http://zret.blogspot.com/2010/08/arrival.html
The arrival
"The arrival" è una pellicola statunitense del 1996, per la regia di David Twohy. "Un astronomo, Zane Zaminski, (interpretato da Charlie Sheen) capta messaggi extraterrestri dallo spazio, ma gli alieni cattivi in realtà sono già mimetizzati tra noi e non ci tengono a divulgare la notizia. Il regista, già sceneggiatore del 'Fuggitivo', guarda ad 'X Files' ed all''Invasione degli ultracorpi', con prevedibile corredo di effetti speciali." (P. Mereghetti, Dizionario dei film, Milano, 1999).
La frettolosa e scarna recensione riportata è comunque sufficiente per rendere l'idea di come il cinema di fantascienza lavori in modo sotterraneo: veicola ed intreccia messaggi. Qui il tòpos dell'invasione aliena è declinato nella sua variante più sinistra: un'invisibile colonizzazione per cui gli uomini non sono più uomini. L'archetipo cinematografico di Don Siegel viene fatalmente depauperato in una quasi rivisitazione, aggiornata con il riferimento al S.E.T.I ed alla N.A.S.A., struttura paramilitare nazistoide più che ente scientifico. Tra i personaggi, Filippo Gordian (Ron Silver) è il doppio-giochista, il fidato fedifrago, figura-stereotipo che lascia sdrucciolare la trama nello scontato.
Il motivo dei radio-segnali di natura intelligente (allusione a WOW!) immette nella storia un addentellato esobiologico su cui si staglia il silenzio delle voci "terrestri": captiamo radio-sorgenti distanti anni-luce dalla Terra, ma non percepiamo gli echi mortali che s'irradiano dal nostro mondo.
Nella produzione, non priva di suspense nella prima parte, ma che poi si sfilaccia, è sceneggiato il dramma di un'aggressione esterna pur sempre possibile, anche se in forma realisticamente fittizia (Bluebeam?). Non fummo forse, però, infiltrati millenni or sono? Mentre ci interroghiamo sulle minacce dello spazio e su come schivarle, dimentichiamo di chiederci, ormai sull’orlo dell'abisso, chi potrà salvare l'umanità da sé stessa.
La frettolosa e scarna recensione riportata è comunque sufficiente per rendere l'idea di come il cinema di fantascienza lavori in modo sotterraneo: veicola ed intreccia messaggi. Qui il tòpos dell'invasione aliena è declinato nella sua variante più sinistra: un'invisibile colonizzazione per cui gli uomini non sono più uomini. L'archetipo cinematografico di Don Siegel viene fatalmente depauperato in una quasi rivisitazione, aggiornata con il riferimento al S.E.T.I ed alla N.A.S.A., struttura paramilitare nazistoide più che ente scientifico. Tra i personaggi, Filippo Gordian (Ron Silver) è il doppio-giochista, il fidato fedifrago, figura-stereotipo che lascia sdrucciolare la trama nello scontato.
Il motivo dei radio-segnali di natura intelligente (allusione a WOW!) immette nella storia un addentellato esobiologico su cui si staglia il silenzio delle voci "terrestri": captiamo radio-sorgenti distanti anni-luce dalla Terra, ma non percepiamo gli echi mortali che s'irradiano dal nostro mondo.
Nella produzione, non priva di suspense nella prima parte, ma che poi si sfilaccia, è sceneggiato il dramma di un'aggressione esterna pur sempre possibile, anche se in forma realisticamente fittizia (Bluebeam?). Non fummo forse, però, infiltrati millenni or sono? Mentre ci interroghiamo sulle minacce dello spazio e su come schivarle, dimentichiamo di chiederci, ormai sull’orlo dell'abisso, chi potrà salvare l'umanità da sé stessa.
zret cialtrone pezzente sei tu che sei sull' orlo dell' abisso tu e la tua penosa ignoranza che non riesce a capire cosa sia la fantascienza, zret sei solo un minorato mentale
ReplyDeleteNon riesce a capire, e non solo la fantascienza: diciamo quasi niente? Va bene, e allora? Non ha i mezzi per farlo e per questo non è neppure in grado di capire che non può capire. Così continua a fare il filosofo, il critico cinematografico, il sociologo, lo scrittore, l'esegeta e purtroppo anche l'insegnante, esattamente come uno che è convinto di capire.
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