapere perché quei porci fascisti inseminano le nuvole. Li ho visti passare più volte nell'ultima ora, con tutto quel fumo che usciva ed inseminava le nubi. Che cos'è quella roba che viene giù? Perché i media non riportano queste cose alla gente? Si, vi dico quello che sta accadendo. Li ho visti più volte: aerei di origine sconosciuta inseminano le nuvole e provocano la pioggia!"

Orbene, mi chiedo se oggi qualche ragazzo si accorgerebbe di un nubifragio provocato dal passaggio di aerei chimici (e sì che in questi ultimi tempi avviene spesso, mentre ogni giorno il cielo è deturpato da scie tossiche), dimostrando spirito di osservazione. Non solo: il pubblico del concerto accettò il temporale con gioia. Certo, fu un inconveniente, ma la pioggia fu accolta come un lavacro purificatore, come un piacevole diversivo. A ragione! Le piogge sono fecondatrici: in estate sopiscono la calura, sempre donano nutrimento alla terra ed ai suoi abitanti. Dopo un acquazzone l’aria è frizzante, il cielo, un po’ alla volta, si rasserena ed ampi spazi di azzurro terso si allargano tra nubi di un bianco scintillante. Purtroppo oggi la pioggia è stata demonizzata e sono proprio sovente i giovani ad inveire e ad imprecare, non appena cadono due gocce. Forse in futuro preferiranno dissetarsi, bevendo l’orina. De gustibus... [1]

Come sempre esistono le eccezioni: un drappello di appartenenti alle nuove stirpi è animato da curiosità intellettuale, spirito critico ed amore per la verità, ma l’eccezione, più che confermare la regola, ne sancisce la sua stolida supremazia.

Il discorso va poi esteso ai genitori degli “studenti” di oggi. Separati da un lasso temporale breve (i genitori non sono attempati) e soprattutto accomunati da una visione del mondo simile, una concezione che è il risultato di un pluridecennale plagio, genitori e figli, in dissidio su tutti i particolari, si trovano d’accordo sull’essenziale, in quanto avvilenti espressioni dello stesso sistema. E’ il medesimo sistema che fagocita e neutralizza, come fossero corpi estranei, quel gruppetto di liberi pensatori (forse basterebbe definirili “esseri umani”), a qualunque fascia d’età, classe o nazione essi appartengano.

Così incontreremo giovani che, pur non essendo malvagi, sono fatui, incapaci di sognare, attaccati al denaro ed alle cose non meno degli adulti: essi badano al loro “particulare”, noncuranti sia degli altri sia del loro futuro. Purtuttavia, giova ripeterlo, padri e madri non sono molto diversi dai loro rampolli. I primi, superficiali, prosaici, arroganti, egoisti... sono responsabili di un’educazione deleteria, ancorata a disvalori. Non crescono figli, ma assemblano automi. Confondono la cultura con il voto, la libertà con la licenza. La loro protesta sterile e settaria non sfiora mai le istituzioni, ma si scaglia contro la minoranza che non si integra. Anche le manifestazioni di liceali ed universitari contro i ministri della pubblica distruzione e le loro scandalose iniziative si concentrano su questioni meramente utilitaristiche, quando non vanno nella direzione sbagliata. Coloro, invece di rivendicare il diritto ad un sapere che non sia condizionato dagli organi istituzionali che hanno stravolto e stravolgono la storia e la scienza, si prefiggono l’aberrante obiettivo di una scuola informatizzata.

Che differenza rispetto ai fans di Woodstock! Velleitari, ingenui, anch’essi vulnerabili alle seduzioni della propaganda, erano, però, ancora una frangia non allineata in cui un filosofo come Herbert Marcuse poteva confidare per la costruzione di una società più giusta. Almeno quelli, pur con tutti loro limiti, sognavano un mondo migliore; oggi i teen agers ed i giovani reputano la Suburra in cui “viviamo” “il migliore dei mondi possibili”. Almeno quelli amavano la natura di un amore viscerale; oggi la tecnologia più bieca e distruttiva è l’idolo.

Vero è che tutte queste generazioni degenerate sono per lo più vittime di un potere perverso, ma talora le vittime sanno essere più feroci dei carnefici. Come i carnefici, prima o dopo, riceveranno la loro ricompensa o, meglio, esperimenteranno le conseguenze della loro abissale pochezza, della loro irredimibile ottusità.

[1] Le piogge artificiali degli anni precedenti al 2000 non erano pericolose quanto quelle attuali che sono prodotte per mezzo di batteri come lo Pseudomonas syringae e lo l'Escherichia coli.

The grand illusion

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The grand illusion

Nella disgrazia l'uomo è pronto a credere e, quando l'ingannatore lascia intravedere la fine dei mali incombenti, allora il misero s'abbandona tutto alla speranza (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica).

Ci aggrappiamo alle illusioni, pensando siano spuntoni di granito, quando sono fragili stalattiti.

Thursday, November 24, 2011

Fiume all'alba

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Fiume all'alba

Andrea Zanzotto (Pieve di Soligo, Treviso, 1921-2011) “dall’esordio di ‘Dietro il paesaggio’(1951) legato ad una particolare forma di elegia, ad un vivo senso della campagna veneta ed a tarde, decentrate suggestioni ermetiche, la sua ispirazione si è andata via via spostando attraverso ‘Vocativo’(1957) e ‘IX Ecloghe’ (1962) verso lo sperimentalismo formale e la percezione dell’invadenza della nuova realtà industriale e consumistica. Nelle poesie della silloge ‘La beltà’ (1968) tuttto è posto in discussione in un pullulare di sollecitazioni interne ed esterne… Nelle sue ultime raccolte la sua ricerca, ‘un dire infinitamente turbato’, si è arricchita di nuovi percorsi in un rimescolio sempre più vorticoso e magmatico di materiali linguistici: il latino, il provenzale, i formulari dei mass media, il dialetto veneto, le riprese auliche della tradizione petrarchesca, lo straordinario petel, il gergo infantile del Trevigiano”.(Dizionario della letteratura, Milano, 1999, s.v. Zanzotto)

La lirica “Fiume all’alba” si snoda in tre strofe ingolfate di repliche. L’invocazione ad una natura ormai larvale e marginalizzata si congestiona negli aggettivi, (infeconda tenebrosa e lieve incompiuta inquieta) ammucchiati come oggetti in un’opera di Arman, eppure frementi di una vita disperatamente amata nei suoi palpiti agonici, estremi. Il linguaggio dell’inanità, dell’incalzante impetrazione sbatte nella nevrosi. Il paesaggio si umanizza, vibrando di tremiti, odori e luci: si carica dell’inquietudine di esistere per trasfigurarsi in un delirio visionario. Così, mentre l’io lirico tenta di (ri)appropriarsi, anche attraverso l’inutile precisione della toponomastica, di luoghi e tempi,(caro acerbo volto) si sfianca in un’annominatio sgomenta (dispero della primavera), a dichiarare la perdita irrevocabile, definitiva.


Fiume all'alba
acqua infeconda tenebrosa e lieve
non rapirmi la vista
non le cose che temo
e per cui vivo

Acqua inconsistente acqua incompiuta
che odori di larva e trapassi
che odori di menta e già t'ignoro
acqua lucciola inquieta ai miei piedi

da digitate logge
da fiori troppo amati ti disancori
t'inclini e voli
oltre il Montello e di caro acerbo volto
perch'io dispero della primavera

Thursday, November 10, 2011

Psicologia

http://zret.blogspot.com/2011/11/psicologia.html

Psicologia

Ma che sa il cuore? Appena un poco di quello che è già accaduto. (A. Manzoni)

Hermann Hesse evidenzia che “la psicologia serve a scrivere libri, non a risolvere i problemi delle persone”. E’ nel giusto. In verità, la psicologia non è certo una scienza, ammesso che esistano oggigiorno delle scienze, ma un approccio empirico ed estemporaneo a situazioni umane eterogenee e difficilmente classificabili. Ho sempre rifuggito da quei discorsi in cui si prendono in esame gli esseri umani per inscriverli in categorie, in schemi. Si disquisisce sui pregi ed i limiti delle donne, sulle qualità ed i difetti dei giovani e via discorrendo, ma si ripetono solo luoghi comuni. Si pronunciano giudizi sulle relazioni interpersonali e persino si dispensano consigli su come interagire con il prossimo. Le banalità, anche se enunciate ex cathedra, restano banalità.

L’essere umano sfugge a facili modelli interpretativi, ad etichette: la complessità della dimensione psicologica sfida anche la più acuta analisi. Anzi, un’analisi vera sarà dialettica, paradossale, negatrice delle conclusioni cui, dopo un percorso accidentato, è addivenuta. I tipi psicologici sono tipizzazioni, simili ad immagini araldiche, semplificate di oggetti tridimensionali.

Per conoscere gli altri, bisognerebbe conoscere in primo luogo sé stessi. Il “gnòti sautòn” delfico e socratico non è tanto un invito all’introspezione, quanto una terribile sfida. Conoscere sé stessi significa impegnarsi in un’audace ricerca, in un viaggio non solo periglioso, ma la cui meta potrebbe essere simile ad un baratro spaventevole. A volte è meglio ignorare la propria natura più profonda. Superato l’istmo della coscienza, in quale regione tenebrosa e popolata di demoni, ci addentreremmo? O forse scopriremmo una terra radiosa, ma nella nostra condizione di caducità e di incompletezza, quella luce ci abbacinerebbe.

Sono riluttante dunque ad esprimermi, anche solo in modo interlocutorio, sugli altri, a definirli, a costringerli in “forme”. L’indole dell’individuo è insofferente di categorizzazioni e semmai, nella sua abissale sublimità, le si addice un’antitesi chiastica di Arrigo Boito che definì l’uomo “angelica farfalla e verme immondo”. Pure in questo caso, però, siamo al cospetto di una dicotomia che non rende la poliedricità della natura umana, con tutte le sfumature cromatiche dall’azzurro del Cielo al nero dell’Inferno. Con enorme sorpresa, forse un giorno scopriremo la generosità di un egoista o, vice versa, l’aridità di un filantropo.

Siamo nati sotto il segno della contraddizione e, per di più, in questi tempi finali, siamo intimamente scissi e disintegrati. Qualsiasi tentativo di catalogare e di chiarire è destinato ad arenarsi, a fallire.

Le tessere taglienti del singolo (un singolo che è pluralità) non si possono ordinare per ricostruirne l’immagine complessiva, senza ferirsi le mani.

P.s. Naturalmente la presente riflessione non riguarda gli automi.

Friday, November 4, 2011

Attrazione

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Attrazione

I nostri tempi manifestano un’attrazione patologica per il brutto. Il brutto è in primo luogo nell’invasione di una tecnologia ipertrofica che ha eclissato il naturale. Non chiediamoci per quale motivo la massa resti insensibile allo stupro dei paesaggi, degli orizzonti che, prima di essere ambienti, sono gli spazi interiori dove generazioni di artisti hanno effuso la loro anima ed attinto immagini, sensazioni e corrispondenze ispiratrici dei loro capolavori.

La tecnologia oggi, da mero strumento, è assurta ad idolo da venerare: nel momento in cui ce ne serviamo, la serviamo. Vale pur sempre il motto “habere, non haberi”, ma il confine è sfumato sicché è facile diventarne schiavi. A questo si aggiunga che l’uomo non è più tale, ma utente, dunque un’interfaccia semitecnologica di un apparato. Siamo ormai prossimi alla “simbiosi” tra umano e tecnico, ad un crossover biotecnologico, dove la vita è residuale, una tetra larva. Di fronte alla comodità, all’efficienza ed alla velocità, miti invertiti del mondo contemporaneo tesi alla disgregazione dell’essere, spirano pochi aneliti verso la bellezza. E’ bello ciò che è inutile, che non è mercificabile: una nuvola arrotolata nelle volute, un foglio in balia del vento, l’eco di un’emozione, una lirica …

Il tempo, secondo i canoni correnti, va usato in modo produttivo, occupato, ma il tempo che rende è quello sciolto nei silenzi, in impenetrabili meditazioni. L’otium è il tempo ed il tempio dell'interiorità.

“Che cosa hai concluso in tutte queste ore?” “Niente”, dovrebbe essere la nostra risposta: il nulla è la dimensione in cui il pensiero può spaziare, senza vincoli, a somiglianza di un aquilone di cui non teniamo più il filo.

Il brutto si concreta nell’algida bellezza del cellulare iperfunzionale, nell’ultimo modello di automobile superaccessoriata, nel libro elettronico: linee asettiche, forme sintetiche, colori anemotivi. Il brutto è nelle quinte televisive e cinematografiche dove sono proiettate senza tregua le immagini di un mondo tanto più osceno, quanto più percepito come normale. Il brutto è nella scrittura odierna incacrenita in frasi fatte ed in locuzioni scialbe.

E’ grave che la bruttezza dilaghi; di più che essa sia celebrata. La bruttezza è la volgarità della vita piccolo-borghese in cui la gente ama immergersi, un’esistenza segata tra lavoro e tempo “libero”, con il tempo “libero” tiranneggiato da divertimenti obbligatori.

Ridotto a farsa il dramma, ignorata la crepa nel cielo ed il piombo sul cuore, si è pronti per lasciarsi avvolgere, come spiumati polli di batteria, nella pellicola di cellophane della solita pellicola…, ma srotolata dal televisore al plasma.

L’orrido è l’oblio della Tradizione prisca, con il suo soffio fecondo, la sua anima, la coscienza tragica e sublime del Destino. L’orrido si è acquartierato nella nostra epoca con la scienza raziocinante che ha escluso lo slancio e l’immaginazione. L’orrido è credere che l’inferno sia il paradiso e trovarvisi a proprio agio.

Vale più un istante di un secolo, se quell’istante è pregno di senso, ma il mondo preferisce allungare il tempo dell’esistenza che conferire intensità (sia pure l’intensità della disperazione che ci apre sotto i piedi la voragine della morte) agli attimi, alle ore, ai giorni.

La salvezza, se mai si prospetta una salvezza, è affidata alle anacronistiche, eppur ostinate sopravvivenze di un’età senza età, nel rifiuto a conformarsi all’”estetica” dominante: un grande rifiuto di fronte ad una realtà piccola, meschina.

Un caro saluto all’amico Giovanni le cui riflessioni hanno consentito di dar voce ad un pensiero che si era come ingorgato.

Saturday, October 29, 2011

Il caso di Alberto Stecchi

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Il caso di Alberto Stecchi

Antonio Chiumento, nel saggio "Apri gli occhi", che raccoglie settantanove casi ufologici, inerenti soprattutto all’Italia nord orientale, nel periodo compreso tra il 1961 ed il 2009, riporta il singolare incontro ravvicinato occorso a Cecina (Livorno) domenica 6 settembre 2009.

Il protagonista dell’episodio è un maratoneta che quel giorno di settembre si alzò verso le cinque per il mattiniero allenamento quotidiano, portando con sé un cellulare dotato di fotocamera. “Durante la sua corsa, il teste fu coinvolto in più di un avvistamento (all’interno della pineta e sulla spiaggia). L’avvistamento che suscitò maggiore impressione sul testimone fu quello avvenuto sulla spiaggia dove egli assistette alle abluzioni di due esseri con fattezze umanoidi, con andatura e movimenti alquanto strani. Cosa anomala ma plausibile fu il fatto che il teste non scattò alcuna foto, in quanto in fuga per la paura. Solo dopo l’osservazione di quei due strani esseri, l’uomo prese delle istantanee del mare e del litorale, all’alba”. Le immagini ritraggono la battigia su cui sono impresse delle orme di piedi ed impronte di calzature.

Le foto sono nitide, ma, dopo essere state analizzate da Giovanni Pacitti, non è stato possibile ottenere maggiori dettagli, sia con ingrandimenti o con una maggiore risoluzione di pixel o lavorando sui livelli di contrasto, luminosità e colore, poiché le istantanee sono state realizzate con una fotocamera digitale.

Tra le varie fotografie, le più interessanti sono quelle scattate alle 8:22, 8:37, 8:48.

La prima mostra l’impronta di una calzatura con una protuberanza arrotondata sulla punta.

Nella seconda compaiono due file quasi paralelle di peste pitossto profonde con un prolungamento nella zona del calcagno. Si può ipotizzare che le orme rappresentino due persone che correvavo sulla sabbia molto umida.

La terza foto evidenzia l’impronta di un piede con il secondo dito molto allungato: si nota anche uno spostamento verso l’interno dell’alluce. Tale anomalia ci riconduce alla traccia della calzatura con la protuberanza sulla punta.

L’esame della documentazione non consente di affermare che le impronte lasciate sull’arenile di Cecina sono di esseri alieni, poiché ci si potrebbe trovare di fronte a tracce di malformazioni. Non è dunque possibile stabilire se ll’esperienza di Alberto Stecchi, sia autentica. E’ curioso che il caso, al centro di un infuocato dibattito, nel 2009, per tentare di stabilirne la genuinità, sia caduto nell’oblio sì da essere riportato ed approfondito da pochissimi ricercatori, tra cui Chiumento nel suo ultimo libro.

Fonte:

A. Chiumento, Apri gli occhi, Padova, 2010, pp. 211-214

Tuesday, October 25, 2011

La Terra desolata e la Terra promessa (prima parte)

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La Terra desolata e la Terra promessa (prima parte)

Alcune tradizioni ricordano che in principio i rapporti tra l’umano ed il divino erano simmetrici. Nel cosmo regnava l’armonia. Le schiere angeliche erano organizzate in legioni rigorose, intente a lodare l’Essere Supremo. L’uomo e la donna, i figli prediletti di Dio, vivevano in beatitudine, liberi dal dolore. La sofferenza e la morte erano ignote, il tempo non esisteva. L’universo era statico e perfetto, ma alcuni angeli erano incapaci di godere di quello stato ed erano invidiosi degli uomini. Gli angeli tenebrosi avevano tentato l’umanità per ragioni d’orgoglio, ma anche per causare dolore a Dio. Così essi caddero insieme con i progenitori. Nel Corano, Iblis rifiuta di prosternarsi al cospetto di Adam: per la sua hybris è allontanato dal Cielo. [1]

La caduta, come insegna questo mito, coincide in primo luogo con la genesi del tempo. La ribellione degli angeli gelosi è forse adombramento di uno scarto ontologico e cosmico, più che il simbolo di una separazione creaturale. La separazione, invero, il taglio è nel tempo stesso (dal greco “témno”, tagliare, recidere): nella mitologia greca Crono è il dio imparentato col tempo. Egli è il nume che divora i suoi figli; pure Saturno, l’antichissimo dio italico, in parte identificabile con Crono, anche se incivilì gli abitanti del Lazio dove regnò durante l’età dell’oro, talvolta era ritenuto un dio infernale. [2]

L’origine del tempo è pure nascita della vita o, meglio, esistenza, (da ex-sisto, stare fuori, allusione ad un esilio da una condizione originaria di compiutezza). Nella lingua ellenica vita è “bìos” e ricorda fonicamente “bìa”, violenza; anche in latino la parola “vita”, richiama “vis”, violenza, forza. Sono, con ogni probabilità, mere coincidenze, eppure suscitatrici di qualche riflessione… E’ indubbio che l’esistenza non solo si situa nell’habitat della caducità, ma pure essa vede il suo cominciamento in uno strappo, in una frattura, in un’azione violenta: ogni (pro)creazione è una distruzione. L’equilibrio si rompe, quantunque l’opera sia mirabile. Così Michelangelo colpiva il blocco di marmo per liberare la figura imprigionata nella materia.

Il processo creativo insuffla la vita e, nel contempo, condanna alla disgregazione ed alla morte. Per questa ragione l’artista, in un continuo trascendimento di sé stesso, anela ad imprimere alle sue opere il sigillo dell’eternità che, alla fine, è nell’idea e nel silenzio.

Come poté essere quello stato di assoluta, ineffabile armonia da cui ci sentiamo espulsi? Anche le parole più evocative, le melodie più sublimi ed i ritmi più arcani possono soltanto restituirci un’ombra labile e nebulosa di quel che fu.

Quando ci si strugge per la nostalgia di un’età aurea, non custodiamo tanto offuscate memorie di perdute, lontanissime epoche, ma di un’era prima dell’era stessa, anzi di una condizione, di un luogo, un modo di essere e non di un tempo.

“In principio era il lògos”. E’ così! Era, non è: il lògos, la vibrazione, non è il principio, ma già una sua manifestazione. Il tempo imperfetto (era) è il tempo del divenire, del moto, del panta rei. Il moto è il cambiamento, misura e fenomeno del tempo.

[1] Si leggano le seguenti sure: “Sono migliore di lui, mi hai creato dal fuoco, mentre creasti lui dalla creta". Disse [Allah]: "Vattene! Qui non puoi essere orgoglioso. Via! Sarai tra gli abietti". Disse [Shaytan]: "Concedimi una dilazione fino al Giorno in cui saranno resuscitati". Disse [Allah]: "Sia, ti è concessa la dilazione". Disse [Shaytan]: "Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro [agli uomini] agguati sulla Tua Retta Via e li insidierò da davanti e da dietro, da destra e da sinistra e la maggior parte di loro non Ti sarà riconoscenti". Disse [Allah]: Vattene! Scacciato e coperto di abominio. Riempirò la Jahannam di tutti voi, tu e coloro che ti avranno seguito". (VII:12-18). Allah, allora, avvisa gli uomini di diffidare di Shaytan il quale corrompe e lo conduce alla devianza: Chi prende Shaytan come patrono al posto di Allah, si perde irrimediabilmente. (IV:119); In verità Shaytan è vostro nemico, trattatelo da nemico» (XXXV:6); «Certamente vi ordina il male e la turpitudine e di dire, a proposito di Allah, cose che non sapete” (II:169).

[2] E’ probabile che il Kronos greco trovi il suo archetipo nel dio sumero Ninurtu che, “come divinità planetaria, aveva ricevuto il nome di Sag-Usch, lo stazionario, astro di giustizia ed equità. Il suo moto lento e regolare lo rendeva simbolo di stabilità e di durata: incarnava la forza impertubabile del tempo. Del resto, il regolatore del tempo notturno, svolto dal pianeta, era sottolineato dalla somiglianza tra Kronos (con la kappa) e Chronos (con la chi), accostamento che risale a Ferecide (VI sec. a.C.)”. (Anzaldi-Bazzoli)

Thursday, October 20, 2011

Piante che assorbono metalli pesanti


Oggi dobbiamo riconoscere pubblicamente il lavoro dei ricercatori indipendenti.
Come potete vedere, dopo 8 anni di ricerche hanno finalmente trovato un articolo de Le Scienze (rivista che fino a 10 minuti fa hanno criticato e diffamato) del 2003.

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Piante che assorbono metalli pesanti

Monday, October 17, 2011

Strali

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Strali

Certi sguardi possono essere degli strali. Neanche le espressioni più contumeliose possono ferire come alcuni sguardi e soprattutto essi restano impressi nella memoria in modo indelebile. Più che specchi, “finestre dell’anima”, gli occhi sono superfici in grado di riflettere emozioni nascoste, pensieri reconditi, persino inconsci. Sono capaci di sprigionare energie interiori.

Simili a raggi, questi moti dell’animo colpiscono l’osservatore per comunicargli messaggi intraducibili. Veramente i ricordi sono traumi visivi. Molto più delle scene di eventi passati che si sono incisi a lettere di fuoco nella coscienza, potenti per la loro tessitura narrativa e per l’alone emozionale, gli sguardi si conficcano come schegge nell’animo. Può essere un’occhiata di solidarietà o di condanna, di affetto o di disprezzo, dono imperituro o sentenza senza appello. La sua luce, benevola o maligna che sia, non si offuscherà.

In confronto, le parole sono armi spuntate, frecce la cui parabola presto declina.

Cellule metalliche

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Cellule metalliche


Un breve articolo, circa esperimenti condotti in Scozia, lascia intuire gli sviluppi di una tecnologia che va nella folle direzione del Transumanesimo, tangente con fenomeni come le scie chimiche ed il Morgellons...

Abbiamo tutti familiarità con l'idea di forme di "vita" metalliche come robot senzienti, ma da qualche parte là fuori, la vita metallica può realmente essersi evoluta, proprio come la vita organica qui sulla Terra. Un gruppo di ricerca scozzese ha mostrato le prove sulla possibilità di creare cellule sintetiche che si riproducono ed evolvono, interamente realizzate in metallo.

Non esiste nessun motivo per cui forme di vita metalliche non possano esistere: è solo che non ne abbiamo incontrata alcuna. Per dimostrare che si tratta di qualcosa di fisicamente possibile, un équipe di ricerca dell'Università di Glasgow ha creato alcune cellule - simili a bolle - chiamate "iCHELLs", composte di elementi metallici, come il tungsteno, legati con l'ossigeno es il fosforo. Queste bolle possono auto-assemblarsi ed esibiscono molte delle stesse proprietà che permettono alle cellule organiche di gestire processi biologici, tra cui una struttura interna ed una membrana esterna selettivamente porosa, che consente ad altre molecole di attraversarle. Si potrebbero selezionare cellule metalliche capaci di attuare la fotosintesi.

La parte difficile, a questo punto, è comprendere come connettere le cellule metalliche con una macromolecola, come il D.N.A., per consentire loro di auto-replicarsi ed evolvere, ma questo non è impraticabile. Le bolle singole possono essere usate come modelli per creare aggregati di bolle. Gli esperimenti suggeriscono che queste unità sarebbero in grado di modificare la loro chimica per adattarsi ad ambienti diversi.

Non si deve escludere che forme di vita metalliche si siano evolute e ciò avrebbe enormi implicazioni per la nostra ricerca di vita extraterrestre.

Fonte: Terrarealtime

Si ringrazia l'amico Corrado Penna per la segnalazione.

Thursday, October 13, 2011

Nella Rete delle "enciclopedie"

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Nella Rete delle "enciclopedie"

La cultura è destinata ad evaporare nell’informazione.”(G. Leopardi)

Di recente il mondo della Rete è stato scosso da due eventi: la chiusura, purtroppo temporanea di “Nonciclopedia”, e l’autooscuramento di “Wikipedia”.

Nel primo caso, gli avvocati di Vasco Rossi hanno ottenuto la chiusura di “Nonciclopedia”, viste le pesanti e triviali diffamazioni nei confronti del cantante che è stato subito accusato dagli Internauti di ogni nefandezza, di essere ricorso alla più deplorevole censura nei confronti di un portale “satirico”. Qui casca l’asino, anzi ne cascano tantissimi: “Nonciclopedia” non è un sito basato sulla satira, poiché la vera satira (Giovenale docet) nasce dall’indignazione ed è una sferzante ed implacabile critica del potere. Nonciclopedia è, invece, strumento del potere stesso: blasfema, scurrile, immorale (si leggano le voci su  Anna Frank e sull' olocausto), si compiace della sua laidezza. Si accanisce contro coloro che sono sgraditi al sistema, in luogo di stigmatizzare le strutture oppressive e chi le incarna. Si troveranno beffe di Paolo Attivissimo o di altre mosche cocchiere, ma sono addomesticate e sono pretesti per aggredire i dissidenti. “Nonciclopedia”, questa lurida accozzaglia di scempiaggini, è ideologizzata: gli estensori sono degli ignoranti che diffondono l’ignoranza, credendo di suscitare ilarità. La vera satira è amara, ma gli “autori” di codesta cloaca sono dei teppistelli che, con la loro sboccata insolenza, riescono solo patetici.

Ci si dovrebbe strappare le vesti per la chiusura di una discarica? La diffamazione, la calunnia e la denigrazione ai danni di cittadini che non hanno le aderenze ed il denaro per intraprendere dispendiose iniziative legali sono crimini, non umorismo. Gli indemoniati di “Nonciclopedia” infieriscono contro i ricercatori indipendenti consci che il regime li protegge, al riparo da qualsiasi contromisura. In verità, questo sito di pseudo-pasquinate andrebbe annichilito definitivamente non tanto per le infamie di cui trabocca, quanto per lo stupro della tradizione comica ed umoristica che annovera autori in cui la capacità di muovere il riso, non è mai disgiunta dalla padronanza degli accorgimenti retorici e soprattutto dal rifiuto dell’esistente, requisiti che i filibustieri in esame non hanno e non avranno mai.

Anche la redazione di “Wikipedia” ha pianto le classiche lacrime di coccodrillo. Paventando che un codicillo inserito in un decreto dal governo portasse all’obbligo di rettifica entro quarantotto ore a vantaggio di chi si ritiene leso da un’affermazione, la nota enciclopedia della Rete ha per qualche giorno reso inaccessibili i lemmi. Subito si sono levate le doglianze e le giaculatorie, poiché il portale mette a disposizione dei lettori contenuti corposi a costo zero, mentre i tomi enciclopedici cartacei, oltre ad essere ingombranti, hanno prezzi altissimi. Riconosciamo che alcune voci sono utili, ma quasi prelevate sic et simpliciter da siti specialistici. Inoltre non sono insostituibili e non sono prive di errori anche grossolani sia linguistici sia – ed è più grave – concettuali. In Rete, però, si possono compulsare altre pubblicazioni simili, con voci meno approfondite ma di tenore simile. Le “summae” tradizionali poi sono sempre migliori di Wikipedia: scritte meglio, benché allineate, non sono sottoposte a quell’incessante e subdolo processo di revisione con cui i compilatori di “Wikipedia” adattano i contenuti di certi argomenti “caldi” alle esigenze manipolatorie del Minculpop. Wikipedia, con la sua reputazione “culturale” è solo un’altra costola della Nomenklatura e sa essere assai più dannosa della sgangherata consorella. Certe voci, naturalmente bloccate e gestite da agenti della psico-polizia, (si pensi a quella sulle “scie chimiche”) sono piene di interpolazioni, di contraffazioni e di oblique maldicenze.

Attenti ai falsi profeti, ai fanatici estimatori della tecnologia che promette le “magnifiche sorti e progressive”: gli araldi del libro telematico, della posta elettronica certificata, della digitalizzazione dei documenti in nome del risparmio, dell’efficienza, della velocità, della condivisione dei contenuti “educativi” e delle informazioni, non sono meno pericolosi dei censori.

La società in cui la cultura (o, meglio, la labile traccia che ne rimarrà) sarà completamente smaterializzata ed informatizzata, sarà l’incubo orwelliano divenuto tragicamente reale.

Articolo correlato: C. Penna, Che strano mondo, 2011



Fra le rime del sonetto

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Fra le rime del sonetto

La presenza presso la corte di Federico II Hohenstaufen di matematici come Leonardo Fibonacci (1170-1240) oltre all’influsso esercitato dalla cultura araba ed ebraica ha suggerito allo studioso Wilhelm Potters un’ipotesi curiosa sull’origine del sonetto, componimento formato da due quartine e due terzine per un totale di quattordici versi.

Secondo l’erudito olandese, la struttura del sonetto, la cui invenzione è quasi in modo unanime attribuita a Jacopo da Lentini, esponente della scuola siciliana, potrebbe essere la proiezione in forma poetica delle misure con cui i matematici del tempo cercavano di risolvere i tradizionali problemi circa la misurazione del cerchio. Nei trattati del XIII sec. il rapporto tra circonferenza e diametro del cerchio era indicato con la frazione 22/7, approssimazione del numero irrazionale che, a partire dal XVIII sec., fu rappresentato con π (3,14). Ora – rileva Potters – i sonetti, nei manoscritti medievali, spesso erano trascritti a coppie di versi affianacati per vari motivi, fra i quali quello dettato della necessità di risparmiare il materiale scrittorio. Un sonetto dunque poteva incontrarsi in due colonne di sette versi ciascuna.

Con tale strategia di trascrizione il componimento, considerato in orizzontale, risulta costituito da 7 righe, ciascuna delle quali consta di 2 endecasillabi, per un totale di 22 sillabe metriche. I numeri 11 e 14, che connotano il componimento a strofa fissa, nel “De mensura circuli” di Archimede illustrano la relazione tra il circolo ed il quadrato circoscritto, mentre nel trattato “Practica geometriae” di Fibonacci, redatto intorno al 1220, le frazioni 22/7 e 11/14 ricorrono riferite ai computi di misurazione della circonferenza. [1]

Vista l’importanza estetica ed esoterica che assunse nel Medioevo la figura del cerchio, la supposizione di Potters potrebbe non essere del tutto priva di fondamento. Tuttavia, la frequenza di certe cifre troverebbe, a mio parere, un riscontro nel clima della corte sveva. Il mileu di Federico II fu un crogiolo culturale dove contributi bizantini, normanni, provenzali, arabi ed ebraici si fusero in una compagine feconda. Così, il 7 ed il 22 soprattutto evocano tradizioni cabalistiche: si pensi ai sette bracci della Menorah ed alle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico.

Comunque la si pensi, è indubbio che l’arte e la letteratura medievali, almeno nelle sue manifestazioni più alte, sono intessute di significati allegorici, di valori la cui decifrazione richiede la conoscenza di codici segreti, l’uso di chiavi ad hoc. Si dimentichi di poter interpretare talune espressioni artistiche solo ricorrendo alla “tetralogia” enunciata nella pseudo-dantesca “Lettera a Cangrande della Scala”.

Rimaniamo in ambito poetico duecentesco. Guido Guinizzelli, nella strofa conclusiva del sonetto “Omo ch’è saggio non corre leggero”, sentenzia: “Deo natura e’ l mondo in grado mise e fe’ dispari senni e intendimenti: perzò ciò ch’omo pensa non dé dire”, “Dio creò la natura ed il mondo, secondo una gerarchia e fece differenti intelligenze e modi di vedere le cose: perciò non si deve esprimere ciò che si pensa.” Nella composizione, concepita e vergata come risposta a Bonagiunta Orbicciani da Lucca, che aveva criticato l’intellettualismo del rimatore bolognese, quest’ultimo rivendica la sua scelta di una poesia nutrita di conoscenze filosofiche e scientifiche. Guinizzelli sostiene qui una concezione se non iniziatica dell’esperienza artistica, aristocratica.

Del resto, in un componimento dalla musicalità quasi cantabile e “facile”, grazie alle allitterazioni ed alla scansione regolare delle unità, l’autore adombra persino, pur nelle ripresa di tòpoi trobadorici, riconoscibili da un pubblico anche non particolarmente scaltrito, le norme araldiche. Nei vv. 6 e 7, infatti, dove si legge “ tutti color di fior’, giano e vermiglio, oro ed azzurro e ricche gioi per dare”, il capostipite dello Stilnovismo si richiama alla convenzione araldica secondo cui gli smalti (colori e metalli, cioè oro ed argento) sono associati secondo precise ed inderogabili regole.

Anche “la rosa e lo giglio” del v. 2, fiori tradizionalmente legati alla figura della Vergine, non prescindono forse da valenze profonde, “eccentriche”, ma il discorso ci porterebbe lontano…

Fonti:

C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima, p. 182, Torino, 2010
Enciclopedia del Medioevo, Milano, 2007, s. v. Federico II, Fibonacci
W. Potters. Nascita del sonetto. Metrica e matematica al tempo di Federico II, 1998


[1] Lo statunitense Steven Botteril accoglie l’ipotesi di Potters circa la genesi “matematica” del sonetto con una certa perplessità. Per quanto mi riguarda, mi convincono poco certe interpretazioni incentrate su codici e numeri.