L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Tuesday, May 19, 2015

Origini e fine del contratto sociale

http://zret.blogspot.ch/2015/05/origini-e-fine-del-contratto-sociale.html

Origini e fine del contratto sociale



Non si può individuare alcuna genesi del contratto sociale: non è mai accaduto che una comunità primordiale si sia riunita per concordare i criteri sui quali fondare lo Stato. Esso è simile alle sabbie mobili: subito non ti accorgi nemmeno della loro esistenza; quando te ne avvedi, è troppo tardi: ormai sei intrappolato. Assomiglia pure ad un ficus strangolatore che con mortale lentezza avvolge le sue spire attorno ad altre piante.

Lo Stato sorge a danno degli uomini, sebbene ami ammantarsi di paludamenti etici, giuridici e persino religiosi. Sorge a seguito di una volontà e coercizione unilaterale: si pensi alle élites antiche, un ceto di re-sacerdoti, di governatori e di condottieri che un po’ alla volta, sulla base di una concezione sacra del potere, gettano le fondamenta della comunità statuale. [1]

Così probabilmente nascono le città-stato dei Sumeri, così si afferma la dinastia egizia del primo faraone, Menes-Narmer. Se anche le pòleis primigenie sono talvolta amministrate in modo saggio, secondo princìpi nobili, la divisione del lavoro e la conseguente stratificazione sociale ratificano le diseguaglianze su cui lo Stato si fonda, sperequazioni che anzi sono l’architrave dell’edificio eretto dalle classi dirigenti.

La legge, l’esercito e la fiscalità sono i tre pilastri degli apparati. Nelle civiltà antiche la giustificazione del potere è radicata nella religione: ad esempio, YHWH è il Signore di un popolo il cui sovrano è consacrato dallo ierofante, mediatore tra il popolo e la divinità.

Oggi lo Stato dissacrato e dissacrante accampa la sua legittimità (del tutto usurpata), incarnando il ruolo di unico garante della “democrazia”. Alla finzione giuridica si associa l’immensa insincerità di uno Stato-genitore (in realtà patrigno) che, fingendo di occuparsi dei cittadini, allevandoli e proteggendoli, li stritola ope legis.

E’ palese che, stando così le cose, l’unico obiettivo desiderabile non è riformare una compagine in sé irriformabile, ma por fine allo Stato. L’unico fine che deve perseguire l’uomo degno di questo nome è la fine dello Stato.

[1] Sembra che alcune tribù di Nativi americani possano costituire un’eccezione.
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Monday, July 7, 2014

Choc

http://zret.blogspot.it/2014/07/choc.html

Choc


L’ipocrisia del potere si misura nella distanza abissale tra le dichiarazioni e le cattive, anzi pessime intenzioni.

Sarebbe scorretto negarlo: il potere sta vincendo la partita e non solo attraverso la coercizione e la frode che sono le sue colonne, ma ottenendo in modo subdolo il consenso dei cittadini. Lo Stato oggi è in ogni dove: le sue colonie si chiamano coscienze. Distrutte le barriere dei pochi diritti rimasti, gli apparati si sono installati nelle menti. Esse non pensano più in modo autonomo: ripetono le mistificazioni dell’establishment. Esse non pensano più. Tutto ciò in modo inconsapevole.

Esiste ancora un’ancora per non naufragare nell’”oceano della stupidità”? Esiste ancora un antidoto contro il conformismo imperante? L’unico contravveleno è la cultura. La cultura oggi più che mai deve essere provocatoria, rivoluzionaria. Deve manifestare la discontinuità rispetto all’ideologia dominante. Contro le concezioni stataliste sarà pungolo il pensiero di tutti quegli autori che denunciano l’ipocrisia delle classi dirigenti. Contro il perbenismo piccolo-borghese gioverà una lingua artigliata che gratta via la patina della retorica.

Il panorama è desolante: le nuove generazioni sono sovente indottrinate da generazioni di indottrinati, tiranneggiate da schiavi. E’ naturale che chi manifesta capacità critiche è ostracizzato ed esposto al pubblico ludibrio, ma è lo scotto da pagare per essere liberi, per essere sé stessi.

La cultura è boomerang: è facile trovare un filosofo, un artista, imbalsamati dal potere in una visione normalizzante (ad esempio, Hegel e Manzoni), che manifestano nella loro Weltanschauung o poetica spigoli acuminati.

Oggigiorno è soprattutto il sapere umanistico-letterario a preservare un’energia, una vis polemica, visto che le discipline scientifiche sono quasi sempre degradate a squallido scientismo. Bisogna riappropriarsi di tutte quelle voci dissonanti, delle intelligenze dissidenti per sovvertire le idee consolidate, per destabilizzare il sistema. E’ necessario valorizzare, nella texture degli autori, il solco più icastico, la linea più scavata.

La cultura è choc: filosofi ed artisti veri si situano rispetto a chi li ha preceduti in una posizione di ripresa ed innovazione, di continuità e rivoluzione, ma è il momento innovativo a prevalere. Nella denuncia e nella critica delle strutture governative occorre privilegiare la pars destruens, sottoporre l’antagonista ad un attacco concentrico, incessante, smascherare l’ignoranza ammantata di saccenteria.

E’ impossibile qualsiasi compromesso o accordo con l’organizzazione statale. Annientare il sistema – non importa quanto tempo e fatica richiederà tale impresa - significa riportarlo alla sua essenza: un niente che vuole controllare tutto.

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Friday, January 4, 2013

La morte di Spartaco e dell'intelligenza


http://zret.blogspot.com/2013/01/la-morte-di-spartaco.html

La morte di Spartaco

“Osate, ragazzi! Provate sempre l’entusiasmo della ricerca, coltivate la passione per la libertà, alimentate il culto della verità, praticate il metodo del dubbio, assaporate l’emozione della scoperta e non vi mancheranno la gioia ed il piacere della conquista”. [vedi nota in fondo]

Quelle riportate sono parole del giornalista e scrittore Gianni Rodari. La sua esortazione agli adolescenti affinché nella loro vita l’amore per la libertà e la verità sia una “stella polare” è commovente per l’ingenuo entusiamo. L’incitamento di Rodari inciampa nei legacci della società attuale in cui “libertà” e “verità” sono spesso solo petizioni di principio.

I cittadini sono liberi o piuttosto sono incatenati da un sistema che li ha resi lavoratori, consumatori e contribuenti?

Uno studente è libero di criticare i professori ed il sistema educativo o deve temere ritorsioni? Un insegnante è libero di trasmettere contenuti non ortodossi o deve paventare richiami di presidi allineati o doglianze di genitori perbenisti? [vedi nota in fondo]

Un giovane può costruirsi il suo futuro o deve scendere a compromessi per trovare un impiego purchessia?

Un ricercatore è libero di compiere indagini nei campi più disparati o deve sottostare alle direttive di baronie accademiche colluse con potenti società?

Oggigiorno libertà e verità sono illusioni o, peggio, parole altisonanti con cui ci si riempie ipocritamente la bocca.

Eppure il vero problema non è l’oppressione – è noto che i governi “democratici” sono tritacarne - ma la diabolica scaltrezza del sistema che ha inculcato in quasi tutti gli ex uomini il disdegno, se non il disprezzo per i princìpi. Il conformismo, anzi la soggezione nei confronti del potere, l’assenza di pensiero critico, l’adesione ai disvalori propagandati dai media di regime dequalificano gli individui come schiavi non solo contenti del loro stato, ma bramosi che i carnefici stringano ulteriormente i ceppi.

L’establishment è riuscito ad ottenere un consenso che non occorre venga strappato, poiché è offerto volentieri da vittime del tutto ignare.





Zret, lo sa la tua preside che copi, incolli, stravolgi ecc. questi suoi 'auguri' di 'nascosto' nella tua discarica di 'sta fava?

link  http://www.liceogdcassini.it/blog/documents/1165/auguri.pdf

E, quando ne avrai il tempo (spero quando sarai LICENZIATO) spiega perché metti tra le etichette - da un po' di tempo - 'strakerenemy'. Forse per due click in più?

Mentecatto.

Friday, August 19, 2011

La parcellizzazione del potere nella società contemporanea

http://zret.blogspot.com/2011/08/la-parcellizzazione-del-potere-nella.html

La parcellizzazione del potere nella società contemporanea

Nelle sue ultime opere, il filosofo e storico francese Michel Foucault(1926-1984), analizzando la “fisica” dei poteri, ne enuclea una componente fondamentale. Egli non interpreta tanto il potere nella società contemporanea come luogo da cui si dipartono gli ordini e le regole del comportamento, individuale e collettivo, piuttosto è visto come disseminato nel consorzio umano. Esso si alimenta, più che attraverso una repressione diretta, per mezzo dei meccanismi di censura e di autocensura che vengono indotti negli stessi soggetti, garantendo la stabilità dell’ordine.

Così l’establishment si rafforza mediante l’autocontrollo del singolo, ormai ridotto a mero strumento. Secondo Foucault, la sollecitudine antropologica che, a partire dal XVIII secolo e definitivamente con il trascendentalismo kantiano, trasforma l’uomo nel contempo nel soggetto e nell’oggetto del sapere, non celebra l’avvento di un mondo finalmente civile, ma annuncia la prossima morte dell’uomo.

E’ sintomatico che il “cittadino” stia diventando in questi ultimi decenni il censore di sé stesso, oltre che il ferreo vigile degli altri. La pratica della delazione che la propaganda istiga con messaggi in cui si incita a denunciare il nuovo capro espiatorio, l’evasore fiscale, si tradurrà in una spontanea confessione di delitti reali o presunti? Ci pare che questa sia la tendenza: il “cittadino” è schierato in modo del tutto inconsapevole con l’autorità che lo schiaccia, a tal punto che il potere centrale può quasi dissolversi, delegando ai singoli psico-poliziotti l’amministrazione della “giustizia”. Nella Londra sconvolta dai tumulti dell’agosto 2011, sono stati impeccabili sudditi di Sua Maestà, ad affiancare le forze dell'ordine nella caccia ai saccheggiatori. Gli sguardi dei Londinesi si sono così assommati agli obiettivi delle telecamere, formando un gigantesco occhio, simile a quello di un’abnorme mosca bionica. La perfida Albione, ritratta da Orwell, popolata di sicofanti, è il vestibolo del “mondo nuovo”.

Pare che il senso della subordinazione sia stato introiettato, fino a stratificare una “seconda natura”. Nei nuclei familiari, nelle relazioni interpersonali, nelle interazioni educative… si esprimono rapporti di forza e conflitti: agisce in ognuno di noi una forma di sado-masochismo? E’ comunque uno snaturamento antropologico: la celebrazione illuminista dell’uomo si infila in un vicolo cieco ed itera l’impasse in cui era venuto a trovarsi Nietzsche con l’illusorio vagheggiamento dell’Übermensch.

Tramontato Dio, è sorto il nuovo astro, lo stato, uno stato diffuso in modo capillare: non più istituzione verticalizzata, ma trasversale alla società. Intanto, mentre l’amministrazione centrale può eclissarsi, il potere disperso, parcellizzato in una miriade di regioni individuali, si concentra e consolida: la coercizione è ancora necessaria, ma sono alcune minoranze non integrate ad essere sottoposte alla costrizione ed alla punizione; la maggioranza si castra e bandisce (ed impone) il modello della castrazione. Quanto più si è allineati, da un punto di vista sia “culturale” sia comportamentale, con l’ideologia dominante, tanto più ci si sente appagati. L’unica identità possibile è nell’identificazione con il complesso indifferenziato della collettività.

Ciò spiega il successo del “pensiero” unico incarnato dalla “scienza” televisiva: tale “pensiero” elementare, schematico, acritico, soddisfa da un lato il bisogno filisteo della sicurezza conoscitiva (le cose sono razionali, spiegabili e sono come le presenta il divulgatore "scientifico") sia, nell’equazione tra sapere e potere, consente di condividere una frazione del potere, non più appannaggio di gerarchie esterne.

Intanto la rinuncia alla creatività ed all’indagine personale ingrossano le legioni degli schiavi-padroni, degli ignoranti laureati.

Come Luigi XIV, il cittadino benpensante può oggi dichiarare: "L’Etat c’est moi". "Sono io che denuncio l’evasore, sono io che riprendo con la videocamera il bandito, sono io che promuovo iniziative contro i clandestini…". L’azione del singolo precede l’azione del potere primario, la cui apparente latitanza e debolezza spronano l’intraprendenza del “cittadino”.

Vero è che, se il potere è in ogni dove ed abita in ognuno, i centri di resistenza risiedono dappertutto, in quanto l’opposizione coincide con ciò che Foucault denomina l’elemento “plebeo” presente, in linea teorica, in ciascun individuo ed in ciascun gruppo. Tuttavia si ha l’impressione che questo “nocciolo” sia stato ormai, nella stragrande maggioranza dei casi, disintegrato.

L’ultima frontiera rischia di essere l’autodenuncia, neppure per aver trasgredito una delle innumerevoli, assurde, draconiane norme dettate dal sistema, ma semplicemente per il fatto di esistere, delitto di lesa maestà. La vaporizzazione sarà autoinflitta.


Friday, November 12, 2010

Ipocrisia e potere

http://zret.blogspot.com/2010/11/ipocrisia-e-potere.html

Ipocrisia e potere

E’ incredibile come la parvenza e l’ostentazione della libertà coesistano con la più feroce dittatura.

Quando si pensa al potere, lo si associa alla corruzione ed alla coercizione: questo è corretto. Tuttavia, il potere, nella sua ultima metamorfosi, è riuscito ad accreditare di sé un’immagine di sollecitudine e di paternalismo, attraverso alcuni espedienti. Lo stato ha figliato: ha procreato tutte quelle istituzioni, associazioni e movimenti che sembrano i figli che tentano di rimediare agli errori del padre. Lo stato attuale è mille volte più pericoloso di quello di un tempo, perché è subdolo, insinuante, viscido. Il suo linguaggio è cambiato: oggi è intriso di ipocrisia.

Si ricordino i regimi totalitari tra le due guerre: attraverso i loro gerarchi, essi non esitavano ad inneggiare alla guerra, alla conquista, alla creazione dell’Impero (Reich). La guerra, “sola igiene del mondo” era esaltata, le democrazie (additate alla pubblica condanna come plutocrazie) erano disprezzate, idee come l’uguaglianza sbeffeggiate. La propaganda era una grancassa che magnificava la nazione forte, persino aggressiva, muscolosa, in cui con senso di fervido patriottismo, tutti erano indotti ad identificarsi. Era, mutatis mutandis, lo stato etico di hegeliana memoria ingagliardito e gonfiato dalle ideologie scioviniste, revansciste e talora razziali.

Qual è la situazione odierna? Oggi lo stato quasi ama mostrarsi debosciato ed inefficiente. Perciò delega: delega poteri e competenze ad altre compagini, all’l’Unione europea, all’O.N.U., alla N.A.T.O… E’ solo apparenza: le “democrazie” sono tirannidi sub specie rei publicae. Sono altrettanti mostri partoriti dal mostro globale: quello che viene spesso evocato da papi, presidenti, ministri come Nuovo ordine mondiale è la meta di una distruzione programmata.

Qual è la situazione odierna? Oggi la quintessenza dello stato è l’ipocrisia: le carneficine sono definite missioni di pace. Il governo italiano acquista 131 bombardieri per dilaniare e mutilare civili, elargendo a popoli stritolati la “democrazia”. La schiavitù, a base di controlli, leggi, codici e codicilli, è chiamata “libertà”. Sub lege libertas, la loro, la libertà dei libertini. L’ignoranza, la pseudo-scienza e l’indottrinamento sono spacciati per “cultura”. Il C.I.C.A.P. è diventato un’istituzione culturale: la protervia e l’incompetenza ex cathedra. Le tradizioni e le lingue nazionali sono depauperate ed annichilite, ma “protette” da marchi. Persino le centrali nucleari e gli inceneritori sono gabellati, con infinita sfacciataggine, come risoluzioni per difendere l’ambiente e per ridurre il cosiddetto riscaldamento globale.

Ecco un’altra differenza: il vituperato Benito Mussolini promosse ed attuò la campagna per la bonifica delle Paludi Pontine. La civiltà (civis, civitas) era sentita come antitesi della natura che doveva essere in alcuni casi ancora soggiogata. Mussolini, pur con tutte le sue responsabilità, non si sarebbe mai sognato di avvelenare scientemente gli Italiani e di contaminare il paese con un’operazione come quella culminata nelle “scie chimiche”. Gli impulsi al dominio ed alla distruzione erano rivolti all’esterno contro il nemico, non contro i propri concittadini. Oggi lo stato, una specie di malattia autoimmune, che proclama il suo sconfinato amore per la natura, (è stato istituito pure un Ministero dell’ambiente) è lo stesso che la devasta con le irrorazioni clandestine, le discariche, le centrali atomiche, i poligoni militari….

Oggi lo stato, che mostra la sua infinita sollecitudine per i cittadini, è il medesimo che li intossica con i vaccini e con il cibo adulterato e transgenico. Non solo! Le categorie contro cui infierisce sono proprio quelle più deboli che finge di voler in primis tutelare: bambini, malati ed anziani cui sono prioritariamente destinati i “prodotti immunizzanti”. Sentiti come un peso, come “inutili bocche da sfamare” (Henry Kissinger), bimbi, infermi ed anziani sono bersagli privilegiati delle più crudeli azioni. I bambini e gli adolescenti sono nutriti con la tossica televisione. I pazienti sono umiliati negli ospedali dove vegetano, imbottiti di farmaci più nocivi che altro. I pensionati sono espulsi dalla società, vilipesi ed affamati con assegni irrisori. Il tutto, però, avviene all’insegna delle blandizie, dell’adulazione più sdolcinata: i farisei organizzano giornate della memoria, del nonno, dell’ambiente… Apprendiamo la “scienza”! Porteremo le classi al Festival della scemenza. Rispettiamo gli ecosistemi: demonizzeremo il biossido di carbonio; limiteremo la circolazione dei veicoli ed introdurremo nuovi balzelli. Favoriamo la salute: proibiremo il fumo in ogni dove.

Questa è la differenza: una giornata dedicata alla gioventù in un regime totalitario tra i due conflitti, nonostante la retorica, gli scopi ed i metodi discutibili, era veramente dedicata alla gioventù, concepita come il futuro della nazione. Ai giovani era consegnato il futuro, il destino della patria. Oggi ogni iniziativa "a favore di" è nei fatti un’iniziativa "contro", mascherata da discorsi reboanti, quanto insinceri. Lo stato attuale è molto più astuto ed infido. Con una mano ti offre un boccone succulento ma avvelenato, nell’altra, nascosta dietro la schiena, stringe una mazza chiodata, pronto a sferrarla sulla testa dell’ignaro cittadino, non appena ci si distrae per un attimo.

I servizi statali sono disservizi e sono un pretesto, oltre che per drenare risorse verso potentati economici e politici, per inasprire il controllo sul cittadino che, col fine di ottenere qualche scalcinata prestazione, è costretto ad attese estenuanti ed a pesanti esborsi. Si pensi al cosiddetto sistema sanitario nazionale, una gigantesca voragine che risucchia risorse. E’ un sistema egemonizzato dalle industrie farmaceutiche che, dalla diffusione delle malattie, ricavano lauti profitti.

Né a questa immonda impostura si sottraggono le organizzazioni cosiddette non governative, ideate ed istituite per spillare denari a contribuenti già spolpati. Il trucco è semplice: si focalizza l’attenzione su un problema, una malattia rara, un luogo o un’opera d’arte da salvare, un animale in via di estinzione (se il problema non esiste, lo si crea), quindi, con una campagna ad hoc, si convincono le persone a donare soldi con un sms dal cellulare, a destinare il cinque per mille. Ovviamente la questione non sarà mai risolta, poiché la risoluzione del problema è il problema per queste organizzazioni. Che poi esistano volontari in buona fede, non cambia la sostanza delle cose. Si consideri il caso della Chiesa cattolica e delle altre chiese: ti imbatterai forse in qualche fedele sincero ed animato da buoni propositi, ma il vertice dello stato cattolico è l’apoteosi dell’ipocrisia. La difesa (strenua, fanatica) della vita si arresta all’embrione: tutto il resto non vale assolutamente nulla.

Come giudicare poi gli "ecologisti" e molti "animalisti"? Gli ambientalisti sono una genia, una sentina di ogni bruttura, di ogni putredine. Questa stirpe degenere annovera i più bugiardi tra giornalisti, scrittori, politici, attivisti… Gli stessi "pacifisti" favoriscono la pace come l'industria bellica.

Il discorso potrebbe continuare a lungo, ma il rischio è quello di stuccare i lettori. La denuncia dei “sepolcri imbiancati”, però, è doverosamente evangelica, pertanto non ci si può esimere dal pronunciarla, ogni qual volta la verità è tanto oscenamente sfigurata.




Monday, July 26, 2010

Da Pasolini al nulla

http://zret.blogspot.com/2010/07/da-pasolini-al-nulla.html

Da Pasolini al nulla

Ci si chiede per quale motivo non esistano oggi più intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini. In effetti, intorno è tutto un deserto. E' inutile cercare di comprendere le cause della desolante situazione attuale. Sebbene non tutte le interpretazioni e le soluzioni estetiche elaborate da Pasolini sulla società di massa siano condivisibili, bisogna riconoscergli il coraggio di aver aggredito l'esistente senza infingimenti. E' qui il nodo: la mancanza di coraggio degli attuali "giornalisti" che, anche quando sfoggiano libertà di critica, rivelano solo un'acrimonia mercenaria.

Qualcuno ha ardito paragonare Paolo Barnard a Pasolini: non si tratta neppure di confrontare "le cose grandi con le piccole", poiché Barnard è una nullità. Non è ininfluente che Pasolini fosse uno scrittore di razza, laddove Barnard è sciatto quanto Attivissimo. [e comunque noi non ci occupiamo dei disinformatori. CAPITO???] Basta questa assoluta mancanza di stile per collocarli alla stessa stregua, ad un livello infimo. Sono, al massimo, dei dilettanti, ma nient'affatto dilettevoli.

In verità, Pasolini fu un lungimirante osservatore del reale, talmente profondo che le sue analisi rivestono valenza filosofica più che sociologica. Qual è il ruolo della filosofia, se non quello di essere strumento dialettico e critico? Il filosofo deve criticare l'ordine costituito: la sua denuncia deve essere implacabile e recisa. Come nota Horkheimer: "Bisogna impedire che gli uomini si perdano in quelle idee ed in quei modi di comportamento che la società propina loro nella sua organizzazione." L’educazione si oppone all’istruzione massificata, vera programmazione mentale. E' necessario dunque un impegno instancabile nel portare all'aria le radici dei problemi: scavare e scovare sono azioni ineludibili. Le risposte provenienti dal potere devono essere vagliate, anatomizzate. La demistificazione dei falsi miti che il sistema ammannisce è compito solenne, anche se oneroso. E' impossibile qualsiasi identificazione con le istituzioni.

Oggi, però, si preferisce accettare le "risoluzioni” e le esegesi preconfezionate: il conformismo non domina solo in àmbito economico e politico, ma la stessa scienza ed il mondo non sono sottoposti ad un esame stringente, non sono investigati e sezionati nella loro essenza. Dall'accettazione dell'esistente alla sua giustificazione non è che un passo. Se non si è abituati a contraddire ed a negare, negando anche la stessa negazione, il pensiero si spegne nel consenso o in una lagna impotente. Il vero pensatore è eretico e paradossale. Poco rassicurante nelle sue conclusioni che non concludono, egli non somministra l'anestetico della razionalità e del "metodo", ma dà la scossa elettrica del dubbio e della domanda. Sprona all'azione ed alla reazione, invece che addormentare l'uditorio con le sue confortevoli, soffici “verità”.

Ancora Horkheimer: "Non viviamo ancora in una società automatizzata. Noi possiamo ancora compiere molte cose, anche se più tardi ci sarà tolta questa possibilità".

Pare che veramente siamo prossimi al momento in cui ci sarà tolta la possibilità di agire: spaventa constatare che molti abbiano rinunciato a tale opportunità motu proprio, abdicando alla propria dignità. Si ribelleranno mai gli schiavi che amano la loro schiavitù?




Tuesday, June 22, 2010

Stato, uomini e Dio in Horkheimer: qualche breve riflessione

http://zret.blogspot.com/2010/06/stato-uomini-e-dio-in-horkheimer.html

Stato, uomini e Dio in Horkheimer: qualche breve riflessione

Il filosofo tedesco Horkheimer (1895-1973) mette in luce, grazie ad una stringente analisi, le principali falle della modernità: il monopolio della scienza, l'ipertrofia dello stato, la "morte di Dio". In "Dialettica dell'Illuminismo"(1947), opera scritta in collaborazione con Adorno, Horkheimer critica la scienza moderna e contemporanea di tipo fisico-matematico, vista come inevitabile alleata del pernicioso progetto che ha portato all'attuale deriva tecnologica. Questo spiega perché "Dialettica dell'Illuminismo" cominci con una reprimenda di Bacone: "Benché alieno dalla matematica, Bacone seppe cogliere esattamente l'animus della scienza successiva. Il felice connubio, cui egli pensa, fra l’intelletto umano e la natura delle cose, è di tipo patriarcale: l'intelletto che vince la superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il sapere, che è potere, non conosce limiti né all'asservimento delle creature né nella sua docile acquiescenza ai signori del mondo."

La natura prevaricatrice della scienza si accoppia ad una sovrastruttura ideologica che si esplica nel totale appeasement alle istanze delle classi dominanti. L'applicazione tecnologica della ricerca, più che favorire un maggiore benessere, diventa strumento di controllo, la longa manus di un sistema che il pensatore definisce "mondo amministrato", il definitivo compimento del regno moderno della schiavitù. "La logica immanente della storia porta in realtà ad un mondo amministrato. Tramite la potenza in via di sviluppo della tecnica, la ristrutturazione inarrestabile dei singoli popoli in gruppi rigidamente organizzati, tramite una competizione senza risparmio di colpi tra i blocchi contrapposti, a me sembra inevitabile la totale amministrazione della società."

In tale contesto, l'alienazione dell'uomo si radica nei rapporti interpersonali, si concreta nel lavoro estraniante, si appropria della dimensione individuale. Questa alienazione è tanto più grave in quanto non percepita come tale, ma persino accettata ed apprezzata, in un totale stravolgimento della condizione umana ormai automatizzata. Manca, oggi giorno, qualsiasi coscienza di tale coercizione: così lo schiavo si ritiene libero, perché partecipa alle consultazioni elettorali e trova la sua realizzazione quanto più si allontana dalla realtà, rifugiandosi in un eden fittizio di informazione preconfezionata e di divertimenti omologati.

L'incoscienza del proprio stato ostacola il pensiero e l'azione, come dissenso e contestazione del potere: il suddito è in letargo o, meglio, vive in una dimensione allucinatoria dove le immagini e le notizie dei media mainstream proiettano un universo artificioso e narcotizzante. Paradossalmente è l'antropocentrismo che distrugge l'identità umana, poiché recide i legami con la natura e con l'Altro. Vellicandolo nel suo orgoglio sub-umano, la modernità lusinga l'individuo con la felicità tecnologica, gli prospetta una quasi immortalità bionica, eclissando, tramite la divinizzazione dell'effimero, il senso del tempo e della caducità. La morte, esorcizzata e rimossa, è confinata nel dominio dell'inattuale, di una ritualità banale e conformista.

Si perde il sentimento della finitezza umana, pietra di paragone rispetto all'ulteriore. La chiusura verso la Trascendenza è negazione delle domande (l'uomo che non pensa è oggetto "usa e getta"), deproblematizzazione della vita e del cosmo: il risultato non è neppure l'ateismo, ma l'indifferenza. Come afferma Horkheimer: "Non possiamo provare l'esistenza di Dio, anzi di fronte al dolore del mondo, di fronte all'ingiustizia, è impossibile credere nel dogma dell'esistenza di un Dio onnipotente e sommamente buono. In particolare, non è credibile la dottrina cristiana che esista un Dio onnipotente ed infinitamente buono, avuto riguardo alla sofferenza che da millenni domina sulla terra." Se Dio, però, non è una certezza, è l'anelito, la nostalgia (Sehnsucht), la speranza che l'assassino non trionfi sulla vittima innocente".

La fede è quindi orizzonte delle possibilità: non è né conquista definitiva né corpus di verità. La fede è la consapevolezza della finitudine e nostalgia dell'assoluto, antidoto contro l'hybris dell'umanismo, contro l'assolutizzazione del relativo. "Ogni essere finito - e l'umanità è finita - che si pavoneggia come il valore ultimo, supremo ed unico, diventa un idolo che ha sete di sacrifici cruenti ed inoltre ha il potere demoniaco di assumere un'altra identità".

Tra gli estremi opposti del credo monolitico e la noncuranza verso l'apertura al senso, si apre forse il varco attraverso cui si può ascoltare l'eco dell'infinito.




Saturday, May 29, 2010

U.F.O. e potere

http://zret.blogspot.com/2010/05/ufo-e-potere.html

U.F.O. e potere

Molti si chiedono per quale motivo i governi si ostinino a non rilasciare informazioni sugli U.F.O. (molti sono velivoli terrestri) e sugli alieni. Essi ritengono che le notizie centellinate, gli archivi messi a disposizione del pubblico, files con i rapporti circa gli avvistamenti, non siano bastevoli per fugare i dubbi e chiarire una volta per tutte il mistero sugli oggetti volanti non identificati e le civiltà extraterrestri. Bisogna avere un'idea davvero ingenua degli esecutivi e degli stati, in cui non esistono - come taluno afferma - apparati deviati, poiché gli stati sono deviati per definizione. Bisogna essere degli sprovveduti per pensare che le autorità decidano di svelare novità destabilizzanti.

Che cosa dovrebbero, infatti, dichiarare? Che il governo segreto planetario da decenni dispone di tecnologie che potrebbero affrancare l'umanità dalla dipendenza dai combustibili fossili? Come si potrebbe soggiogare l'umanità con la fandonia dell'effetto serra da biossido di carbonio e come potrebbero le multinazionali lucrare ingenti profitti? E' assodato che i militari dispongono di conoscenze e di ritrovati che, se applicati nel mondo civile, risolverebbero ipso facto tutte le più gravi questioni energetiche, economiche, ecologiche, sanitarie... Come potrebbero, però, le abominevoli classi dirigenti adottare la strategia problema-reazione-risoluzione senza l'abbrivo del problema? Come potrebbero controllare i popoli e dirigerli verso un invocato totalitarismo?

Che cosa dovrebbero, infatti, dichiarare? Che alcuni governi hanno stipulato patti criminali con entità infide, svendendo gli uomini, ridotti a capi di bestiame, in cambio di tecnologie esotiche? Che i vertici mondiali sono certi di conquistare il dominio totale del pianeta, con la collaborazione degli Altri? Che da secoli (o forse da millenni) l'umanità è schiacciata da forze oscure e sanguinarie?

Che cosa dovrebbero, infatti, dichiarare? Dovrebbero ammettere che i militari perpetrano i rapimenti (Milabs)? Che si combatte una guerra invisibile? Che la meta finale non è il controllo delle risorse, ma quello delle menti e, in un delirio di faustiana hybris, l'egemonia sulla vita e sulla natura stessa.

Sono queste ed altre le tetre verità che i potenti dovrebbero divulgare, dimostrando di essere degli ipocriti, dei bugiardi e dei pervertiti, loro che amano ostentare saggezza, rettitudine e disinteresse. Sarebbero rivelazioni sconvolgenti in grado di delegittimare una classe di parassiti, suscettibili di esautorarla del suo immondo ed illegale potere.

Dunque è necessario che le verità siano censurate o filtrate o intrecciate a credibili menzogne. Forse un giorno, quando sin l'ultimo cittadino sarà trasformato in suddito, in automa radiocomandato, queste ed altre circostanze saranno mostrate in mondovisione. Allora, dopo una lunga e spasmodica attesa, il servo reagirà con un annoiato sbadiglio.