L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Tuesday, August 5, 2014

La disfatta dei fatti

http://zret.blogspot.ch/2014/08/la-disfatta-dei-fatti.html

La disfatta dei fatti

Molti si chiedono e ci chiedono per quali motivi gli ideatori delle varie operazioni false flag siano così sciatti e superficiali: qui un errore, là un buco nella sceneggiatura, qui un’incongruenza, là un’esagerazione... Sono tutti svarioni che rendono inverosimili gli eventi, improbabili certi particolari.



Si considerino, a guisa di esempio, i “fatti” inerenti all’aereo della Malaysia airlines precipitato, ma che non è precipitato, in Ucraina [zret, sei un coglione!!!]. Gli artefici del misfatto hanno commesso tanti e tali sbagli nella costruzione dell’accadimento che, a volte, anche un fruitore sprovveduto ha l'impressione che qualcosa non quadri. Il particolare che non dovrebbe sfuggire neppure ad una persona animata da cieca fiducia negli organi di regime è quello dei passaporti: sono documenti intatti, senza una sola traccia di bruciatura, persino con la fodera di plastica integra. Tralasciati altri aspetti che solo osservatori attenti e smaliziati notano, perché tanto pressappochismo?

Le risposte possono essere le seguenti. In primis, i registi di queste pellicole ai “confini della realtà” sanno che il cittadino medio, ridotto a suddito votante, è di una stupidità assoluta. Crede in tutto quello che propina la televisione. Di fronte a qualche incoerenza, la sua mente piccola piccola all’inizio ha uno sbandamento, ma poi riorganizza il quadro generale del mondo affinché coincida con quello disegnato dal piccolo schermo. Costui è simile al bigotto che, non essendo in grado di rilevare alcune gigantesche illogicità dei Vangeli, basa la sua fede sulla catechesi per cui il Messia può essere nato contemporaneamente in due anni differenti, senza che ciò scalfisca i suo convincimenti.

Mai sopravvalutare l’opinione pubblica il cui tratto saliente è il non avere alcuna opinione. La gente non si pone domande e, anche se è sfiorata da un dubbio, la perplessità è subito eliminata in una concezione normalizzante che garantisca il quieto vivere a base di partita, birra e rutto libero.

Vedrei anche nelle sviste che punteggiano gli avvenimenti orchestrati dalla feccia mondialista delle provocazioni, quasi si volesse sfidare il manipolo di investigatori veri a scovare gli indizi di una macchinazione. Tanto sono i farabutti ad avere il coltello dalla parte del manico. Non è vero ciò che è vero, ma quanto essi affermano essere tale, contro ogni evidenza. Vedi alla voce geoingegneria clandestina e bis-pensiero orwelliano.

Qualcuno ritiene che, essendo la storia umana un gioco, ancorché crudele e con regole truccate, la disseminazione di tracce sia uno sprone affinché una minoranza dell’umanità possa evolvere attraverso una sempre maggiore presa di coscienza. E’ necessario lacerare i veli degli inganni e delle illusioni per acquisire una Weltanschauung più scaltrita e persino disincantata. E’ una spiegazione che ci pare plausibile, anche se abbisognerebbe di qualche rettifica su cui in questa sede non indugiamo.

Ciò esposto, crediamo che per comprendere le cause dell’incuria che dimostrano i registi degli eventi globali si debba focalizzare l’attenzione sulla natura assunta dal mondo attuale. La realtà di oggi è mediatica non solo perché è trasmessa dai media, ma soprattutto in quanto è mediata, filtrata, costruita dai media. Essi creano delle narrazioni, delle storie in cui sono più importanti la suspense e l’intreccio accattivante della verosimiglianza. Così i passeggeri degli aerei che si schiantano o spariscono sono morti, ma sono vivi. Il velivolo è un Boeing, ma hai i motori di un Piper. E’ caduto in due luoghi diversi. Ha seguito più corridoi. E’ stato abbattuto dai Russi, dagli Ucraini, dalle tartarughe Ninja, dai frombolieri di Corinto, da uno sciame di calabroni... Le liste dei viaggiatori cambiano di continuo, come il numero dei deceduti (possibilmente è un numero simbolico). I defunti resuscitano; i sopravvissuti non si riescono a rintracciare. Oggi su quel volo viaggiava uno scienziato nucleare, ieri si era imbarcato un gigolò di Tortona, domani salirà a bordo un ragioniere di Caniccattì. La madre di un ebreo ortodosso non conosce una parola di ebraico, ma parla con accento californiano ed è talmente disperata per il rapimento del figlio che se la ride. Che importa? Lo scopo di questi romanzi d’appendicite è scatenare un conflitto planetario. Molti giurano e spergiurano che ci riusciranno. Non importa come! Tanto il pubblico-spugna assorbe tutto, come fosse (e, in parte, lo è) un teleromanzo in cui la trama tanto più è avvincente, quanto più è imbrogliata e surreale. Le differenze tra realtà e finzione sono sempre più labili: la finzione spesso è più realistica ed esercita maggiore attrattiva su una massa anestetizzata e stupida. Si prova dolore non per gli innocenti che muoiono, ma per un contrattempo che ci impedisce di vedere una puntata di “Cento vetrine”.

Per parafrasare Walter Benjamin, ormai l’opera d’arte vive nell’epoca della sua falsificabilità tecnica. La televisione e la Rete permettono di falsificare, ritoccare i dettagli, cambiare il plot (ed il complotto) a posteriori, correggere gli errori di sceneggiatura, montare nuove sequenze, il tutto ad uso e consumo di spettatori scemi ma avidi di effimere emozioni: il 9 11 fu una tragedia... televisiva.

Invano oltre e dietro molte sequenze narrative cercheremo i fatti ed i nessi logici. I fatti, se mai sono esistiti, oggi non esistono più. Non esistono i fatti, ma solo le televisioni.

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Wednesday, July 30, 2014

Abbattimento del volo MH-17: la saga continua

http://straker-61.blogspot.it/2014/07/abbattimento-del-volo-mh-17-la-saga.html

Abbattimento del volo MH-17: la saga continua

Raccolte le prove che l'incidente occorso al volo della Malaysia airlines è un false flag



Il 17 luglio 2014 i network di tutto il mondo segnalano l'abbattimento di un 777-200 della compagnia Malaysia Airlines nei cieli dell'Ucraina. Già dalle prime ore si comprendeva che ci si trovava di fronte all'ennesimo casus belli creato ad hoc per innnescare un ampio conflitto contro la Russia. Ora, a distanza di giorni e dopo aver raccolto tutta una serie di dati, risulta inequivocabile che siamo di fronte ad una macchinazione: l'aereo dato per abbattuto non corrisponde al volo MH-17, tanto che rottami e cadaveri a terra risultano piuttosto essere stati deliberatamente trasportati sul posto. Da numerose ed autorevoli destimonianze, infatti, emerge che i corpi spacciati per i resti dei passeggeri del volo MH-17 erano in avanzato stato di decomposizione già pochi minuti dopo il supposto abbattimento (accusano Obama ed i suoi lacché) per opera della minoranza russa che vive in Ucraina. Inoltre tra i rottami si trovano le turbine appartenenti ad un aereo di dimensioni inferiori rispetto al 777-200 tanto da risultare tre volte più piccole di quanto dovrebbero essere, mentre l'unica parte riconoscibile del 777-200 è una sezione della carlinga che, però, a tutti gli effetti, si rivela essere parte della fusoliera del 777-200 scomparso il giorno 8 marzo scorso. Il dettaglio del finestrino oscurato a fianco della bandiera della compagnia dimostra che si tratta del volo MH-370 9M-MRO. Il volo MH-17 corrispondente alla sigla 9M-MRD ha, invece, quello stesso finestrino non oscurato, come si può ben notare dalle foto.

In definitiva gli artefici del falso abbattimento hanno usato alcuni rottami del volo MH-370 9M-MRO, fermo restando che i motori a terra non sono quelli del 777-200 9M-MRO, per cui l'aereo precipitato non è il 777-200 MH-17 9M-MRD, ma un modello diverso e probabilmente non un vettore adibito a voli commerciali. Hanno dichiarato che il volo MH-17 9M-MRD colpito nei cieli dell'Ucraina era di lì a poco decolalto da Amsterdam, ma è tutto falso, tanto è vero che questo volo risultava cancellato. Hanno rimosso i dati storici dell'MH-17 da Flightradar al fine di occultare le tracce del corridoio usualmente seguito dai velivoli della Malaysia Airlines, poiché è comprovato che il corridoio dichiarato per far coincidere l'abbattimento con la zona d'interesse era fuori rotta di ben 200 kilometri, così come avevamo sospettato sin dall'inizio. I cadaveri marcescenti non appartengono quindi al volo MH-17 (mai decollato), ma, probabilmente, al volo MH-370. Un altro 777-200 si trova in uno scalo di Israele, pronto per un altro false flag, se necessario. Nelle settimane scorse è stato fotografato fuori da un hangar dell'aeroporto israeliano Ben Gurion di Tel Aviv.



I voli MH-17 9M-MRD ed MH-370 9M-MRO si distinguono dal finestrino oscurato solo in uno dei due velivoli corrispondenti, all'altezza della bandiera della Malaysia. La prova è inconfutabile: parte dei rottami della parte centrale del 777-200 è quella del velivolo scomparso nel marzo 2014 nel sud est asiatico. Ricordiamo anche che oltre 100 corpi non sono stati ritrovati e, ulteriore particolare non trascurabile, oltre alla curiosa circostanza che vede integri i passaporti mostrati dalle televisioni di tutto il mondo, alcuni di essi risultano scaduti tanto da mostrare a lato un taglio triangolare, comunemente applicato ai documenti non più validi. Chiedetevi come ci si può imbarcare con il passaporto scaduto...

La notizia dell'abbattimento del velivolo della Malaysia Airlines è servita come distrazione mediatica per consentire l'attacco di terra su Gaza, senza che i media si occupassero dell'azione bellica con sufficiente attenzione. Coincidenza?




se  il rottame indicato dalla freccina (in prospettiva) e' un metro e 60, quanto e' alto il nano vestito da soldato? straker sei un coglione!
 


Thursday, January 23, 2014

Segnalazioni di gennaio

http://www.tankerenemy.com/2014/01/segnalazioni-di-gennaio.html

Segnalazioni di gennaio

Tuesday, September 25, 2012

Le mille e una palla: fiabe mediatiche contro l'Iran


http://arcadianet.blogspot.it/2012/09/le-mille-e-una-palla-fiabe-mediatiche.html


Le mille e una palla: fiabe mediatiche contro l'Iran

 Le mille e una palla: fiabe mediatiche contro l'Iran

Per tenere occupata l'attenzione dell'opinione pubblica un nemico immaginario e fiabesco come l'Iran è sempre un ottimo oggetto di dibattito e le ultime notizie sulla Repubblica Islamica, notizie, si badi bene, di mainstreaming, confermano questa tendenza.



Indipendentemente dall'obiettivo strategico che la nomenclatura vuole perseguire abbattendo questo paese ostile all'assetto globale auspicato dai Bilderberg e simili, è ormai imbarazzante rilevare l'assoluta inverosimiglianza delle notizie riferite.



Ieri si è saputo che l'Iran intende porre severe restrizioni all'uso della Rete partendo in particolare da Google e dai servizi connessi arrivando, si dice, a una sorta di intranet nazionale isolato dal resto della Rete mondiale. Sino ad oggi per la verità la Repubblica Islamica ha sempre stretto il pugno intorno al web, vuoi per l'oscurantismo attribuito agli Ayatollah, vuoi per la necessità di controllare uno strumento col quale l'Occidente ha già infiltrato e messo in crisi altri paesi.

Tuttavia non si capisce perché il salto di qualità nella censura dell'Iran sulla Rete debba scandalizzare l'opinione pubblica italiana, europea e nordamericana nel momento in cui la medesima censura vige anche da noi. Certo, la censura non riguarda lo strumento in sé, nel momento in cui il web è sostanzialmente accessibile a tutti, ma il flusso delle informazioni. Queste sono liberamente consultabili ma chi ce le fornisce sono sempre e comunque testate coartate dal Sistema e i nomi di direttori ed editori ne forniscono una prova esaustiva. [mi raccomando: la prossima volta apri un blog, invece che su blogspot/google, su una piattaforma iraniana. Anzi: prova a immaginare se anche qui ci fosse un regime 'tipo Ayatollah': vediamo quanti secondi durerebbero le tue cazzate]



In proposito è bene anche ricordare quanto avvenuto in occasione dell'arrivo del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad all'assemblea generale dell'Onu. Sarebbe giusto e interessantissimo soffermarsi sul merito del suo discorso circa il disinteresse esplicito dei paesi occidentali verso l'arsenale atomico di israele [faccio il complottista di 'sta fava: come mai l'unico paese con l'iniziale minuscola è Israele? Ma va' Hgare sui cactus, va'. E poi a pulirti con le ortiche] e la preoccupazione esasperata per un arsenale atomico iraniano che non esiste, che forse mai esisterà e che se dovesse esistere non può certo subire le condanne di chi le armi nucleari le ha usate.

Quello che preme sottolineare è che giornalisti del New York Post, ripeto, giornalisti e quindi addetti all'informazione, non si tratta ufficialmente di militanti sionisti, hanno inviato al presidente iraniano un cesto con tipici prodotto ebraici, un opuscolo sul museo dell'olocausto e un biglietto per uno spettacolo teatrale di tema ebraico. [preme sottolineare la tua idiozia, che cosa avrebbero dovuto regalargli, una collezione di matrioske? Un San Daniele? Una cassetta di vodka, barolo ecc.? No, son stati magari provocatorii ma signori]

Questo episodio ben evidenzia la malafede e la posizione aprioristica di quella stampa americana ed occidentale che dovrebbe fornire sull'Iran e le questioni che lo riguardano un'informazione oggettiva. Senza contare, mi preme dirlo, il voluto dirottamento dell'attenzione da parte dei pennivendoli del Post dalla questione del sionismo a quella ebraica, due cose fondamentalmente differenti.

Se è vero che Ahmadinejad ha sempre puntato il dito contro israele [errare humanum ecc... Sempre minuscolo, Israele, eh?] e stigmatizzato la speculazione ideologica e mediatica che gli israeliani fanno dell'olocausto, è altrettanto vero che egli non ha mai negato l'olocausto stesso e nemmeno ha mai espressi sentimenti antisemiti, considerando pure la numerosa comunità ebraica in Iran.

Il fatto che i giornalisti abbiano invece impostato l'ironia del loro cesto di benvenuto sulla questione ebraica piuttosto che su quella sionista lascia ben intendere quanto ci si possa fidare quando leggiamo i giornali o ascoltiamo i tg.



Ma quello che sorprende di più ancora una volta, considerando la maldestra costruzione della montatura anti-Iran e la ripetizione dei soliti schemi mediatici nel tempo, è l'assoluta incapacità di un'opinione pubblica ipnotizzata di comprendere queste dinamiche.
 
Simone

Sunday, August 26, 2012

New entry: Simone


http://arcadianet.blogspot.it/2012/08/star-trek-voyager-e-il-revisionismo.html

Direi che quanto a ricerca indipezzente, mi pare ad un buono stadio.
tdm

Star Trek - Voyager e il revisionismo storico



A dispetto di tutto il male che si può dire di Hollywood e delle produzioni televisive d'oltreoceano, non si può negare che da quelle parti qualche mente un po' meno addormentata [della tua, se ne esiste una] cerchi, di tanto in tanto, di lasciar sfuggire qualche messaggio e qualche concetto interessanti tra le spire della censura rockefelleriana.
Da qui l'uscita di film interessantissimi come The Matrix o Fight Club che evidentemente, se fossero ben stati compresi al momento della loro produzione, avrebbero avuto vita molto più difficile.

Recentemente ho invece apprezzato una puntata di una serie televisiva di alcuni anni fa, Star Trek – Voyager, intitolata Testimone oculare, facente parte della quarta stagione. Per chi avesse Emule la puntata è scaricabile– o meglio non è scaricabile... - qui. [insomma, è scaricabile o no?]
La serie narra delle vicende dell'astronave Voyager, rocambolescamente finita a 60 anni di viaggio dalla Terra, impegnata a trovare un modo per tornare a casa.
Durante il ritorno la Voyager e il suo equipaggio si trovano coinvolti in un conflitto tra due razze aliene e nel quale l'astronave viene barbaramente aggredita da una delle due parti in causa. Accade tuttavia che gli aggressori conservino nel tempo una versione oltremodo falsa e mistificata di quegli eventi, dipingendo la Voyager come una nave da guerra e i suoi uomini come violenti aggressori che colpiscono per primi senza alcuna ragione. Di se stessi quegli alieni tramandano invece un'immagine di vittime innocenti e allo stesso tempo eroiche.
Tutto questo per settecento anni quando, e qui inizia la puntata, uno storico in un museo riattiva casualmente il "medico olografico" dell'astronave casualmente trattenuto dai suoi antenati dopo l'abbordaggio della Voyager. Quando il medico olografico prende visione della ricostruzione storica assolutamente inverosimile data da eventi che lui stesso ha vissuto si ribella allo storico alieno perché quelle pagine di storia vengano rimesse in discussione e la reputazione della Voyager riabilitata.
La sua brama di verità si scontra naturalmente con la rigidezza [si dice rigidità] di un sapere preordinato e consolidato acriticamente da generazioni. Per quella società aliena rimettere in discussione l'incontro con la Voyager significherebbe ammettere che per settecento anni si è recitata la parte della vittima guadagnandone in immagine e pretese politiche quando la realtà storica li inchioderebbe in una posizione del tutto opposta.
Emblematica è la posizione della dottoressa aliena, collega dello storico che ha effettuato la scoperta del medico olografico, la quale vorrebbe ferocemente liquidare la vicenda come inutile, essendo la verità consolidata ogni ulteriore ricerca è da respingere e il medico olografico andrebbe processato, condannato come criminale di guerra e il suo programma cancellato.

In questa puntata si ha in conclusione il lieto fine con il ripristino, dopo una dura battaglia documentale, della verità oggettiva e il ritorno dell'armonia tra la parti coinvolte.

Il nostro mondo, la nostra storia e la nostra libertà di ricerca [indipezzente] non godono delle medesime, felici condizioni. Ma questa semplice puntata di una serie televisiva, tra l'altro di grande successo e dal retaggio importante come Star Trek, ha gettato un sasso importante che merita eco e messa in pratica.

Chi avesse apprezzato questa puntata come l'ho apprezzata io potrà onestamente sostituire agli alieni che per settecento anni si sono ritenuti aggrediti i sionisti e gli israeliani1 dei giorni nostri col carico di conseguenze politiche ed culturali che la cosa ha comportato. La Voyager e il suo equipaggio potranno incarnare nella metafora i tedeschi della seconda guerra mondiale.
La dottoressa che nella seconda parte della puntata aggiunge all'incredulità comprensibile il rifiuto a procedere a una qualsiasi ricerca incarna perfettamente quella volontà di “verità per decreto” che sta contagiando uno a uno i paesi dell'Occidente.

Da buon diplomatico [sei ambasciatore, per caso?] devo dire che non sarà necessario per la gran parte delle persone che vorranno fare questo onesto sforzo mutare drasticamente opinioni politiche perché questo è un discorso limitato alla Storia. Si tratta invece di basare quelle stesse opinioni su fatti reali e non mistificati, come insegna la storia della Voyager, ed essere quindi pienamente responsabili dell'idea che ci si fa di un evento.

Chi invece, a monte, rifiuterà questa buona messa in discussione di un passato inverosimile abbia almeno la coerenza di sottoscrivere la propria adesione all'oscurantismo.


1Me ne guardo bene dall'utilizzare il termine “ebrei” in quanto vi sono gruppi di ortodossi e i Neturei Karta che rifiutano con determinazione il vittimismo storico tipico del sionismo.

Friday, May 20, 2011

Norman Finkelstein denuncia la strumentalizzazione dell'Olocausto

http://scienzamarcia.blogspot.com/2011/05/norman-finkelstein-denuncia-la.html

Norman Finkelstein denuncia la strumentalizzazione dell'Olocausto


Video tratto da una conferenza tenuta dal Professor Norman Finkelstein alla Waterloo Univeristy, in cui si vede il professore, figlio di ebrei morti nei campi di concentramento, replicare alle faziose accuse di antisemitismo. "Se ci fosse anche solo un po' di cuore in te adesso piangeresti per i palestinesi" ribatte ad una ragazza che lo accusa.

Il fatto che al giorno d'oggi si commemori il "giorno della memoria" dimenticandosi del dramma dei palestinesi (che avviene adesso sotto gli occhi di tutti) ha qualcosa di demenziale, e può accadere solo grazie ad un controllo mentale sofisiticato, ad una vera e propria manipolazione delle coscienze che utilizza la scuola ed i mass media. Ma probabilmente c'è qualcosa di più che induce la gente a non dubitare della realtà artificiale che ci costruiscono intorno.

Norman Finkelstein è uno storico e politologo statunitense, figlio di sopravvissuti ebrei del ghetto di Varsavia e poi del campo di sterminio di Auschwitz, famoso per i suoi scritti relativi ai conflitti arabo-israeliani. Quando vi danno dell'antisemita perché difendete i diritti dei palestinesi ricordatevi che tutta la famiglia di Normal Finkelstein è stata sterminata dai nazisti, eppure egli, proprio perché é fedele ai probi insegnamenti dei suoi genitori, accusa chi vuole utilizzare l'olocausto come un subdolo mezzo per giustificare l'arroganza e la violenza dello stato di Israele contro i Palestinesi.

Purtroppo in questo orribile conflitto medio-orientale le vittime spesso si confondo con gli aguzzini. I cittadini ebrei dello stato di Israele soffrono anche loro, vivendo in una situazione di perenne incertezza a causa dei continui attentati (probabilmente organizzati come al solito dai servizi segreti della stessa nazione che li subisce per giustificare la repressione) e delle minacce. Certo non soffrono come i Palestinesi che vivono nella striscia di Gaza e che vengono trattati peggio delle bestie, ma vengono manipolati (tramite l'uso della paura e del "terrorismo mediatico") dai loro stessi governati.

Ma se gli Israeliani sapessero davvero quale disegno viene ordito alle loro spalle? Se scoprissero quello che succede nel cielo sopra di loro e realizzassero che il loro governo che dice di difenderli dagli arabi li avvelena con le scie chimiche? Se si scoprissero che qualcuno ha indotto i loro padri ad emigrare in Palestina per dei loschi fini? Se scoprissero che qualcuno sta meditando di fare scoppiare un nuovo conflitto internazionale proprio nella loro terra? Le élite criminali che governano questo pianeta sembra che stiano attuando molte delle profezie bibliche e pare che questo porti a considerare un progettato conflitto arabo israeliano allargato ad altre potenze internazionali.

Non dobbiamo indirizzare l'odio contro nessun popolo, ma solo contro i governi che di tale popolo fanno uno schiavo per i propri sporchi fini. Del resto pensate che Hamas o Al Fatah siano mai state delle organizzazioni dalla parte dei Palestinesi? Se lo fossero davvero inviterebbero il loro popolo a denunciare le scie chimiche e a mostrarle ai "nemici" Israeliani. Se si prendesse coscienza in tutto il mondo che il governo occulto ci mette l'uno contro l'altro utilizzandoci come carne da macello da far morire in guerre insensate, in breve tempo scomparirebbero le divisioni, i confini, il razzismo, gli eserciti si porrebbe fine alle sopraffazioni di un popolo sull'altro.

Friday, March 4, 2011

Stuxnet: Un video sottolinea il successo isreaeliano

http://neovitruvian.wordpress.com/2011/02/17/stuxnet-un-video-sottolinea-il-successo-isreaeliano/

Stuxnet: Un video sottolinea il successo isreaeliano

Posted: 17 febbraio 2011 by neovitruvian

Un nasto è stato visionato alla festa di pensionamento del capo delle Forze di Difesa di Israele e sembra ancora una volta dimostrare che vi sia lo zampino israeliano dietro Stuxnet e quindi sui danni provocati al programma nucleare iraniano.

Il video che mostra i successi operativi del tenente generale Gabi Ashkenazi include anche riferimenti a Stuxnet, un virus informatico che l’anno scorso ha danneggiatto il sito di arricchimento nucleare di Natanz.

Anche se ufficialmente Israele non ha accettato la responsabilità per l’attacco via Stuxnet, le prove di suo ruolo attivo nell’intera operazione si hanno da quando sono iniziate le prime avvisaglie e cioè a luglio. Il virus, che non ha precedenti in quanto a complessità, è stato progettato per infiltrarsi nei sistemi di controllo a Natanz e di nascosto fare delle rettiffiche errate alle centrifughe che le avrebbero poi danneggiate.

I ricercatori della sicurezza dicono che i vari fattori della cyber minaccia, tra cui la complessità del suo funzionamento tendono con forza ad indicarne come fonte Israele. E’ un fatto che un impianto speciale è stato istituito con la cooperazione americana, nel deserto israeliano, per testare l’arma.

Subito dopo la sezione di Stuxnet, il video del Ten. Gen. Ashkenazi include un omaggio a Meir Dagan, che era a capo del servizio segreto del Mossad israeliano durante quasi la totalità del tempo in cui il Ten. Gen. Ashkenazi è stato responsabile della IDF.

Fonte

Tuesday, March 1, 2011

Gli esperti dell’ONU si discostano dalla versione ufficiale dell’11 settembre

http://neovitruvian.wordpress.com/2011/01/26/gli-esperti-dellonu-si-discostano-dalla-versione-ufficiale-dell11-settembre/

Gli esperti dell’ONU si discostano dalla versione ufficiale dell’11 settembre

Posted: 26 gennaio 2011 by neovitruvian

NAZIONI UNITE – Gli Stati Uniti Martedì hanno chiesto il licenziamento di un esperto per i diritti umani delle Nazioni Unite per i commenti “negativi”, riguardo la questione 11 settembre, secondo lui essa sarebbe frutto di un complotto e non l’attentato di terroristi appartenenti ad una fantomatica associazione.
Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha condannato i commenti di Richard Falk, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi, come “un affronto” alle vittime degli attacchi “terroristici” di Al Qaeda a New York e Washington.
L’ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, Susan Rice, ha giudicato il punto di vista di Falk ”spregevole e profondamente offensivo” (Mi ricorda qualche politico italiano che chiama in trasmissioni tv) dicendo di aver richiesto il suo licenziamento.
Falk ha scritto nel suo blog personale, l’11 gennaio, che ci sono “vuoti goffi e contraddizioni nelle spiegazioni ufficiali” portate per giustificare gli attacchi dei jet dirottati che si schiantarono contro il World Trade Center a New York e contro il Pentagono a Washington.
Sostiene che ci sia stata “un’apparente cover-up” da parte del governo degli Stati Uniti sulla sua reale conoscenza degli attacchi orditi da Bin Laden.
Falk continua dicendo che i media statunitensi “non sono stati disposti a riconoscere i dubbi ben evidenziati nella versione ufficiale degli eventi: Un’operazione di Al-Qaeda di cui l’intelligence Usa non era a conoscenza”

Chi è il vero terrorista?

L’ambasciatrice statunitense dice di essere “scioccata” e vuole unirsi ad altri colleghi per licenziare Falk.
“Il signor Falk approva le storielle dei teorici del complotto che sostengono che gli attacchi terroristici dell 11 Settembre 2001, siano stati perpetrati e quindi coperti dal governo Usa e dai media”, ha detto in un comunicato.

“I commenti del signor Falk sono spregevoli e profondamente offensivi, e li condanno in maniera assoluta. Sono portavoce di una grande protesta a nome degli Stati Uniti”.
“A mio parere, l’ultimo commento del signor Falk è stato talmente nocivo che dovrebbe essere finalmente chiaro a tutti che non è più adeguato a ricoprire il posto che occupa alle Nazioni Unite”, ha detto la Rice.
“Gli Stati Uniti sono profondamente impegnati nella causa dei diritti umani e riteniamo che questo impegno sarà tanto più efficace se il signor Falk si farà da parte assieme al baldacchino di insensatezze che ha deciso di creare.”

I funzionari delle Nazioni Unite ha detto che Falk non è stato richiamato da Ban, ma dalla sede di Ginevra del consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite. Il Consiglio deciderà il futuro di Falk.
Parlando a Ginevra, il leader delle Nazioni Unite ha espresso lo shock per i commenti di Falk.
“Voglio dirvi chiaramente e direttamente che condanno questo tipo di retorica incendiaria…E ‘assurdo…Un affronto alla memoria delle oltre 3.000 persone che morirono in quel tragico attentato,” ha detto Ban.

“Vorrei far notare che Stati Uniti e molti altri diplomatici sono usciti dall’aula in segno di protesta, nel settembre 2010 quando il presidente iraniano, Ahmadinejad, fece osservazioni simili davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.”
Il leader iraniano mise in dubbio le cause degli attentati dell’11 settembre, nel suo discorso all’Assemblea Generale lo scorso anno.

Monday, January 24, 2011

Cablegate: Società tedesca consiglia agli Usa di sabotare i siti nucleari iraniani

http://neovitruvian.wordpress.com/2011/01/20/cablegate-societa-tedesca-consiglia-agli-usa-di-sabotare-i-siti-nucleari-iraniani/

Cablegate: Società tedesca consiglia agli Usa di sabotare i siti nucleari iraniani

Posted: 20 gennaio 2011 by neovitruvian

Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, mentre ispeziona la centrale nucleare di Natanz, bersaglio del virus Stuxnet.

Un “cable” trapelato dall’ambasciata statunitense rivela che una influente società tedesca ha “consigliato” agli Stati Uniti di adottare una politica che miri a “sabotare” le strutture nucleari clandestine dell’Iran, si cita l’utilizzo del computer hacking e il provocare “inspiegabili esplosioni”.

Volker Perthes, direttore dell’istituto, finanziato dal governo tedesco, per la Sicurezza e gli Affari Internazionali, ha detto ai funzionari Usa a Berlino, che le operazioni sotto copertura sarebbero “più efficace di un attacco militare” nel limitare le ambizioni nucleari iraniane.

Un sofisticato virus, Stuxnet, si è infiltrato nell’impianto nucleare di Natanz lo scorso anno, ritardando il programma iraniano di alcuni mesi. Il New York Times questa settimana ha riportato che Stuxnet fù un’operazione congiunta USA-Israele.

Lunedi’, il capo negoziatore nucleare iraniano ha accusato gli Stati Uniti dell’attacco informatico. Saeed Jalili ha detto alla NBC News di un’indagine che ha portato a scoprire che gli Stati Uniti sono stati coinvolti in un attacco che apparentemente avrebbe chiuso un quinto delle centrifughe nucleari iraniane nel mese di novembre. ”Ho visto alcuni documenti che dimostrano la partecipazione [USA],” ha dichiarato.

Un “cable” diplomatico inviato dall’ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Philip Murphy, nel gennaio 2010, riporta che Perthes disse che una politica di “sabotaggio segreto” (inspiegabili esplosioni, incidenti, pirateria informatica, ecc) sarebbe stato più efficace di un attacco militare, i cui effetti nella regione avrebbero potuto essere “devastanti”.

Perthes è uno dei maggiori esperti occidentali sull’Iran. Un precedente “cable” diplomatico, inviato da Murphy il 14 dicembre 2009 ha dimostrato che il suo consiglio venne ascoltato da politici e funzionari – tra cui Condoleezza Rice, l’ex segretario di stato americano.

Murphy riporta: “La maggior parte degli ospiti seduta al tavolo delle trattative non era d’accordo con le tematiche di Perthes riguardo la questione Iran.”E’ stato sorprendente un atteggiamento del genere, da un gruppo di personalità di alto livello che lavorano operativamente sulla questione Iran”.

In un’intervista con il Guardian, Perthes ha detto che l’ambasciatore riflette perfettamente la sua idea, ”degli incidenti inspiegabili” o “dei problemi informatici” sono certamente meglio che degli attacchi militari. – Una escalation militare contro l’Iran – deve essere evitata.

“Rispetto alle azioni militari, questi atti hanno il vantaggio che la leadership del paese interessato non avrebbe necessità di rispondere – quando tutti sono d’accordo sul guasto tecnico, non c’è bisogno di sparare o bombardare. Tutti capirebbero il messaggio e cioè che certe innovazioni sono inaccettabili per il paese contrapposto (USA ISRAELE).

“Il mio intuito, fù all’inizio del 2010 – senza avere alcuna conoscenza specifica – Che alcuni paesi si stessero preparando a rallentare il programma nucleare iraniano attraverso atti di sabotaggio, o di pirateria informatica”

I funzionari americani e israeliani rifiutarono di commentare il loro coinvolgimento in Stuxnet riportato ieri. Tuttavia, i “cables” trapelati indicano quali tecniche utilizzare per creare danni al programma nucleare iraniano – compresi potenti cyber attacchi – una soluzione che ha cominciato a riscuotere pareri positivi all’interno dei circoli diplomatici degli Stati Uniti lo scorso anno.

Il presidente George Bush ha approvato un piano da $ 300m (£ 189m) su progetti segreti contro l’Iran, capendo di dover includere il progetto Stuxnet, prima di lasciare la poltrona di presidente nel 2009.

Le probabilità di un attacco militare contro l’Iran sono ormai scemate, in parte a causa del successo di Stuxnet, ma anche grazie all’assassinio di due scienziati nucleari iraniani lo scorso anno, il cui mandante fù Israele.

Stuxnet ha spazzato via circa un quinto delle centrifughe utilizzate per arricchire l’uranio a Natanz in Iran nell’agosto dello scorso anno. Gli esperti di sicurezza hanno detto al Guardian, quando uscì Stuxnet, che era “il malware più raffinato mai scoperto”, sollevando il sospetto che si trattasse di una operazione ben finanziata e, potenzialmente, sponsorizzata dallo stato. Secondo il New York Times, il worm Stuxnet è stato testato in un bunker segreto israeliano a Dimano, nei pressi del deserto del Negev.

Stuxnet: La Russia avverte, pericolo di una Chernobyl Iraniana

http://neovitruvian.wordpress.com/2011/01/18/stuxnet-la-russia-avverte-pericolo-di-una-chernobyl-iraniana/

Stuxnet: La Russia avverte, pericolo di una Chernobyl Iraniana

Posted: 18 gennaio 2011 by neovitruvian

Funzionari nucleari, russi hanno messo in guardia il mondo riguardo il pericolo di un altro disastro “Stile Chernobyl” che potrebbe colpire il controverso reattore nucleare di Bushehr, a causa dei danni causati dal virus Stuxnet,
stando agli ultimi rapporti delle intelligence occidentali.

Gli scienziati nucleari russi hanno sollevato molti dubbi riguardo gli estesi danni causati dal virus Stuxnet, ai sistemi di controllo computerizzati.

Gli scienziati nucleari russi stanno fornendo assistenza tecnica agli addetti ai lavori iraniani nel tentativo di attivare il primo impianto nucleare nel porto del Golfo.
Ma gli stessi scienziati hanno sollevato serie preoccupazioni circa gli estesi danni provocati ai sistemi informatici dell’impianto dal misterioso virus Stuxnet, scoperto lo scorso anno, si pensa sia il frutto di un cyber attacco congiunto USA-Israele.
Secondo i rapporti delle intelligence occidentali, gli scienziati russi hanno avvertito il Cremlino della probabilità di trovarsi di fronte ad “un’altra Chernobyl”, se fossero costretti a rispettare la scadenza molto ravvicinata (questa estate) per attivare il complesso.
Dopo decenni di ritardi, la prima commissione è di Shah nel 1970, i leader iraniani stanno chiedendo che gli scienziati si attenghino ai tempi stabiliti l’anno scorso. Essi sostengono che ogni ritardo sarebbe un duro colpo al prestigio internazionale dell’Iran.

Bushehr comincerà a produrre elettricità per la rete nazionale dell’Iran questa estate dopo il lavoro dei tecnici russi iniziato ad ottobre 2010.

Thursday, December 9, 2010

Italeaks

http://neovitruvian.wordpress.com/2010/12/07/italeaks/

Italeaks

Posted: 7 dicembre 2010 by neovitruvian

I DIPLOMATICI A MOSCA SI LAMENTANO DEL RAPPORTO BERLUSCONI – PUTIN

Questo Cable è controverso. In effetti sembra essere stato diramato dall’ambasciata americana a Mosca, però il The Guardian lo da come originario dall’Italia. Purtroppo vista la complessità nel trattare queste informazioni è difficile sapere se il The Guardian abbia fatto un errore, ma è probabile che sia così. Il cable racconta di una fonte (che è stata censurata) che, a pranzo con il diplomatico americano a Mosca, esprime frustrazione per il rapporto fin troppo stretto fra Berlusconi e Putin. Questo rapporto, secondo la fonte, terrebbe talvolta gli stessi diplomatici all’oscuro sulle scelte prese dai Primi Ministri. Il cable è datato 5 Febbraio 2010, è classificato come confidenziale ed è stato redatto probabilmente da John Beyrle, diplomatico americano a Mosca.

Di cosa si parla in questo cable:

  • Una fonte di Beyrle si definisce “frustrata” per la “linea diretta” fra Berlusconi e Putin, che terrebbe anche gli stessi diplomatici all’oscuro sulle scelte prese.
  • I diplomatici non sarebbero a conoscenza dei retroscena, per quel che concerne le scelte prese nei rapporti Italia-Russia, l’unica informazione che avrebbero è “che Berlusconi e Putin approvano” le scelte in questione.
  • La burocrazia risentirebbe di questo comportamento in linea di massima, anche se a volte questa linea si rivela sbrigativa e positiva.
  • Un esempio citato è quello di Gazprom che avrebbe scelto di vendere in Italia mediante Eni (20% delle forniture Eni proverrebbero da Gazprom) a prezzo di mercato (e non sottoprezzo come inizialmente Gazprom aveva deciso di fare) solo dopo un colloquio privato fra Berlusconi e Putin
  • Il rappresentante di Eni a Mosca si rifiuterebbe di dialogare con ambasciate straniere, ma solo da due anni a questa parte
  • Secondo la fonte ‘censurata’ nel documenti il responsabile Eni a Mosca avrebbe ricevuto ordini di rispondere solo a Roma e di non parlare con “ambasciatori stranieri”
  • Enel avrebbe investito circa 6 miliardi di dollari in USA. Leggi l’originale

INCONTRO CON BERLUSCONI IN CONVALESCENZA

Questo documento è il sunto di un incontro per un pranzo privato fra Berlusconi e l’ambasciatore David H. Thorne. L’incontro è un pranzo fra il Presidente del Consiglio e l’ambasciatore italiano, all’incontro è presente anche Gianni Letta, che ha accompagnato l’ambasciatore nella residenza milanese di Berlusconi. Berlusconi è ancora in convalescenza in seguito all’aggressione subita a Milano da parte di Massimo Tartaglia. Il cable è datato 1 Gennaio 2010, l’incontro è avvenuto il 30 Dicembre 2010. L’autore del cable è David H. Thorne, Ambasciatore USA a Roma.

In questo cable si parla di:

  • Berlusconi è ancora ferito e fasciato per l’attacco subito in Dicembre, ma appare comunque ottimista e desideroso di mostrare i suoi progetti per “spingere” l’elite italiana, nonché di condividere pensieri su personaggi politici europei ed italiani
  • I progetti di Berlusconi prevedono la realizzazione di una scuola privata per “l’italian elite”.
  • Berlusconi è “depresso” per via dell’attentato di Tartaglia: lui è un imprenditore, vuole che tutti lo amino (parole di Gianni Letta)
  • Berlusconi ha “sfacciatamente dichiarato”, durante il pranzo, che l’Italia ha messo gli USA al primo posto nelle politiche internazionali e che l’Italia è pronta ad aiutare l’america in qualunque modo possibile
  • Secondo Berlusconi l’influenza ed il potere di Sarkozy sono molto scemati nell’ultimo anno e non ha più il potere che il leader francese aveva un anno prima
  • Berlusconi elogia il rapporto fra Putin e Medvedev e, neanche a dirlo, i saluti dopo pranzo vengono interrotti da una telefonata di Putin
  • Berlusconi esprime “sgomento” per le politiche repressive iraniane ed offre all’ambasciatore USA piena collaborazione sul trattamento delle dinamiche di Teheran, mettendo a disposizione anche i servizi italiani.
  • “Senza mezzi termini” Berlusconi descrive all’ambasciatore americano i magistrati italiani come “un grande problema” dicendosi pronto a stringere un alleanza con il centrosinistra pur di attuare la riforma della giustizia
  • Berlusconi e Letta mostrano un grande rispetto per i leader dell’opposizione, ed elogiano Pierluigi Bersani come un “duro avversario, dotato di una intelligenza superiore”
  • Letta, lontano da Berlusconi, si complimenta anche per l’operato di Massimo D’Alema che avrebbe fatto delle scelte positive molto difficili nei Balcani. L’efficienza di D’Alema è la ragione per cui Berlusconi avrebbe spinto pesantemente al fine di averlo come Ministro degli Esteri UE, nonostante le loro differenze.
  • Letta non esprime giudizio su Antonio Di Pietro, non avendo idea di quali saranno le scelte politiche di questo negli anni a venire
  • Berlusconi e Letta esprimono entrambi “preoccupazione” per l’evolversi della crisi economica nel 2010. I due valutano che l’Italia abbia reagito bene nell’anno decorso, ma sono preoccupati rispetto alla creazione di posti di lavoro nel 2010.
  • Berlusconi annuncia che guiderà l’ambasciatore personalmente in una visita a Roma, nello specifico gli mostrerà il suo progetto di un’Accademia per “l’elite italiana”. Il palazzo “Villa Gernetto”, completamente ristrutturato, ospiterà una scuola speciale per 100 giovani meritevoli e sarà interamente finanziata dalla fortuna personale di Silvio Berlusconi. L’apertura è prevista per Marzo 2010. Berlusconi in merito annuncia che sceglierà personalmente gli studenti. Leggi l’originale

PREPARAZIONE DELL’INCONTRO OBAMA – BERLUSCONI 15/06/2009

Questo documento è una relazione su Berlusconi ed il suo operato in vista dell’incontro fra il Premier italiano ed il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. L’autore del cable è Elizabeth L. Diddle, incaricato affari esteri all’ambasciata USA a Roma. Il cable è datato 9 Giugno 2009 ed è classificato come confidenziale.

In questo cable si parla di:

  • Berlusconi viene raccontato dal punto di vista delle scelte politiche
  • Gli atteggiamenti di Berlusconi spesso frivoli e le sue numerose gaffe avrebbero fatto sì che molti (anche all’interno del Governo USA) siano convinti che lui sia un leader europeo inefficiente, vanitoso ed inetto.
  • Berlusconi verrebbe descritto come arrogante ma prezioso alleato nelle vicende internazionali
  • La gestione della crisi economica sarebbe stata “prudente” sotto il Governo Berlusconi
  • Il parere di Berlusconi sarebbe stato favorevole rispetto alla chiusura della prigione di Guantanamo
  • Il parere di Berlusconi sull’operato della NATO sarebbe “distorto” dai rapporti molto intimi e proficui a livello economico e personale che il Presidente del Consiglio intrattiene con la Russia e Vladimir Putin
  • La posizione di Berlusconi rispetto a Vladimir Putin cozzerebbe con la politica ONU di ridurre la dipendenza energetica europea rispetto alla Russia
  • Bisogna, secondo chi scrive il cable, chiarire con Berlusconi che la politica di gestione del nucleare dev’essere trasparente ed onesta, affinché gli americani possano entrare in concorrenza leale con la Russia nell’appalto del know-how necessario alla realizzazione delle centrali
  • Berlusconi negozierebbe con la Libia al fine di ottenere non solo una riduzione del flusso migratorio verso l’Italia, ma anche in funzione dell’ingresso dell’Eni nel mercato del petrolio libico
  • Berlusconi si è fortemente impegnato nel mantenimento delle truppe in Afghanistan ma è sceso dal quarto al sesto posto sulla scala dei contribuenti ISAF. L’Italia sarebbe stata “anemica” in questo frangente tagliando fortemente il budget delle missioni ma gli americani sono certi che con le dovute “pressioni” verso Berlusconi otterrebbero certamente una risposta positiva.
  • La politica italiana sulla presenza di basi americane in Italia è ben vista da chi scrive il cable, vengono elogiate disponibilità e persecuzione di una linea che permetta agli americani una buona presenza sul suolo italiano, con oltre 15.000 unità.
  • Berlusconi fa molte gaffe, ha atteggiamenti frivoli e discutibili, ma tagliare i legami con lui sarebbe sbagliato. E’ un alleato fedele, ammira l’america e intende consolidare i rapporti con essa sempre di più. Nonostante i suoi difetti è stato una pietra miliare nella politica italiana degli ultimi 15 anni e tutto fa pensare che questa presenza durerà ancora a lungo. Leggi l’originale

LE RELAZIONI ITALIA – RUSSIA VISTE DA ROMA

Questo documento, diversamente dai due diramati in precedenza, non è il verbale di una riunione. E’ invece una relazione sui rapporti bilaterali fra Russia e Italia, fra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin. Il cable è datato 26 Gennaio 2009. L’autore del cable è l’allora ambasciatore americano a Roma, Ronald P. Spogli. Il cable è classificato come segreto.

Di cosa si parla in questo documento:

  • la scarsa influenza che Frattini avrebbe nei confronti di Berlusconi riguardo le politiche estere in Russia
  • l’ambasciatore della Georgia a Roma riporta al collega statunitense che secondo il loro Governo Putin avrebbe promesso a Berlusconi dei proventi nella costruzione di gasdotti
  • le percentuali di export italiano in Russia aumentano del 230%
  • Berlusconi e Putin si scambierebbero “costosi regali” secondo una fonte dell’ufficio della Presidenza del Consiglio
  • l’assistente particolare (definizione Wikipedia) di Berlusconi, Valentino Valentini, si recherebbe spesso in Russia e sarebbe il suo “uomo chiave” in territorio elvetico ma per l’ambasciata “non è chiaro” cosa andrebbe a fare
  • l’ambasciatore americano sarebbe “irritato” dalla presenza di Berlusconi nella costruzione di rapporti fra Russia e USA e riterrebbe di dovergli mandare “un segnale”.Leggi l’originale

IL SEGRETARIO DELLA DIFESA AVVERTE FRATTINI: IMMINENTE GUERRA CON L’IRAN

Il Segretario alla Difesa Robert Gates (SecDef) si è incontrato con il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini nel corso di una visita ufficiale a Roma l’8 febbraio. Il Cable è datato 22 Gennaio 2010.

Di cosa si parla in questo cable:

  • Strategie in Afghanistan
  • Possibilità di guerra in Iran
  • Operazioni nel Corno d’Africa

Leggi l’originale

Fonte

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Monday, November 29, 2010

Israeliani a Decimomannu

http://nonvotarechitiavvelena.blogspot.com/2010/11/israeliani-decimomannu.html

Israeliani a Decimomannu


Articolo tratto dal sito Il Manifesto Sardo

I caccia israeliani sfrecciano a bassa quota, lanciando bombe e missili sugli obiettivi. Non è una scena dell’operazione «Piombo fuso» contro Gaza, ma dell’esercitazione Vega 2010 in corso nella base aerea di Decimomannu (Cagliari) dal 16 al 26 novembre. Vi partecipano 30 aerei da guerra e oltre 500 militari italiani e israeliani. L’esercitazione, spiega un comunicato stampa, si inserisce «nel più ampio contesto di cooperazione internazionale allo scopo di confrontare differenti tecniche di impiego e garantire l’addestramento avanzato unitamente allo scambio di esperienze fra equipaggi delle aeronautiche militari italiana e israeliana». Sicuramente, nello scambio di esperienze, i piloti israeliani hanno molto da insegnare a quelli italiani. L’aviazione israeliana continua infatti i raid contro la popolazione di Gaza, uno dei quali è stato effettuato il 19 novembre. I piloti israeliani hanno però anche da imparare. La base di Decimomannu, sede del Reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo (Rssta), è dotata delle più moderne tecnologie. Tra queste un sistema elettronico che, attraverso sensori agganciati ai velivoli, permette di seguire, in diretta su ampi schermi, lo svolgimento del volo come se ci si trovasse a bordo di ogni singolo velivolo. Dopo i dieci giorni di esercitazione, i piloti israeliani saranno quindi in grado di condurre attacchi ancora più micidiali. Perfezionando allo stesso tempo le tecniche per l’attacco nucleare. L’esercitazione di Decimomannu rientra nella cooperazione militare Italia-Israele, stabilita dalla Legge 17 maggio 2005, che prevede anche attività congiunte di formazione e addestramento. Rientra allo stesso tempo nel «Programma di cooperazione individuale» con Israele, ratificato dalla Nato il 2 dicembre 2008, circa tre settimane prima dell’attacco israeliano a Gaza. Esso comprende una vasta gamma di settori in cui «Nato e Israele cooperano pienamente»: aumento delle esercitazioni militari congiunte; connessione di Israele al sistema elettronico Nato; cooperazione nel settore degli armamenti; allargamento della «cooperazione contro la proliferazione nucleare». Ignorando che Israele, unica potenza nucleare della regione, rifiuta di firmare il Trattato di non-proliferazione ed ha respinto la proposta Onu di una conferenza per la denuclearizzazione del Medio Oriente.

Monday, November 8, 2010

Sionismo. Il mito dell'Ebreo Errante.

http://tuttouno.blogspot.com/2010/11/sionismo-il-mito-dellebreo-errante.html

Sionismo. Il mito dell'Ebreo Errante.


Ebreo errante con il cerchio giallo, Praga, XVI secolo
© Fototeca nazionale
Il mito dell'ebreo errante
AUTORE: Gilad ATZMON جيلاد أتزمون
Tradotto da Manuela Vittorelli

Il professor Shlomo Sand, storico dell'Università di Tel Aviv, apre la sua importante opera sul nazionalismo ebraico citando Karl W. De
utsch:
"Una nazione è un gruppo di persone unite da un errore comune sulla propria origine e da un'ostilità collettiva verso i propri vicini” [1]
Per quanto possa suonare semplice o addirittura semplicistica, questa citazione riassume eloquentemente l'elemento di finzione che è intessuto nel moderno nazionalismo ebraico e soprattutto nel concetto di identità ebraica. Punta ovviamente il dito contro l'errore collettivo che gli ebrei tendono a commettere ogni volta che si riferiscono al loro “illusorio passato collettivo” e alla loro “origine collettiva”. Nello stesso tempo, tuttavia, l'interpretazione del nazionalismo offerta da Deutsch mette in luce l'ostilità che sfortunatamente quasi tutti i gruppi di ebrei rivelano nel rapporto con la realtà che li circonda, che sia essa umana o prenda la forma del territorio. Mentre la brutalità degli israeliani nei confronti dei palestinesi è ormai comunemente nota, il duro trattamento che riservano alla loro “terra promessa” e al paesaggio che li circonda sta solo ora cominciando a rivelarsi. Il disastro ecologico che gli israeliani si lasceranno dietro sarà causa di sofferenza per molte generazioni future. Oltre a costruire con ansia megalomane un muro che frantuma la Terra Santa in enclavi di miseria e di carestia, Israele è riuscito a inquinare i suoi molti corsi d'acqua con scorie chimiche e nucleari.
When And How the Jewish People Was Invented? (Quando e come fu inventato il popolo ebraico?) è uno studio molto serio scritto dal professore Shlomo Sand, storico israeliano. È lo studio più serio sul nazionalismo ebraico che sia mai stato scritto a oggi, la più coraggiosa elaborazione della versione che gli ebrei danno della propria storia.
Nel suo libro Sand riesce a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che il popolo ebraico non è mai esistito come “razza-nazione”, non ha mai condiviso un'origine comune. È invece un colorito insieme di gruppi che in varie fasi storiche hanno adottato la religione ebraica.
Nel caso che seguiste il ragionamento di Sand e giungeste a chiedervi “quando è stato inventato il popolo ebraico?” la risposta di Sand è piuttosto semplice. “A un certo punto del XIX secolo degli intellettuali tedeschi di origine ebraica, influenzati dal carattere popolare del nazionalismo tedesco, intrapresero il compito di inventare un popolo 'a posteriori', ansiosi di creare un moderno popolo ebraico”. [2] Di conseguenza il “popolo ebraico” è un concetto “inventato” costituito da un passato immaginario e fittizio con ben poche basi forensi, storiche o testuali. Inoltre Sand – che per le sue elaborazioni si fonda sulle fonti dell'antichità – giunge alla conclusione che l'esilio ebraico sia anch'esso un mito, e che è ben più probabile che i discendenti dell'antico popolo semita di Giudea/Canaan siano gli attuali palestinesi, e non la folla di ashkenaziti di origine cazara alle quali egli stesso ammette di appartenere. È piuttosto sorprendente che nonostante Sand riesca a demolire il concetto di “passato collettivo ebraico” e a ridicolizzare l'impeto sciovinista nazionale ebraico, il suo libro in Israele sia un bestseller. Già questo fatto da solo può suggerire che coloro che si definiscono “popolo del libro” stanno ora cominciando a rendersi conto delle filosofie e ideologie devastanti e fuorvianti che li hanno trasformati in ciò che Khalid Amayreh e molti altri considerano i “nazisti del nostro tempo”.


Hitler alla fine ha vinto

Accade spesso che quando si chiede a un ebreo “laico” “cosmopolita” cos'è che lo rende ebreo si riceva una risposta vacua e rimasticata: “È Hitler che mi ha reso ebreo”. Benché l'ebreo “cosmopolita”, essendo un internazionalista, tenda a liquidare le inclinazioni nazionali degli altri popoli, insiste nel riservarsi il diritto all'“auto-determinazione”. Però non è veramente lui a stare al centro di questa esigenza di orientamento nazionale, ma è il diabolico e mostruoso antisemita per eccellenza, cioè Hitler. A quanto pare l'ebreo cosmopolita celebra il suo diritto al nazionalismo nella misura in cui c'è un Hilter da incolpare.
Per quanto riguarda l'ebreo laico cosmopolita, Hitler alla fine ha vinto. Sand riesce a mettere in luce questo paradosso. Suggerisce con grande acume che “mentre nel XIX secolo il riferirsi agli ebrei come a un''identità razziale distinta' era segno di antisemitismo, nello Stato ebraico questa stessa filosofia è mentalmente e intellettualmente radicata” [3]. In Israele gli ebrei celebrano la loro diversità e la loro unicità. Inoltre, dice Sand, “In Europa c'è stato un tempo in cui si veniva etichettati come antisemiti per aver detto che tutti gli ebrei appartengono a una nazione distinta. Oggi, ad affermare che gli ebrei non sono e non sono mai stati un popolo o una nazione si verrebbe etichettati come odiatori di ebrei”. [4] È infatti abbastanza sorprendente che l'unico popolo che sia riuscito a mantenere e sostenere un'identità nazionale orientata in senso razziale, espansionista e genocida che non si differenzia in niente dall'ideologia etnica nazista siano proprio gli ebrei, che furono insieme ad altri le principali vittime dell'ideologia e della pratica naziste.


Nazionalismo in generale e nazionalismo ebraico in particolare

Louis-Ferdinand Celine disse che nel Medioevo, tra le grandi guerre, i cavalieri si facevano pagare un prezzo altissimo per essere pronti a morire nel nome del loro regno, mentre nel XX secolo i giovani si sono precipitati a morire in massa senza chiedere nulla in cambio. Per capire questo cambiamento della coscienza delle masse abbiamo bisogno di un modello metodologico eloquente che ci permetta di comprendere in cosa consista il nazionalismo.
Come Karl Deutsch, Sand considera la nazionalità un discorso illusorio. È un dato di fatto che gli studi storici e antropologici sulle origini dei diversi cosiddetti “popoli” e “nazioni” conducono all'imbarazzante disintegrazione di qualsiasi etnicità e identità etnica. Dunque è piuttosto interessante scoprire che gli ebrei tendono a prendere molto seriamente il loro mito etnico. La spiegazione può essere semplice, come ha rivelato Benjamin Beit Halachmi anni fa. Il sionismo ha trasformato la Bibbia da un testo spirituale a un “libro del catasto”. Sotto questo aspetto, la verità della Bibbia o qualsiasi altro elemento del discorso storico ebraico ha ben poca importanza finché non interferisce con la causa o la pratica politica nazionale degli ebrei.
Si potrebbe anche supporre che l'assenza di una chiara origine etnica non impedisca alle persone di provare un senso di appartenenza etnica o nazionale. Il fatto che gli ebrei siano lungi dall'essere ciò che è possibile definire popolo e che la Bibbia contenga una ben scarsa verità storica non impedisce a generazioni di israeliani e di ebrei di identificarsi con Re Davide o il gigante Sansone. Evidentemente l'assenza di un'origine etnica inequivocabile non impedisce alle persone di sentirsi parte di un popolo. Analogamente, non impedisce all'ebreo nazionalista di provare un sentimento di appartenenza a una più grande collettività astratta.
Negli anni Settanta Shlomo Artzi, allora giovane cantante che era destinato a diventare la più grande rockstar israeliana di tutti i tempi, incise una canzone che divenne in poche ore un enorme successo. Eccone i primi versi:
E all'improvviso
un uomo si sveglia
una mattina
sente di essere il suo popolo
e comincia a camminare
e a tutti quelli che incontra
dice shalom
In un certo senso Artzi esprime innocentemente nei suoi versi la repentinità, la natura quasi contingente della trasformazione degli ebrei in popolo. Tuttavia, quasi simultaneamente, Artzi contribuisce all'illusorio mito nazionale della nazione alla ricerca della pace. Artzi avrebbe già dovuto sapere che il nazionalismo ebraico era un atto colonialista ai danni del popolo palestinese autoctono.
A quanto pare il nazionalismo, il senso di appartenenza nazionale e il nazionalismo ebraico in particolare sono oggetto di un importante lavoro intellettuale. Risulta interessante che i primi a trattare teoricamente e metodologicamente questioni che hanno a che fare con il nazionalismo siano stati degli ideologi marxisti. Benché lo stesso Marx non fosse riuscito a dare una risposta adeguata, il sorgere all'inizio del XX secolo di istanze nazionaliste nell'Europa centrale e orientale colse Lenin e Stalin impreparati.
“Il contributo dei marxisti allo studio del nazionalismo può essere visto come una messa a fuoco sulla profonda correlazione tra l'ascesa della libera economia e l'evoluzione dello stato nazionale”. [5] Di fatto Stalin riassunse il punto di vista marxista sulla questione. “La nazione”, dice Stalin, “è una solida collaborazione tra individui storicamente creata e formatasi seguendo quattro fenomeni significativi: la condivisione di lingua, territorio, economia e particolarità psicologica…” [6]
Come c'era da aspettarsi, il tentativo materialista marxista di comprendere il nazionalismo mancava di un'adeguata prospettiva storica e si basava invece sulla lotta di classe. Per ovvie ragioni una tale visione era condivisa da coloro che credevano nel “socialismo di una sola nazione”, tra i quali possiamo includere l'ala di sinistra del sionismo.
Per Sand, il nazionalismo si è sviluppato a causa di un'“esaltazione creata dalla modernità che ha separato le persone dal loro passato immediato” [7]. La mobilità prodotta dall'urbanizzazione e dall'industrializzazione ha distrutto il sistema sociale gerarchico come pure la continuità tra passato, presente e futuro. Sand osserva che prima dell'industrializzazione il contadino feudale non sentiva necessariamente il bisogno di una narrazione storica di imperi e regni. Il soggetto feudale non aveva bisogno di una narrazione storica astratta di grandi collettività, poco rilevante per le necessità esistenziali concrete. “Senza la percezione di una progressione sociale erano sufficienti le narrazioni religiose che contenevano un mosaico di memoria privo della dimensione reale del tempo che avanza. La 'fine' era l'inizio e l'eternità faceva da ponte tra la vita e la morte”. [8] Nel mondo moderno laico e urbano il “tempo” si era trasformato nel principale veicolo della vita che illustrava un significato simbolico immaginario. Il tempo storico collettivo era diventato l'ingrediente base della vita intima e personale. La narrazione storica collettiva plasma il significato personale e ciò che sembra essere la “realtà”. Per quanto alcune menti banali insistano nell'affermare che il “personale è politico”, sarebbe molto più intelligibile dire che in pratica è esattamente l'inverso. Nella condizione post-moderna, il politico è personale e il soggetto viene detto più che dire esso stesso. L'autenticità è un mito che si riproduce nella forma di identificatore simbolico.
La lettura sandiana del nazionalismo come prodotto dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione e della laicità appare particolarmente valida se si tiene presente il suggerimento di Uri Slezkin secondo il quale gli ebrei sarebbero gli “apostoli della modernità”, della laicità e dell'urbanizzazione. Se gli ebrei si ritrovarono nel cuore dell'urbanizzazione e della laicizzazione, non dovrebbe sorprenderci che – come altri – anche i sionisti siano stati piuttosto creativi nell'inventarsi la propria fantasiosa narrazione collettiva. Tuttavia, pur insistendo sul diritto di essere “come gli altri popoli” i sionisti sono riusciti a trasformare il loro passato collettivo inventato in un programma globale, espansionistico e spietato e nella maggiore minaccia per la pace mondiale.

En route (L'ebreo errante), Marc Chagall, 1924-1925

Non esiste una storia ebraica

È un fatto dimostrato che non un solo testo storico ebraico è stato scritto tra il I secolo e gli inizi del XIX secolo. Il fatto che l'ebraismo si basi su un mito storico religioso può avere qualcosa a che fare con questo. La tradizione rabbinica non si è mai preoccupata di esaminare adeguatamente il passato ebraico. Uno dei motivi di ciò è probabilmente l'assenza di necessità di un simile impegno metodologico. Per l'ebreo che viveva nell'antichità e nel Medioevo quello che c'era nella Bibbia era sufficiente a rispondere alle domande più importanti sulla vita quotidiana, il significato e il destino ebraici. Come scrive Shlomo Sand, “il tempo cronologico secolare era alieno al 'tempo della Diaspora' plasmato dall'attesa del Messia”.
Tuttavia, alla luce della laicizzazione, dell'urbanizzazione e dell'emancipazione tedesche e a causa del calo di autorità dei capi rabbinici, tra i nascenti intellettuali ebrei crebbe la necessità di una causa alternativa. L'ebreo emancipato si chiedeva chi fosse e da dove venisse. Cominciò anche a speculare su quale potesse essere il suo ruolo in una società europea in progressiva apertura.
Nel 1820 lo storico ebreo tedesco Isaak Markus Jost (1793-1860) pubblicò la prima seria opera storica sugli ebrei, La storia degli israeliti. Jost evitò i tempi biblici, preferì cominciare i suo viaggio con il Regno di Giudea e compilò anche una narrazione storica sulle diverse comunità ebraiche del mondo. Jost si rese conto che gli ebrei del suo tempo non formavano un continuum etnico. Intuì che gli israeliti che vivevano nei vari luoghi erano molto diversi tra loro. Dunque pensò che niente al mondo avrebbe impedito agli ebrei di assimilarsi completamente. Jost riteneva che in uno spirito illuminato sia i tedeschi che gli ebrei avrebbero voltato le spalle alle istituzioni religiose oppressive per formare una nazione sana basata su un crescente senso di appartenenza orientato geograficamente.
Benché Jost fosse consapevole dell'evolversi del nazionalismo europeo, i suoi seguaci ebrei erano alquanto scontenti della sua lettura ottimistica e liberale del futuro ebraico.
“Dallo storico Heinrich Graetz in poi, gli storici ebrei presero a tracciare la storia dell'ebraismo come la storia di una nazione che era stata un 'regno', era stata poi cacciata in 'esilio', era diventata un popolo errante e infine era tornata alla sua terra natale”. [9]
Per il defunto Moses Hess era una lotta razziale più che una lotta di classe a definire la forma dell'Europa. Dunque, suggeriva Hess, meglio sarebbe stato se gli ebrei fossero tornati a riflettere sul loro patrimonio culturale e sulla loro origine etnica. Per Hess il conflitto tra ebrei e gentili era il prodotto della differenziazione razziale, e dunque inevitabile.
Il percorso ideologico dall'orientamento razzista pseudo-scientifico di Hess allo storicismo sionista appare ovvio. Se gli ebrei sono in effetti un'entità razziale distinta (come ritenevano Hess, Jabotinsky e altri) è meglio che cerchino la loro patria naturale, e questa patria non è altro che Eretz Yizrael. Chiaramente l'ipotesi di Hess sulla continuità razziale non aveva basi scientifiche. Per tenere in piedi questa invenzione storica bisognava ricorrere a un meccanismo di negazione per assicurarsi che qualche fatto imbarazzante non interferisse con la nascente creazione nazionale.
Sand suggerisce che il meccanismo di negazione sia stato orchestrato e pianificato molto bene. La decisione presa nel 1930 dall'Università Ebraica di dividere la Storia Ebraica e la Storia Generale in due dipartimenti distinti era ben più di una questione di comodità. Il logos che stava alla base di questa separazione dà un idea dell'auto-realizzazione ebraica. Agli occhi dei professori universitari ebrei la condizione e la psiche ebraica erano uniche e dovevano essere studiate separatamente. A quanto pare anche nell'ambiente accademico ebraico la posizione suprema viene assegnata agli ebrei, alla loro storia e alla loro percezione di sé. Come svela con perspicacia Sand, all'interno dei dipartimenti di Studi Ebraici il ricercatore si divide tra mitologia e scienza, mentre il mito conserva il suo primato. Anche se spesso viene condotto in un paralizzante dilemma dai 'piccoli fatti tortuosi'.



Il nuovo israelita, la bibbia e l'archeologia

Ebreo errante (Stampa popolare francese)
In Palestina i nuovi ebrei e poi gli israeliani erano decisi a reclutare l'Antico Testamento e a trasformarlo nel codice unico del futuro ebreo. La “nazionalizzazione” della Bibbia serviva a innestare nei giovani ebrei il concetto che erano i discendenti diretti dei loro grandi antenati dell'antichità. Visto che la nazionalizzazione era un movimento ampiamente laico, la Bibbia fu privata del suo significato religioso e spirituale e fu invece vista come un testo storico che descriveva una vera catena di eventi del passato. Gli ebrei che erano ora riusciti a uccidere il loro Dio impararono a credere in se stessi. Masada, Sansone e Bar Kochba divennero grandi storie suicide. Alla luce dei loro antenati eroici, gli ebrei hanno imparato ad amare se stessi quanto odiano gli altri, solo che questa volta avevano a disposizione la forza militare per infliggere vero dolore al loro prossimo. Più preoccupante era il fatto che invece di un'entità soprannaturale – cioè Dio – che ordinasse loro di invadere la terra e compiere un genocidio e rubare la “terra promessa” ai suoi abitanti autoctoni adesso in questo progetto di rinascita nazionale erano essi stessi, Herzl, Jabotinsky, Weitzman, Ben Gurion, Sharon, Peres, Barak a decidere di cacciare, distruggere e uccidere. Invece di Dio erano gli ebrei a uccidere nel nome del popolo ebraico. E l'hanno fatto con i simboli ebraici dipinti sugli aerei e i carri armati. Hanno seguito degli ordini impartiti nel linguaggio appena ripristinato dei loro antenati.
È abbastanza sorprendente che Sand, che è indubbiamente uno studioso straordinario, non accenni al fatto che il dirottamento sionista della Bibbia fu di fatto una disperata risposta ebraica al primo romanticismo tedesco. Tuttavia, per quanto i filosofi, i poeti, gli architetti e gli artisti tedeschi fossero ideologicamente ed esteticamente affascinati dalla Grecia pre-socratica, sapevano benissimo di non essere esattamente i figli e le figlie dell'ellenismo. L'ebreo nazionalista invece ha fatto un passo più in là e si è legato con una fantasiosa catena di sangue ai suoi antenati mitici poco dopo aver ripristinato la loro antica lingua. Più che una lingua sacra, l'ebraico era diventato una lingua parlata. I primi romantici tedeschi non erano mai arrivati a tanto.
Gli intellettuali tedeschi del XIX secolo erano anche perfettamente consapevoli della distinzione tra Atene e Gerusalemme. Per loro Atene era universale, il capitolo epico dell'umanità e dell'umanesimo. Gerusalemme era invece il grande capitolo della barbarie tribale. Gerusalemme era una rappresentazione del Dio banale, non-universale, monoteistico e spietato che uccide vecchi e bambini. Il primo romanticismo tedesco ci ha lasciato Hegel, Nietzsche, Fichte e Heidegger e solo una manciata di ebrei che odiavano se stessi, primo tra loro Otto Weininger. I gerosolimitani non ci hanno lasciato un solo grande pensatore. Alcuni studiosi ebrei tedeschi di serie B hanno cercato di predicare Gerusalemme nell'esedra tedesca; tra questi c'erano Herman Cohen, Franz Rosenzveig e Ernst Bloch. Hanno mancato di accorgersi che i primi romantici tedeschi disprezzavano le tracce di Gerusalemme nel cristianesimo.
Nello sforzo di resuscitare “Gerusalemme”, per fornire all'epos sionista la necessaria base “scientifica” si reclutò l'archeologia. L'archeologia serviva a unire l'epoca biblica con il tempo della restaurazione. Probabilmente il momento più sorprendente di questa tendenza bizzarra fu nel 1982 la “cerimonia di sepoltura militare” delle ossa di Shimon Bar Kochba, un ribelle ebreo morto 2000 anni prima. Sotto la direzione del rabbino militare in capo si diede sepoltura militare in diretta televisiva ad alcune ossa trovate in una caverna dalle parti del Mar Morto. In pratica i sospetti resti di un ribelle ebreo del I secolo furono trattati come un soldato morto dell'esercito di difesa israeliano. Chiaramente l'archeologia aveva un ruolo nazionale, era stata reclutata per cementare il passato e il presente lasciando fuori il Galut, cioè l'esilio.
In modo alquanto sorprendente, non ci volle molto perché le cose prendessero tutta un'altra piega. Mentre la ricerca archeologica si rendeva sempre più indipendente dal dogma sionista cominciò a filtrare l'imbarazzante realtà. Era impossibile basare l'autenticità del racconto biblico su prove forensi. Di fatto l'archeologia confutò la storicità della narrazione biblica. Gli scavi misero in luce questa realtà imbarazzante. La Bibbia è un compendio di innovativi racconti letterari.
Come osserva Sand, l'antica storia biblica è piena zeppa di filistei, aramei e cammelli. Altro fatto imbarazzante è che gli scavi archeologici hanno dimostrato che i filistei sono comparsi nella regione non prima del XII secolo a.C., gli aramei un secolo dopo e i gioviali musi dei cammelli non sono spuntati prima dell'VIII secolo. Questi fatti scientifici confondono gravemente i ricercatori sionisti. Tuttavia per gli studiosi non ebrei come Thomas Thompson era piuttosto ovvio che la Bibbia “è un tardo compendio di letteratura innovativa scritto da un teologo di talento”. [10] La Bibbia appare dunque come un testo ideologico che serviva a una causa sociale e politica. Ed è imbarazzante anche che nel Sinai non sia stato trovato molto che dimostrasse la storia del leggendario Esodo dall'Egitto: parrebbe che tre milioni di uomini, donne e bambini ebrei abbiano marciato nel deserto per quarant'anni senza lasciare una sola traccia. Neanche una misera pallina di pane azzimo: ben poco ebraico, si direbbe.
La storia del re-insediamento biblico e del genocidio dei canaaniti che l'israelita contemporaneo imita con tanto successo è un altro mito. Gerico, la città fortificata che fu rasa al suolo al suono delle trombe e con onnipotente intervento soprannaturale era solo un piccolo villaggio del XIII secolo a.C.
Benché Israele si consideri la resurrezione del monumentale Regno di Davide e Salomone, gli scavi compiuti nella città vecchia di Gerusalemme negli 1970 hanno rivelato che il regno di Davide non era altro che un piccolo insediamento tribale. Le prove presentate da Yigal Yadin su Re Salomone sono state in seguito confutate da esami forensi realizzati con il Carbonio 14. Questi fatti scomodi sono stati scientificamente dimostrati. La Bibbia è un racconto di invenzione, e non contiene molto su cui possa basarsi una qualche gloriosa esistenza del popolo ebraico in Palestina in una qualche epoca.

Chi ha inventato gli ebrei?

Già all'inizio del suo testo Sand pone le domande cruciali e probabilmente più importanti. Chi sono gli ebrei? Da dove sono venuti? Come mai in diversi periodi storici appaiono in luoghi molto diversi e distanti?
Benché la maggioranza degli ebrei sia profondamente convinta che i suoi antenati siano gli israeliti biblici che si ritrovarono brutalmente esiliati dai romani, la verità va detta. Gli ebrei contemporanei non hanno niente a che fare con gli antichi israeliti, che non sono mai stati mandati in esilio perché una tale espulsione non è mai avvenuta. L'esilio romano è solo un altro mito ebraico.
“Ho cominciato a cercare tra gli studi scientifici notizie sull'esilio”, ha detto Sand in un'intervista ad Haaretz, [11] “ma con mia grande sorpresa ho scoperto che non c'è letteratura in merito. La ragione è che nessuno esiliò il popolo dal paese. I romani non esiliavano i popoli e non avrebbero potuto farlo neanche se avessero voluto. Non avevano treni né camion per deportare intere popolazioni. Quel genere di logistica non è esistito fino al XX secolo. Ed è da questo che in effetti è nato tutto il libro: dal comprendere che la società ebraica non fu dispersa e non fu esiliata”.
Anzi, alla luce della semplice intuizione di Sand, l'idea stessa dell'esilio ebraico è ridicola. Il pensiero che la flotta imperiale romana lavorasse ventiquattr'ore su ventiquattro e sette giorni su sette per portare faticosamente Moishele e Yankele a Cordova e a Toledo può aiutare gli ebrei a sentirsi importanti e trasportabili, ma il buon senso suggerisce che l'armata romana avesse cose più importanti da fare.
Tuttavia il risultato logico è molto più interessante: se il popolo di Israele non fu cacciato i veri discendenti degli abitanti del Regno di Giuda devono essere i palestinesi.
“Nessuna popolazione si conserva pura dopo migliaia di anni”, dice Sand. [12] “Ma le probabilità che i palestinesi siano i discendenti dell'antico popolo ebraico sono molto più grandi delle probabilità che lo siamo voi e io. I primi sionisti, fino alla Grande Rivolta Araba [1936-9], sapevano che non c'era stato nessun esilio e che i palestinesi erano i discendenti degli abitanti di quella terra. Sapevano che i contadini non se ne vanno finché non vengono cacciati. Perfino Yitzhak Ben-Zvi, il secondo presidente dello Stato di Israele, scrisse nel 1929 che ‘la vasta maggioranza dei contadini non ha le proprie origini nei conquistatori arabi ma piuttosto, prima di loro, nei contadini ebrei che erano numerosi e in maggioranza nella costruzione del territorio’”.
Nel suo libro Sand va oltre e dice che fino alla Rivolta Araba del 1929 i cosiddetti capi sionisti di sinistra tendevano a credere che i contadini palestinesi di fatto “di origine ebraica” sarebbero stati assimilati dalla nascente cultura ebraica e sarebbero infine entrati nel movimento sionista. Ber Borochov credeva che “se un falach (contadino palestinese) si veste come un ebreo e si comporta come un ebreo della classe operaia non si distingue in alcun modo da un ebreo”. Questa stessa idea ricomparve nel testo del 1918 di Ben Gurion e Ben-Zvi. Entrambi i capi sionisti si rendevano conto che la cultura palestinese era impregnata di tracce bibliche, linguisticamente e geograficamente (nomi di villaggi, città, fiumi e montagne). Sia Ben Gurion che Ben-Zvi vedevano, almeno in quella fase iniziale, i palestinesi autoctoni come parenti etnici rimasti legati alla terra e come potenziali fratelli. Consideravano inoltre l'islam come un'“religione democratica” amica. Chiaramente dopo il 1936 entrambi moderarono il loro entusiasmo “multiculturale”. Per quanto riguarda Ben Gurion, la pulizia etnica dei palestinesi era un'alternativa molto più attraente.
Ci si può ora chiedere: se i palestinesi sono i veri ebrei, chi sono questi che insistono nel chiamarsi ebrei?
La risposta di Sand è semplice, ma sensata. “Il popolo non si disseminò, ma la religione ebraica sì. L'ebraismo era una religione di convertiti. Contrariamente all'opinione popolare, nell'ebraismo delle origini c'era un grande desiderio di convertire gli altri”. [13]
Chiaramente le religioni monoteiste, essendo meno tolleranti di quelle politeiste, hanno in sé un impulso a espandersi. L'espansionismo ebraico ai suoi inizi non era solo simile al cristianesimo ma fu l'espansionismo ebraico a piantare i semi della 'diffusione' nel pensiero e nella pratica dei primi cristiani.
“Gli asmonei,” dice Sand, [14] “furono i primi a cominciare a produrre ebrei in gran numero per mezzo delle conversioni di massa, sotto l'influsso dell'ellenismo. Fu questa tradizione di conversioni che preparò il terreno per la successiva e diffusa disseminazione del cristianesimo. Dopo la vittoria del cristianesimo nel IV secolo, lo slancio delle conversioni subì una battuta d'arresto nel mondo cristiano e ci fu crollo nel numero di ebrei. Presumibilmente molti degli ebrei che apparvero attorno al Mediterraneo divennero cristiani. Ma poi l'ebraismo cominciò a permeare altre regioni, per esempio quelle pagane come lo Yemen e l'Africa Settentrionale. Se in quella fase l'ebraismo non avesse continuato ad avanzare e a convertire pagani saremmo rimasti una religione del tutto marginale, sempre che fossimo sopravvissuti”.
Pare che gli ebrei di Spagna, che ritenevamo avere legami di sangue con i primi israeliti, siano berberi convertiti. “Mi sono chiesto”, dice Sand, “come hanno fatto a comparire in Spagna comunità ebraiche così grandi. E poi mi sono accorto che Tariq ibn Ziyad, il supremo comandante dei musulmani che conquistarono la Spagna, era berbero, e che lo era anche la maggior parte dei suoi soldati. Il regno berbero ebraico di Dahia al-Kahina era stato sconfitto solo 15 anni prima. E la verità è che un certo numero di fonti cristiane afferma che molti dei conquistatori della Spagna erano ebrei convertiti. La fonte profonda della grande comunità ebraica spagnola erano quei soldati berberi che si erano convertiti all'ebraismo”.
Come c'era da aspettarsi, Sand condivide l'ipotesi ampiamente accettata che i cazari ebraizzati costituissero la principale origine delle comunità ebraiche dell'Europa Orientale, che chiama Nazione Yiddish. Quando gli si chiede come mai parlino yiddish, che è considerato un dialetto medievale tedesco, risponde che “gli ebrei erano una classe di persone che dipendeva dalla borghesia tedesca nell'Est, e così adottarono parole tedesche”.
Nel suo libro Sand riesce a fare un resoconto dettagliato della saga cazara nella storia ebraica. Spiega cosa portò il regno cazaro alla conversione. Tenendo conto che il nazionalismo ebraico è, per la maggior parte, guidato da un'élite cazara, potremmo dover ampliare la nostra intima conoscenza di questo gruppo politico così unico e influente. La traduzione del libro di Sand in altre lingue è una necessità immediata. (È in arrivo la traduzione francese, come riferito in Are the Jews an invented people?, di Eric Rouleau).

E poi?

Il professor Sand ci lascia con la conclusione inevitabile. Gli ebrei contemporanei non hanno un'origine comune e la loro origine semita è un mito. Gli ebrei non hanno in alcun modo avuto origine in Palestina, e dunque il loro cosiddetto “ritorno” alla “terra promessa” va visto come un'invasione da parte di un clan ideologico-tribale.
Tuttavia, benché gli ebrei non costituiscano in alcun modo un continuum razziale, per qualche ragione risultano etnicamente orientati. Come possiamo notare, molti ebrei considerano ancora i matrimoni misti come la minaccia peggiore e definitiva. Inoltre, nonostante la modernizzazione e la laicizzazione, la grande maggioranza di coloro che si identificano come ebrei laici soccombe ancora al rituale sanguinario della circoncisione, una pratica religiosa che comporta nientemeno che un mohel succhi il sangue del circonciso.
Per quanto concerne Sand, Israele dovrebbe diventare “uno stato dei suoi cittadini”. Come Sand, anch'io credo nella stessa visione utopica e futurista. Tuttavia al contrario di lui capisco che lo stato ebraico e i gruppi di pressione che lo sostengono devono essere ideologicamente sconfitti. La fratellanza e la riconciliazione sono estranee alla visione del mondo tribale ebraica e non trovano spazio nella concezione della rinascita nazionale ebraica. Per drammatico che possa sembrare, prima che gli israeliani possano adottare una visione moderna universale della vita civile deve aver luogo un processo di de-ebraizzazione.
Sand è senza dubbio un intellettuale straordinario, forse il più avanzato pensatore israeliano di sinistra. Rappresenta la forma più alta di pensiero che un israeliano laico può conseguire prima di invertire la rotta o di passare dalla parte dei palestinesi (una cosa che è successa ad alcuni, me compreso). L'intervistatore di Haaretz Ofri Ilani ha detto di Sand che diversamente da altri “nuovi storici” che hanno cercato di minare le basi della storiografia sionista “non si accontenta di risalire al 1948 o agli inizi del sionismo, ma torna indietro di migliaia di anni”. È proprio così: diversamente dai “nuovi storici” che “svelano” una verità che è nota a tutti i bimbi palestinesi, e cioè la verità che sono sottoposti a pulizia etnica, Sand erige un corpus di studio e di pensiero che mira a capire il significato del nazionalismo ebraico e dell'identità ebraica. È questa la vera essenza del sapere. Invece di raccogliere sporadici frammenti storici Sand cerca il significato della storia. Anziché un “nuovo storico” che cerca un nuovo frammento, è un vero storico motivato da un compito umanista. Ma soprattutto, diversamente da alcuni storici ebrei che contribuiscono al cosiddetto pensiero di sinistra, la credibilità e il successo di Sand si fondano sui suoi argomenti più che sui suoi precedenti familiari, giacché evita di condire i suoi ragionamenti con i parenti sopravvissuti all'olocausto. Leggendo i feroci argomenti di Sand si è costretti ad ammettere che il sionismo con tutti suoi torti è riuscito a creare dentro di sé un discorso dissidente fiero e autonomo che riesce a essere ben più eloquente e brutale dell'intero movimento anti-sionista mondiale.
Se Sand ha ragione, e io stesso sono convinto dalla forza dei suoi argomenti, gli ebrei non sono una razza ma piuttosto una collettività costituita da moltissime persone prese in ostaggio da un tardo movimento nazionale immaginario. Se gli ebrei non sono una razza, non formano un continuum razziale e non hanno niente a che fare con il semitismo, anche l'antisemitismo è, categoricamente, un significante vuoto. Si riferisce ovviamente a un significato che non esiste. In altre parole, la nostra critica del nazionalismo ebraico, dei gruppi di pressione ebraici e del potere ebraico può realizzarsi solo come critica legittima di un'ideologia e di una pratica.
Posso dirlo ancora una volta, non siamo e non siamo mai stati contro gli ebrei (il popolo) né contro l'ebraismo (la religione). Siamo però contro una filosofia collettiva con chiari interessi globali. Alcuni vorranno chiamarla sionismo, ma io preferisco di no. Il sionismo è un significante vago che è di gran lunga troppo ristretto per cogliere la complessità del nazionalismo ebraico, la sua brutalità, la sua ideologia e la sua pratica. Il nazionalismo ebraico è uno spirito e lo spirito non ha chiari confini. Infatti nessuno di noi sa esattamente dove finisce l'ebraicità e dove comincia il sionismo, così come non sappiamo dove finiscono gli interessi israeliani e dove cominciano gli interessi dei neocon.
Per quanto concerne la causa palestinese, il messaggio è devastante. I nostri fratelli e le nostre sorelle palestinesi sono in prima linea nella lotta contro una filosofia distruttiva. Ma è chiaro che non sono sono quegli israeliani che essi combattono con la loro fiera filosofia pragmatica a scatenare conflitti globali di proporzioni gigantesche. È una pratica tribale che impone la propria influenza nei corridoi del potere e del superpotere. L'American Jewish Committee sta premendo per una guerra contro l'Iran. Tanto per stare tranquillo, David Abrahams, “amico laburista di Israele”, dona denaro al Partito Laburista per interposta persona. Più o meno contemporaneamente due milioni di iracheni muoiono in una guerra illegittima progettata da un tizio chiamato Wolfowitz. E mentre accade tutto questo, milioni di palestinesi vengono affamati nei campi di concentramento e Gaza è sull'orlo di una crisi umanitaria. Mentre accade tutto questo gli ebrei anti-sionisti e gli ebrei di sinistra (Chomsky compreso) insistono nel neutralizzare le eloquenti critiche di Mearsheimer e Walt contro l'AIPAC, il gruppo di pressione e di potere ebraico. [15]
È solo Israele? È davvero sionismo? O dobbiamo piuttosto ammettere che si tratta di qualcosa di molto più grande di ciò che possiamo immaginare entro i confini intellettuali che ci siamo imposti? Per come stanno le cose, manchiamo del coraggio intellettuale per affrontare il progetto nazionale ebraico e i suoi molti messaggeri nel mondo. Tuttavia, visto che qui si tratta di giungere a una nuova consapevolezza, le cose stanno per cambiare. Anzi, questo testo serve a dimostrare che lo stanno già facendo.
Stare dalla parte dei palestinesi significa salvare il mondo, ma per farlo dobbiamo avere abbastanza coraggio da ammettere che non si tratta semplicemente di una battaglia politica. Non si tratta solo di Israele, del suo esercito o della sua dirigenza, non si tratta neanche di Dershowitz, di Foxman e delle loro alleanze che tutto mettono a tacere. È una guerra contro uno spirito canceroso che ha preso in ostaggio l'Occidente, almeno per ora, e lo ha dirottato dalle sue inclinazioni umaniste e dalle sue aspirazioni ateniesi. Combattere uno spirito è ben più difficile che combattere delle persone, perché può capitare di dover combattere le tracce che ha lasciato in noi. Se vogliamo affrontare Gerusalemme potremmo dover affrontare la Gerusalemme che abbiamo dentro. Potremmo doverci mettere davanti allo specchio, guardarci attorno. Andare alla ricerca dell'empatia in noi stessi, se ancora esiste.
Note
[1] When And How The Jewish People Was Invented? Shlomo Sand, Resling 2008, pg 11
[3] When And How The Jewish People Was Invented? Shlomo Sand, Resling 2008, pg 31
[4] Ibid pg 31
[5] Ibid pg 42
[6] Ibid
[7] Ibid pg 62
[8] Ibid
[10] When And How The Jewish People Was Invented? Shlomo Sand, Resling 2008, pg 117
[12] Ibid
[13] Ibid
[14] Ibid
[15] http://www.lrb.co.uk/v28/n06/mear01_.html


Originale da: http://palestinethinktank.com e Tlaxcala

Articolo originale pubblicato il 2 settembre 2008
L’autore
Manuela Vittorelli è redattrice dei blog russologi
http://mirumir.altervista.org/ e http://mirumir.blogspot.com/ e membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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