L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

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Saturday, November 7, 2015

Saturday, December 14, 2013

Fisica quantistica: sfatare alcuni luoghi comuni

zretino, lascia perdere la fisica quantistica e parti dalla fisica for dummies, che forse ci capisci qualcosa...

http://zret.blogspot.it/2013/12/fisica-quantistica-sfatare-alcuni.html

Fisica quantistica: sfatare alcuni luoghi comuni


E’ vero che la Fisica quantistica conferma la teoria del libero arbitrio?

No. E’ vero semmai il contrario. Il mondo indagato e descritto dalla Fisica quantistica è contraddistinto da circostanze probabilistiche e dall’indeterminismo. L’indeterminismo non è sinonimo di libertà, ma di non unidirezionalità nei processi. Il libero arbitrio presuppone un’inequivocabile direzione, un preciso nesso tra la causa e l’effetto, della volontà sull’azione. E’ palese che tale idea (illusione?) è in conflitto con la natura incongrua ed indeterminata della realtà subatomica. Infatti, mentre nel macrocosmo valgono delle “leggi”, nel microcosmo ne vigono altre che sono contro-intuitive, in contrasto con i principi della logica aristotelica. Il rapporto causa-effetto, base del libero arbitrio, è estraneo all'universo quantistico.

E’ vero che la Fisica quantistica ha dimostrato l’esistenza dell’anima?

La questione è assai controversa. E’ vero che molti fisici quantistici negano l’identificazione tra cervello e coscienza, supponendo l’esistenza di un quid, inteso come substrato dei processi cerebrali. E’ legittimo quindi ipotizzare che, oltre la materia-energia, esista una dimensione metafisica che, in un modo che ancora non intendiamo, interagisce con la sfera sensibile. Gli studi in questa direzione sono i più fecondi e non si può escludere che in futuro si riescano ad elaborare ipotesi plausibili sul tema.

E’ vero che la Fisica quantistica tende a valorizzare il nulla?

Sì. Le particelle virtuali si generano, in maniera del tutto misteriosa, dal nulla, non dal vuoto e nel nulla rifluiscono. Il nulla sembra davvero la matrice della “realtà”, il generatore sia del pensiero sia della materia-energia. I fisici asseriscono che il nulla, da cui scaturisce il tutto, è instabile. Ergo può produrre l’universo. Nessuno ha capito né come né perché.

E’ vero che la coscienza agisce sui fenomeni fisici, ossia che l’osservatore influisce sulla cosa osservata?

Premesso che nessuno sa che cosa sia davvero la natura e come da essa emergano prima la vita e poi la coscienza, si può ritenere che osservatore ed osservato siano, sotto certi aspetti, interdipendenti, ma credere che il primo incida sul secondo, significa ricadere nel concetto di causalità che è estraneo alla visione quantistica del cosmo. Tra l’altro, per osservatore si deve in primo luogo intendere uno strumento di misurazione, dispositivo che non è dotato di coscienza. L’impressione secondo cui l’osservatore interviene sul fenomeno osservato deriva dall’abitudine a pensare in modo sequenziale e temporale, mentre il piano subatomico è dominato dalla simultaneità e dalla non località. Inoltre non è vero che le cose diventano tali solo quando sono percepite e misurate. Esse possiedono un loro fondamento, per quanto enigmatico, un fondamento che assume configurazioni differenti, a seconda del tipo di esperimento.

Non solo, alcuni ricercatori, contraddicendo l’assunto secondo cui l’osservatore avrebbe efficacia sull’osservato, reputano che sia l’esterno ad operare sull’interno: ad esempio, Bruce Lipton spiega che non sono i geni a causare le malattie, ma il modo in cui il nostro corpo interpreta gli stimoli ambientali. La nostra mente inconscia elabora ogni secondo oltre quattro miliardi di informazioni e risponde ad esse in base a come è stata programmata. E’ proprio la nostra mente inconscia che controlla il 95% delle funzioni dell’organismo. Regola la respirazione, la digestione, il battito cardiaco, la pressione arteriosa, decodifica le informazioni dell’ambiente ed attua i relativi meccanismi di feedback. Ora, se Lipton ha ragione, l’io non agisce sul mondo, ma viceversa. Se Lipton ha ragione, visto che l’azione dell’individuo si esplica per lo più sotto il controllo di una forza inconscia, è difficile continuare a sostenere l’idea della libera volizione. Che cosa poi ha programmato la mente? Se è stata programmata, la convinzione circa la libertà umana si rivela sempre di più una chimera.

Esiste qualche nesso tra il potere dell’intenzione ed i processi fisici del mondo subatomico?

Sono due ambiti differenti: il potere dell’intenzione e la cosiddetta “legge dell’attrazione” sono concetti che, sebbene in parte mutuati da acquisizioni degli scienziati di frontiera, risultano arbitrari, fondati su una semplificazione e su una strumentalizzazione di principi fisici incompatibili con elaborazioni psicologiche. La nozione secondo cui il pensiero può guidare gli eventi – vera o falsa che sia questa nozione - non appartiene alla Meccanica quantistica i cui capisaldi sono matematici e non psicologici.

E’ vero che la Fisica quantistica si allinea con la filosofia idealista, secondo cui il mondo materiale è un’illusione, essendo privo di consistenza e di autonomia ontologica?

In una certa misura è così. Si giunge ad un punto della sfera subatomica in cui le particelle si assottigliano nelle vibrazioni, nella nebbia intangibile ed evanescente dell’informazione. Tuttavia la Fisica quantistica, benché tenda a smaterializzare la materia, non la nega in toto. Inoltre non postula uno Spirito né costruisce l’assioma dell’Io che, per affermarsi, pone un non-Io. E’ tutto molto più sfumato e complesso. Non solo, alcuni indirizzi tendono verso una forma di dualismo (mentre l’Idealismo è monista), per cui su ordine implicito è strutturato un ordine esplicito. Quest’ultimo, pur essendo una realtà olografica, non è scevro di una sua sostanzialità.

E’ vero che la Fisica quantistica ci pone di fronte ad un mondo irrazionale, incomprensibile nella sua essenza?

Sì. I ricercatori seri ammettono che le scoperte dell’ultimo secolo hanno squadernato una realtà sorprendente e meravigliosa, ma che mina convincimenti consolidati ed il senso comune. E’ una sfida alla logica: da un lato stimola esplorazioni avventurose, dall’altro frustra i tentativi di costruire teorie coerenti e semplici. Questo non significa che l’essere sia in sé del tutto illogico, ma che ancora non abbiamo affinato gli strumenti interpretativi per comprenderlo.


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Saturday, September 14, 2013

La legge dell'attrazione (quarta parte)


http://zret.blogspot.it/2013/09/la-legge-dellattrazione-quarta-parte.html

La legge dell'attrazione (quarta parte)

Leggi qui la terza parte.

La cosiddetta “legge dell’attrazione” implica il libero arbitrio. Tuttavia, oltre agli argomenti già addotti che, se non confutano la congettura della libertà umana, la mettono per lo meno in dubbio, si possono aggiungere altre dimostrazioni.

L’universo olografico

In primo luogo, riallacciandoci all’ipotesi dell’universo olografico, noteremmo quanto segue. La teoria del cosmo olografico si incentra sul principio, secondo cui la parte riproduce il tutto: anche l’encefalo è inscritto in questo modello. Sulla base di diversi studi, alcuni scienziati hanno stabilito che il cervello è uno “strumento” in cui una sezione contiene tutte le potenzialità cognitive e percettive dell’intero organo. Ora, dato per plausibile tale concetto, è evidente che la frazione è come uno specchio dove si riflette, in piccolo, un’immagine più grande.

Se trasponiamo questa idea all’ambito delle azioni – ed è trasposizione legittima, visto che il fisico britannico David Bohm definì il suo sistema olografico come “olomovimento” - dobbiamo evincere che un’azione si riverbera su tutte le altre, alle quali si aggancia. Nel momento in cui l’universo riceve il primo impulso, tale impulso si trasmette a tutti gli altri lungo una linea all’apparenza temporale, in realtà sincronica. E’ un po’ come quando, gettato un sasso in un lago, si creano tanti cerchi concentrici: via via i vari circoli, anche se con circonferenze più ampie, riproducono il primo, da cui sono generati.

Potremmo pensare all’avvio del moto come ad una lunghissima corda la cui vibrazione, che si propaga da un punto centrale X si estende alle sue estremità A e B. A e B sono convinti di aver dato inizio al movimento, mentre si limitano a ricevere la “coda” del moto da X.

Per questo motivo alcuni mesi addietro si asseriva che alla concezione dell’universo olografico soggiace una forma di radicale determinismo, sebbene non sia quello causale del Positivismo ottocentesco, ma un meccanicismo sincronico e speculare, dove ogni fenomeno originario si collega a tutti i fenomeni secondari. Questi si manifestano contemporaneamente all’input primo, conservandone tutte le caratteristiche, benché in scala ridotta.

Così la teoria delll’universo olografico tende ad accostarsi ai modelli fisici che si fondano sulla non-località: una particella interagisce con un’altra anche molto distante, poiché le due particelle sono la stessa percepita in modo illusorio come divisa. Forse è per il principio della non-località (lo spazio-tempo è un’unità indivisa che cogliamo come molteplice e separata nonché dipanata lungo l’asse temporale) che non pochi fisici quantistici negano il libero arbitrio.

I viaggi nel tempo

Se ci soffermiamo sull’àmbito della storia umana, riconoscendo che gli eventi progettati e previsti, si sono adempiuti, rintracciamo un altro argomento, benché debole e controverso, contro il libero arbitrio.

Si pensi a tutti quei testi (ad esempio, il carteggio Pike-Mazzini) in cui sono programmati eventi che sono poi puntualmente accaduti. Si pensi alle profezie che si sono avverate. Se quanto fu orchestrato e predetto, è finora successo, è discutibile sostenere che esiste la libertà di scelta.

Ciò non esclude che in altri ipotetici universi paralleli non siano state prese decisioni che hanno impresso un’altra direzione alla storia. Così se qui scoppia una guerra, là regna la pace. Se qui A muore, là A vive.

L’idea degli universi paralleli ammette in linea teorica i viaggi nel tempo, ma senza la possibilità di cambiare il passato, stante il noto paradosso del nonno, per cui se io, inoltratomi nel tempo trascorso, uccido il mio avo, non nasco più. Quindi non posso più intraprendere il tour temporale. L’impossibilità di mutare gli accadimenti passati tende ad avvalorare una visione deterministica, per cui gli avvenimenti si susseguono e si concatenano secondo una loro ratio su cui in nessun modo si può influire, pena la creazione di un caos spaventoso, se non addirittura il collasso dell’universo.

Alcuni filosofi e scienziati ritengono che gli eventi non siano del tutto predeterminati, poiché è sempre possibile, anche all’ultimo momento, cambiare idea, trasmettendo alla freccia temporale un’altra traiettoria. Questo forse è vero, purché si pensi che, non appena si compie un’opzione tale da spezzare la consequenzialità, questa scelta realizza un effetto differente in un’altra dimensione – di cui comunque sappiamo poco o nulla – non nel nostro universo. Vale a dire, A qui comunque divorzia, anche se A lì è ancora sposato.

Si delinea dunque, ogni volta in cui si prende una deliberazione, un bivio (teoria del bivio, Straker): una biforcazione conduce in un senso, l’altra biforcazione in un altro. Le risoluzioni, infatti, possono essere solo due: o vado alla spiaggia o non ci vado. Sennonché una delle due diramazioni produce delle conseguenze in una sfera tangente, non nella nostra. La teoria del bivio presuppone anche che si possa deviare dal corso prefissato, quantunque poi, a causa di un influsso recondito, si sia ricondotti nell’alveo principale dei fatti.(Vedi Il delta). Se A non muore ora, muore poco dopo.

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Monday, July 25, 2011

La teoria dell’universo olografico: alcune implicazioni filosofiche

http://zret.blogspot.com/2011/07/la-teoria-delluniverso-olografico.html

La teoria dell’universo olografico: alcune implicazioni filosofiche

Per teoria dell’universo olografico si intende un modello interpretativo della realtà, secondo cui il mondo fenomenico è una proiezione priva di consistenza “oggettiva” ed in cui ogni parte contiene il tutto. Formulata dallo scienziato David Bohm, ripresa, con qualche variante da altri ricercatori, tale sistema è, mutatis mutandis, radicato in antiche concezioni (si pensi ai Veda) e dottrine filosofiche. Il visionario scrittore statunitense Philip K. Dick ne elaborò un’originale interpretazione.

Non approfondisco i capisaldi di tale teoria e di visioni contigue, perché li ho già discussi in parecchi articoli cui rimando, ma vorrei qui puntualizzarne alcune implicazioni.

E’ opportuna in primo luogo una riflessione linguistica: la materia è illusione (maya). Ora il termine “illusione” vale letteralmente “gioco interno” (da in e ludere): ne consegue che gli oggetti “là fuori” sono in verità nel nostro cervello. Nel cervello, che non è colpito dalla luce (fotoni), si formano le immagini delle cose che erroneamente collochiamo fuori di noi.

Sino a qui la teoria, pur contraria al senso comune che non solo distingue tra interno ed esterno, ma che attribuisce all’esterno autonomia rispetto alla coscienza, è ancora intuitiva. Diventa, però, contro-intuitiva nel momento in cui lo stesso cervello viene assimilato a tutti gli altri “oggetti”, poiché l’encefalo è visto come un elemento fallace proiettato da un quid che Bohm definisce “ordine implicito”.

Non è quindi il cervello a generare la “realtà”, ma una sorta di coscienza transpersonale: è come se Dio proiettasse le figure e gli eventi di un sogno (o incubo?). Figure ed eventi sono simulacri che gli uomini scambiano per oggetti e fatti “concreti”. Gli uomini si limitano ad osservare la pellicola quadridimensionale della creazione.

Vogliamo trarne alcune inevitabili conclusioni? Il libero arbitrio non esiste, giacché non è l’uomo con il suo cervello a generare una porzione di realtà, ma è un’unica coscienza (affine ad un elaboratore organico?) che la produce. Non solo, l’individuo non può in nessun modo incidere sugli avvenimenti e le cose. Ogni sua azione, sebbene egli non ne sia consapevole, è simile a quella di uno spettatore che in una sala cinematografica pensasse di poter interagire con gli attori del film, rivolgendosi loro, o di poter cambiare l’intreccio, magari tentando di strappare la pistola al marito-attore che sta per uccidere la moglie-attrice, rea di averlo tradito con un altro.

La teoria dell’universo olografico quindi consuona con la forma più radicale di fatalismo che si possa immaginare. Introdurre il concetto di libera volontà significherebbe disintegrarne la logica, dunque costruire un modello incompatibile con quello di cui in parola.

In questo modo l’etica risulta compromessa per due motivi: ogni azione è agita da Qualcos’altro estraneo al soggetto percipiente. Ogni azione plasma e modifica un mondo non solo già plasmato e modificato da un Altro, ma persino di per sé inconsistente ed inesistente. Intervenire su tale realtà è ininfluente, privo di significato morale, perché la realtà materiale non esiste. Parafrasando Dostoevskij, si potrebbe scrivere: “Se non esiste la materia, tutto è lecito”. E’ come se una persona fosse incarcerata per aver ucciso un suo nemico in un sogno! Come si può essere moralmente responsabili di aver assassinato un essere che è solo un’ombra?

Sono situazioni paradossali che, però, non si possono ignorare, se si vuole analizzare ed illustrare la teoria dell’universo olografico in modo rigoroso. Non è facile ignorare tale sistema che scaturisce da un’indagine coerente dell’infinitamente piccolo, cosmo rarefatto ed impalpabile, quasi sull’orlo del nulla, oltre che da una convergenza con molte dottrine tradizionali, senza dimenticare alcune conferme empiriche.

Ne consegue che l’etica si può solo basare su un postulato della ragion pratica e su un rifiuto della teoria dell’universo olografico. Tale rifiuto implica l’elaborazione di un sistema dualista con tutte le aporie che le filosofie dualiste implicano, benché anche i modelli monisti (come la teoria dell’universo olografico) incorrano in sfide concettuali non meno ostiche.

Molti altri aspetti meriterebbero di essere almeno sfiorati: qual è la natura della dimensione onirica all’interno di un cosmo olografico? Come inscrivere i sogni nel Sogno? E’ possibile conciliare tale teoria con altre che attengono alla sfera fenomenica? Se sì, a quale prezzo? Dove si situa il male in questo asettico, perfetto disegno concettuale? Altri potrà provare a rispondere a questi ed altri quesiti vertiginosi che snocciolo come altrettante sciarade.

Va rilevato che questo sistema è l’unico, tra gli schemi scientifici, che tenta di inoltrarsi nel non-manifesto, di cui non sappiamo in verità nulla e sul quale si possono formulare solo ipotesi non falsificabili. Quindi da teoria scientifica tende a configurare una dottrina filosofica.

Alla fine, lo scetticismo di Pirrone, che andava a sbattere contro gli alberi, non disponendo di un criterio di verità da cui arguire che gli alberi esistono e che sono lì dove li vediamo, pare inevitabile. Infatti non sappiamo né possiamo sapere se l’albero esista né se sia lì né perché né come etc.

Il nostro tragico destino è quello di andare a sbattere contro la vita, assai più dura e ruvida degli alberi pirrroniani.


[1] Differente è la terminologia con cui i diversi scienziati individuano questo quid: ad esempio l’italiano Sergio Corbucci lo chiama “vuoto quantomeccanico”. Giustamente Luigina Marchese preferisce definirlo “nulla”: è il nulla, infatti, a partorire il tutto. Come ciò possa avvenire, in violazione del principio del terzo escluso, con l’equazione 0 = 1, non possiamo né comprendere né spiegare, ma è un dato che può essere solo constatato.


[2] L’essere è: nessuno ha mai chiarito in modo persuasivo “perché l’essere, invece del non essere”.

Qui un'ampia e perspicua descrizione della teoria.