L'immensa sputtanata a Zelig

Il blog che si sta visitando potrebbe utilizzare cookies, anche di terze parti, per tracciare alcune preferenze dei visitatori e per migliorare la visualizzazione. fai click qui per leggere l'informativa Navigando comunque in StrakerEnemy acconsenti all'eventuale uso dei cookies; clicka su esci se non interessato. ESCI
Cliccare per vederla

Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

http://indipezzenti.blogspot.ch/

https://www.facebook.com/Task-Force-Butler-868476723163799/

Showing posts with label fisiologia. Show all posts
Showing posts with label fisiologia. Show all posts

Saturday, August 13, 2011

Neuropsicofisiologia: dalla coscienza al bit

http://zret.blogspot.com/2011/08/neuropsicofisiologia-dalla-coscienza-al.html

Neuropsicofisiologia: dalla coscienza al bit

Michele Trimarchi è il fondatore negli anni ‘70 del XX secolo della Neuropsicofisiologia, (d'ora in poi N.) disciplina che integra Neurologia, Psicologia, Fisiologia. Nata dagli studi sulla Fisica dell’informazione, sulle differenze funzionali tra emisfero destro e sinistro e sulle funzioni superiori del cervello umano, mira ad unire mente ed encefalo. Questa branca si prefigge di scoprire la fisiologia della coscienza, cercando di comprendere come si sviluppa l’Io cosciente dell’essere umano, quell’Io che permette di gestire l’esperienza in modo consapevole e creativo, integrando l’attività della mente con il soma nel suo rapporto con l’ambiente.

Semplificando, individuerei alcuni capisaldi della N., basandomi su un articolo del Dottor Trimarchi.

Nel cervello e nella sua espressione non esiste niente che non sia spiegabile con la Fisica, ovvero che non sia materia/energia/informazione. L’elettromagnetismo è la base della fisiologia cerebrale che si manifesta attraverso la realizzazione di circuiti biologici neurali governati dalle stesse leggi che regolano i circuiti elettrici e magnetici prodotti dalla tecnologia. L’emisfero destro palesa un’intelligenza genetica innata ed un’inclinazione all’autoapprendimento con cui conosce sé stesso ed il mondo che lo circonda. L’emisfero sinistro interiorizza i condizionamenti che provengono dall’esterno, inibendo la capacità creativa ed emotiva dell’emisfero destro. Ciò crea squilibri neuropsichici e, al limite, patologie. Ogni processo naturale è un sistema che, regolato da precisi princìpi fisici (causa ed effetto), scambia energia, materia ed informazione con gli altri complessi circostanti. Le norme che regolano la Fisiologia umana, animale e vegetale non sono codificate dall’uomo: la scienza può solo scoprirle, conoscerle e rispettarle. La fisiologia ontogenetica (dell’individuo) prevede centocinquant’anni di vita, purché la conoscenza non confligga con i bioritmi scanditi dall’ontogenesi stessa.

La N. si propone di indagare il dissidio tra la consapevolezza e la creatività, espresse dall’emisfero destro, e la logica del sinistro, per suggerire strategie risolutive basate su un’integrazione dei due sistemi.

Nonostante gli altisonanti titoli e le numerose ricerche di Trimarchi, mi pare che la N. non sia molto innovativa né apprezzabile. Anzi, se si eccettua la valorizzazione delle potenzialità latenti nella parte destra dell’encefalo e la riscoperta di antichi canoni medici inerenti all’importanza dell’equilibrio tra l’uomo e la natura, alcuni fondamenti suscitano forti perplessità.

Sorprende che Trimarchi, con incredibile nonchalance, stabilisca un’equivalenza tra materia-energia-informazione, quando già la corrispondenza tra le prime due è, talora, controversa. Sorprende che lo scienziato postuli la fisicità dell’informazione: l’informazione, infatti, benché passi attraverso un canale fisico, di per sé trascende la materialità. Sorprende ritrovare sic et simpliciter l’obsoleto dogma parascientifico del nesso tra la causa e l’effetto, come se Hume e Kant non fossero mai nati: tale nesso, che irrigidisce l’analisi dell’universo in strutture rigide, è altresì in contraddizione con l’idea di libertà, sottesa al dinamismo dell’emisfero destro. Pontifica lo scienziato: “Ogni ricercatore e scienziato deve sapere che il fenomeno che sta studiando ubbidisce sempre al principio fisico di causa ed effetto, ovvero è deterministico, anche se spesso la complessità del fenomeno cogli aspetti che sembrano probabilistici (sic)”.

Alla fine, questo pastiche di biologismo deterministico, cibernetica, teoria dell’informazione, medicina olistica è una riproposizione, solo con uno svecchiamento linguistico, del solito materialismo volto ad identificare coscienza e cervello e che distingue in modo ingenuo tra esterno ed interno, tra matrice e conseguenza. Ecco l’obiettivo: vivere sino a centotrent’anni anche in buona salute, in armonia con sé e con gli altri. E prima? E dopo? Certo è già un eccellente risultato, ma si esclude dall’orizzonte conoscitivo ogni riflessione e domanda sull’anima, tradotta (ridotta) in segnali bio-elettrici, laddove anche alcuni scienziati, senza citare vari filosofi, ammettono che la mente e la coscienza paiono situarsi al di fuori del cervello, benché tale organo funga da traduttore.

E’ noto che il discorso sull’anima è considerato una romanticheria. Viviamo in un mondo disanimato in cui uomini, animali, piante sono reificati, misurati in base al loro controvalore in denaro. Il termine “anima” appartiene solo al linguaggio fumoso e forviante di qualche superstite metafisico. Il corpo stesso, da tempio dell’interiorità, è ormai degradato in macchina che, non appena non funziona più, si getta in una discarica. Tutto è numero, bit, informazione. Tutto è materiale, ma la materia, lungi dall’essere un flusso vitale, è uno schedario di dati.

L’ideale di una vita oltre il cerchio biologico è sostituito dal progetto di un’esistenza prolungata in cui la Verità, la Giustizia, l’Amore, la Dignità, citati dal Trimarchi, sono parole che suonano come un omaggio formale ad una specie di orientamento para-scientifico con venature New age.

L’idolatria della scienza che tutto spiega, condendo la Neurologia con un filo d’olio di Psicologia, sancisce il definitivo, irreversibile fallimento di una ricerca che, mentre ardita spiega le vele verso l’oceano del futuro, si incaglia nelle secche del Positivismo ottocentesco.

Vedi M. Trimarchi, Neuropsicofisiologia: dal condizionamento alla consapevolezza, in Puntozero, n. 1, 2011

Monday, July 25, 2011

La teoria dell’universo olografico: alcune implicazioni filosofiche

http://zret.blogspot.com/2011/07/la-teoria-delluniverso-olografico.html

La teoria dell’universo olografico: alcune implicazioni filosofiche

Per teoria dell’universo olografico si intende un modello interpretativo della realtà, secondo cui il mondo fenomenico è una proiezione priva di consistenza “oggettiva” ed in cui ogni parte contiene il tutto. Formulata dallo scienziato David Bohm, ripresa, con qualche variante da altri ricercatori, tale sistema è, mutatis mutandis, radicato in antiche concezioni (si pensi ai Veda) e dottrine filosofiche. Il visionario scrittore statunitense Philip K. Dick ne elaborò un’originale interpretazione.

Non approfondisco i capisaldi di tale teoria e di visioni contigue, perché li ho già discussi in parecchi articoli cui rimando, ma vorrei qui puntualizzarne alcune implicazioni.

E’ opportuna in primo luogo una riflessione linguistica: la materia è illusione (maya). Ora il termine “illusione” vale letteralmente “gioco interno” (da in e ludere): ne consegue che gli oggetti “là fuori” sono in verità nel nostro cervello. Nel cervello, che non è colpito dalla luce (fotoni), si formano le immagini delle cose che erroneamente collochiamo fuori di noi.

Sino a qui la teoria, pur contraria al senso comune che non solo distingue tra interno ed esterno, ma che attribuisce all’esterno autonomia rispetto alla coscienza, è ancora intuitiva. Diventa, però, contro-intuitiva nel momento in cui lo stesso cervello viene assimilato a tutti gli altri “oggetti”, poiché l’encefalo è visto come un elemento fallace proiettato da un quid che Bohm definisce “ordine implicito”.

Non è quindi il cervello a generare la “realtà”, ma una sorta di coscienza transpersonale: è come se Dio proiettasse le figure e gli eventi di un sogno (o incubo?). Figure ed eventi sono simulacri che gli uomini scambiano per oggetti e fatti “concreti”. Gli uomini si limitano ad osservare la pellicola quadridimensionale della creazione.

Vogliamo trarne alcune inevitabili conclusioni? Il libero arbitrio non esiste, giacché non è l’uomo con il suo cervello a generare una porzione di realtà, ma è un’unica coscienza (affine ad un elaboratore organico?) che la produce. Non solo, l’individuo non può in nessun modo incidere sugli avvenimenti e le cose. Ogni sua azione, sebbene egli non ne sia consapevole, è simile a quella di uno spettatore che in una sala cinematografica pensasse di poter interagire con gli attori del film, rivolgendosi loro, o di poter cambiare l’intreccio, magari tentando di strappare la pistola al marito-attore che sta per uccidere la moglie-attrice, rea di averlo tradito con un altro.

La teoria dell’universo olografico quindi consuona con la forma più radicale di fatalismo che si possa immaginare. Introdurre il concetto di libera volontà significherebbe disintegrarne la logica, dunque costruire un modello incompatibile con quello di cui in parola.

In questo modo l’etica risulta compromessa per due motivi: ogni azione è agita da Qualcos’altro estraneo al soggetto percipiente. Ogni azione plasma e modifica un mondo non solo già plasmato e modificato da un Altro, ma persino di per sé inconsistente ed inesistente. Intervenire su tale realtà è ininfluente, privo di significato morale, perché la realtà materiale non esiste. Parafrasando Dostoevskij, si potrebbe scrivere: “Se non esiste la materia, tutto è lecito”. E’ come se una persona fosse incarcerata per aver ucciso un suo nemico in un sogno! Come si può essere moralmente responsabili di aver assassinato un essere che è solo un’ombra?

Sono situazioni paradossali che, però, non si possono ignorare, se si vuole analizzare ed illustrare la teoria dell’universo olografico in modo rigoroso. Non è facile ignorare tale sistema che scaturisce da un’indagine coerente dell’infinitamente piccolo, cosmo rarefatto ed impalpabile, quasi sull’orlo del nulla, oltre che da una convergenza con molte dottrine tradizionali, senza dimenticare alcune conferme empiriche.

Ne consegue che l’etica si può solo basare su un postulato della ragion pratica e su un rifiuto della teoria dell’universo olografico. Tale rifiuto implica l’elaborazione di un sistema dualista con tutte le aporie che le filosofie dualiste implicano, benché anche i modelli monisti (come la teoria dell’universo olografico) incorrano in sfide concettuali non meno ostiche.

Molti altri aspetti meriterebbero di essere almeno sfiorati: qual è la natura della dimensione onirica all’interno di un cosmo olografico? Come inscrivere i sogni nel Sogno? E’ possibile conciliare tale teoria con altre che attengono alla sfera fenomenica? Se sì, a quale prezzo? Dove si situa il male in questo asettico, perfetto disegno concettuale? Altri potrà provare a rispondere a questi ed altri quesiti vertiginosi che snocciolo come altrettante sciarade.

Va rilevato che questo sistema è l’unico, tra gli schemi scientifici, che tenta di inoltrarsi nel non-manifesto, di cui non sappiamo in verità nulla e sul quale si possono formulare solo ipotesi non falsificabili. Quindi da teoria scientifica tende a configurare una dottrina filosofica.

Alla fine, lo scetticismo di Pirrone, che andava a sbattere contro gli alberi, non disponendo di un criterio di verità da cui arguire che gli alberi esistono e che sono lì dove li vediamo, pare inevitabile. Infatti non sappiamo né possiamo sapere se l’albero esista né se sia lì né perché né come etc.

Il nostro tragico destino è quello di andare a sbattere contro la vita, assai più dura e ruvida degli alberi pirrroniani.


[1] Differente è la terminologia con cui i diversi scienziati individuano questo quid: ad esempio l’italiano Sergio Corbucci lo chiama “vuoto quantomeccanico”. Giustamente Luigina Marchese preferisce definirlo “nulla”: è il nulla, infatti, a partorire il tutto. Come ciò possa avvenire, in violazione del principio del terzo escluso, con l’equazione 0 = 1, non possiamo né comprendere né spiegare, ma è un dato che può essere solo constatato.


[2] L’essere è: nessuno ha mai chiarito in modo persuasivo “perché l’essere, invece del non essere”.

Qui un'ampia e perspicua descrizione della teoria.