http://zret.blogspot.it/2014/04/crisi-economica-e-snaturamento-dei_20.html
Crisi economica e snaturamento dei ruoli all'interno dei nuclei familiari
L’attuale
crisi economica, in verità un declino programmato, sta causando
innumerevoli danni e tragedie: inquietano soprattutto i suicidi di
imprenditori oberati di debiti (o - non sembri paradossale - di crediti
pressoché inesigibili) e taglieggiati dal fisco. Addirittura ogni due
giorni e mezzo si uccide un lavoratore autonomo. E’ una carneficina che
grida vendetta e di cui sono diretti responsabili i governi, vere
associazioni a delinquere.
Il crollo produttivo ed il dissesto sociale incidono pure sugli equilibri dei rapporti familiari: com’è noto, i giovani, non trovando impiego, privi del tutto o quasi di un reddito proprio, restano a vivere con i genitori [e a quanto pare anche gli ultra-cinquantenni]. In questa maniera il vincolo con il nucleo familiare non è reciso e l’adolescenza si prolunga indefinitamente. Questo è un fenomeno che è stato studiato, mentre non si attribuisce la debita attenzione al fatto che, se le nuove generazioni permangono in un limbo, anche padri e madri smarriscono la loro posizione ed identità, dimostrandosi non di rado più puerili e fatui della prole. Ne sanno qualcosa gli insegnanti che devono confrontarsi con adulti infantili ed iperprotettivi, più immaturi dei loro rampolli. Soprattutto i parenti non comprendono che i figli hanno bisogno di autonomia, di spiccare il volo con tutti i rischi connessi. Viene in mente un monito del sensibilissimo scrittore libanese Kahil Gibran [che comunque si chiamava Kahlil, e non e' un typo, dato che e' anche nelle label]: “Ricorda che i tuoi figli non sono i tuoi figli”. E’ così: essi sono individui che, una volta procreati, hanno già in nuce il loro destino, la loro dimensione.
Come il Profeta i figli dovrebbero risolversi per l’egira, ossia per una “rescissione dei legami” familiari. E’ questo, infatti, il vero significato di egira, tradotto dagli ignoranti ora con “fuga” ora con “migrazione”. E’ evidente che spezzare certe catene è difficile e doloroso: spesso le catene sono d’oro. Eppure è necessario, se si intendono evitare attriti ed incomprensioni, se ci si vuole costruire un’esistenza autentica nonché evitare lo snaturamento del proprio ruolo: chi nel mondo attuale sa vivere e sa morire a prescindere dall’età anagrafica?
E’ necessario ma, nella stragrande maggioranza dei casi, oggi non è possibile e non solo per situazioni empiriche. Sono lontani i tempi in cui ad ogni età dell’esistenza corrispondeva un modo di essere, uno stadio interiore, una visione del reale. Oggi ci si incammina verso la fine impreparati e si vive, senza aver mai vissuto.
Il crollo produttivo ed il dissesto sociale incidono pure sugli equilibri dei rapporti familiari: com’è noto, i giovani, non trovando impiego, privi del tutto o quasi di un reddito proprio, restano a vivere con i genitori [e a quanto pare anche gli ultra-cinquantenni]. In questa maniera il vincolo con il nucleo familiare non è reciso e l’adolescenza si prolunga indefinitamente. Questo è un fenomeno che è stato studiato, mentre non si attribuisce la debita attenzione al fatto che, se le nuove generazioni permangono in un limbo, anche padri e madri smarriscono la loro posizione ed identità, dimostrandosi non di rado più puerili e fatui della prole. Ne sanno qualcosa gli insegnanti che devono confrontarsi con adulti infantili ed iperprotettivi, più immaturi dei loro rampolli. Soprattutto i parenti non comprendono che i figli hanno bisogno di autonomia, di spiccare il volo con tutti i rischi connessi. Viene in mente un monito del sensibilissimo scrittore libanese Kahil Gibran [che comunque si chiamava Kahlil, e non e' un typo, dato che e' anche nelle label]: “Ricorda che i tuoi figli non sono i tuoi figli”. E’ così: essi sono individui che, una volta procreati, hanno già in nuce il loro destino, la loro dimensione.
Come il Profeta i figli dovrebbero risolversi per l’egira, ossia per una “rescissione dei legami” familiari. E’ questo, infatti, il vero significato di egira, tradotto dagli ignoranti ora con “fuga” ora con “migrazione”. E’ evidente che spezzare certe catene è difficile e doloroso: spesso le catene sono d’oro. Eppure è necessario, se si intendono evitare attriti ed incomprensioni, se ci si vuole costruire un’esistenza autentica nonché evitare lo snaturamento del proprio ruolo: chi nel mondo attuale sa vivere e sa morire a prescindere dall’età anagrafica?
E’ necessario ma, nella stragrande maggioranza dei casi, oggi non è possibile e non solo per situazioni empiriche. Sono lontani i tempi in cui ad ogni età dell’esistenza corrispondeva un modo di essere, uno stadio interiore, una visione del reale. Oggi ci si incammina verso la fine impreparati e si vive, senza aver mai vissuto.
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Senti chi parla, uno che vive a casa di mammà insieme al fratellonzo mantenuto ...
ReplyDeletechi è causa del proprio male pianga se stesso ! (sopratutto se si è così miseramente tristi e jettatori)
ReplyDeleteecco il NAZISTA DI MERDA che nessuna donna ha voluto perché è UN IDIOTA TOTALE, UN NAZISTE, UNO SCIACALLO BILIOSO, UN FALLITO CHE RUBA LO STIPENDIO e che NON CAPISCE UN CAZZO (come il fratello rosario FALSARIO marcianò e il DROGATO DI MERDA corrado CANNAIOLO penna), che parla di cose CHE NON CAPISCE
ReplyDeleteMa caro zretino ... visto che lo stipendio fisso ce l'hai e da un po' perché non te ne vai da casa, visto che puoi, così ti togli di torno quella piattola/sanguisuga di tuo fratello ... la mamma la torni a trovare alla domenica come fanno tutti ...
ReplyDelete... e magari a quel punto Rosy si sentirà finalmente costretto a LAVORARE!!!
DeleteGenesis61, se pronunci la parola lavoro a strakkino viene un colpo apoplettico :D
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