http://zret.blogspot.com/2011/02/tre-minuti.html
Tre minuti
Tre minuti, erano solo tre minuti: eravamo adolescenti – adolescenza, età circonfusa d’oro, riflesso di un’epoca incommensurabilmente lontana nello spazio e nel tempo – quando, in modo inatteso, si viveva l’estasi.
Poteva essere una canzone che ci trascinava in un vortice di sensazioni ineffabili, poteva essere la contemplazione del cielo azzurro dove sprofondavamo in un’ebbra vertigine, la corsa a perdifiato in un campo inondato dal sole.
Il tempo si annullava – il tempo, questa bolla elettromagnetica in cui siamo imprigionati – la vita era un incantesimo, il brillio di un cristallo.
Il mondo là fuori, con le sue ferite purulente, si dileguava. La vita pareva allora un’avventura fantastica. Ogni emozione coinvolgeva tutto l’essere, trasfigurandoci, anche se solo per pochi minuti.
Oggi all’esperienza dell’incanto si è sostituita la sua descrizione attraverso i libri, la sua sciacquatura in concetti. La spensieratezza è defunta. Oggi – ammettiamolo – la felicità che non è la condizione dell’uomo volgare, ma insopprimibile impulso cui tendono le creature (l’aveva inteso Giacomo Leopardi) è, nel migliore dei casi, un piacere freddo, intellettualistico. Oggi un oscuro senso di colpa, dai contorni chiarissimi, ci divora il cuore, mentre presagi di disfacimento scivolano tra le ombre del crepuscolo. Soprattutto, simile ad una folgore, ci colpisce il dubbio che sia tutto sbagliato, privo di senso: dolore e gioia, principio e fine, cielo ed inferno… la stessa cosa. Siamo insignificanti errori di un gigantesco scarto dalla giusta rotta. Alla nostra voce di disperata speranza risponde solo l’eco della stessa voce.
E’ appena un istante, ma che resta per sempre: cicatrice indelebile sull’anima.
Poteva essere una canzone che ci trascinava in un vortice di sensazioni ineffabili, poteva essere la contemplazione del cielo azzurro dove sprofondavamo in un’ebbra vertigine, la corsa a perdifiato in un campo inondato dal sole.
Il tempo si annullava – il tempo, questa bolla elettromagnetica in cui siamo imprigionati – la vita era un incantesimo, il brillio di un cristallo.
Il mondo là fuori, con le sue ferite purulente, si dileguava. La vita pareva allora un’avventura fantastica. Ogni emozione coinvolgeva tutto l’essere, trasfigurandoci, anche se solo per pochi minuti.
Oggi all’esperienza dell’incanto si è sostituita la sua descrizione attraverso i libri, la sua sciacquatura in concetti. La spensieratezza è defunta. Oggi – ammettiamolo – la felicità che non è la condizione dell’uomo volgare, ma insopprimibile impulso cui tendono le creature (l’aveva inteso Giacomo Leopardi) è, nel migliore dei casi, un piacere freddo, intellettualistico. Oggi un oscuro senso di colpa, dai contorni chiarissimi, ci divora il cuore, mentre presagi di disfacimento scivolano tra le ombre del crepuscolo. Soprattutto, simile ad una folgore, ci colpisce il dubbio che sia tutto sbagliato, privo di senso: dolore e gioia, principio e fine, cielo ed inferno… la stessa cosa. Siamo insignificanti errori di un gigantesco scarto dalla giusta rotta. Alla nostra voce di disperata speranza risponde solo l’eco della stessa voce.
E’ appena un istante, ma che resta per sempre: cicatrice indelebile sull’anima.
Certo che l'allegria e la voglia di vivere di zrettino sono sempre in aumento...
ReplyDeleteMa vedi di farti curare, 'mbecille!
Siamo insignificanti errori di un gigantesco scarto dalla giusta rotta.
ReplyDeleteParole sante.
ilpeyote parla per te