Giorno d'esame
Henry
 Slesar (1927-2002), scrittore e sceneggiatore statunitense, nel 
racconto “Giorno d’esame” mette in scena tre personaggi: una coppia di 
genitori ed il figlio Dickie che sta festeggiando il dodicesimo 
compleanno. [1] L’atmosfera è tesa e precaria a causa della 
dell’imminente esame governativo che il ragazzo dovrà sostenere. E’ un 
test per misurare l’intelligenza, reso infallibile dal fatto che i 
giovani candidati devono bere un liquido che costringe a rispondere in 
modo veritiero. Il giorno dell’esame il protagonista è condotto dal 
padre in un edificio freddo “come un tribunale”: vi opera un personale 
dai modi educati ma algidi. La sequenza in cui è raccontata la fase 
preparatoria dell’esame in una stanza avvolta nella penombra 
contribuisce ad accrescere la tensione nel lettore che segue, passo 
passo, le azioni di Dickie dal momento in cui trangugia la bevanda a 
quando è invitato a sedersi su una “solitaria poltroncina di metallo” di
 fronte all’elaboratore di cui si illuminano i quadranti. La tensione 
tocca il diapason, quando i genitori del ragazzo, a casa, ricevono la 
telefonata che annuncia loro con modi sbrigativi e burocratici l’esito 
della prova.
 
  
La storia è ambientata in una supertecnologica società futura in cui si vive “senza nemmeno azzardarsi a pensare” e dove l’intelligenza dei singoli è rigidamente controllata affinché non superi una certa soglia, reputata pericolosa per il sistema. Un alto quoziente intellettivo è un reato, punito a priori con la morte di chi è un giorno potrebbe ragionare e maturare idee e convinzioni proprie. In questo modo ogni critica del potere, ogni ribellione diventano impossibili.
L’autore dosa in modo sapiente la suspense sino allo Spannung dell’epilogo, inquadrando scene in cui domina il grigio. E’ un’uggiosa giornata di pioggia: i pacchetti infiocchettati per il genetliaco di Dickie ed i suoi giornalini creano note di colore, ma l’atmosfera angosciosa le spegne. Il grigiore pare la sostanza di una società svuotata, smorta. Slesar, con il campo ed il controcampo, fissa gli sguardi inquieti dei genitori e quello del piccolo protagonista: nei suoi occhi la luce della gioia per la festa è velata dall’ombra di un presentimento. La macchina da presa poi si muove per inquadrare lo spazio di un atrio delimitato da colonne, locali asettici e freddi.
La fantascienza distopica del narratore è il monito su un mondo in cui non è proibito il libero pensiero, ma il pensiero tout court.
[1] Il racconto ha ispirato un episodio della serie “Ai confini della realtà”.
   
  La storia è ambientata in una supertecnologica società futura in cui si vive “senza nemmeno azzardarsi a pensare” e dove l’intelligenza dei singoli è rigidamente controllata affinché non superi una certa soglia, reputata pericolosa per il sistema. Un alto quoziente intellettivo è un reato, punito a priori con la morte di chi è un giorno potrebbe ragionare e maturare idee e convinzioni proprie. In questo modo ogni critica del potere, ogni ribellione diventano impossibili.
L’autore dosa in modo sapiente la suspense sino allo Spannung dell’epilogo, inquadrando scene in cui domina il grigio. E’ un’uggiosa giornata di pioggia: i pacchetti infiocchettati per il genetliaco di Dickie ed i suoi giornalini creano note di colore, ma l’atmosfera angosciosa le spegne. Il grigiore pare la sostanza di una società svuotata, smorta. Slesar, con il campo ed il controcampo, fissa gli sguardi inquieti dei genitori e quello del piccolo protagonista: nei suoi occhi la luce della gioia per la festa è velata dall’ombra di un presentimento. La macchina da presa poi si muove per inquadrare lo spazio di un atrio delimitato da colonne, locali asettici e freddi.
La fantascienza distopica del narratore è il monito su un mondo in cui non è proibito il libero pensiero, ma il pensiero tout court.
[1] Il racconto ha ispirato un episodio della serie “Ai confini della realtà”.
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"Un alto quoziente intellettivo è un reato, punito a priori con la morte di chi è un giorno potrebbe ragionare e maturare idee e convinzioni proprie."
ReplyDeleteLo ammetto, non ho capito una beneamata mazza.
Zret, continuo a far mie le parole del Fantozzi rag. Ugo per definire i tuoi post.
Ora chi, a parte Zret, in un contesto del genere scriverebbe 'genetliaco' anziché 'compleanno'? :D
ReplyDeletedove l’intelligenza dei singoli è rigidamente controllata affinché non superi una certa soglia, reputata pericolosa per il sistema
ReplyDeleteAllora i fratellonzi sono al sicuro :D
"Allora i fratellonzi sono al sicuro" Visto che l'intelligenza dei fratellonzi non arriva a 2 cifre, battuta ovvia. Ma ottima e reale.
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