L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Monday, May 5, 2014

Un suggerimento a proposito del sincronismo junghiano

http://zret.blogspot.it/2014/05/un-suggerimento-proposito-del.html

Un suggerimento a proposito del sincronismo junghiano


Il sincronismo junghiano è una coincidenza significativa che esula dal nesso di causa-effetto, lasciando trasparire una relazione non locale ed ucronica tra due fenomeni. Teorizzato e studiato, come è noto, dallo psicologo Carl Gustav Jung e dal fisico Wolfgang Pauli, del sincronismo sono state fornite ipotesi interpretative più o meno convincenti, anche se manca una spiegazione che lo situi all’interno di un modello esaustivo del reale.

Tale manifestazione sembra indicarci che il mondo delle cause e delle conseguenze (quindi in una certa misura anche l’idea di libero arbitrio) è soltanto una sottile pellicola che copre un’essenza assai differente, un quid dove il tempo e lo spazio assumono inedite configurazioni. E’ l’universo esplorato, tra gli altri, da alcuni filosofi e dai fisici quantistici. E’ una twilight zone dove le “leggi” naturali del macrocosmo slittano in una dimensione contro-intuitiva. Qui le distanze, anche quelle siderali, perdono di significato; qui la “causa” può precedere l’”effetto” ed il tempo può scorrere dal futuro verso il passato.

Si genera una sintonia tra le cose, si intravede un sottile disegno che unisce le parti di una composizione più ampia, come l’ordito e la trama di un arazzo che, osservati alla giusta distanza, delineano figure e sfondi.

Per quanto mi consta, nessuno ha mai considerato la possibilità di raccogliere i sincronismi che costellano la nostra vita: si tratta di annotare, di volta in volta, la parola o l’espressione che si fissano in un istante sincronico. La successione dei vocaboli o dei sintagmi potrebbe produrre una sequenza significativa, un enunciato dotato di logica? E’ un esperimento che si può compiere agevolmente, magari riportando anche la data e l’ora in cui si incappa nella concomitanza.

Dopo aver ottenuto la frase (si dovranno inserire articoli, preposizioni etc.) e la serie numerica, si potrà tentare di stabilire se esse sono del tutto casuali o se paiono contenere una ratio, suscettibile poi di eventuali ulteriori esegesi ed inquadramenti teorici.[1]

[1] Quale dovrà essere la lunghezza della proposizione? Ricordando che per un singolare concorso in italiano gli enunciati tendono a configurare degli endecasillabi (versi di undici sillabe metriche), si potrebbe costruire una locuzione riconducibile alla misura di un endecasillabo.

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Monday, October 28, 2013

Metamorfosi e radici del Nichilismo

http://zret.blogspot.co.uk/2013/10/metamorfosi-e-radici-del-nichilismo.html

Metamorfosi e radici del Nichilismo

Il basamento di roccia della realtà è l’irrealtà: l’universo è irrazionale perché è costruito non semplicemente sulle sabbie mobili, ma su ciò che non è. (P.K. Dick)



Per nichilismo si intende una dottrina filosofica che nega la consistenza di qualsiasi valore e l’esistenza di qualsiasi verità. Il nichilismo, però, è un’ipoteca che grava su molti orientamenti di pensiero. Così forse nessuna concezione è del tutto immune dal nichilismo inteso come negazione del presente e svilimento di ciò che è.

Che cos’è il materialismo, se non una forma di nichilismo, visto che esso, escludendo Dio, esclude il senso? L’universo e la vita sono solo un concorso di circostanze casuali. Se gli atei-materialisti fossero coerenti ed accorti, rigetterebbero l’evoluzionismo che rischia di introdurre una finalità nella natura. Il mondo degli Epicurei è un ammasso privo di logica e di direzione.

Le religioni sono nichiliste, poiché prospettano un futuro o una dimensione in cui l’iniquità e l’insufficienza attuale sono risarcite, sublimate. L’hic et nunc non hanno valore, se non in una prospettiva che trascende il tempo per proiettarsi nell’eterno, nell’infinito. Caso estremo di nichilismo è il Buddhismo delle origini (theravada) che concepisce il nirvana come estinzione, nulla.

Insomma, la felicità ed il significato sono sempre altrove. L’esistenza è svuotata, calunniata, disprezzata: l’ascetismo è odio per il mondo.

I sistemi dualistici (gnostici) sono nichilisti, come lo spiritualismo, giacché collocano la perfezione e l’armonia in una sfera antitetica al corrotto ed obbrobrioso universo ilico. Il contemptus mundi, ossessione di certe correnti medievali, incarna questa tetra ma forse plausibile visione.

Il nichilismo si annida anche dove non ci attenderemmo di trovarlo: non sono forse nichiliste tutte le ideologie che celebrano il progresso? Comunismo, Darwinismo sociale, Transumanesimo… collocano in un’età a venire che tende ad allontanarsi quanto più ci si avvicina ad essa, la società perfetta, finalmente emancipata dai contrasti, dai limiti e dalle lacerazioni del presente.

L’utopia politica e scientifica è un asintoto, ma anche il non-luogo dell’incubo mascherato da sogno millenaristico, di un millenarismo dove lo spirito laico è venato di uno slancio mistico diabolico.

Nietzsche condanna il nichilismo cristiano, con la sua mortificante morale e l’astio per il piacere, la gioia, la bellezza, ma, quando il filosofo tedesco vagheggia l’oltreuomo, constata il desolante nulla dell’adesso per additare un avvenire che non verrà mai.

Pure i laudatores temporis acti, gli estimatori del passato, della Tradizione, coloro che gemono “O tempora, o mores!” sono nichilisti. Essi rimpiangono un’epoca antica illuminata da virtù e saggezza, un’età che forse non è mai esistita, almeno nei colori e nelle forme con cui è sognata.

Innumerevoli sono i filosofi lato sensu nichilisti e lo siamo tutti noi, quando deprezziamo l’ora o per rifugiarci nel lost paradise del passato o per tuffarci nel miraggio di un mirabile futuro. Entrambi sono illusioni, fragili cristalli di brina che si sgretolano appena sfiorati. Vero è che il monito “carpe diem”, mal tradotto con “cogli l’attimo” diventa atrocemente ironico, se la vita è ininterrotta successione di attimi infernali, invivibili. Che cosa dovremmo afferrare?

Forse l’unico pensatore (o uno dei pochi) che ha il coraggio di essere nichilista sino in fondo e di dichiararlo, senza idealizzare regni inesistenti ed inconsistenti, il genio che “dà nulla al nulla” è Giacomo Leopardi. Egli rifugge dalla mitizzazione, dalle facili consolazioni e vede il nulla, il non-senso, l’assurdo dove (forse) si trovano effettivamente: in ogni luogo, in ogni tempo.


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Sunday, February 10, 2013

L'istmo di sticazzi


http://zret.blogspot.com/2013/02/listmo_9.html

L'istmo

Il varco è qui? (E. Montale)

Tutto è nel tutto, eppure ci appare diviso.

Recenti indirizzi scientifici tendono a confermare alcuni assunti del pensiero tradizionale. Ci riferiamo al tema delle dimensioni: in verità non sappiamo “dove” questi mondi paralleli siano situati né come interagiscano con l’ordinaria sfera della cosiddetta “realtà” che è, a ben riflettere, una prigione con pareti di vetro infrangibile. Sono dei piani che si intersecano con il nostro in particolari circostanze? Sono livelli microscopici come arrotolati nel nostro quadridimensionale? Sono forse universi che, simili a specchi, riverberano gli eventi del cosmo ordinario? Che ruolo giocano in tutto ciò l’asimmetria, la massa oscura, l’antimateria? Perché scrivo così tante idiozie?

E’ evidente che gli interrogativi sono innumerevoli ed abissali. Sono domande per cui la fisica si protende nella metafisica, la cosmologia nella filosofia.

Abbiamo ogni giorno, anzi ogni notte, esperienza di una realtà ulteriore, la regione onirica dove lo spazio ed il tempo ora si dilatano ora si contraggono sino a concentrarsi quasi in un punto, ma l’istmo che congiunge la psiche conscia a quella inconscia è quasi sempre sommerso dal chiarore dell’alba.

I vissuti con cui ci addentriamo nel mondo impercettibile costellano la nostra vita. Alcuni riescono ad esplorare l’invisibile. Straordinarie capacità dimostrano che le “leggi” fisiche non sono valide sempre e comunque. La coscienza ubiqua può trascendere i confini…

Nondimeno manca non solo una teoria unificante, non autocontraddittoria, che spieghi quale sia la relazione tra la coscienza e la materia, quali i rapporti fra i diversi regni del reale, ma pure una traccia sommaria che delinei i termini del problema. Non sappiamo a quali condizioni lo spirito possa agire sull’hyle, ammesso e non concesso che il discorso sia così semplice, visto che il concetto di causa dovrà essere sostituito con quelli, non meno problematici, di sincronicità e di non-località.

Ignoriamo anche quale sia l’energia fondamentale che muove le onde dell’oceano infinito.

Resta la consapevolezza che in qualche parte di questa realtà dura (eppure evanescente), solida, simile al muro di recinzione di un penitenziario, si deve aprire una breccia tale da permetterci di vedere oltre e di evadere. Beati coloro che l’hanno trovata o la troveranno.


 

Wednesday, March 14, 2012

Rinascimento e morte dell’uomo

http://zret.blogspot.com/2012/03/rinascimento-e-morte-delluomo.html

Rinascimento e morte dell’uomo

Molti uomini di oggi non hanno più neppure il coraggio della propria viltà.

"L'umanità non presenta un’evoluzione verso qualcosa di migliore o di più forte o di più elevato nel modo in cui oggi questo viene creduto. Il 'progresso’ è semplicemente un'idea moderna, cioè un'idea falsa. L'Europeo di oggi resta, nel suo valore, profondamente al di sotto dell'Europeo del Rinascimento; la prosecuzione di uno sviluppo non è assolutamente, per una qualsivoglia necessià, elevazione, potenziamento, consolidamento."(F. Nietzsche, L'Anticristo) Le parole del filosofo tedesco centrano il bersaglio: l’idea di progresso è uno pseudo-mito con cui abbiamo plastificato la nostra età tecnotronica. Vero è anche l’uomo rinascimentale fu superiore all’uomo contemporaneo: persino l’uomo del volgo era meno volgare del più distinto scienziatodi oggi.

Sebbene la cultura umanistico-rinascimentale vagheggi appunto una rinascenza dell’età classica, in realtà plasma una nuova civiltà il cui il valore precipuo risiede nella continuità-discontinuità con l’antico più che nella sua meccanica rivisitazione. Un esempio per tutti: mentre artisti e teorici educano l’occhio e la mente per costruire la prospettiva centrale, non riscoprono una tecnica pristina (la prospettiva antica era ottica ed empirica, non matematica), ma tracciano inedite coordinate visive e figurative.

E’ anche indubbio che la temperie rinascimentale riprende e riannoda i fili dispersi della Tradizione, rileggendola, però, alla luce di sistemi in fieri e, in una certa misura, di esigenze contingenti.

Ne scaturisce un mondo fecondo, versatile, dinamico, in cui le polarità dello spirito umano sono spesso conciliate. Molti intellettuali dell’epoca vivono una vita breve, ma intensa: essi bruciano le esperienze culturali più disparate, generando una fiammata che illumina il periodo tra XV e XVI secolo, con un barlume che rischiara la storia ancora per qualche decennio.

Nella storia, però, agiscono forze disumane che conducono l’umanità verso il baratro. Queste energie distruttive serpeggiavano già nell’Europa trecentesca, specialmente sotto la forma del mercantilismo (“la gente avida di sùbiti guadagni”). Così, intanto che l’Europa risplende per il lampo dei genii (pittori, architetti, poeti, scienziati…), il tarlo dell’usura rode i patrimoni e le coscienze.

Non è tuttavia solo la mentalità borghese a corrodere la marmorea bellezza della civiltà rinascimentale, poiché alcune ombre sono proiettate dalla luce stessa della razionalità. E’ destino delle epoche più inclini alla logica, nutrire in sé il delirio, l’aberrazione. Questo vale per il cosiddetto “secolo dei lumi”, ma in parte pure per il Rinascimento che non può soffocare la parte ctonia dell’uomo. La stessa pittura impeccabile e rigorosa di Piero della Francesca, pittura che non è un’immagine verosimile del reale, ma un’idealizzazione matematica, non eclissa, se non per una breve stagione, cupi orizzonti. L’idolatria della scienza, intesa come strumento di potere, è destinata a condurre all’hybris di Francis Bacon, al rigido dualismo di Cartesio. L’equilibrio tra natura e storia si rompe e l’uomo si atteggia a super-uomo, incarnando caratteristiche sub-umane.

Che l’equilibrio sia fragile è comunque dimostrato dagli atteggiamenti ondivaghi talora fino alla contraddizione di alcuni umanisti: si pensi a Leon Battista Alberti sulla cui nitida, armoniosa architettura, già germinano le disillusioni del "Momo". E’ in nuce la tendenza che porta alla riflessione sulla melancolia, sull’intellettuale saturnino: è la visione che disgrega dall’interno le certezze (e le illusioni) umanistiche. Nelle arti figurative soprattutto alle olimpiche creazioni rinascimentali, reagisce il Manierismo (Pontormo, Rosso Fiorentino, Giulio Romano…) con il suo gusto eccentrico, bizzarro, l’insofferenza per la regola e la misura. Lo stesso “quadrato” Piero della Francesca, con "La flagellazione di Cristo”, dipinge uno dei quadri più enigmatici e densi di sapere esoterico dell’intero Rinascimento. Essoterismo e filigrana iniziatica convivono in molti autori. L’arte (pittori ferraresi) e la scienza si sostanziano di valori alchemici, astrologici, magici, fino alla tabula rasa del simbolico operata da Galilei e dai suoi epigoni. Il movimento centrifugo non degrada l’uomo, piuttosto lo riconduce ad una concezione più realistica e sofferta, poiché l’antico non può sic et simpliciter rinascere. Inoltre l’uomo decade se oblia la scintilla divina, ma specialmente se crede di innalzarsi a dio.

E’ dunque un bilanciamento precario ed effimero a donare all’Europa un periodo splendido: la caduca concilazione tra ragione e follia, tra Cristianesimo e Neoplatonismo, tra umanesimo cortigiano ed umanesimo civile, tra città e contado, tra disinteresse ed amministrazione ocutata del denaro… si spezza. Soprattutto si perde la simbiosi tra teoria e prassi, sicché da un lato si sviluppano uomini tutti mentali, dall’altro esseri tutti ilici: la frattura tra anima e corpo produce creature scisse, monche, in cui le pulsioni naturali non sono sublimate ma represse. [1]

La coscienza un po’ alla volta si intorpidisce, vuoi per il freddo razionalismo che culmina in Cartesio vuoi per la raison d’état vuoi per il fanatismo luterano-calvinista e controriformistico, istanze cui è costretta ad adeguarsi la società, nonostante nobili eccezioni e nobili ribellioni (Bruno, Caravaggio etc.).

Più dell’irrazionalità che s’insinua nelle concezioni estetiche e negli animi, è la logica del dominio e del profitto ad oscurare il senso: la Banca svedese è fondata nel 1656 e la Banca d’Inghilterra nel 1694. Il potere del denaro, alimentato da un’oscura pulsione di morte, si rafforza sino a soggiogare l’interiorità prima che il mondo. Il dominio suscita rivolte: la rivolta romantica e, più tardi, quella decadente pur ambigua, esprimono il rifiuto della modernità e dei suoi disvalori, ma ormai ai denari sono saldati, in un invincibile connubio, l’industrialismo e la tecnologia che sono adulterazione della natura lato sensu. Perciò il rifiuto diventa velleitario, impotente. Eppure, nella sua impotenza, oggi più isolata che solitaria, gli uomini (se ancora ne sopravvivono) riscoprono ed affermano l’unica dignità: il culto della verità e della bellezza.

[1] Circa questa frattura si leggano le sagaci osservazioni di Leopardi nello “Zibaldone”.

Articolo correlato: G. Ranella, Il senso della Tradizione, 2012

Wednesday, July 13, 2011

Ur

http://zret.blogspot.com/2011/07/ur.html

Ur

Siamo (non tutti) esseri celesti? Sparse briciole linguistiche sembrerebbero accreditarlo. Ur è uno dei più antichi centri sumeri. “Ur “dovrebbe valere appunto “città”. Le città mesopotamiche (e non solo) progettate e costruite, seguendo canoni simbolici, erano uno specchio del cielo. Il loro cuore era lo ziqqurat, il tempio-osservatorio, pinnacolo puntato verso il firmamento stellato. Fu la nostalgia di una cultura già decaduta quando sbocciò.

Da Ur dei Caldei – alcuni contestano l’identificazione con la città mesopotamica – proveniva Abraham, il sumero progenitore (mitico?) di genti medio-orientali. L’Oriente è l’origine: la radice vale “sorgere”. E’ un’alba di civiltà remote, la cui ascendenza è forse uranica. Il cielo quindi è la patria, perduta. Non lo si intenda tanto in senso letterale, ma come “luogo” del principio anteriore alla caduta. Sebbene gli etimologisti rifiutino il legame, il tedesco "Ur", originario, antico, ancestrale, potrebbe conservare una parentela con il sumero. Il nucleo semantico è lo stesso di Oriente, da orior, sorgere. Che cos’è la città, se non il nascimento di un popolo? Ecco l’urbe e l’Urbe. Si suppone che “urbs” sia connesso al latino “orbis”, mondo, globo ed anche cerchio. Roma fu città quadrata, ma nel quadrato si può inscrivere in un cerchio, figura della perfezione. Quadrato e cerchio: terra e cielo. Atlantide, invece, l’archetipo urbanistico, ebbe pianta circolare con tre canali concentrici attorno agli insediamenti. Inoltre la città è un mondo, un cosmo con i suoi punti cardinali, i quarti, gli assi, il centro. Una ruota cosmica è adombrata nell’icnografia urbana.

Erano un tempo i sacerdoti a delimitare il perimetro di una città, a stabilire i riti di fondazione, a sacralizzare uno spazio, il templum, che rispecchiava un settore del cielo. Gli ierofanti interpretavano la volontà dei Celesti.

La sorgente delle lingue è presumibilmente unica, anche se ne scaturirono molti ruscelli e fiumi i cui corsi si sono diramati assai lontano dalla scaturigine. Così il sumero Ur, il germanico “ur”, il morfema "or", nascere, il latino urbs… potrebbero discendere da una stessa voce.

Quanto diversa è la città antica da quella odierna! Un tempo i confini di un’urbe erano sacri, invalicabili, oggi le città sono tentacolari, fagocitano l’esterno, dopo aver digerito sé stesse. Del cielo, di cui erano un’icona, un riflesso nelle armonie e nelle prospettive, non è rimasto nulla: gli sguardi sono chini verso il basso ed una giungla di edifici lo scherma, mentre venefici serpenti lo attraversano. Il vero cielo poi non è quello sopra di noi: la volta è solo un simulacro dell’Empireo.

Scrivono A. Anzaldi e L. Bazzoli: “Urano è il cielo, bello, lontano misterioso. … Evoca la tendenza alla solitudine. Urano può essere inteso come Spazio, laddove Saturno è il Tempo”.

L’eco stessa di Urano (greco Οὐρανός), primordiale dio degli spazi siderei, il cui nome vale “firmamento”, oggidì è imprigionata nei giacimenti del metallo denominato “uranio”. [1] Tragico destino che il fecondo soffio celeste si sia corrotto in un vento radioattivo, che la vita si sia tramutata in morte.

[1] Il nesso etimologico tra l’ellenico Οὐρανός e l’indiano Varuna è in genere rifiutato dai linguisti che non sono concordi sul significato dalla base da cui deriva il nome del dio, “wer “, coprire, o “uer”, legare.



Monday, March 21, 2011

Tracce di Atlantide (prima parte)

http://zret.blogspot.com/2011/03/tracce-di-atlantide-prima-parte.html

Tracce di Atlantide (prima parte)

Qual è la fonte della Tradizione? Credo che potrebbe essere Atlantide. Sul continente scomparso sono stati scritti centinaia di libri, per tentare di stabilire in primo luogo dove Atlantide fosse ubicata. Pochi autori hanno, però, compreso che l’isola inabissatasi nell’oceano non fu solo una terra, ma un tempo prima del tempo, un’altra umanità. I miti non sono né storielle né sciarade, ma archetipi, messaggi in bottiglie affidate alle correnti di oceani metastorici. Gli stessi abitanti di Atlantide erano probabilmente esseri metacorporei, i cui sensi ed intelletto erano acutissimi.

Quanto del sapere appannaggio degli Atlantidei – alcuni li chiamano Pelasgi – fu trasfuso nelle culture successive che la storiografia ufficiale, a torto, considera le prime a sbocciare sul pianeta? I superstiti portarono con sé conoscenze e tradizioni: molte cognizioni furono di natura tecnica, ma altre furono esoteriche. Ritengo che, con il passare dei secoli e l’avvicendamento dei diluvi, gli eredi dei Pelasgi, inclusi i gruppi da quelli istruiti, cominciarono a perdere per strada alcuni saperi. Platone nel IV secolo scrisse di Atlantide nel "Timeo" e nel "Crizia", ma probabilmente egli apprese e divulgò meno di quanto avesse appreso e divulgato Solone. Solone acquisì e diffuse meno dei sacerdoti egizi che l’avevano indottrinato e via discorrendo.

Dunque i testi antichi sono scrigni di sapienza, ma, poiché il vero sapere si tramanda attraverso l’oralità e per mezzo di scuole esoteriche, è, a mio avviso, errato, pensare che alcuni libri del passato siano in toto iniziatici. Così la Bibbia, accanto a parti storiche (o quasi storiche), cronachistiche, normative, poetiche etc. custodisce concetti simbolici per lo più di origine egizia e sumera: le redazioni successive, la confluenza di diverse fonti, intenti catechetici e persino egemonici della casta sacerdotale ebraica rendono la Torah un testo. Testo è letteralmente un libro intrecciato, dove i contenuti, afferenti a diverse funzioni di Jakobson ed a circostanze eterogenee, si intersecano, creando nodi sovente inestricabili. [1] Ci si imbatte, ad esempio, nel termine Elohim, plurale di Eloha. Ora, tale forma è stata ed è interpretata in modi molteplici, ma è tutto tranne un pluralis maiestatitis che era ignoto agli antichi: in alcuni scrittori latini era un pluralis modestiae: l’esatto contrario! [2] Bisogna prestare attenzione a non affrontare testimonianze del passato con categorie attuali, a non sovrapporvi costruzioni simboliche posteriori. Il rischio è quello di attribuire valori estranei ai testi antichi sino a leggervi tutto ciò che ci si vuole leggere: qualcuno ha addirittura individuato nella Bibbia, tra le numerose profezie, un vaticinio sul 9 11 e sui dirottatori arabi muniti di coltellini, peccato che…

[1] Secondo questa distinzione, l’Iliade, l’Odissea, il Corano etc. sono testi, mentre, ad esempio, la Commedia è un libro, perché scritto da un unico autore e secondo un piano concepito in modo organico, mentre le opere sorte attorno ad un centro originario, cui si agglutinano altri nuclei, uniti da compilatori e da rapsodi, interpolate e modificate nel tempo, sono testi.


[2] Nel grossolano errore di scambiare il "pluralis modestiae" per un "pluralis maiestatis" incorre Fichipedia…