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Pubblico un articolo del Professor Francesco Lamendola, autore che, nei suoi documentati e meditati lavori, altresì sostenuti da uno stile adamantino (qualità oggi veramente rara), tratta con equilibrio, competenza ed acume i temi più diversi. L'articolo che propongo è inerente ad una disciplina, l'Ufologia cui, come i gentili lettori sanno, dedico non di rado qualche breve studio. Ringrazio il Professor Lamendola per avermi onorato di una citazione, in riferimento all'angelo Moroni, circa la vexata quaestio relativa alla possibile natura degli "alieni", extraterrestri o creature interdimensionali?
Secondo la mentalità scientista e materialista oggi dominante, non è possibile che creature aliene giungano sul nostro pianeta, poiché vi si oppongono le incommensurabili distanze fra i diversi sistemi stellari e la barriera insormontabile della velocità della luce.
Il fisico Mario Ageno, già allievo di Enrico Fermi e autore, quasi quarant'anni fa (si era in piena euforia per i successi delle navicelle spaziali americane), così si esprimeva in proposito, a conclusione del suo notissimo manuale «Elementi di Fisica» (Milano, Boringhieri, 1976, pp. 689-90):
"Come abbiamo visto, si ritiene oggi che la vita si sviluppi spontaneamente dalla materia inorganica (ma è compito di un fisico, fare una affermazione del genere?), quando certe condizioni ambientali siano assicurate e sia disponibile una conveniente sorgente esterna di energia libera. D'altra parte gli astronomi ritengono che la formazione di un sistema planetario accompagni abbastanza spesso la formazione di una stella e che sia molto probabile che in un sistema planetario accompagni abbastanza spesso la formazione di una stella e che sia molto probabile che in un sistema planetario del genere vi sia almeno un pianeta le cui condizioni superficiali risultino abbastanza simili a quelle che dovevano aversi sulla superficie della Terra circa tre miliardi e mezzo di anni fa.
Anche se non abbiamo per ora alcuna indicazione positiva in proposito e si tratta quindi esclusivamente di speculazioni, non è quindi assurdo ritenere che possano esistere in quella parte dell'universo che possiamo raggiungere coi nostri mezzi di osservazione, alcuni e forse molti pianeti in cui esistono forme di vita.
Ammesso ciò, si pongono immediatamente alcune questioni: fino a che punto è da attendersi che tali forme di vita siano simili a quelle terrestri? Se alcune di queste forme di vita sono intelligenti e tecnologicamente progredite come noi e più di noi, che possibilità v'è di mettersi in comunicazione con esse?
Per ciò che concerne la prima questione, sembra ragionevole attendersi che qualunque forma di vita debba esser basata su quattro elementi H, O, C, N, come la vita terrestre. Non soltanto, infatti, (a parte i gas nobili che, per non essere chimicamente reattivi in questo caso, non interessano) questi sono gli elementi più abbondanti nel cosmo, ma sono anche tutti e quattro elementi del primo periodo del sistema periodico. Solo gli elementi del primo periodo sono, infatti, capaci di formare solidi legami covalenti, sia semplici sia multipli, e di dar luogo a quella grande varietà di composti che sembra indispensabile per realizzare sistemi molecolari che (come gli acidi nucleari e le proteine) possano esistere in un numero praticamente illimitato di tipi diversi, possano riprodursi e nel riprodursi subire mutazioni e quindi possano evolvere. Tutte cose queste necessarie perché un sistema mostri quel comportamento chimico-fisico, che indichiamo correntemente con la parola vita".
Per ciò che concerne la seconda questione, i telescopi e in genere i sistemi di osservazione di cui disponiamo non sono in grado e, a quanto sembra non lo saranno ancora per molto tempo, di mettere in evidenza l'esistenza di pianeti oscuri, nelle vicinanze di un primario di natura stellare. Non è quindi pensabile che si possa dalla Terra verificare l'esistenza della vita su di un pianeta non appartenente al sistema solare. Per ciò che concerne i pianeti del sistema solare diversi dalla Terra, i pianeti più interni, Mercurio e Venere, sono del tutto inadatti a qualunque forma di vita a causa della temperatura superficiale troppo elevata (la temperatura superficiale di Venere supera i 700°K). Per quanto improbabile, non si può ancora definitivamente escludere l'esistenza di qualche forma di vita estremamente primitiva su Marte e, forse, di forme prebiologiche su Giove (che ha una sorgente interna di calore non trascurabile)). Solo viaggi di esplorazione lo potranno decidere. I pianeti transgioviani sono troppo freddi perché si possa avere su di essi un'attività chimica qual è richiesta da forme di vita.
L'articolo continua qui sul sito Ariannaeditrice.
Il fisico Mario Ageno, già allievo di Enrico Fermi e autore, quasi quarant'anni fa (si era in piena euforia per i successi delle navicelle spaziali americane), così si esprimeva in proposito, a conclusione del suo notissimo manuale «Elementi di Fisica» (Milano, Boringhieri, 1976, pp. 689-90):
"Come abbiamo visto, si ritiene oggi che la vita si sviluppi spontaneamente dalla materia inorganica (ma è compito di un fisico, fare una affermazione del genere?), quando certe condizioni ambientali siano assicurate e sia disponibile una conveniente sorgente esterna di energia libera. D'altra parte gli astronomi ritengono che la formazione di un sistema planetario accompagni abbastanza spesso la formazione di una stella e che sia molto probabile che in un sistema planetario accompagni abbastanza spesso la formazione di una stella e che sia molto probabile che in un sistema planetario del genere vi sia almeno un pianeta le cui condizioni superficiali risultino abbastanza simili a quelle che dovevano aversi sulla superficie della Terra circa tre miliardi e mezzo di anni fa.
Anche se non abbiamo per ora alcuna indicazione positiva in proposito e si tratta quindi esclusivamente di speculazioni, non è quindi assurdo ritenere che possano esistere in quella parte dell'universo che possiamo raggiungere coi nostri mezzi di osservazione, alcuni e forse molti pianeti in cui esistono forme di vita.
Ammesso ciò, si pongono immediatamente alcune questioni: fino a che punto è da attendersi che tali forme di vita siano simili a quelle terrestri? Se alcune di queste forme di vita sono intelligenti e tecnologicamente progredite come noi e più di noi, che possibilità v'è di mettersi in comunicazione con esse?
Per ciò che concerne la prima questione, sembra ragionevole attendersi che qualunque forma di vita debba esser basata su quattro elementi H, O, C, N, come la vita terrestre. Non soltanto, infatti, (a parte i gas nobili che, per non essere chimicamente reattivi in questo caso, non interessano) questi sono gli elementi più abbondanti nel cosmo, ma sono anche tutti e quattro elementi del primo periodo del sistema periodico. Solo gli elementi del primo periodo sono, infatti, capaci di formare solidi legami covalenti, sia semplici sia multipli, e di dar luogo a quella grande varietà di composti che sembra indispensabile per realizzare sistemi molecolari che (come gli acidi nucleari e le proteine) possano esistere in un numero praticamente illimitato di tipi diversi, possano riprodursi e nel riprodursi subire mutazioni e quindi possano evolvere. Tutte cose queste necessarie perché un sistema mostri quel comportamento chimico-fisico, che indichiamo correntemente con la parola vita".
Per ciò che concerne la seconda questione, i telescopi e in genere i sistemi di osservazione di cui disponiamo non sono in grado e, a quanto sembra non lo saranno ancora per molto tempo, di mettere in evidenza l'esistenza di pianeti oscuri, nelle vicinanze di un primario di natura stellare. Non è quindi pensabile che si possa dalla Terra verificare l'esistenza della vita su di un pianeta non appartenente al sistema solare. Per ciò che concerne i pianeti del sistema solare diversi dalla Terra, i pianeti più interni, Mercurio e Venere, sono del tutto inadatti a qualunque forma di vita a causa della temperatura superficiale troppo elevata (la temperatura superficiale di Venere supera i 700°K). Per quanto improbabile, non si può ancora definitivamente escludere l'esistenza di qualche forma di vita estremamente primitiva su Marte e, forse, di forme prebiologiche su Giove (che ha una sorgente interna di calore non trascurabile)). Solo viaggi di esplorazione lo potranno decidere. I pianeti transgioviani sono troppo freddi perché si possa avere su di essi un'attività chimica qual è richiesta da forme di vita.
L'articolo continua qui sul sito Ariannaeditrice.
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