L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

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Thursday, August 21, 2014

L’uomo è un essere razionale?

http://zret.blogspot.de/2014/08/luomo-e-un-essere-razionale.html

L’uomo è un essere razionale?


L’uomo è un essere razionale? Per rispondere bisognerebbe prima comprendere che cos’è la “ragione”. E’ impresa ardua, se non impossibile. Considerata la “facoltà di pensare stabilendo rapporti e legami fra i concetti di giudicare bene, distinguendo il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto” (Zingarelli), da questa definizione corrente si arguisce che essa abbraccia sia gli intangibili orizzonti logico-conoscitivi sia gli impervi territori dell’etica.

Se risaliamo all’etimologia di “ragione” (dal latino ratio, misura, calcolo, nome collegato al verbo reor, calcolare), vi possiamo scorgere una capacità di computare il rapporto costi-benefici, ogniqualvolta si decide o si deve decidere qualcosa. Ergo il raziocinio, lungi dal possedere tratti nobili, diverrebbe uno strumento volto a favorire il maggior successo possibile nelle proprie azioni. Non sarebbe più dunque prerogativa umana, poiché anche gli animali (almeno quelli definiti "superiori") sono capaci di valutare i pro ed i contro di un comportamento. Si pensi ad un ghepardo che, allorché è in procinto di cacciare una gazzella, deve soppesare una serie di fattori: la preda è troppo veloce? E’ difesa in qualche modo dalle altre gazzelle? Qual è la distanza che separa il predatore dal potenziale pasto?

La tanto celebrata intelligenza, spartiacque tra gli uomini ed i bruti, tra gli uomini e le bestie, potrebbe essere, invece, una giustificazione a posteriori di scelte dettate da desideri e da motivazioni inconsce. La ragione dunque come coonestamento di circostanze irragionevoli? Il filosofo scozzese Hume scrive: “La ragione è schiava delle passioni e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa di quella di obbedire e servire ad esse”. (D. Hume, Trattato sulla natura umana)

Se diamo... ragione a Hume, siamo inclini a concludere che l’intelletto è solo un inganno volto a sublimare le inclinazioni più basse ed egoistiche. Nietzsche ed altri sarebbero d’accordo. Se osserviamo il genere umano e ciò che esso ha prodotto sino ad oggi, si dubita che vi alberghi alcunché di razionale. Quale potrebbe essere la causa? In fondo il Sapiens, in quanto essere naturale è, per molti rispetti, un prolungamento del mondo in cui vive e il mondo è di per sé contraddittorio. Chi potrebbe negarlo? E’ così spiegata l’irragionevolezza umana, rispecchiamento della non logicità del tutto?

La morale e la giustizia, che è un’etica istituzionale, nonché le religioni vorrebbero sancire dei princìpi universali secondo ragione e secondo l’accordo con le leggi divine. Inutile rammentare che, essendo la morale priva di un fondamento certo ed univoco, causa sovente più danni di quelli che mira ad evitare. Questo vale soprattutto per l’etica imposta (ebraica, cristiana, musulmana etc.) che, tentando di disciplinare una casistica quasi infinita sulla base, per di più, di dogmi, scivola non solo nella coercizione, ma anche nella costante necessità di ridefinire circostanze, limiti, deroghe e punizioni. Alla fine la morale assoluta diventa il relativismo assoluto sottoposto all’arbitrio di chi ha i titoli per interpretare i testi sacri.

Dunque l’uomo è un essere razionale? Lo sono tutti? Si sarebbe tentati di rispondere che è più sensato un sano istinto di una paludata, artefatta ragione.

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Monday, August 23, 2010

Il passato che non passa

http://zret.blogspot.com/2010/08/il-passato-che-non-passa.html

Il passato che non passa

Le seguenti sono note senza alcuna pretesa di stabilire una verità.

Occorre un impegno immane per conferire un senso al passato e riscattarlo dalla sua irrazionalità, si tratti del passato individuale o di quello che appartiene al genere umano. Vero è che, a distanza di tempo, eventi trascorsi rivelano la loro logica all'interno di un disegno che era apparso casuale. Tuttavia non solo non sappiamo se questa logica sia in parte un significato dato a posteriori e per di più soggettivo, ma anche restano scorie emotive, errori, iniquità che non si incastrano nella strettissima feritoia del senso.

Il passato continua a pesare sulla vita, il cui valore è quello di non acquisire valore nei confronti del tutto, poiché il suo valore è confinato nella contingenza che lo riduce ad un’incognita. Bene scrive l'ottimo Horkheimer nel saggio “Eclissi della ragione” (1947): "La coscienza che il mondo è fenomeno, che non è la verità assoluta, la quale è la sola realtà ultima. La teologia è - devo esprimermi con molta cautela - la speranza che, nonostante questa ingiustizia che caratterizza il mondo, non possa avvenire che l'ingiustizia possa essere l'ultima parola." Il filosofo tedesco è conscio che la giustizia non potrà essere mai essere realizzata nella storia, poiché "quando anche la migliore società avesse a sostituire l'attuale ordine sociale, non verrà riparata l'ingiustizia passata e non verrà tolta la miseria della natura circostante".

Con intelligenza, Horkheimer vede sia nella natura, sulla scorta di altri pensatori, sia nella storia i chiodi che non si possono sradicare dal muro. Egli poi concepisce la fede come un'apertura di credito a favore di Dio, l'espressione di "una nostalgia, secondo la quale l'assassino non possa trionfare sulla vittima innocente". Così fa tabula rasa del giustificazionismo teologico e filosofico, per cui ogni avvenimento (dallo sbocciare di un fiore ad una strage di stato) assurge a punto significativo, eppure insignificante nella sua perfetta intercambiabilità con gli altri punti. Nell'economia del tutto, ciascun punto, insieme con infiniti altri, concorre a formare la perfetta, razionale linea del progresso storico e dell’evoluzione cosmica. Da qui il laissez faire per cui qualsiasi cosa accada, comunque sarà il migliore degli avvenimenti possibili, poiché incapace anche solo di sfiorare la perfezione dell'essere e perché inquadrato in un piano imperscrutabile, ma - si afferma – coerente ed armonico.

Se il male, nelle sue numerose incarnazioni (ed alcune sono imprescindibili e persino utili), si dispone ad essere oggetto di un'appropriazione e significazione postuma, il compito dell'uomo è appunto in questa "sfida al labirinto", come di chi continui imperterrito a gettar via l'acqua con un secchiello da un'imbarcazione che sta affondando, pur consapevole che la barca s’inabisserà.

Il dilemma decisivo inerisce alla questione circa la razionalità del reale. Il reale lo è o non lo è: una risposta intermedia non pare probabile.[1] Se, come credo, il mondo non è Ragione, il passato può essere redento solo con la dimenticanza. Il passato va perdonato, ma il perdono non è riconciliazione. Giacché non è possibile (ri)conciliare l'inconciliabile, il perdono è dono di oblio. L'essere stesso è forse proteso verso un oblio che cancelli, mercé un colpo di spugna, non solo il passato con il suo strascico di innumerevoli falle, ma anche la sua memoria.

Questa cancellazione, affinché sia una vera catarsi, per giunta non deve riguardare solo le creature, ma anche l'essere.

[1] Quando mi riferisco ad irrazionalità del mondo, escludo qualsiasi valutazione emotiva e psicologica, come pure il riferimento al male. L’universo è irrazionale poiché viola il principio di non contraddizione. Scrivevo nel testo Il mondo, la coscienza ed il nulla: “Perché il reale è autocontradditorio? Perché, assimilato il reale a 1, esso è diverso da 0, ossia il nulla, ma non si spiega come dal nulla assoluto possa scaturire il reale. Bisogna quindi accettare che 1 è uguale a 0 e viceversa. Il paradosso è il seguente: lo 0 è più denso di 1, il nulla più creativo del tutto. Il cosmo è simile ad un enorme macigno in bilico su un abisso infinito. La sostanza del reale è il nulla.” D’altronde, pure la fisica quantistica, di fronte ai paradossi del microcosmo, ha dovuto postulare un nulla da cui tutto affiora, un nulla instabile.