L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

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Wednesday, August 5, 2015

Legge e violenza - Zretino vattene al mare che è meglio

Legge e violenza 

 http://zret.blogspot.it/2015/08/legge-e-violenza.html#.VcIiG8nz5-k



In questi ultimi lustri la violenza ha acquisito una nuova qualità, inusuali tratti. E’ indubbio: la sopraffazione esiste da tempo immemorabile, ma oggi non è quasi mai motivata (se il sopruso si può motivare e giustificare) da leggi di sopravvivenza o da pulsioni, poiché è una barbarie sovente gratuita, del tutto incomprensibile e sproporzionata rispetto alle cause che la accendono.

Uxoricidi, infanticidi, assassini per rubare somme esigue, sevizie nei confronti dei deboli e degli animali...: è un carnaio che suscita orrore e costernazione. Anzi, dovrebbe suscitarli, giacché sembra che gran parte dell’umanità sia oggidì non solo assuefatta agli atti più abominevoli, ma pure avida di sangue, di storie truculente. I media di regime soddisfano e blandiscono questa depravazione, moltiplicando il raccapriccio.

Sorprende la reazione, anzi diremmo la mancanza di reazione, di fronte alla violenza sia quella privata sia quella pubblica. Gli uomini, degradati ad inetti e pusillanimi servitori, non sanno più né indignarsi né ribellarsi. Sulle origini di questa condotta passiva e rinunciataria potremmo pure interrogarci e trovare qualche risposta, ma alla fine dovremo solo constatare la nequizia e la stolidità del gregge “umano”.

Rispetto al passato, nel nostro miserabile mondo al contrario, l’autore principale della violenza è lo Stato con le sue leggi funeste, quanto più esse sono decantate come democratiche e persino libertarie. Scrive Thomas De Quincey: “Appena la legge fa capolino per immischiarsi ai moti dei più nobili affetti morali, cessano ogni libertà d’azione, ogni purezza dei moventi, ogni dignità di relazione personale”. E’ così: le norme coercitive che lo Stato non smette di promulgare sono l’affossamento dell’etica, la cancellazione di ogni più alto ideale. Oggi la brutalità delle istituzioni soverchia i delitti degli individui a tal punto che lo Stato è diventato indistinguibile non da un “comitato d’affari”, come pur non malamente scrive Karl Marx, ma da un gruppo di malfattori.

Sono malfattori cui si contrappongono, per meschini ed ignobili interessi solo altri malfattori, dacché i “giusti” di dantesca memoria paiono essersi estinti.
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Wednesday, July 11, 2012

Stato ed utopia sociale

http://zret.blogspot.co.uk/2012/07/stato-ed-utopia-sociale.html

Stato ed utopia sociale

“Gli uomini della folla sono talmente ipnotizzati che vedono e non comprendono il significato di quel che continua ad avvenire dinanzi ai loro occhi. Vedono quanto si preoccupano tutti i re, gli imperatori, i presidenti di avere un esercito disciplinato; vedono quelle rassegne, quelle parate, quelle manovre che essi fanno e di cui menano vanto l’uno dinanzi all’altro; e corrono con diletto a vedere come i loro fratelli, agghindati in abiti buffoneschi, variopinti, luccicanti, al suono dei tamburi e delle trombe si trasformino tutti quanti in macchine ed al grido di una sola persona compiano tutti insieme un identico movimento; e gli uomini della folla non capiscono che cosa significhi tutto ciò. E dire che il significato di ciò è molto semplice e chiaro: si tratta di una preparazione all’omicidio, nulla più. Si tratta di istupidire gli uomini per renderli strumenti di omicidio”. (L. Tolstòj, "Non uccidere", 1900, pamphlet scritto a seguito dell’assassinio di Umberto I di Savoia)

Sono queste le lucide parole dello scrittore russo che, attraverso una profonda crisi spirituale, approda ad un rifiuto di ogni forma di violenza, ad un cristianesimo evangelico e comunitario, espressosi nella fattiva solidarietà con i derelitti ed i bisognosi, siano agricoltori poveri, vittime di carestie o appartenenti a gruppi perseguitati.

Il rigetto della violenza è sic et simpliciter negazione dello Stato e della Chiesa (maiuscolo ironico). Stato e Chiesa, infatti, non incarnano forse la sopraffazione? Ecco allora l’antimilitarismo militante, la denunzia della trasformazione degli uomini in altrettanti automi adatti a stuprare, compiere sevizie, massacrare... con la benedizione dei cappellani.

Parate e funerali di stato: non manca mai il predicozzo del vescovo che, insieme con le impettite autorità, accoglie il feretro dell’eroe caduto in “missione di pace”. Il feretro è avvolto nell'italica bandiera ed il presidente, commosso sino alle lacrime, la mano tremebonda, sfiora il drappo.

Parate reboanti e retoriche: si vis pacem, para bellum... Saettano lassù le “Frecce tricolori”.

Si può costruire, si chiede Tolstòj, una società senza stato? Il modello che egli addita è la comunità cristiana dei primordi, fra utopia e realtà. Erano confraternite in cui era abolita la proprietà privata e dove il giuramento, le leggi umane, la coscrizione non avevano alcuna cittadinanza. Vero è che lo stato è simile ad una mala pianta dalle radici tenaci: essa tende a ricrescere, poco tempo dopo essere stata svelta. Così le primitive confraternite cominciarono ad organizzarsi, persino secondo forme gerarchiche, con i vescovi (episcopoi) preposti a vigilare sulla condotta dei fratelli, e gli anziani (presbyteroi) superiori rispetto agli altri, se non altro per la loro autorevolezza. Allo spirito egualitario, con i suoi pregi ed eccessi, subentrò un po’ alla volta, un embrione di struttura che culminò nelle chiese dirette da vescovi, ormai autorità con precise prerogative. Alcuni gruppi rimasero fedeli al comunitarismo, al vegetarianesimo, all’attesa apocalittica, ma i “Cristiani”, ormai Niceni, poi Ortodossi e Cattolici etc., gettarono alle ortiche le loro origini ed i Vangeli. Se nel III sec. d. C. Tertulliano ancora tuona contro il giuramento, il servizio militare, la cultura pagana condannata in toto, un secolo dopo, un “cristiano” soldato o magistrato o mercante è la norma. Così breve è il passo fra il rispetto della tradizione ed il suo sovvertimento. Non basta: il dorato manto dell’ipocrisia dichiara “eretici” gli osservanti ed ortodossi i bestemmiatori.

L’ipocrisia è la quintessenza della Chiesa e dello Stato a tal punto che non sapresti distinguere tra insincerità e le due colonne del sistema.

Ci domandiamo: è possibile ed auspicabile una società senza stato? Auspicabile, certamente. E’ anche possibile? Proviamo ad immaginare un paese in cui i tribunali sono edifici vuoti, fatiscenti, dove gli eserciti sono ormai sciolti, dove le divise dei “tutori dell’ordine”, sdrucite e consunte, sono raccolte per essere bruciate... E’ un mondo senza vertice e senza base. Non è solo il rifiuto dell’autorità in quanto tale a promuovere i princìpi anti-statali, ma la consapevolezza che le autorità sono malvagie. Che differenza rispetto agli imperi antichi in cui ogni tanto i reggitori erano uomini della caratura etica ed intellettuale di un Giuliano! Oggi i politici, se non sono dei perfetti inetti, sono dei criminali incalliti.

Non so quanto realistico sia il progetto di annientare lo stato che, anche qualora fosse distrutto, tenderebbe a risorgere nelle sembianze di un’amministrazione via via più capillare ed invadente. So, però, che la compagine odierna, essendo molto più dispotica dell’Impero zarista che Tolstoj disconobbe, merita di essere smascherata come costruzione vessatoria e coercitiva. Niente oggi dello stato si salva: né il sistema fiscale né la cosiddetta giustizia né le forze militari né l’assetto “educativo”.

Se un tempo era forse possibile riformare gli organi istituzionali o, per lo meno, provare a smussare gli spigoli del potere, oggi lo stato è invincibile, poiché è simile ad un liquido soporifero e letale che si diffonde nelle vene del consorzio umano, un liquido inafferrabile che, prima di uccidere, addormenta le coscienze. E’ questa la diversità: se gli stati del tempo trascorso suscitavano moti di opposizione nelle coscienze vigili ed intemerate, oggi lo stato, con le sue imposizioni e bugie, è la stessa “coscienza ipnotizzata” dei “cittadini”.

Non occorrono incitamenti a combattere, a morire per la patria, a debellare il “terrorismo islamico” e gli “stati-canaglia”. Non è più necessaria la propaganda bellicista e razzista. Non bisogna convincere che una causa è giusta, poiché si combatte per denaro, tornaconto o abitudine alla violenza.

In un mondo dove la volgare doppiezza di presidenti e papi non scandalizza, dove è usuale dilapidare cifre astronomiche per le armi e benedire feroci mercenari, dove essere “cristiani” significa andare a messa la domenica, lo stato, questo stato osceno e blasfemo, rischiamo di essere noi.

Tuesday, March 6, 2012

Uomini ed automi

http://straker-61.blogspot.com/2012/03/uomini-ed-automi.html

Uomini ed automi


T.A.V.: tirannia, arbitrio, violenza

Pierpaolo Pasolini è stato un intellettuale di grande valore, una delle ultime voci libere: le sue analisi della “cultura” di massa e della “civiltà” industriale, sono a distanza di decenni, di un’attualità corrosiva. Si pensi, a titolo di esempio, alla sua lucida diagnosi a proposito del mezzo televisivo.

Chiosa il narratore e regista in “Scritti corsari”, 9 dicembre 1973: “Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio ‘uomo’ che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto mezzo tecnico, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che non si saprebbe dove collocare. E’ attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio che la televisione è autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come con dolore l’aratro rispetto ad un trattore. Il fascismo non è stato in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione, non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre” .

Pasolini, pur ignorando il pericolo insito nella tecnica in sé, che è comunque un offuscamento della vita, coglie il carattere dispotico e mistificatorio della televisione, adatta a plagiare l’opinione pubblica ed a corromperla. Si evidenzi soprattutto la condizione asimmetrica che si crea tra produttori di messaggi e fruitori: i primi impongono la loro visione del mondo ad un “cittadino” che interloquisce solo nel caso di giochi a premi o di brevi sfoghi contro la classe “politica”.

Tralasciamo, però, tale questione su cui il dibattito è aperto: è indubbio che il medium televisivo è, nel suo significante e nel suo significato pernicioso, né il suo influsso deleterio è scemato, nonostante l’avvento della Rete di cui la televisione riproduce solo i difetti. Questo basti.

Una celebre disamina di Pasolini circa la repressione perpetrata dalle forze dell’ordine durante le rivolte studentesche del 68-69, risulta oggi obsoleta, se non sfocata. Sorvoliamo su certe categorie e termini che risentono di una lettura post-marxista della società: concentriamo l’attenzione su alcune asserzioni a proposito dell’appartenenza di manifestanti e di esponenti delle forze dell’ordine alla stessa classe media o proletaria. Gli agenti che manganellavano gli universitari erano figli di operai o piccoli impiegati proprio come i manganellati. Quindi i tafferugli e le violenze opponevano sfruttati contro sfruttati. Ciò era, in parte, vero: Pasolini, però, per via di una sua visione “romantica” dell’uomo, credeva che, dietro le divise, potesse albergare una coscienza. In verità, situazioni transazionali ci spiegano che un uomo, nel momento in cui si identifica con il sistema dispotico, tramite un paziente ed efficace processo di indottrinamento, non è più uomo, ma, verbigrazia, militare. Il militare è l’antitesi netta, irredimibile dell’uomo. Egli è simile ad un automa, ma senza la ferocia gratuita dell’automa.

Così, quando vediamo i birri, armati fino ai denti, che infieriscono, tracotanti ed implacabili, contro cittadini che manifestano o automobilisti che hanno superato di cinque kilometri il limite di velocità o l’adolescente scoperto con uno spinello, siamo al cospetto di una situazione sproporzionata, profondamente sbilanciata: da un lato oppressori facinorosi, dall’altro persone oppresse.

Vero è che molti movimenti di protesta sono infiltrati dai servizi, se non addirittura creati dai poteri forti, ma assistere al cruento spettacolo di agenti che percuotono donne ed uomini pacifici di ogni età, fracassando teste ed ossa, può suscitare solo riprovazione. Se negli ‘60 e ’70 del XX secolo, alcuni agenti di pubblica sicurezza (?) e carabinieri che erano mandati a lanciare lacrimogeni ed a usare gli sfollagente contro i “sessanttottini”, erano ancora aggrappati ad un simulacro di umanità, oggi, tranne qualche eccezione, la polizia forma un esercito di picchiatori professionisti. Addestrati non solo a provocare ed a malmenare, ma soprattutto a sradicare qualsiasi residuo di sentimento e valore (il rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali denunciato da Pasolini), possono ferire ed uccidere senza sensi di colpa, piuttosto godendo sino all’orgasmo delle loro scellerate gesta, come i soldati statunitensi che in Iraq compiono il tiro al bersaglio su civili inermi. La guerra è solo un gioco; le manifestazioni un pretesto per flettere i muscoli e la protervia per opera di chi non è cittadino, perché docile schiavo del regime, non è uomo, perché non lo è più e forse non lo è mai stato.

Thursday, October 7, 2010

Questa immagine si chiama Dietrich Wagner

http://ilsole24h.blogspot.com/2010/10/luomo-dagli-occhi-sanguinanti.html

L'uomo dagli occhi sanguinanti


Questa immagine intitolata dai Media tedeschi “L’uomo dagli occhi sanguinanti” si chiama Dietrich Wagner, 66 anni e un’ingegnere in pensione che andava a soccorre gli alunni nella manifestazione pacifica “Salvare il monumento naturale protetto” quando la polizia ha aperto gli idranti contro il loro corteo autorizzato. Dietrich Wagner ha fatto un cenno con le braccia alzate diretto alla polizia per fermare la violenza nei confronti dei giovani ragazzi spazzati via dal getto, quando lui stesso è stato colpito al pieno nel viso dal getto del cannone d’acqua, prima di svenire. L’uomo è gravemente ferito ed è cieco. In seguito dell’atto di violenza “infernale” contro persone pacifiche con oltre 400 feriti e del suo danno ha esposto denuncia contro il Ministro delle questioni interne.

Estratto dall'intervista della rivista “Stern”.


articolo correlato:
Appello per il sostegno nella lotta contro il progetto Stoccarda 21 (NO TAV)

Thursday, September 2, 2010

Del nuovo idolo

http://zret.blogspot.com/2010/09/del-nuovo-idolo.html

Del nuovo idolo

In una caustica pagina del monumentale “Così parlò Zarathustra”, Nietzsche distrugge lo stato che egli bolla come “nuovo idolo”. Eppure il pensatore tedesco, che con parole implacabili e profetiche demolì il mito dello stato, fu ed è da taluni visto come l’anticipatore dei regimi totalitari. Invero, il filosofo tedesco fu strenuo avversario del potere costituito. Si condividano o no alcune sue idee o tutte, egli resta uno spirito magno, tra l’altro per il coraggio con cui mise a nudo la cattiva coscienza ammantata di perbenismo borghese nonché la miseria del Positivismo trionfante. Nietzsche, a differenza degli “intellettuali” di oggi, organici al sistema, anche e soprattutto quando sfoggiano pose critiche, dichiarò, apertis verbis, la sua esecrazione delle istituzioni che, di là da una facciata di rispettabilità, nascondono un volto sfigurato e turpe. Quanti oggi sono capaci di un’analisi tanto corrosiva ed intemerata? Quanti oggi riescono a coniugare profondità di pensiero ad uno stile affilato e raggiante come folgore?

“Da qualche parte esistono ancora popolazioni e greggi, ma non da noi, fratelli miei; noi abbiamo gli Stati. Stato? Che cosa è mai? Ebbene! Aprite le orecchie, perché sto per dirvi la mia parola sulla morte dei popoli. Stato si chiama il più freddo di tutti i freddi mostri. Freddo anche nel mentire; una menzogna che lingueggia dalla sua bocca: 'Io, lo Stato, sono il popolo. È una menzogna! Creatori erano coloro che crearono i popoli e trasmisero in loro una fede ed un amore: e così servirono la vita. Ma distruttori sono questi che tendono trappole e le chiamano Stato e vi appendono sopra una spada con cento avidità. Dove esiste ancora un vero popolo, questi non ammette Stato, che anzi odia come una iettatura ed un peccato contro il costume e il diritto. […] Lo Stato mente in tutte le lingue circa il bene ed il male: mente, qualunque cosa dica; e anche ciò che ha lo ha rubato. Tutto in lui è falso; con denti rubati morde, il mordace. Persino le sue interiora sono false. La corruzione delle espressioni sia del bene sia del male è il contrassegno dello Stato. Invero, questo contrassegno indica volontà di morte. E in realtà attrae i predicatori di morte! Molti, troppi sono stati messi al mondo: per i superflui è stato creato lo Stato! Guardate, dunque, come esso li alletta, i superflui! Come li inghiottisce e li mastica e li rimastica!

'Sulla terra nulla vi è più grande di me: io sono il dito ordinatore di Dio': così rugge la belva. Cadono in ginocchio non soltanto coloro che hanno lunghi orecchi e vista corta! Ohimé, anche a voi, grandi anime, mormora le sue tristi bugie! Ohimé, individua i cuori ricchi che si sanno prodigare! Sì, ha individuato anche voi, o vincitori dell'antico Dio! Voi vi siete stancati nel combattimento e ora la vostra stanchezza serve al nuovo idolo! 'Desidera circondarsi di eroi e uomini d'onore, il nuovo idolo! Ben volentieri si delizia della luce solare delle coscienze pulite, la fredda bestia!

Tutto vi vuole dare, se voi lo adorate, il nuovo idolo: così acquista la magnificenza delle vostre virtù e lo sguardo dei vostri occhi orgogliosi. E con voi egli vuole adescare le moltitudini in eccesso! È un'opera infernale che così è stata inventata, un cavallo di morte, tintinnante nelle guarnizioni di onorificenze divine! Una morìa per molti è stata così ideata che si pavoneggia come vita: ma in realtà è un servizio reso dal cuore a tutti i predicatori di morte! Ecco lo Stato, dove tutti bevono veleno, buoni e cattivi: lo Stato, dove tutti si perdono, buoni e cattivi: lo Stato, dove il lento suicidio di tutti si chiama 'vita'. Guardateli, questi superflui! Essi si rubano le opere degli inventori ed i tesori dei saggi: chiamano istruzione il loro furto e tutto diviene per causa loro malattia e sconcezza! Guardateli, questi superflui! Sono sempre malati, vomitano la loro collera e la chiamano 'giornale'. Si divorano l'un l'altro e non riescono neppure a digerirsi. Guardateli, questi superflui! Si procurano ricchezze e con queste divengono più poveri. Vogliono autorità e prima ancora la leva del potere, molto denaro; gli impotenti! Guardate come si arrampicano, le agili scimmie! Si avviticchiano l'una sull'altra e così si trascinano nella melma e nell'abisso. Tutti vogliono giungere al trono: questa è la loro follia; come se la felicità fosse sul trono! Spesso sul trono c'è invece la melma; spesso anche il trono è nella melma.

[...] Fuggite sulla strada al cattivo odore! Fuggite l'idolatria dei superflui! Fuggite sulla strada al cattivo odore! Fuggite dal vapori di questi sacrifici umani! Ancora oggi la terra è libera per le grandi anime. Liberi sono anche molti luoghi per i solitari e le anime gemelle, intorno a cui soffia l'odore di tranquilli mari. C'è ancora una vita libera per le grandi anime. Chi poco possiede, tanto meno è posseduto: sia lodata dunque la piccola povertà! Dove lo Stato finisce, comincia l'uomo che non è superfluo: comincia il canto della necessità, la melodia singolare e irrepetibile. Là dove lo Stato finisce, guardate dunque là, fratelli miei! Non vedete l'arcobaleno ed il ponte dell'oltreuomo?"