Da http://www.tankerenemy.com/2008/12/bolle-e-piaghe-sulla-pelle-dei.html
venerdì, dicembre 26, 2008
Bolle e piaghe sulla pelle dei pescatori pugliesi: una correlazione con le scie chimiche marine?
Proponiamo un articolo pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno e relativo a strani sintomi che hanno manifestato alcuni pescatori pugliesi: si tratta di bolle e piaghe molto dolorose che si formano sulla pelle venuta a contatto con l'acqua del mare. Difficile stabilire la causa di questa sintomatologia, forse causata, come si ipotizza nella cronaca, da sostanze tossiche quali la lewisite e l'yprite, ma non si può escludere che elementi e composti chimici diffusi con le chemtrails e le shiptrails, le scie chimiche marine, siano all'origine del preoccupante fenomeno. D'altronde gli ingredienti delle scie sono micidiali veleni.
5/12/2008 - Molfetta - Sarà la magistratura a fare chiarezza su quello che sta accadendo in mare, a Molfetta e nei dintorni. Alla fine della scorsa settimana (i fatti risalgono all'inizio di dicembre, n.d.r.) i soci della cooperativa dei pescatori, per tramite del loro presidente, hanno presentato una denuncia esposto, contro ignoti, in Procura a Trani.
All’inizio della prossima settimana, con un'integrazione, depositeranno un dossier fotografico, un documento forte, realizzato con la collaborazione di Paolo De Gennaro, esponente dell’Associazione ambientalista «Marevivo», che attesta ciò che le acque del mare, lungo il litorale molfettese, sono in grado di provocare sulla pelle: bolle che poi esplodono e diventano piaghe dolorose.
Il mare, in qualche modo, consuma, brucia, tutti gli strati di pelle. Sempre a partire dalla prossima settimana, salvo slittamenti di ordine tecnico, i pescatori saranno sottoposti ad un vero e proprio monitoraggio con esami specifici su capelli e unghie con lo scopo di individuare eventuali forme di contaminazione da sostanze tossico-nocive.
Specificamente si cercheranno sostanze chimiche, lewisite innanzitutto, ma anche yprite, proprie delle armi a caricamento speciale di cui i fondali di fronte a Molfetta sono pieni. L’accelerazione in questa vicenda è legata al fatto che, nonostante l’abbassamento delle temperature, i fenomeni attribuiti alla considerevole presenza di alga tossica non sono scomparsi. Paradossalmente sembrano accentuati.
«Da qualche settimana - confermano i pescatori - l’acqua non è più marrone. L’alga che, come hanno detto gli esperti, conferiva quella particolare colorazione al mare, non c'è più, anche perché fa freddo. Invece i problemi per noi continuano. Sono anche più evidenti ».
Nel corso dell’ultima settimana i pescatori sono stati costretti a ricorrere a cure mediche palliative. In pronto soccorso, a Molfetta, sono stati curati con cortisone, ma è servito a poco. Anzi, non è servito a nulla. Nonostante, in seguito a consiglio dei medici, abbiano evitato di tornare al lavoro, le bolle hanno continuato a presentarsi. Le piaghe si sono aperte. La pelle, in alcuni tratti, sul dorso, sul palmo delle mani, negli spazi interdigitali, sulle dita è scomparsa, come se le mani fossero state immerse in un acido, ma così non è stato. Ha fatto tutto il mare che, almeno fino al mese scorso, era testimone di una straordinaria fioritura di ostreopsis ovata che, se ancora presente anche se insolitamente incolore, si sarebbe evoluta persistendo anche a temperature basse, non propriamente tropicali. Il problema è molto più esteso di quello che può sembrare. Accanto ai pescatori regolari, quelli muniti di licenza, ci sono pescatori occasionali che presentano gli stessi sintomi: le loro mani (il resto del corpo è integro perché è coperto dagli abiti durante le operazioni di pesca) sono coperte da piaghe.
I pescatori e gli anziani lupi di mare durano fatica ad ammetterlo, anche perché il solo pensiero incute paura, ma molti temono che in mare siano finiti, sia pure in misura minima (comunque sufficiente per creare danni alla salute degli operatori del mare) aggressivi chimici contenuti negli ordigni.
LE TESTIMONIANZE: NON PUO' ESSERE L'ALGA TOSSICA
Il più giovane tra loro ha vent'anni. Il pescatore anziano non raggiunge neppure i cinquanta. Quando, proprio come accade in questi giorni, non sono al lavoro, si ritrovano tutti nella sede della loro cooperativa, in via San Domenico, di fronte alla banchina del porto. A destra si vede la capitaneria, a sinistra il faro, il molo pennello, la diga Salvucci, il mare aperto.
«Questo locale - spiegano - ospita la nostra cooperativa dal 1894. Ogni pietra è stata testimone di un pezzo di storia; i locali sono umidi, ma noi siamo legati a questa sede, proprio come siamo legati al nostro lavoro. All’inizio davanti alla sede c'era il mare, sul soffitto c'era un gancio e si tiravano le barchette quando c'era cattivo tempo. Adesso c'è la strada e per arrivare alla banchina ci sono alcune decine di metri. Ma questa resta casa nostra». Superati i convenevoli i toni cambiano.
«Guardate le nostre mani - dicono - non possiamo andare avanti così. Qualcuno ci deve dire che cosa sta accadendo al nostro mare. Se è tutta colpa dell’alga tossica tropicale, allora bisogna trovare una soluzione perché se oggi fa male a noi che peschiamo, domani potrà fare male a chi va in spiaggia. Queste piaghe - aggiungono - fanno male. Siamo imbottiti di cortisone, ma non è sufficiente. Il dolore è intenso». E via a mostrare le piaghe. «Sono stato al pronto soccorso il 2 dicembre scorso. Ho il referto. Mi hanno praticato un'iniezione e mi hanno dato alcuni giorni di convalescenza. Speravo di aver superato la crisi. Invece si è aperta un’altra piaga». Poi sembra una gara. Tutti vogliono dire la loro, portare la loro testimonianza. “L'altro giorno qualcuno mi ha suggerito di cambiare mestiere per evitare altri danni alla mia salute, ma questa non è una soluzione: è una fuga. Io non cambio mestiere”. E poi. «Tra qualche ora ci visiterà il medico di un patronato legato ad un sindacato. Poi chiederemo ad alcuni specialisti di analizzare le nostre ferite. Speriamo di trovare una risoluzione. Ci auspicavamo tutti che, con l’arrivo del freddo, finisse questa storia: avevamo sperato che fosse un problema momentaneo. Non è così. Per questo crediamo che anche la politica, i nostri amministratori a tutti i livelli debbano interessarsi a quello che sta accadendo. Ci rivolgeremo al Ministero, se sarà necessario. Noi non ci fermiamo. Non siamo visionari».
Leggi qui l'articolo su La Gazzetta del Mezzogiorno.
5/12/2008 - Molfetta - Sarà la magistratura a fare chiarezza su quello che sta accadendo in mare, a Molfetta e nei dintorni. Alla fine della scorsa settimana (i fatti risalgono all'inizio di dicembre, n.d.r.) i soci della cooperativa dei pescatori, per tramite del loro presidente, hanno presentato una denuncia esposto, contro ignoti, in Procura a Trani.
All’inizio della prossima settimana, con un'integrazione, depositeranno un dossier fotografico, un documento forte, realizzato con la collaborazione di Paolo De Gennaro, esponente dell’Associazione ambientalista «Marevivo», che attesta ciò che le acque del mare, lungo il litorale molfettese, sono in grado di provocare sulla pelle: bolle che poi esplodono e diventano piaghe dolorose.
Il mare, in qualche modo, consuma, brucia, tutti gli strati di pelle. Sempre a partire dalla prossima settimana, salvo slittamenti di ordine tecnico, i pescatori saranno sottoposti ad un vero e proprio monitoraggio con esami specifici su capelli e unghie con lo scopo di individuare eventuali forme di contaminazione da sostanze tossico-nocive.
Specificamente si cercheranno sostanze chimiche, lewisite innanzitutto, ma anche yprite, proprie delle armi a caricamento speciale di cui i fondali di fronte a Molfetta sono pieni. L’accelerazione in questa vicenda è legata al fatto che, nonostante l’abbassamento delle temperature, i fenomeni attribuiti alla considerevole presenza di alga tossica non sono scomparsi. Paradossalmente sembrano accentuati.
«Da qualche settimana - confermano i pescatori - l’acqua non è più marrone. L’alga che, come hanno detto gli esperti, conferiva quella particolare colorazione al mare, non c'è più, anche perché fa freddo. Invece i problemi per noi continuano. Sono anche più evidenti ».
Nel corso dell’ultima settimana i pescatori sono stati costretti a ricorrere a cure mediche palliative. In pronto soccorso, a Molfetta, sono stati curati con cortisone, ma è servito a poco. Anzi, non è servito a nulla. Nonostante, in seguito a consiglio dei medici, abbiano evitato di tornare al lavoro, le bolle hanno continuato a presentarsi. Le piaghe si sono aperte. La pelle, in alcuni tratti, sul dorso, sul palmo delle mani, negli spazi interdigitali, sulle dita è scomparsa, come se le mani fossero state immerse in un acido, ma così non è stato. Ha fatto tutto il mare che, almeno fino al mese scorso, era testimone di una straordinaria fioritura di ostreopsis ovata che, se ancora presente anche se insolitamente incolore, si sarebbe evoluta persistendo anche a temperature basse, non propriamente tropicali. Il problema è molto più esteso di quello che può sembrare. Accanto ai pescatori regolari, quelli muniti di licenza, ci sono pescatori occasionali che presentano gli stessi sintomi: le loro mani (il resto del corpo è integro perché è coperto dagli abiti durante le operazioni di pesca) sono coperte da piaghe.
I pescatori e gli anziani lupi di mare durano fatica ad ammetterlo, anche perché il solo pensiero incute paura, ma molti temono che in mare siano finiti, sia pure in misura minima (comunque sufficiente per creare danni alla salute degli operatori del mare) aggressivi chimici contenuti negli ordigni.
LE TESTIMONIANZE: NON PUO' ESSERE L'ALGA TOSSICA
Il più giovane tra loro ha vent'anni. Il pescatore anziano non raggiunge neppure i cinquanta. Quando, proprio come accade in questi giorni, non sono al lavoro, si ritrovano tutti nella sede della loro cooperativa, in via San Domenico, di fronte alla banchina del porto. A destra si vede la capitaneria, a sinistra il faro, il molo pennello, la diga Salvucci, il mare aperto.
«Questo locale - spiegano - ospita la nostra cooperativa dal 1894. Ogni pietra è stata testimone di un pezzo di storia; i locali sono umidi, ma noi siamo legati a questa sede, proprio come siamo legati al nostro lavoro. All’inizio davanti alla sede c'era il mare, sul soffitto c'era un gancio e si tiravano le barchette quando c'era cattivo tempo. Adesso c'è la strada e per arrivare alla banchina ci sono alcune decine di metri. Ma questa resta casa nostra». Superati i convenevoli i toni cambiano.
«Guardate le nostre mani - dicono - non possiamo andare avanti così. Qualcuno ci deve dire che cosa sta accadendo al nostro mare. Se è tutta colpa dell’alga tossica tropicale, allora bisogna trovare una soluzione perché se oggi fa male a noi che peschiamo, domani potrà fare male a chi va in spiaggia. Queste piaghe - aggiungono - fanno male. Siamo imbottiti di cortisone, ma non è sufficiente. Il dolore è intenso». E via a mostrare le piaghe. «Sono stato al pronto soccorso il 2 dicembre scorso. Ho il referto. Mi hanno praticato un'iniezione e mi hanno dato alcuni giorni di convalescenza. Speravo di aver superato la crisi. Invece si è aperta un’altra piaga». Poi sembra una gara. Tutti vogliono dire la loro, portare la loro testimonianza. “L'altro giorno qualcuno mi ha suggerito di cambiare mestiere per evitare altri danni alla mia salute, ma questa non è una soluzione: è una fuga. Io non cambio mestiere”. E poi. «Tra qualche ora ci visiterà il medico di un patronato legato ad un sindacato. Poi chiederemo ad alcuni specialisti di analizzare le nostre ferite. Speriamo di trovare una risoluzione. Ci auspicavamo tutti che, con l’arrivo del freddo, finisse questa storia: avevamo sperato che fosse un problema momentaneo. Non è così. Per questo crediamo che anche la politica, i nostri amministratori a tutti i livelli debbano interessarsi a quello che sta accadendo. Ci rivolgeremo al Ministero, se sarà necessario. Noi non ci fermiamo. Non siamo visionari».
Leggi qui l'articolo su La Gazzetta del Mezzogiorno.
E primo anche qua!
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ReplyDeleteDovunque ci sia qualcosa che non è stato ancora analizzato, Strakkino ci infila il mistero: "...e se fossero le scie chimiche?"
ReplyDeletePatetico e stupido
Ma è ovvio.. ovunque ci sia un complotto c'è la possibilità di trovare donazioni e scrivere materiale.. pardon, copiaincollare roba di altri.. per poi fare un libro.. pardon, insieme di pagine stampate contenenti vaneggiamenti.. che poi mette in vendita.
ReplyDeleteWanna Marchi insegna..
D'altronde uno che riesce a far credere alla gente che esiste un organismo al di sopra di tutto e di tutti che ha talmente potere e soldi da far volare milioni di aerei per rilasciare un gas, che non riesce però a rendere trasparente (sic!), può raccontare quante frottole vuole.
Ricordate che la menzogna più è grande e più è credibile..