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Blank
Il termine italiano “bianco” discende dal germanico "blank", “bianco lucente”, penetrato probabilmente già nel latino volgare. Nel X secolo è attestato il lessema “blancus”. Bianco è il colore del metallo, dell’acciaio scintillante: per questo si usa l’espressione “armi bianche”.
Il vocabolo subito ricorda il latte, ma soprattutto la neve: questo non-colore, che li accoglie tutti, è come un soffice mantello di cotone.
E’ questa l’impressione che suscita un paesaggio innevato, immerso in una quiete inviolabile, solenne, quasi fosse scesa con fragili ali di vento l’ora dell’addio. Il cielo trafitto dai puntali delle torri campanarie, i declivi su cui splendono le picche dei larici, la pianura laggiù incastonata di rogge vetrose… sono un deserto candido acceso di riverberi argentei, cangianti. Domina un senso di misteriosa solitudine, quasi il mondo fosse disabitato e lo stesso fumo che sale, in incerte volute dai comignoli, fosse solo il segno di un focolare che sta per spegnersi in dimore ormai abbandonate, vuote.
Vuoto è il bianco, poiché contiene, semi-cancellati e scialbi, i ricordi di quel che fu. Acceca quel bianco uniforme, acceca ed ammalia, quasi fosse l’ombra luminosa di una notte incantata, sospesa sull’alba di un sole straniero. E’ questo candore, mistico ed irreale - Edgar Allan Poe lo evoca nella parte conclusiva del romanzo “Le avventure di Gordon Pym”- che avvolge gli istanti finali, quando la luce più sfolgorante non abbacina più ed il tepore si stempera nel gelo dell’assenza.
“Blank verse”, in inglese, è il “verso libero dalle rime” forse perché le parole, sciolte dall’abbraccio di suoni innamorati, sprigionano più in fretta i loro echi nel vuoto della pagina e nello spazio sconfinato dell’anima. Il nulla, di cui il bianco è icona, si insinua fra le voci, permeandole goccia dopo goccia.
Alla fine è il silenzio la voce estrema.
Il vocabolo subito ricorda il latte, ma soprattutto la neve: questo non-colore, che li accoglie tutti, è come un soffice mantello di cotone.
E’ questa l’impressione che suscita un paesaggio innevato, immerso in una quiete inviolabile, solenne, quasi fosse scesa con fragili ali di vento l’ora dell’addio. Il cielo trafitto dai puntali delle torri campanarie, i declivi su cui splendono le picche dei larici, la pianura laggiù incastonata di rogge vetrose… sono un deserto candido acceso di riverberi argentei, cangianti. Domina un senso di misteriosa solitudine, quasi il mondo fosse disabitato e lo stesso fumo che sale, in incerte volute dai comignoli, fosse solo il segno di un focolare che sta per spegnersi in dimore ormai abbandonate, vuote.
Vuoto è il bianco, poiché contiene, semi-cancellati e scialbi, i ricordi di quel che fu. Acceca quel bianco uniforme, acceca ed ammalia, quasi fosse l’ombra luminosa di una notte incantata, sospesa sull’alba di un sole straniero. E’ questo candore, mistico ed irreale - Edgar Allan Poe lo evoca nella parte conclusiva del romanzo “Le avventure di Gordon Pym”- che avvolge gli istanti finali, quando la luce più sfolgorante non abbacina più ed il tepore si stempera nel gelo dell’assenza.
“Blank verse”, in inglese, è il “verso libero dalle rime” forse perché le parole, sciolte dall’abbraccio di suoni innamorati, sprigionano più in fretta i loro echi nel vuoto della pagina e nello spazio sconfinato dell’anima. Il nulla, di cui il bianco è icona, si insinua fra le voci, permeandole goccia dopo goccia.
Alla fine è il silenzio la voce estrema.
blank ? pensavo si riferisse al contenuto della scatola cranica del duo del terrazzino magico
ReplyDeleteBianco è il colore del metallo, dell’acciaio scintillante: per questo si usa l’espressione “armi bianche”.
ReplyDeleteSe il metallo è brunito, avremo le "armi brune" e se le lame sono di bronzo, avremo le "armi gialle".
Alla fine è il silenzio la voce estrema.
In altre parole, "taci che è meglio".
iNCREDIBILE.... NEMMENO UN ACCENNO ALLE SCIE CHIMICHE :-O
ReplyDeleteMa quante cazzate riesce a sparare 'sto pirla...
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