L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

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Monday, October 28, 2013

Metamorfosi e radici del Nichilismo

http://zret.blogspot.co.uk/2013/10/metamorfosi-e-radici-del-nichilismo.html

Metamorfosi e radici del Nichilismo

Il basamento di roccia della realtà è l’irrealtà: l’universo è irrazionale perché è costruito non semplicemente sulle sabbie mobili, ma su ciò che non è. (P.K. Dick)



Per nichilismo si intende una dottrina filosofica che nega la consistenza di qualsiasi valore e l’esistenza di qualsiasi verità. Il nichilismo, però, è un’ipoteca che grava su molti orientamenti di pensiero. Così forse nessuna concezione è del tutto immune dal nichilismo inteso come negazione del presente e svilimento di ciò che è.

Che cos’è il materialismo, se non una forma di nichilismo, visto che esso, escludendo Dio, esclude il senso? L’universo e la vita sono solo un concorso di circostanze casuali. Se gli atei-materialisti fossero coerenti ed accorti, rigetterebbero l’evoluzionismo che rischia di introdurre una finalità nella natura. Il mondo degli Epicurei è un ammasso privo di logica e di direzione.

Le religioni sono nichiliste, poiché prospettano un futuro o una dimensione in cui l’iniquità e l’insufficienza attuale sono risarcite, sublimate. L’hic et nunc non hanno valore, se non in una prospettiva che trascende il tempo per proiettarsi nell’eterno, nell’infinito. Caso estremo di nichilismo è il Buddhismo delle origini (theravada) che concepisce il nirvana come estinzione, nulla.

Insomma, la felicità ed il significato sono sempre altrove. L’esistenza è svuotata, calunniata, disprezzata: l’ascetismo è odio per il mondo.

I sistemi dualistici (gnostici) sono nichilisti, come lo spiritualismo, giacché collocano la perfezione e l’armonia in una sfera antitetica al corrotto ed obbrobrioso universo ilico. Il contemptus mundi, ossessione di certe correnti medievali, incarna questa tetra ma forse plausibile visione.

Il nichilismo si annida anche dove non ci attenderemmo di trovarlo: non sono forse nichiliste tutte le ideologie che celebrano il progresso? Comunismo, Darwinismo sociale, Transumanesimo… collocano in un’età a venire che tende ad allontanarsi quanto più ci si avvicina ad essa, la società perfetta, finalmente emancipata dai contrasti, dai limiti e dalle lacerazioni del presente.

L’utopia politica e scientifica è un asintoto, ma anche il non-luogo dell’incubo mascherato da sogno millenaristico, di un millenarismo dove lo spirito laico è venato di uno slancio mistico diabolico.

Nietzsche condanna il nichilismo cristiano, con la sua mortificante morale e l’astio per il piacere, la gioia, la bellezza, ma, quando il filosofo tedesco vagheggia l’oltreuomo, constata il desolante nulla dell’adesso per additare un avvenire che non verrà mai.

Pure i laudatores temporis acti, gli estimatori del passato, della Tradizione, coloro che gemono “O tempora, o mores!” sono nichilisti. Essi rimpiangono un’epoca antica illuminata da virtù e saggezza, un’età che forse non è mai esistita, almeno nei colori e nelle forme con cui è sognata.

Innumerevoli sono i filosofi lato sensu nichilisti e lo siamo tutti noi, quando deprezziamo l’ora o per rifugiarci nel lost paradise del passato o per tuffarci nel miraggio di un mirabile futuro. Entrambi sono illusioni, fragili cristalli di brina che si sgretolano appena sfiorati. Vero è che il monito “carpe diem”, mal tradotto con “cogli l’attimo” diventa atrocemente ironico, se la vita è ininterrotta successione di attimi infernali, invivibili. Che cosa dovremmo afferrare?

Forse l’unico pensatore (o uno dei pochi) che ha il coraggio di essere nichilista sino in fondo e di dichiararlo, senza idealizzare regni inesistenti ed inconsistenti, il genio che “dà nulla al nulla” è Giacomo Leopardi. Egli rifugge dalla mitizzazione, dalle facili consolazioni e vede il nulla, il non-senso, l’assurdo dove (forse) si trovano effettivamente: in ogni luogo, in ogni tempo.


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Sunday, July 17, 2011

Adesso

http://zret.blogspot.com/2011/07/adesso.html

Adesso

La nostra mente è sempre presa tra due fuochi, il passato con il suo strascico di ricordi e recriminazioni, ed il futuro, gremito di timori e di inani speranze. I pensieri brulicano: è un moto incontrollabile ed estenuante. Il pensiero pesa. Esso è radice di ogni infelicità. Dunque hanno ragione coloro che esortano a spegnere la mente, ad archiviare il passato che tanto, qualcuno sostiene, non esiste più, e ad annullare l’avvenire. E’ necessario concentrarsi sul presente e cogliere il potere dell’adesso, come recita il titolo di un celebre libro, sebbene io non sappia fino a che punto l'adesso sia tanto gradevole: sovente ha un sapore molto amaro.

Agostino aveva esaminato il tema con maggiore lucidità: se possiamo concludere, secondo una certa ottica, che il tempo trascorso e quello futuro sono mere astrazioni, nebulose propaggini di una mente mai paga di sé stessa, dobbiamo anche constatare che il tanto decantato “ora” è altrettanto inconsistente, essendo un attimo inafferrabile. Valorizzare l’ora è quindi eternare il nulla, trasferire il pensiero in una dimensione in cui si acquietano le idee, non perché trasmutate, ma in quanto annichilite.

Una vena di nichilismo percorre dunque gli insegnamenti che si prefiggono un’elevazione individuale, tramite il conseguimento del silenzio interiore. E’ così: al caos dell’esistenza si può fuggire solo negandola. Il movimento tautologico del destino umano ci spinge a riconquistare il nulla da cui proveniamo.

Pure le vie non basate sull’ascetismo sottendono un assottigliamento del pensiero, sorgente di inquietudine e di affanno. Infatti, se la vita non fosse tormentosa, non si avvertirebbe l’esigenza di ricondurla in qualche modo a quel non essere donde essa promana. Si riconosce quindi, sebbene in modo implicito, che la vita così com’è, è imperfetta ed innaturale. Solo chi è stato sconfitto desidera una rivincita.

“Tanto rumore per nulla”, ossia l’esperienza umana è così tumultuosa e travagliata che il fine ultimo del saggio deve essere il nulla. E’ l’unico obiettivo di un cammino disseminato di ostacoli, di un uomo sempre oscillante tra la grigia noia ed il corrosivo dolore. Di fronte un solo stretto passaggio: l’adesso con il suo potere. Peccato (o per fortuna?) che l’adesso non esista. E’ solo una metafora per indicare quella singolarità esistenziale in cui tutto (desideri, nostalgie, illusioni, aneliti… ) è risucchiato nel non essere, come un buco nero, secondo molti astrofisici, fagocita la luce.

Senza dubbio liberarsi dalla schiavitù della memoria e dalle catene delle aspettative è un obiettivo da perseguire per ottenere un po’ di calma interiore, ma bisogna essere consapevoli che svellere le radici significa rinunciare ad una ricca parte di noi, per quanto contraddittoria. Così al niente, inteso come non-senso ed assurdo dei giorni, si sostituisce il dono dell’adesso, il niente.

Solo il nulla può cancellare il nulla, anche se esso potrebbe essere, se mai troveremo la chiave, la porta per il tutto.


Sunday, December 19, 2010

Grondaie ostruite

http://zret.blogspot.com/2010/12/grondaie-ostruite.html

Grondaie ostruite

Che cosa accomuna credenze tanto diverse tra loro: la fede nella rinascita, nella resurrezione e nella sopravvivenza dopo la morte? La proiezione del presente nel futuro. E’ una forma di alienazione: dacché il bene latita in questo mondo, deve esistere una prospettiva in un altro spazio, in un altro tempo.

La dottrina della metempsicosi o, meglio, della metensomatosi, come di solito è intesa, è verosimilmente un radicale travisamento di un’idea originaria. Le inconseguenze della metempsicosi non hanno impedito che tale opinione si diffondesse in modo straordinario, con tutte le idee inerenti, anch’esse sovente volgarizzate, di karma, samsara, nirvana

Circa la fede nella resurrezione della carne ci erudiscono gli storici delle religioni, ricordandone la probabile scaturigine persiano-mazdea. Si infiltrò poi in alcuni correnti ebraiche, nel Cristianesimo e nell’Islam. Non sarà certo il soma imperfetto a risorgere, bensì il corpo glorioso, incorruttibile animato dal soffio divino.

Promette Paolo: “Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché, se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno, però, nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato ed ogni potestà e potenza. Bisogna, infatti, che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte”. (1 Corinzi 15,20-26)

Il concetto di una sopravvivenza dopo il decesso è, pur nelle diverse accezioni, l’idea di un quid che, compiutosi il trapasso individuale, séguita ad esistere in un’altra realtà. Confortata da una tradizione molto antica e lambita da tenaci studi sulle “near death experiences”, la fede nella sopravvivenza dell’anima pare connaturata nell’uomo, in quanto essere senziente e sofferente, malgrado i proclami nichilisti di scienziati atei e di algidi agnostici.

Come fosse un filosofo, anche l’uomo comune è talvolta accecato dall’idea della morte e se, a differenza di Albert Camus non crede sia necessario dedicare ogni riflessione al suicidio, lo sfiora la sensazione che il gioco, sollazzevole o feroce che sia, debba un giorno finire.

Così, svalutato l’adesso, premuto dal macigno di un’esistenza torturante, gli uomini si pascono di queste amare ed avare speranze, consci che escluso il male, va, anzi andrà tutto bene. Come grondaie ostruite, attendono la pioggia celeste. Bisogna solo saper aspettare: intanto, mentre rimaniamo qui, incollati a ricordi dolorosi o crocifissi all’assurdo, alcuni savants non si peritano di spiegare il Male. Costoro, sempre pronti ad illustrare le loro grandiose teodicee, sono gli stessi che dal Male sono stati al massimo fugacemente sfiorati. Si sa: “Siamo tutti capaci a sopportare le sofferenze altrui” (W. Shakespeare)[1]. Molti non solo le sopportano: ne comprendono i più reconditi significati e risalgono alla loro origine.

Le spiegazioni per ogni malattia, guerra, tragedia, incidente, iniquità… sono lì, già belle e confezionate. L’industria delle risoluzioni non ha nulla da invidiare al mercato dei cellulari.

La porta della felicità è innanzi a noi, ma è sprangata. Tuttavia “domani è un altro giorno” e, chissà perché, si pensa che il futuro sarà migliore.

In questo modo la vita si protende, fidente e malcerta, sull’abisso dell’avvenire, del quale non si sa nulla, ma da cui tutto si spera.

[1] Su William Shakespeare, il cui vero nome fu quasi certamente Guglielmo Crollalanza, si legga l’articolo del Professor Francesco Lamendola, Quel grande punto interrogativo di nome William Shakespeare, 2010