L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

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Saturday, May 10, 2014

Antropologia e politica

http://zret.blogspot.it/2014/05/antropologia-e-politica.html

Antropologia e politica


Non sarà l’uomo a risolvere i problemi dell’umanità.

Ancora qualcuno crede alle ricette ed alle promesse dei patetici “politici”? Spero proprio di no. Ammesso e non concesso che davvero qualcuno intenda agire per il bene della collettività, non si scontrerà con ostacoli insormontabili?

Almeno dai tempi di Platone si teorizza lo stato ideale: si sono solo costruiti organismi pessimi. Perché lambiccarsi per delineare un modello di governo perfetto, un paradigma di democrazia, quando ci ritroviamo con il peggiore degli stati possibili pressoché in ogni dove?

Si sono soltanto vagheggiate utopie, spesso pericolose come ci avverte Emil Cioran. Basti pensare al Cristianesimo, la “religione dell’amore” secondo la vulgata (in realtà la comunità dei Nazirei era tutt’altro che pacifica) capace solo di generare il monstrum della Chiesa. Se certi valori furono proclamati, essi non fecondarono per nulla la società e, a distanza di duemila anni, possiamo constatare il totale fallimento delle “magnifiche sorti e progressive” proclamate dai primi “cristiani”, Paolo in primis.

Il discorso vale anche per tutti quegli autori che si illusero di poter definire un modello statuale organico. Gli specula principis medievali sono opere i cui intenti sono tanto nobili, quanto irrealizzabili. E’ un disegno che palesa dabbenaggine nel momento in cui si crede di poter concretare certe idee. Non sfugge a questa imbarazzante sublimazione Dante con il trattato in tre libri, De monarchia. La verità è sconvolgente: tra ideale e reale il divario non è ampio ma infinito.

Pochi pensatori compresero la vera natura del potere: tra questi Machiavelli e soprattutto Guicciardini. Il “segretario fiorentino” con amarezza constata come sia impossibile coniugare etica e politica; il secondo, inariditasi anche l’ultima vena di idealizzazione con cui Machiavelli descrive uno stato forte, ma, nel complesso eretto nell’interesse della comunità, registra l’assoluta spregiudicatezza degli apparati che schiacciano l’individuo privo di “discrezione”.

Lo Stato è visto ora come necessità ineludibile (Hobbes) ora come male assoluto (Marx e Nietzsche); di converso è glorificato da chi, si pensi a Hegel, tratteggia un consorzio sociale e politico che non è mai esistito e mai esisterà. Si è che le teorie devono fare i conti con la “verità effettuale”, con la natura umana. Sono conti molto salati.

Non so se l’uomo sia naturalmente incline al bene o al male: so, però, che nel corso della storia l’unica compagine in cui di solito regna l’armonia è quella formata da un solo individuo. Già, quando si è in due, cominciano i problemi: non oso pensare quali dissidi si generano in comunità ampie, formate da milioni di persone. Certo, poi interviene un diabolico (in senso letterale) esecutivo di turno a sistemare le cose. Povera umanità, incapace di governarsi e che delega ogni autorità a chi la governa con la coercizione e la frode! Si rinuncia alla libertà con il sogno di ottenere un po’ di sicurezza: ci si accorge dopo poco tempo, di aver perso entrambe. Per sempre.

Esistono forse le eccezioni: le società gilaniche, alcune tribù di nativi americani in cui ognuno ricopriva il suo ruolo, senza prevaricazioni ed in sintonia con il prossimo; la Comune del 1871, i consigli di Liebknecht e Luxembourg... ma sono esempi sporadici, effimeri, non scevri da una certa dose di trasfigurazione, di nostalgico ripiegamento.

E’ possibile dunque ipotizzare un’amministrazione volta a garantire i diritti dei cittadini, sancendo solo i doveri davvero ineludibili? Horkheimer auspica che lo Stato sia diluito in una forma di conduzione il più possibile leggera, quasi impalpabile. Purtroppo non solo il suo auspicio è rimasto lettera morta, ma addirittura siamo costretti a rilevare che, con il passare del tempo, le strutture di potere diventano sempre più tiranniche, pur dietro le pallide parvenze della democrazia (in realtà demoncrazia). Non solo, ci dobbiamo sorbire i peana in onore delle “democrazie occidentali” per opera di servi del sistema, come Karl Popper.

Di fronte ad una situazione siffatta si può solo sperare in un sovvertimento radicale e definitivo di ogni Stato, nel crollo di tutte le istituzioni che sono irriformabili. Alla loro natura degenere si somma la natura comunque ambigua dell’uomo di cui né la morale né la religione né l’educazione possono sradicare i difetti che anzi scaltri personaggi alimentano e strumentalizzano. Si innesca una climax in cui il male individuale si moltiplica a causa della nequizia connaturata alle classi dirigenti tutte.

Si può sperare in un cambiamento, in un’evoluzione dell’uomo, una palingenesi tale da costituire la premessa per un mondo migliore? Atroce è non avere le risposte; ancora più atroce sapere che a pochi importa cercare risposte e risoluzioni.

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Saturday, September 17, 2011

Il pensiero di Maritain: luoghi comuni ed adesione al sistema

http://zret.blogspot.com/2011/09/il-pensiero-di-maritain-luoghi-comuni.html

Il pensiero di Maritain: luoghi comuni ed adesione al sistema

Il francese Jacques Maritain (1882-1973), tra i maggiori propugnatori del neo-tomismo, incarna l’inconsistenza di un pensiero che scivola nei luoghi comuni. Così, se da un lato un autore come Emil Cioran, vigoroso e dirompente nel suo lucido “pessimismo”, è quasi ostracizzato (è difficile trovare un suo profilo o passi delle sue opere in enciclopedie ed antologie filosofiche), a Maritain è dedicato più spazio di quanto non meriti un filosofo così insulso.

Nel saggio “Introduzione alla filosofia”, Maritain definisce la filosofia come “la conoscenza scientifica che, mediante la luce naturale della ragione, considera le cause prime o le ragioni più alte di ogni cosa”. Nell’opera “Principi di una politica umanista” scrive: “Sappiamo che una delle caratteristiche essenziali di una civiltà degna di questo nome, è il senso ed il rispetto per la dignità della persona umana; sappiamo che per difendere i diritti della persona umana come per difendere la libertà, bisogna essere disposti a dare la propria vita… L’uomo è un individuo che si regge con l’intelligenza e la volontà; non esiste soltanto al(?) mondo fisico, ma sovraesiste spiritualmente in conoscenza ed in amore, in modo tale che in qualche modo è un universo a sé…”.

Potrei riportare altri passaggi desunti dai testi di Maritain, ma ci imbatteremmo in altrettali banalità: non è che alcune asserzioni non siano condivisibili, ma il pensiero del neo-tomista è di una superficialità disarmante, di deprimente piattezza. Come se non bastasse la trita ripetizione di concetti preistorici da temino svolto da uno studente di prima media, Maritain si sciacqua la bocca con espressioni retoriche e vacue, come “persona umana”. Ahinoi, tale sciatta, ambigua dicitura ha invaso i discorsi ed i libri di questi tempi degradati in cui il linguaggio rispecchia con il suo grigiore un modo di “ragionare” dozzinale. Sembra di ascoltare le omelie di un prete annoiato o le bolse, magniloquenti allocuzioni di Napo Orso Capo: così la fede ed il laicismo, coronando il sogno di Maritain, si danno la mano. Nell’indifferenziazione del linguaggio (un cattolico oggi parla come un comunista, un vescovo come un sindacalista) si manifesta l’omologazione.

Se la filosofia contemporanea si protende spesso verso concettualizzazioni astruse, verso compiacimenti intellettualistici, ha avuto comunque il coraggio di demistificare “verità” consolidate, di demolire idoli. Gli indirizzi ermeneutici, epistemologici, strutturalisti…, pur con molti limiti, hanno contribuito ad operare un trascendimento del common sense, a disintegrare i dogmi dell’idealismo, del realismo e dello scientismo. Con Maritain inciampiamo di nuovo in convincimenti ingenui che credevamo appartenenti ad un lontano passato. Non solo, tali convinzioni sono spiattellate senza un minimo di riflessione filosofica: oggettività del mondo, libertà, volontà, causa (!!!)… sono idee date per acquisite.

Che cosa caviamo dunque dai libracci di Maritain? Dei cliché e degli allettamenti: sono proprio le caratteristiche della comunicazione attuale. In “Scienza e saggezza” leggiamo: “Non dimentichiamolo, la scienza è buona in sé stessa; come tutto ciò che deriva dalle attività dello spirito in cerca della verità, essa è qualcosa di naturalmente sacro e guai a chi disconosce la sua dignità!” Non manca quindi quella soggezione per la scienza, peculiare dei nostri tempi, per cui chi osa discutere certi postulati scientisti, è messo alla gogna ed additato come eretico.

Il pensiero deve scuotere dal torpore, provocare, affermare per negare, assurgere a dialettica incessante: non può adagiarsi sugli allori della convenzionalità. Si intende: la filosofia di Maritain è rassicurante, mediatrice, concilia scienza e fede. Per questi motivi piace. E’ proprio quello che agogna la nostra società addormentata: un “pensiero” tranquillizzante, sedativo, acritico. Non sorprendiamoci poi, se, nonostante le rivoluzioni epistemologiche, ci tocca leggere le scempiaggini dei negazionisti che, nella loro saccente ignoranza, confondono “fatti” con teorie, tesi con protocolli, teoremi con assiomi… Naturalmente i disinformatori difettano della capacità di distinguere tra teorico ed empirico, non riescono a concepire problemi di natura epistemologica e credono, da ammuffiti positivisti quali sono, che la scienza fornisca tutte le risposte, purché non intacchino il loro sistema di credenze. Più fideisti di una beghina, ignorano tutte le questioni linguistiche attraverso cui si struttura l’analisi del mondo.

Responsabile dello scadimento culturale è in buona parte la scuola, dalle primarie all’università: essa inculca, presentandola come l’unica vera, una “logica” binaria, impone modelli matematici realisti, trasmette cognizioni utilitaristiche, disconosce il senso estetico, soprattutto veicola quell’umanismo d’accatto ed ipocrita, lo stesso di cui trasudano gli scartafacci di Maritain, fautore di un arrogante antropocentrismo senza centro, di una filosofia del tutto priva di amore per la conoscenza.

Quasi in modo paradossale, tutti gli autori che affermano di battersi per la libertà e la dignità dell’individuo (si pensi a Karl Popper) sono gli stessi che, con i loro modelli sclerotici e la loro denigrazione del dissenso, concorrono ad avallare l’establishment. Incapaci di operare una critica implacabile dell’esistente, bandiscono il riformismo, il gradualismo, il migliorismo. In Maritain non si va oltre le buone intenzioni, oltre il generico e dolciastro appello alla creazione di una società più giusta ed umana. Ci vuole ben altro che una precettistica di valori e di buoni sentimenti. Sarebbe necessario un pensiero divergente, anti-umanista, di radicale contestazione del sistema.

Se la celebrazione che il Nostro tesse degli alleati i quali, durante la Seconda guerra mondiale combatterono “per la giustizia e la libertà” (“L’uomo e lo Stato”), non è propaganda mondialista, ma dabbenaggine, è pur sempre da condannare: deficienti e disinformatori, pur tanto diversi, propalando le medesime versioni ufficiali, ratificano le menzogne del potere.

Consideriamo le dissertazioni di Maritain prediche, circolari ministeriali, ebeti tracce per gli esami di stato, al limite mediocri componimenti di alunni standardizzati, ma NON filosofia.

Maritain sembra l’incarnazione dell’insegnante-tipo: nozionista, allineato, razionale, dispensatore di un “sapere” predigerito, dal quale gli scrittori rivoluzionari sono esclusi o, peggio, dove sono normalizzati. Speriamo che, pur in una società tanto conformista e programmata, un allievo alzi la mano per chiedere il perché del perché.


Wednesday, June 29, 2011

Conferme

http://zret.blogspot.com/2011/06/conferme.html

Conferme (link aggiornati da eSSSe)

Qualche giorno addietro, mi sono recato in libreria dove ho scoperto che ora, per invogliare i lettori all’acquisto, hanno escogitato un nuovo espediente: si stampano degli opuscoli che contengono il primo capitolo di due romanzi. Se si vuole poi sapere come le storie continuano e vanno a finire, si deve acquistare l’opera. Credo che l’esca funzionerà: che cosa cerca oggi il pubblico medio, se non di trascorrere qualche ora spensierata, seguendo le avventure di un eroe?

Si può veramente definire industria dell’intrattenimento e non so se sia più vuoto l’intrattenimento della discoteca offerto ad una generazione di perditempo o quello ammannito dall’editoria commerciale. Importante è inebetire la gente già ebete di suo, in più si raggranellano dei sonanti quattrini, il che non guasta. Si crea un circolo vizioso: da un lato si produce della paccottiglia cui i lettori si abituano, dall’altro i fruitori esigono libri sempre più dozzinali, scritti in modo scandalosamente misero, in "stile" Attivissimo. Il linguaggio, sempre più depauperato, non si presta ad un’interpretazione critica della realtà: è la neo-lingua orwelliana. Questo modus scribendi esibisce una visione piatta, dozzinale e falsa del mondo.

Il discorso si può estendere ad altri campi: il cinema, la televisione, la stampa etc. La “qualità” scade in modo spaventevole, mentre l’intelletto dei consumatori si atrofizza. Si comprende dunque perché autori ed artisti eccentrici e non organici al sistema non riscuotano alcun successo: si pensi, ad esempio, al narratore svizzero, Friedrich Dürrenmatt. Molti suoi titoli sono spiazzanti: l’’incipit è incongruo, l’epilogo è aperto o inconcludente, l’intreccio deraglia in digressioni innaturali, le descrizioni sono stranianti, i personaggi incompiuti e contraddittori. E’ evidente: è l’esatto contrario di quanto il lettore si attende: una trama avventurosa e ben costruita ed attanti inverosimilmente realistici. Soprattutto un lettore ingenuo cerca nel romanzo la conferma delle sue illusioni: il bene che trionfa sul male, pur dopo mille peripezie, la razionalità e la semplicità della vita. Peccato che l’esistenza sia irragionevole, complessa e che il reale sia antinomico.

Un’umanità infantile viene nutrita con queste chicche: romanzetti rassicuranti, in cui il turbinio delle vicende è simile ad una tempesta in un bicchier d’acqua; serie televisive pacchiane a base di Carabinieri intrepidi, investigatori bonari, sacerdoti simpatici, eroici medici, sdolcinate famiglie piccolo-borghesi... E’ una rappresentazione della società del tutto irrealistica, eppure esperita addirittura come “reale” solo perché costellata di luoghi comuni. E’ l’atteggiamento ingenuo di chi resta incantato di fronte ad una crosta in quanto riproduce, anche se in modo approssimativo, un paesaggio, mentre strabuzza gli occhi e protesta al cospetto di un’opera “astratta” in cui non riesce a cogliere una somiglianza qualsiasi con la natura.

Non si vuole che la persona ragioni, si ponga domande, esplori: bisogna assorbire “verità” preconfezionate, sorbirsi divertimenti massificati. Nella migliore delle ipotesi, si chiede al cittadino di seguire i vaniloqui di Bossi o le grullerie di Bersani, in compagnia di Maurizio Crozza: chi è il comico fra i due?

Chi oggi legge Cioran? Tacciato di astrusità e “pessimismo”, gli si antepongono pensatori come Fromm: con lui troviamo quello che agogniamo, ossia qualche benevolo rimprovero, ma specialmente una refrigerante doccia di concetti come amore, libertà, automiglioramento, coscienza, progresso umano, dignità, speranza, fiducia, amicizia... E’ musica soave per le nostre orecchie; vero è che oggi imperversano filosofastri, quali Galimberti ed Alberoni: la musica è diventata stucchevole e Fromm, rispetto a queste nullità, appare un gigante.

La vita è molto diversa: fatica, malattia, dolore e morte sono il nostro pane quotidiano. L’ultimo libro del guru New age, profeta che promette la felicità, la salute e persino l’ascensione al prezzo di venti euro o poco più, va bene per essere collocato sotto una sedia instabile.