Tears for ears
“Non posso fare distinzione tra la musica e le lacrime”. Questa sentenza di Nietzsche non solo imparenta la musica con la malinconia, piuttosto scava in quei momenti in cui l’anima si sporge verso l’abisso là dove arde la voce primigenia. Allora la melodia, come la corda di un arco si tende nell’inaudito. La voce si incrina e, tra gli spazi quasi impercettibili di silenzio, si spezzano le emozioni.
L’estensione vocale diviene più espressiva, quando riesce ad esprimere un’ombra del nulla.
I suoni della natura sono il pulviscolo di note che si sprigiona nell’alito del vento, nello stormire delle fronde, nel fruscio di un ruscello. Questa musica trova la sua acustica perfetta tra le canne d’organo dei tronchi: nei boschi la melopea si diluisce in risonanze misteriose, evocative. Sarà stato anche per tale ragione che Bernardo di Chiaravalle amava ripetere di aver appreso più dagli alberi che dai libri. Sono conoscenze custodite nello scrigno dell’ineffabilità, trasmesse sui fili vibranti di un’armonia.
Musica e lacrime, doloroso binomio. E’ singolare che siano i motivi più elegiaci a trasfondere brividi di vita, forse perché queste melodie si avventurano sul confine tra il senso ed il non-senso. Lì l’esistenza si affaccia sul mistero dell’essenza: Schopenauer [hey, l'ha scritto giusto...] la definiva Wille, Volontà. In bilico tra speranza e sgomento – avrà un significato la sofferenza accidentale dei giorni? – la linea sinuosa e mesta di un canto si specchia nel lago infinito della notte. E’ come se un’eco di nostalgia provenisse dalle infinite distanze del tempo iniziale. Sintonizzandosi su quell’eco, si rivive per un istante il primo respiro.
Musica e lacrime, doloroso, eppure catartico binomio. Se Dio è nella pioggia, la musica della pioggia può essere solo dolente nella sua argentea serenità.
L’estensione vocale diviene più espressiva, quando riesce ad esprimere un’ombra del nulla.
I suoni della natura sono il pulviscolo di note che si sprigiona nell’alito del vento, nello stormire delle fronde, nel fruscio di un ruscello. Questa musica trova la sua acustica perfetta tra le canne d’organo dei tronchi: nei boschi la melopea si diluisce in risonanze misteriose, evocative. Sarà stato anche per tale ragione che Bernardo di Chiaravalle amava ripetere di aver appreso più dagli alberi che dai libri. Sono conoscenze custodite nello scrigno dell’ineffabilità, trasmesse sui fili vibranti di un’armonia.
Musica e lacrime, doloroso binomio. E’ singolare che siano i motivi più elegiaci a trasfondere brividi di vita, forse perché queste melodie si avventurano sul confine tra il senso ed il non-senso. Lì l’esistenza si affaccia sul mistero dell’essenza: Schopenauer [hey, l'ha scritto giusto...] la definiva Wille, Volontà. In bilico tra speranza e sgomento – avrà un significato la sofferenza accidentale dei giorni? – la linea sinuosa e mesta di un canto si specchia nel lago infinito della notte. E’ come se un’eco di nostalgia provenisse dalle infinite distanze del tempo iniziale. Sintonizzandosi su quell’eco, si rivive per un istante il primo respiro.
Musica e lacrime, doloroso, eppure catartico binomio. Se Dio è nella pioggia, la musica della pioggia può essere solo dolente nella sua argentea serenità.
Blablablabla e ancora bla ...
ReplyDeleteRonf....ronf.....
ReplyDeleteSolo due link al suo blog...
ReplyDeleteChe è successo zretì?