L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Tuesday, January 17, 2012

Un'esperienza di pre-morte raccontata da Gregorio Magno (seconda ed ultima parte)

http://zret.blogspot.com/2012/01/unesperienza-di-pre-morte-raccontata-da_16.html

Un'esperienza di pre-morte raccontata da Gregorio Magno (seconda ed ultima parte)

Leggi qui la prima parte.

“Un certo soldato della nostra città fu colpito dalla peste. Uscì dal proprio corpo senza vita, ma ben presto ritornò e riferì quel che gli era capitato. A quel tempo, queste cose accadevano a molti. Egli disse di aver visto un ponte sovrastante un fiume nero, lugubre, che esalava un olezzo insopportabile. Di là dal ponte, invece, erano dei campi meravigliosi tappezzati di erba verde e di fiori profumati, che fungevano apparentemente da luogo d’incontro di una folla vestita di bianco. V’era nell’aria un odore così piacevole, che bastava da solo a soddisfare quei signori che passeggiavano. In quel luogo ciascuno aveva una sua dimora piena di una luce splendente. Inoltre, vi stavano costruendo una casa di dimensioni sbalorditive, in mattoni d’oro, ma egli non riuscì a capire a chi fosse destinata. Sulla riva del fiume v’erano altre dimore, alcune delle quali contaminate dall’olezzo proveniente dall’acqua, altre nemmeno sfiorate da questo.

Il ponte costituiva il banco d’esame: se a cercare di attraversarlo era una persona iniqua, questa scivolava e cadeva nell’acqua scura e puzzolente, mentre i giusti, non essendo ostacolati dalla colpa, procedevano facilmente verso quel mondo di delizie. Rivelò di aver visto Pietro, un anziano della famiglia ecclesiastica morto quattro anni prima, nell’orribile melma al di sotto del ponte, oppresso da un’enorme catena di ferro. Alla domanda del perché, gli fu data una risposta che richiama alla mente tutto quanto sappiamo della vita di costui.

Gli fu detto: ‘E’ stato punito in questo modo perché, quando eseguiva l’ordine di punire qualcuno, lo faceva con spirito di crudeltà piuttosto che di obbedienza’. Chiunque l’abbia conosciuto sa quanto questo sia vero. Vide anche un presbitero raggiungere il ponte ed attraversarlo con tanta sicurezza nel passo quanta era stata l’onestà della sua vita. Sempre lì, pare abbia riconosciuto quel tale Stefano del quale s’è parlato prima: nel tentativo di attraversare il ponte, Stefano era scivolato ed ora la parte inferiore del corpo era lì penzolante. Dal fiume, degli uomini orrendi lo afferravano per i fianchi per tirarlo giù, mentre altri uomini splendidi, vestiti di bianco, lo tiravano su per le braccia. [1]

Durante questa lotta tra spiriti benigni e spiriti malvagi, lo spettatore di tutto ciò rientrava nel proprio corpo: così, non poté mai conoscerne il risultato. Quel che succedeva a Stefano, comunque, può spiegarsi in termini di vita: egli, infatti, era sempre stato conteso tra i peccati della carne ed i benefici della carità. Il fatto che venisse trascinato giù per i fianchi, ma contemporaneamente tirato su per le braccia, dimostra chiaramente che egli amava sì la carità, tuttavia non sapeva astenersi completamente dai vizi che lo trascinavano in basso. Quale aspetto ne uscisse vittorioso, non fu dato sapere al nostro testimone; né risulta più chiaro a noi che a colui che vide tutto ciò e ritornò alla vita. E' certo comunque che Stefano, pur essendo andato all’inferno e ritornato come si è detto, non corresse del tutto il suo modo di vivere. Di conseguenza, quando molti anni dopo egli lasciò il proprio corpo, aveva ancora da affrontare un combattimento all’ultimo sangue.

[1] Un angelo ed un demonio che si contendono un’anima sono descritti, tra gli altri, da Dante nel XXVII canto dell’Inferno. Qui l’anima di Guido da Montefeltro alla fine viene ghermita dal diavolo e precipitata nel girone dei consiglieri fraudolenti.

Fonti:

Enciclopedia del Medioevo, Milano, 2009, s.v. Gregorio I Magno
R. Moody Jr, La vita oltre la vita, Milano, 1989, pp. 99-100

Saturday, January 14, 2012

Un’esperienza di pre-morte raccontata da Gregorio Magno (prima parte)

http://zret.blogspot.com/2012/01/unesperienza-di-pre-morte-raccontata-da.html

Un’esperienza di pre-morte raccontata da Gregorio Magno (prima parte)

Gregorio Magno nei “Dialogi” riferisce un episodio meraviglioso che oggi definiremmo, usando l’espressione coniata dal dottor Raymond Moody Jr, “esperienza di pre-morte”. [1] E’ proprio Moody Jr a riportare il passo tratto dai “Dialogi”, per dimostrare che le near death experiences non sono un fenomeno peculiare dei nostri tempi, poiché se ne rintracciano testimonianze anche nell’antichità (si pensi al cosiddetto mito di Er, dipanato da Platone nella “Politeia”) e nel Medioevo. In effetti, l’aneddoto inserito nell’interessante saggio “La vita oltre la vita”, manifesta non pochi tratti tipici dei resoconti dovuti ai “redivivi”, sebbene in un’ottica religiosa, laddove le dichiarazioni dei “resuscitati” attuali sono pervase da una spiritualità alquanto lontana dai dogmi delle religioni positive. Gli stadi delle esperienze al confinetra la vita e la morte, sono stati individuati dagli studiosi e così, di solito, elencati:

- Cessazione dell'attività cardiaca

- Uscita dal corpo fisico e collocazione del corpo astrale sopra la posizione reale del soma

- Visione degli eventi che occorrono nella sala operatoria ed impossibilità di comunicare con le persone ivi presenti

- Sensazione di un benessere indescrivibile

- Viaggio improvviso attraverso l'oscurità (spesso descritta come tunnel) con allontanamento dalla zona in cui è posto il corpo fisico

- Esame e considerazione delle esperienze della propria vita

- Ingresso in un luogo ricco di particolari luminosi e colorati, con sensazioni di serenità e di amore che avvolgono il nuovo arrivato

- Incontro con entità disincarnate, che possono essere i propri congiunti già deceduti o entità spirituali ignote, o divinità della propria religione

- Ritorno, spesso contro voglia, nel proprio corpo fisico, dopo l'avvertimento di non aver ancora concluso la propria avventura terrena

- Riluttanza a raccontare ad altri il tipo di avventura vissuta

- Nuovo modo di concepire la morte

- Nuova scala di valori

- Cambiamento del modo di vivere [2]

Gregorio Magno racconta di un soldato che ritorna dalla “morte”: vivida è la raffigurazione dell’aldilà e della sorte d’un uomo d’affari, Stefano, originario di Costantinopoli. La relazione, che manifesta molte analogie con i vissuti dei “resuscitati” esaminati da Moody e da altri ricercatori, se ne discosta, laddove è rappresentato il ponte, struttura che, nella tradizione mazdea ed islamica, lo spirito del defunto attraversa. Se costui è malvagio, il ponte si assottiglia sempre più, finché l’anima precipita nell’Ade, se il trapassato è un giusto, invece, avanza senza difficoltà verso il Paradiso. Archetipi, reminiscenze di episodi realmente vissuti, invenzioni letterarie? Ciascuno giudichi liberamente.

[1] Gregorio I Magno (Roma, 540- ca 604), papa dal 590 all’anno della morte, di famiglia patrizia, fu prefetto di Roma (573) e, dopo la conversione alla vita monastica (578), diacono e nunzio di Pelagio II a Costantinopoli, alla corte del basiléus Tiberio. Eletto al soglio pontificio, valorizzò l’esperienza politico-amministrativa acquisita, riordinando il patrimonio della Chiesa, provvedendone ai bisogni di Roma colpita dalla peste e minacciata dai Longobardi. Inviò in Britannia, ai fini di evangelizzare l’isola, una missione di monaci guidata da Agostino, il futuro arcivescovo di Canterbury. Delle sue numerose opere si ricordano le Epistole, in 14 libri, i Dialogorum libri IV de vita et miraculis patrum Italorum et de aeternitate animarum, notevoli per la biografia di Benedetto da Norcia, il Liber regulae pastoralis, dove è delineato il ritratto del “perfetto vescovo”, un commento in 35 libri a Giobbe (Moralia in Iob), numerose omelie. Scritte in uno stile piano ed elegante, le opere di G.M. esercitarono un influsso determinante sulla cultura del Medioevo.

[2] Un’altra scansione, più concisa e che differisce in un solo aspetto, comprende le seguenti tappe: percezione di un suono, attraversamento di una galleria, senso di pace, inesprimibilità, abbandono dellinvolucro materiale, assunzione del corpo “sottile”, incontro con esseri spirituali, colloquio con l’essere di luce, film della vita, ritorno sulla terra.

Friday, December 2, 2011

L'anima e il suo destino

http://zret.blogspot.com/2011/12/lanima-e-il-suo-destino.html

L'anima e il suo destino

“L’anima e il suo destino” è il titolo di un saggio del teologo Vito Mancuso. Il libro ha suscitato infuocate polemiche, poiché l’autore, pur dichiarandosi cattolico, mette in discussione alcuni dogmi di Santa Madre Chiesa. In effetti, mi domando per quale motivo Mancuso continui ad aderire al Cattolicesimo, visto che ne contesta gran parte della discutibile dottrina. Non intendo qui recensire il volume che non è privo di qualche pregio, benché costruito su premesse scientifiche e filosofiche alquanto farraginose. E’, però, lodevole che l’autore si interroghi circa i novissimi, sull’orizzonte ultraterreno dell’uomo, accantonate le questioni sociali o pseudo-etiche cui indulgono in modo corrivo sacerdoti e vescovi dal pulpito e soprattutto in televisione.

Il saggio in oggetto è dunque uno sprone per collocare tra parentesi temi insulsi e cercare risposte sul nostro destino. Il tema dell’immortalità dell’anima, dibattuto sin dagli albori della filosofia, è oggi per lo più ignorato: la scienza quasi sempre identifica l’anima con il cervello, dichiarandone de facto la caducità; la filosofia preferisce esplorare altri territori. Resta, però, ineludibile la domanda: che cosa ci attende, dopo che sarà conclusa l’esperienza su questo pianeta? Le risposte sono sostanzialmente tre: il nulla, l’esistenza in un altro corpo, un’altra vita in una realtà non fisica.

Tutto sommato, la prima ipotesi non è poi così indesiderabile, viste le torture e le storture della condizione umana, tormenti che non sappiamo se la morte cancellerà ipso facto o no.

A proposito della seconda possibilità, mi sono già espresso nell’articolo “
Reincarnazione” cui rimando.

Bisogna ora sfiorare la terza congettura. Qui mi comporto da avvocato del diavolo e riconosco che, nonostante gli studi condotti sulle near death experiences ed il lascito di antiche, venerande tradizioni, a tutt’oggi l’idea di immortalità dell’anima resta labile ed affidata alla fede del singolo, a meno che non si abbia esperienza delle sfere invisibili. I racconti dei “ritornati in vita”, pur essendo indizi significativi, di per sé non dimostrano molto: potrebbero essere, infatti, il risultato di ricordi e di immagini introdotti dall’”esterno”. Il tanatologo Cesare Boni, convinto assertore dell’immortalità dell’anima, asserisce che i defunti ed i luoghi scorti da chi varca il limitare tra la dimensione terrena ed il regno oltremondano sono generati dalla coscienza stessa: non sono dunque “oggettivi”, essendo archetipi sedimentati nell’inconscio che l’io desta nel momento cruciale del trapasso. Di per sé non provano che, dopo il momento fatale, si dipani un’altra vita e ci si inoltri in una plaga metafisica.

Comunque stiano le cose, è palese che l’uomo difficilmente rinuncia a nutrire la speranza che la sua identità non si perda, una volta scritta la parola “fine”.

Alcuni confidano nella resurrezione del corpo, credenza probabilmente di matrice persiana che, se non si intende il soma come un quid trascendente la pura materialità (il corpo glorioso di Shaul), rischia di sdrucciolare in una concezione grossolana, prefigurando per gli eletti un paradiso simile ad un noioso villaggio turistico. Si è che l’eternità non è nel tempo, mentre il corpo (anche rigenerato) è nello spazio-tempo, ossia in uno stato incompatibile con la beatitudine. Vogliamo forse vagheggiare un mondo in cui si conservino indefinitamente le spoglie fisiche?

Se l’anima esiste, non è ilica: così è libera dal carcere spazio-temporale, causa di ogni patimento. Il suo stato è forse contiguo ad un sereno nulla o, per lo meno, ad un’estasi leggera, eterea, impalpabile. Se l’anima non esiste, l’individualità si sbriciola con il soma e… morta lì.

Esiste la vita dopo la morte? E’ questa la domanda che echeggia nel vuoto della nostra ignoranza.

Un altro interrogativo è forse, però, più abissale: esiste la vita dopo la nascita?